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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Nur in Sandokan è uno dei momenti più intensi dell’episodio “Singapore”, un racconto che unisce trauma, dignità e gratitudine verso il figlio Sandokan. Nur parla a Marianna con la calma di chi ha conosciuto la violenza e il riscatto, svelando l’origine della casa in cui vivono e il gesto che ha cambiato la sua vita: la liberazione dal bordello grazie a Sandokan. È una scena di cura, forza e verità, che prepara Marianna al momento in cui potrà finalmente essere libera.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Finale del film (con spoiler)
Credits e dove trovarlo
Minutaggio: 23:30-25:00 (Episodio 4)
Durata: 1 minuto 30 secondi
EPISODIO 1 – La tigre della Malesia
Sandokan, sotto il falso nome di Ismail, si muove a Labuan per partecipare a una caccia alla tigre organizzata dal console inglese e da Brooke. Qui incontra Marianna, la figlia del console, e tra i due nasce un’attrazione immediata. Nel frattempo, a palazzo, avvengono tensioni politiche fra il console, Brooke e il Sultano del Brunei. Durante la caccia, Sandokan salva Marianna dall’attacco della tigre, anche se poi l'animale viene ucciso da Brooke, che reclama il “premio”: un ballo con la ragazza. Un primo conflitto sotterraneo tra i due uomini inizia a emergere.
EPISODIO 2 – La perla di Labuan
Marianna ripensa alla morte della madre e si confida con Sani, promettendole che un giorno la porterà con sé a Londra. Intanto Yanez prigioniero, è destinato all’impiccagione con il resto della ciurma del pirata; Sandokan prepara un piano di fuga. Sani rivela al pirata di sapere che è un pirata, ma gli offre un’alleanza: lei lo aiuterà a liberare la sua ciurma se lui aiuterà a liberare suo fratello dalle miniere.
Durante il compleanno di Marianna, Sandokan e Marianna si avvicinano, ma lui nota un braccialetto che la ragazza porta al polso: un oggetto che aveva regalato a un membro della sua ciurma. Ne nasce un litigio. Brooke chiede ufficialmente la mano di Marianna al console, mentre il Sultano del Brunei si irrita per gli scontri politici e giura di scoprire i segreti di Brooke. Sani, umiliata e percossa dal Sultano, trova conforto in Sandokan e i due stringono un patto: liberare insieme sia la ciurma sia suo fratello.

Quello che so è che Sandokan è stato il miglior figlio che potessi avere. Sai che cos’era questa casa fino a non molto tempo fa. una maison close. Il nome ha un suono dolce in francese, vero? Sono entrata in questo posto a quindici anni. Prima di darmi questa stanza la vecchia mezzana mi faceva dormire con i topi in cantina. mi diceva sempre che certi privilegi andavano ripagati. E così ho fatto, giorno dopo giorno, cliente dopo cliente. I peggiori erano gli inglesi. Sempre violenti, sempre ubriachi. Delle mie amiche sono morte per mano loro. Ma io mi sono salvata, e solo grazie a mio figlio. Sandokan ha comprato il bordello e cacciato le persone che lo sfruttavano. Se non siamo più schiave e possiamo vivere una vita dignitosa è solamente grazie a lui. Sandokan ha parlato con Brooke. Presto sarai libera. Tanto vale che mangi.
“Quello che so è che Sandokan è stato il miglior figlio che potessi avere.”: tono calmo, pieno ma non melodrammatico; su “miglior figlio” la voce si scalda leggermente, sguardo su Marianna per farle capire che sta parlando dell’uomo oltre il pirata, non per giustificarlo ma per mostrarne il valore umano.
“Sai che cos’era questa casa fino a non molto tempo fa.”: abbassa leggermente il tono, più grave; pausa dopo “casa”, lo sguardo si muove nello spazio, come a evocare il passato che impregna ancora le mura.
“una maison close.”: piccola pausa prima, la frase quasi sussurrata; su “maison close” un filo di ironia amara, come se assaporasse il contrasto tra la raffinatezza del suono e l’orrore della realtà.
“Il nome ha un suono dolce in francese, vero?”: accenna un mezzo sorriso amaro; domanda retorica, tono più leggero solo in superficie, sotto c’è il disgusto; cerca un contatto con Marianna per portarla dentro la sua prospettiva.
“Sono entrata in questo posto a quindici anni.”: netto abbassamento del tono, più asciutto; breve pausa su “quindici anni”, lascia pesare l’età; lo sguardo può scendere un attimo, come se vedesse la sé stessa adolescente.
