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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo di Brandy Williams, la moglie di Richard, è uno dei momenti più privati di Una famiglia vincente – King Richard. Se il film è costruito su un uomo che tenta di piegare il mondo attorno al proprio disegno, questa scena arriva come una rottura netta: una voce che lo guarda dentro, lo conosce davvero, e gli dice finalmente la verità. Non la verità del tennis, del sacrificio o della visione. La verità personale, emotiva, umana. La scena arriva in un momento cruciale. Richard è sempre più chiuso nel suo ruolo di protettore e stratega, e inizia a prendere decisioni che vanno oltre il ruolo di padre. Brandy – finora figura silenziosa ma costantemente presente – lo ferma. Non con rabbia esplosiva, ma con parole precise, chirurgiche. Le sue parole non servono per ferire, ma per scoprire una ferita che già esiste. E il bersaglio non è il suo comportamento… è la sua paura.
MINUTAGGIO: 1:39:00-1:40-16
RUOLO: Brandy Williams
ATTRICE: Aunjanue Ellis
DOVE: Netflix
INGLESE
Listen to you. That’s your ego and your bragging. You just scared. You just scared. Scared you will fail. Scared that the world will look at you and see another dumb nigga. And you know what? You think they might be right. I have never, never thought that about you. [gulps] You’ve done your job. And whether you wanna see it or not, I’ve done mine. But this is Venus’s life. You gotta let her decide. Because if you don’t trust her to do that, she’s gonna be the one leaving you.
ITALIANO
Ma sentiti, il tuo ego. Come ti vanti. Tu hai solo paura. Hai solo paura. Hai paura di fallire. Hai paura che il mondi ti guardi e veda… un altro, scemo, nero. E sai una cosa? Tu pensi che forse hanno ragione. Io non ho mai… mai pensato questo di te. Tu hai fatto il tuo lavoro, e che lo voglia vedere o no, io ho fatto il mio. Ma questa è la vita di Venus. Devi lasciare che decida lei. Perché se non ti fidi che possa farlo, sarà lei a lasciare te.
“Una famiglia vincente – King Richard” è un film del 2021 diretto da Reinaldo Marcus Green, con Will Smith nei panni di Richard Williams, padre e allenatore delle future campionesse di tennis Venus e Serena Williams. La storia racconta gli anni della loro formazione, concentrandosi però non tanto sul tennis, ma su ciò che accade prima del successo. Il film ci porta dentro una famiglia afroamericana della periferia di Compton (California), e lo fa seguendo il punto di vista di Richard: un padre cocciuto, calcolatore, e pieno di convinzioni. Richard ha un piano. Letteralmente: un documento di 78 pagine in cui ha scritto la strategia per trasformare due delle sue cinque figlie in leggende del tennis mondiale. Questo piano, più che ambizione, è un atto di protezione: Richard vuole tenere le sue figlie lontane dalla strada, dalla violenza, dalla povertà e dai destini preconfezionati per chi cresce in certi contesti. Il tennis, per lui, è una via d’uscita. Ma anche un campo di battaglia.
Il film si apre nel momento in cui Richard, già padre-allenatore, cerca disperatamente di trovare un coach professionista disposto ad allenare Venus e Serena. Nessuno sembra prenderlo sul serio, anche perché la famiglia non ha soldi, non ha contatti, e le due ragazze non partecipano neppure ai tornei juniores. Questo dettaglio è centrale: Richard decide che le sue figlie non seguiranno il percorso classico del tennis. Le vuole proteggere da un sistema che – secondo lui – brucia i giovani talenti troppo in fretta. Venus sarà la prima a ricevere l’attenzione del circuito. Ottiene un contratto con Rick Macci, coach noto per aver scoperto Jennifer Capriati. La famiglia si trasferisce in Florida. Serena, inizialmente, resta in secondo piano. Ma nel film questo è mostrato con grande sensibilità: Serena non è mai dimenticata, viene invece allenata nell’ombra, lontano dai riflettori, in attesa del suo turno.
Il cuore narrativo del film è la tensione tra Richard e il mondo esterno. Richard non è il classico “padre motivatore”, è un personaggio pieno di zone grigie: prende decisioni discutibili, impone la sua visione anche quando sembra irrazionale, e spesso entra in conflitto con gli stessi allenatori che lui ha cercato. Ma tutto questo viene mostrato non per fare di lui un eroe o un villain, bensì per costruire un ritratto più complesso di cosa significhi essere genitore in un contesto difficile. La madre, Brandi (interpretata da Aunjanue Ellis), ha un ruolo tutt’altro che marginale. È co-allenatrice, figura di equilibrio, e nel film viene data giusta enfasi alla sua presenza. C’è una scena in particolare in cui Brandi rimette Richard al suo posto: gli ricorda che le figlie non sono un progetto personale. È uno dei momenti più intensi e sinceri del film. Il climax arriva quando Venus, finalmente, affronta la sua prima grande partita da professionista. Il match è tirato, teso, e carico di aspettative. Richard, fino all’ultimo, tenta di proteggerla. Ma alla fine si rende conto che deve lasciarla andare. La partita è persa, ma la ragazza ha dimostrato di essere pronta. È l’inizio della leggenda.
Il monologo si apre con un attacco secco: “Ma sentiti, il tuo ego. Come ti vanti.” Brandy parte dalla superficie. Sta osservando il modo in cui Richard si comporta, parla, prende spazio. Il tono è tagliente, ma sotto c'è la frustrazione accumulata. E poi arriva il vero centro: “Hai solo paura.” Tre parole, ripetute. Qui il discorso cambia prospettiva. Non è più solo un rimprovero, è un’intuizione. Brandy nomina la radice di tutto: la paura di fallire, ma non in senso astratto. Richard ha paura di come il mondo lo vede. E la frase successiva è potentissima: “Hai paura che il mondo ti guardi e veda… un altro, scemo, nero.”
Qui il film esce dal tennis, dalla casa, dalla famiglia. Tocca una dimensione culturale più grande. Parla del peso dell’essere uomo nero in America, del terrore di essere ridotto a uno stereotipo. Richard, dice Brandy, sta combattendo non solo per le figlie: sta cercando di riscrivere la sua identità agli occhi del mondo. Ma questo lo sta consumando. “Io non ho mai… mai pensato questo di te.” Questo passaggio è disarmante. Non è una dichiarazione d’amore, è qualcosa di più profondo. È un riconoscimento. È come se gli dicesse: tu sei sempre stato di più di quello che temi di essere. Anche quando non lo vedi. E poi lo spostamento finale: “Ma questa è la vita di Venus. Devi lasciare che decida lei.” Qui Brandy tocca il punto che Richard ha evitato per tutto il film: il controllo. Ha costruito una vita su un piano, ma ora è arrivato il momento in cui quel piano non gli appartiene più. Se non lascia spazio a Venus, rischia di perdere lei. Non come atleta. Come figlia.
Il monologo di Brandy è denso. È una sfida intima, l’unica che Richard non può scansare. Per tutto il film, lui ha parlato con autorità, ha convinto allenatori, giornalisti, manager. Ma qui non può bluffare. Brandy non sta cercando di vincere una discussione, sta cercando di salvare qualcosa. E lo fa puntando esattamente dove Richard è più fragile: la sua identità.
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