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~ LA REDAZIONE DI RC
Il cinema è una macchina del tempo. Ogni film è una finestra su un’epoca, un riflesso delle idee, delle tecnologie e delle sensibilità artistiche che lo hanno generato. Guardando i film che hanno segnato la storia del cinema, possiamo osservare non solo l’evoluzione del linguaggio cinematografico, ma anche i cambiamenti culturali, sociali e tecnologici che hanno trasformato il modo in cui raccontiamo e viviamo le storie.
Ci sono film che hanno introdotto innovazioni tecniche rivoluzionarie, altri che hanno ridefinito il concetto stesso di narrazione. Alcuni hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare, altri hanno cambiato per sempre il modo in cui pensiamo al cinema. Ogni grande film è il risultato di un momento storico preciso, di scelte artistiche coraggiose e di attori, registi e sceneggiatori che hanno saputo trasformare il loro tempo in immagini indimenticabili.
Questa rubrica esplora quei film che, per un motivo o per un altro, hanno lasciato un segno nella storia del cinema. Opere che hanno cambiato il modo in cui il pubblico guarda il grande schermo, influenzato generazioni di cineasti e ridefinito i confini di ciò che il cinema può essere.
Il film di oggi è...
Quando nel 1937 la Walt Disney presenta al pubblico Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs), la reazione è duplice: meraviglia e incredulità. Perché fino a quel momento l’animazione era un genere breve, comico, associato ai cortometraggi e alle sale d’attesa del cinema, mai a una narrazione ampia, con personaggi complessi, momenti drammatici e sviluppo psicologico.
Walt Disney, con questo progetto, rischia tutto: reputazione, finanze, e perfino la sopravvivenza del suo studio. Ma ciò che ne esce è il primo lungometraggio animato sonoro a colori della storia del cinema, e non è solo un successo: è una pietra miliare, che ridefinisce cosa può essere l’animazione. E lo fa partendo da una fiaba antichissima, riscritta nel linguaggio della modernità cinematografica.
Biancaneve è una giovane principessa costretta a vivere come sguattera nel castello della Regina, sua matrigna, ossessionata dalla propria bellezza. Quando lo specchio magico le rivela che la ragazza è ormai “la più bella del reame”, la regina decide di eliminarla. La fanciulla fugge nel bosco e trova rifugio presso la casa di sette nani, minatori dal cuore semplice e affettuoso. Ma la Regina, con un travestimento da vecchia mendicante, la raggiunge e la avvelena con una mela incantata. Solo il bacio di un principe innamorato potrà risvegliarla. Fin qui, nulla di straordinario. Ma quello che rende Biancaneve così importante non è cosa racconta, ma come. E su quel “come”, Disney costruisce un mondo.
Lo stile: un realismo magico in movimento
Il cuore rivoluzionario del film sta nel linguaggio visivo. L’animazione, fino a quel momento, era sinonimo di stilizzazione comica, deformazione espressiva, ritmo frenetico. Disney vuole invece un’animazione che miri alla verosimiglianza, alla tridimensionalità, al coinvolgimento emotivo.
Per ottenere questo, studia la recitazione teatrale e cinematografica, usa attori dal vivo per tracciare i movimenti dei personaggi umani (una tecnica detta rotoscoping), lavora su ombre, profondità, prospettive. Ogni fotogramma viene disegnato a mano, e si utilizzano fondali dipinti in stile realistico, con un uso pionieristico della multiplane camera, una macchina da presa creata internamente alla Disney per simulare la profondità di campo.
Il risultato è un film animato che si muove come un film dal vero, ma con la libertà poetica del disegno. Il bosco in cui Biancaneve si perde è un incubo visivo degno dell’Espressionismo, mentre la casa dei nani è un microcosmo domestico dettagliatissimo e pieno di carattere.
Uno degli aspetti più brillanti del film è la costruzione dei personaggi, in particolare dei nani. Nei racconti dei fratelli Grimm non avevano nomi né caratteri distinti. Disney li trasforma in sette micro-personalità, ognuno con tic, gesti, espressioni, che li rendono immediatamente riconoscibili: Dotto, Gongolo, Pisolo, Eolo, Brontolo, Mammolo, Cucciolo.