“Prima di darmi questa stanza la vecchia mezzana mi faceva dormire con i topi in cantina.”: ritmo leggermente più veloce, come un ricordo che scivola fuori da sé; su “topi in cantina” una nota di schifo trattenuto, ma detta con normalità da chi è abituata a quella miseria.
“mi diceva sempre che certi privilegi andavano ripagati.”: imitazione minima del tono della mezzana, più duro e cinico; leggero irrigidimento del corpo, come se risentisse ancora la violenza psicologica di quella frase.
“E così ho fatto, giorno dopo giorno, cliente dopo cliente.”: la voce si fa piatta, quasi meccanica; ripetizione “giorno dopo giorno, cliente dopo cliente” scandita con ritmo regolare, a restituire la routine dello sfruttamento; niente vittimismo, solo constatazione.
“I peggiori erano gli inglesi.”: tono più fermo; accento su “peggiori” e su “inglesi”, lo sguardo si indurisce; qui esce la rabbia sedimentata, senza alzare la voce.
“Sempre violenti, sempre ubriachi.”: frasi brevi, martellate; ritmo secco, quasi come colpi; puoi accompagnare con un impercettibile movimento del capo, come se fosse un elenco già ripetuto mille volte nella sua testa.
“Delle mie amiche sono morte per mano loro.”: abbassa il volume della voce; breve pausa prima di “morte”, lascia un attimo di silenzio; gli occhi possono velarsi ma senza lacrime plateali: è un lutto già consumato.
“Ma io mi sono salvata, e solo grazie a mio figlio.”: cambia energia, qui entra la gratitudine; su “solo grazie a mio figlio” la voce si scalda, piccolo sorriso accennato, lo sguardo si ammorbidisce: non è un miracolo astratto, è Sandokan in carne e ossa.
“Sandokan ha comprato il bordello e cacciato le persone che lo sfruttavano.”: tono fiero, quasi orgoglioso; sottolinea “comprato il bordello” e “cacciato”, a marcare il ribaltamento di potere; corpo un po’ più eretto, come se la dignità ritrovata le attraversasse la schiena.
“Se non siamo più schiave e possiamo vivere una vita dignitosa è solamente grazie a lui.”: frase più lunga, detta con calma e chiarezza; su “non siamo più schiave” un respiro più profondo, come se quella libertà la sentisse ancora addosso; “vita dignitosa” va pronunciato con rispetto, quasi sacralità.
“Sandokan ha parlato con Brooke.”: tono rassicurante, torna al presente; usa la frase come ponte tra il passato traumatico e la situazione attuale; lo sguardo cerca gli occhi di Marianna, per darle un appiglio concreto.
“Presto sarai libera.”: semplice, diretta; voce morbida ma ferma, senza enfasi; è una promessa, non una speranza vaga.
“Tanto vale che mangi.”: chiusa pragmatica, quasi quotidiana; un filo di ironia dolce, come una madre che consola ma riporta alla realtà; la voce si fa più concreta, il corpo si rilassa un poco, offrendo il cibo come gesto finale di cura.
Il monologo di Nur è un racconto che procede come un respiro profondo, lento e costante, privo di enfasi ma pieno di verità vissuta. Nur parla a Marianna non per commuoverla, bensì per farle capire chi sia davvero Sandokan e perché lei dovrebbe fidarsi. La sua voce è calma, quasi materna, e la scelta narrativa di raccontare un passato tanto duro senza alzare mai il tono la rende una figura di straordinaria dignità. La prima parte del racconto stabilisce subito un asse emotivo: Sandokan come “miglior figlio”, immagine che contrasta con tutto ciò che Marianna pensa di lui. Nur le svela allora l’origine di quella casa, una maison close che nella dolcezza del francese nascondeva un sistema di sfruttamento feroce. Questo contrasto linguistico, raccontato con un sorriso amaro, è un piccolo capolavoro di sottotesto: Nur ha vissuto la violenza in un luogo che pretendeva di essere elegante.
