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Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Il film si apre con una frase di Sylvia Plath sulla difficoltà di essere se stessi. Sul set di un film, l’attore Jay Kelly chiude le riprese con un monologo intenso: davanti alla troupe è una star, ma appena resta solo nel camerino emerge un uomo stanco e pieno di pensieri. Nella vita privata Jay è fragile: prova a stare vicino alla figlia Daisy, ma il lavoro e le abitudini da celebrità lo portano sempre altrove. La morte di un amico, Peter, lo riporta a vecchi rimpianti e lo mette di fronte a ciò che ha evitato. Al funerale incontra Timothy, ex compagno di accademia: tra nostalgia e tensione, la serata degenera. Tim lo accusa di avergli “rubato la vita” (provino, relazioni, opportunità) e scoppia una lite che finisce ripresa dai telefoni.
Il giorno dopo Jay annuncia di voler mollare il prossimo film e parte improvvisamente per la Francia per raggiungere Daisy, trascinando dietro di sé agenti e staff. Nel viaggio riaffiorano i ricordi dell’accademia e della “sliding door” decisiva: anni prima Jay, quasi senza accorgersene, si prese l’occasione che avrebbe potuto cambiare la vita di Tim. Sul treno Jay ritrova Daisy e la mette sotto pressione: lei confessa di voler diventare attrice, lui tenta di controllarla e lei esplode, allontanandosi. Intanto il suo team si sfalda e i rapporti interni si spezzano, mentre Jay viene anche celebrato pubblicamente per un gesto “eroico” (un inseguimento a un ladro), in netto contrasto con il caos della sua vita personale. Arrivato in Toscana, Jay affronta anche il padre, freddo e respingente, e vede crollare un altro pezzo del suo mondo quando l’amico-agente Ron viene licenziato da un altro cliente.

Jay tocca il fondo: prova a recuperare Jessica/Jessie (la figlia maggiore), le chiede di partecipare al tributo in suo onore e ammette di aver scelto la fama al posto della famiglia, ma lei lo respinge: ormai ha una vita senza di lui. Jay si perde nei boschi e crolla, svuotato.
Il giorno dopo Ron sta per andarsene definitivamente, ma Jay lo ferma e si scusa. Ron chiarisce che non può più lavorare con lui, però resta per aiutarlo da amico: è l’unica presenza reale che Jay riesce ancora a trattenere.
Alla serata del tributo Jay è teso e “vede” mentalmente i volti del suo passato. In mezzo alla celebrazione, prende la mano di Ron: è un gesto semplice che dice che, per una volta, smette di recitare da solo. Alla fine, davanti alla standing ovation, Jay guarda in camera e dice: “Vorrei farne un’altra.”
Il senso della battuta è doppio: non parla solo di un altro film o di un’altra “take”, ma del desiderio di rifare il proprio film di vita, correggendo gli errori (figlie, amicizie, scelte). Non è una redenzione completa: è l’inizio di una consapevolezza, lasciata volutamente aperta.

Jay: George Clooney
Tim: Billy Crudup
Tim: Il mio guru dice che quando qualcuno sta morendo e quindi si avvicina di più al mondo spirituale… grazie, a quel punto ha meno paura della morte.
Jay: Hai un guru, tim, fantastico.
Tim: Si, perché la morte diventa meno reale. Ovviamente il potere e il successo diventano totalmente irreali perché non sono più rilevanti. Come diceva Peter non resta altro… che l’amore.
Jay: E’ bellissimo.
Tim: Lo so.
Jay: Vorrei il numero del tuo guro.
Tim: Oh, si, è magico. Dà il suo meglio per messaggi.
Jay: Questo posto è stupendo. Non ci venivo da quando facevamo lezione.
Tim: Vedi qualcuno della classe?
Jay: No. No. E tu?
Tim: Si. Facciamo delle reunion, di tanto in tanto. Credo che tu sia l’unico della classe che lavora. Oh, e Cindy fa molti oversound-
Jay: Ma tu eri quello che tutti ammiravamo.
Tim: Oh, nonnonn.
