Analisi - \"Francesca e Giovanni\" di Simona Izzo e Ricky Tognazzi

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~ MASSIMILIANO AITA

Ci sono film che raccontano storie.

E ci sono storie raccontate dai film.

In entrambi i casi il film cambia la percezione della realtà da parte dello spettatore.

O perché viene attratto da una linea narrativa inaspettata, da un personaggio intrigante e così via oppure perché scopre dettagli inediti di una narrazione che già conosceva.

Poi ci sono i film come “Francesca e Giovanni”.

Film che prendono una vicenda nota (l’amore tra Francesca Morvillo e Giovanni Falcone) e su di essa creano una storia nuova, diversa.

Una storia nella quale ciò che conta non è tanto o solo il profilo pubblico dei protagonisti.

No, ciò che conta è il loro rapporto come uomo e donna; come amato e amata.

Un milione d’anni fa andava per la maggiore lo slogan: “Il privato è pubblico”, oggi ho assistito ad una inversione di senso profonda e radicale: il pubblico di Francesca e Giovanni diventa il loro “privato”.

Un privato che muove e si muove intorno ad un caposaldo al quale io credo

profondamente: LEI/LUI ESISTE.

La donna o l’uomo della vita c’è e ciascuno di noi deve solo stare fermo ed incontrarlo.

E se lo incontri, nulla e nessuno potrà separarti da quella persona perché l’amore – diceva un poeta minore di fine Duecento – è il motore immobile che muove l’universo.

Va bene, D. parlava dell’amore divino però eviterei di sottilizzare al momento.

Francesca Morvillo, quando incontra Giovanni Falcone, è una donna sposata.

Una donna magistrato che deve fronteggiare un ambiente ostile ma che riesce a costruire, in breve tempo, un rapporto di fiducia con i colleghi uomini e persino con i detenuti.

Eppure, lo percepiamo fin dalle prime scene del film, a Francesca manca qualcosa.

Ed è quello che diventerà il suo ex marito a rivelarlo: le manca un uomo con cui

condividere passioni, ideali, valori.

Quell’uomo, l’uomo della sua vita Francesca lo incontra e lo riconosce in Giovanni

Falcone.

E Giovanni riconosce in Francesca la sua roccia, la donna che – contro ogni

ragionevolezza – gli rimarrà accanto sino all’estremo sacrificio.

Sapete vero che la morte di Falcone è in buona parte dovuta al caso?

Se lui non avesse voluto guidare si sarebbe salvato; se lui non avesse tolto le chiavi della vettura dal cruscotto e l’avesse rallentata l’attentato sarebbe fallito; se Falcone non avesse voluto recarsi a Favignana per assistere alla famigerata mattanza, si sarebbe salvato.

Se, se, se…Francesca non avesse amato Giovanni si sarebbe salvata; se Francesca non lo avesse raggiunto a Roma, dove i cari compagni comunisti lo attaccavano perché reo di essersi venduto ai socialisti, si sarebbe salvata.

Se, se, se…Francesca e Giovanni non si fossero amati così tenacemente, così

profondamente, così radicalmente si sarebbero salvati.

Francesca e Giovanni, lo voglio chiarire, non è un capolavoro.

E’ un film medio in cui spicca una notevole Ester Pantano.

E tuttavia, la sua medietà è anche il suo punto di forza.

Perché rende meno epica una vicenda che in sé è epica.

Per me Giovanni è sempre stato Abe Lincoln in Capitano, mio Capitano.

Questo film invece ne coglie l’essenza da un altro punto di vista: quello di un uomo

disilluso prima, innamorato e preoccupato poi.

Preoccupato sì ma non per sé, per Francesca.

Ed anche Francesca è preoccupata per Giovanni.

E questa reciproca preoccupazione descrive bene secondo me il senso del loro

amore: sostenersi vicendevolmente e preoccuparsi del benessere altrui.

Sorrido tra me e me perché oggi mi è capitata proprio questa cosa.

Alle volte sapete, basta un “Stai meglio?” per farti svoltare.

Ecco, Francesca e Giovanni – nella sua essenza – è questo: il racconto di due persone che si prendono cura l’una dell’altra perché si amano.

Amore che continua fino al termine delle loro esistenze terrene.

Perché beh se esiste il Regno dei Cieli, io sono convinto che Francesca e Giovanni stanno insieme.

Per l’eternità.

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