Nel descrivere la sua adolescenza rubata, i topi in cantina, la mezzana, la frase velenosa “i privilegi vanno ripagati”, Nur non cerca mai pietà. Racconta la sua storia come un fatto, come qualcosa che ha forgiato il suo carattere senza spezzarlo del tutto. La routine di “giorno dopo giorno, cliente dopo cliente” emerge con un ritmo quasi meccanico, a sottolineare la ripetizione disumana, mentre il riferimento agli inglesi introduce una rabbia antica, trattenuta, che dà corpo al trauma senza trasformarlo in una scena melodrammatica. Quando parla delle amiche morte, la voce immaginata per il personaggio si fa più bassa, non incrinata: è un lutto sedimentato, parte ormai del suo essere.
Il monologo cambia colore quando entra in scena Sandokan. La sua figura è l’elemento trasformativo: il pirata come salvatore, il figlio come scudo. Nur racconta il gesto rivoluzionario di comprare il bordello e liberare le donne che lo abitavano, e qui il timbro diventa quasi fiero, come se finalmente potesse mettere un punto fermo sulla sua storia. Non è un elogio cieco: è gratitudine pura, radicata nei fatti. Parlare della libertà ritrovata, della dignità recuperata, è per lei come rivendicare la propria esistenza. La chiusa è un gioiello di pragmatismo narrativo: dopo un racconto così duro, Nur non si perde nella retorica. Torna al presente, informa Marianna che Sandokan ha parlato con Brooke e che presto sarà libera. È un modo di dire: “Non sei in pericolo. Sei tra persone che sanno cosa vuol dire soffrire.” E poi la frase finale, “Tanto vale che mangi”, è la sintesi perfetta della sua energia: una madre che accudisce, una donna che ha imparato che la sopravvivenza passa dai gesti concreti, dal corpo, dal nutrirsi. È un invito a lasciarsi andare, a fidarsi, ma anche a continuare a vivere.

EPISODIO 3 – In ostaggio
Il passato di Yanez riemerge: in Paraguay, anni prima, aveva perso la sua fede assistendo al massacro di una chiesa da parte degli inglesi. Sul praho, Sandokan rapisce Marianna affinché curi Yanez, febbricitante. La ragazza è costretta ad aiutare per non rischiare la vita del padre. Brooke parte per inseguire Sandokan insieme a due uomini del Sultano del Brunei (che però complottano alle sue spalle). Alle miniere, Marianna scopre l’orrore della schiavitù e vede per la prima volta il “progresso” del padre da un’altra prospettiva. Sandokan libera gli schiavi, incluso il fratello di Sani. Per depistare Brooke, ordina a Yussuf di pilotare lo scafo degli schiavisti: “Una vita per una vita”. Quando Brooke circonda la ciurma, Yanez usa Marianna come ostaggio, obbligando tutti a deporre le armi. Sandokan fugge e dirige il praho verso Singapore: è pronto a chiedere un riscatto per la ragazza.
EPISODIO 4 – Singapore
Un flashback racconta il primo incontro tra Sandokan e Yanez: anni prima, durante incontri clandestini di lotta, Yanez gli salva la vita e gli propone di unirsi alla ciurma. Sandokan accetta solo quando sua madre, gravemente malata, ha bisogno di cure. Nel presente, la ciurma giunge a Singapore per negoziare il riscatto di Marianna. Brooke arriva poco dopo, disorientato dall’oppio e fuori dal suo territorio. Marianna viene accudita da Nur, la madre di Sandokan, che le racconta come il pirata l’avesse salvata anni prima da un bordello. Sani invece viene corteggiata da un giovane pirata, mentre Yanez teme le sue idee rivoluzionarie.
Durante il Capodanno lunare, Sandokan e Marianna finiscono per ballare insieme, in un momento di sorprendente tenerezza. Ma l’incontro per il riscatto si trasforma in un massacro: un gruppo di uomini vestiti di nero, non inglesi, ma del Sultano del Brunei, assalta il rifugio. Brooke viene quasi ucciso, e Marianna rischia la vita. La madre di Sandokan viene colpita da un proiettile destinato alla ragazza. In punto di morte, Nur rivela a Sandokan la verità: non è suo figlio. È stato trovato da bambino, unico superstite di un massacro. Sani dà a Sandokan la risposta definitiva: “Tu sei uno di noi”.
Regista: Jan Maria Michelini, Nicola Abbatangelo
Sceneggiatura: Dai romanzi di Emilio Salgari
Cast: Can Yaman (Sandokan) Alanah Bloor (Marianna Guillonk) Ed Westwick (James Brooke) Madeleine Price (Sani) Owen Teale (Lord Guillonk); John Hannah (sergente Murray); Alessandro Preziosi (Yanez de Gomera)
Dove vederlo: Rai Play

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