Questi sette caratteri sono anche sette modi di reagire alla realtà: razionalità, entusiasmo, lentezza, timidezza, sospetto… ed è in questo modo che diventano figure umane, non solo comiche. Sono personaggi secondari, ma hanno più sfumature emotive di tanti protagonisti del cinema contemporaneo.
Biancaneve, al contrario, è una figura quasi ieratica: buona, gentile, angelica. L’animazione ne sottolinea la grazia nei movimenti, la voce (doppiata da Adriana Caselotti) ha un registro soprano che le dà un tono etereo. Non ha un arco narrativo vero e proprio, ma rappresenta un ideale di purezza e gentilezza.
La Regina, invece, è costruita come figura gotica e ossessiva, una presenza visivamente disturbante: elegante e fredda nella sua forma regale, mostruosa nel travestimento. La scena in cui prepara la mela avvelenata, con il calderone e le pozioni, è una delle più oscure e inquietanti del film, e ha influenzato tutto il cinema horror successivo.
La musica: racconto e atmosfera
Altro elemento centrale è la colonna sonora. Disney capisce che il sonoro non serve solo per accompagnare l’animazione, ma può diventare struttura narrativa. I personaggi cantano per raccontarsi, per esprimere emozioni, per segnare i passaggi della storia.
Brani come "Heigh-Ho", "Whistle While You Work", "Someday My Prince Will Come" non sono solo orecchiabili, ma delineano il tono delle scene. La musica cambia ritmo e registro a seconda delle emozioni: incalzante nella fuga nel bosco, dolce nella casa dei nani, sinistra nel laboratorio della strega.
La combinazione tra disegno, musica, movimento e ritmo dà vita a un film che sembra respirare, che coinvolge lo spettatore in una dimensione emotiva completa.
Quando Biancaneve esce, nel dicembre 1937, il mondo del cinema cambia. Il film è un successo immediato, sia negli Stati Uniti che all’estero. Incassa oltre 8 milioni di dollari in un’epoca in cui il biglietto costava pochi centesimi. E viene accolto come una forma nuova di spettacolo, che unisce tecnica, arte, poesia.
Critici e registi, da Sergej Ėjzenštejn a Charlie Chaplin, lo definiscono un capolavoro tecnico e artistico. Il film riceve un Oscar speciale a Disney, con una statuetta tradizionale e sette in miniatura, in omaggio all’innovazione storica.
Biancaneve diventa modello per l’animazione futura, ma anche per il musical, per il cinema fantasy, per il cinema per l’infanzia. È un’opera che apre la strada a tutto ciò che oggi chiamiamo “cinema d’animazione” nel senso pieno: cioè cinema capace di emozionare, di raccontare, di creare mitologie collettive.
Temi e lettura simbolica
Oltre all’apparente semplicità fiabesca, Biancaneve lavora su temi complessi:
La paura dell’infanzia: il bosco, il tradimento, la solitudine.
La trasformazione e la morte: la mela come passaggio al sonno eterno, alla perdita della coscienza.
L’invidia e il potere: la Regina è mossa da una frustrazione profonda, da un’ansia di controllo che non è solo estetica ma esistenziale.
Il film parla anche di lavoro, convivenza, ritmo quotidiano (la casa dei nani è un microcosmo produttivo), e di redenzione tramite l’amore – un amore idealizzato, certo, ma che nel contesto del 1937 ha un valore anche simbolico: l’idea che la bellezza, la bontà e l’armonia possano sopravvivere al male.
Biancaneve e i sette nani è il film che ha fondato l’industria dell’animazione moderna, ma anche qualcosa di più. È il punto in cui il disegno diventa cinema vero, dove la tecnica non è solo mezzo ma linguaggio poetico e narrativo.
A quasi 90 anni dalla sua uscita, rimane un’opera che affascina, non per nostalgia, ma perché è costruita con un equilibrio raro tra invenzione, artigianato e sentimento. È un film che ha dato forma a un sogno e, nel farlo, ha dimostrato che il cinema può essere incanto, ma anche profondità.
E nel volto dolce di Biancaneve, nei baffi di Brontolo, nella mela nera e lucida della Regina, c’è ancora la magia di un’epoca che scopriva se stessa attraverso il disegno, il canto e lo stupore.
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