Jay: Siii! Eri il migliore di tutti noi. usavi il Metodo. Io non lo usavo.
Tim: Tu usavi il Metodo.
Jay: Usavo il metodo Light. Tu sapevi fare tutto. Potevo guardarti fare tutto. Potrei guardarti leggere questo menù. Dai, fallo adesso. Fallo! Leggi il menù, avanti.
Tim: Ok, d’accordo, è… è la versione non emotiva: “Patate fritte, tartufo, parmigiano cavolini di Bruxelles con balsamico con la glassa dodici dollari. Insalata iceberg cocktail di gamberi, calamari con salsa aioli al limone 15 dollari ”
Jay: Ok, ora fallo in versione emotiva.
Tim: Oh, Dio. Non lo so, non lo faccio più. Sono un terapeuta infantile.
Jay: Fallo!
Tim: L’occhiata di Jay Kelly…
Jay: E… Azione!
Ridono.
Tim: Ok. D’accordo.
Entrambi respirano.
Tim: Vediamo cosa direbbe Larry… Oh… Ok. Mi ricordo una cosa che è molto importante per me. Vedo Larry. Riesco a sentirlo e continuare a parlare. “Patate fritte, tartufo, parmigiano… cavolini di Bruxelles con balsamico e con la glassa dodici dollari…. Un piatto di insalata iceberg e cocktail di gamberi. Calamari con salsa aioli al limone 15 dollari.”
Jay: Questa è la recitazione con il metodo.
Ridono.
Jay: E’ pazzesca. O mio Dio.
Tim: Vedi, il mio problema è che non ero affatto ambizioso.
Jay: E’ un mestiere troppo duro. Non lo augurerei a nessuno. Continuo a pensare che potrei fermarmi.
Tim: No, ma Dai. Te la sei cavata jay Kelly. Ho preso due decisioni sbagliate.
Jay: Ah, si.
Tim: Ho rifiutato Beverly Hills 90210. Facevo l’Amleto a Louisville.
Jay: Ah, che bello! Non faccio teatro da… dal liceo. Qual è l’altra?
Tim: Farti venire a quel provino. Ma i miei figli hanno potuto vedermi fuori dai cancelli della scuola ogni giorno. Devo pensare che vale qualcosa.
Jay: Si, certo che vale. Vale tutto. Tutto.
Tim: Ehi, mi dispiace. Ho letto dei tuoi… divorzi. Le tue ragazze devono essere adulte ormai.
Jay: Daisy va all’università in Autunno.
Tim: Uao.
Jay: Fortuna che non gliene frega niente di recitare ma sto dando i numeri al pensiero che se ne vada. Mi sembra di averla persa.
Tim: E’ la tragedia di un genitore. Perché abbiamo successo solo quando diventiamo irrilevanti.Andiamo. Hai fatto le scelte giuste per te. Tu fai i film. E’ quello che il mondo vuole da te. Il mio mondo è molto più piccolo. Io porto i cani al parco, sto con la mia famiglia, i miei pazienti…
Jay: E’ bello vederti, Tim. E’ bello parlare di quei tempi. E’ bello essere in contatto con te e anche… con quel ragazzo. Quel ragazzo che ero.
Tim: Davvero?
Jay: Ah, si.
Tim: Non credo che tu voglia rivederlo.
Jay: Come?
Tim: Sarò molto onesto con te. Non ti sopporto. In pratica hai rubato la mia vita.
Jay: Io non ti ho rubato niente.
Tim: Mi hai rubato il lavoro. E mi hai rubato la ragazza. A 23 anni non avevo molto più di quello, e ora ogni volta che guardo una rivista mi tocca di leggere di jAY kelly e la sua incredibile storia degli inizi. Di come ha accompagnato il suo amico a un provino per peter Schneider, solo che lui ha avuto la parte, pensa un pò. Ma non si chiedono mai chi sia l’amico. Quello a cui l’hai portata via.
Jay: E’ grazie a me se Peter ti ha dato una parte.
Tim: Ero una beneamata comparsa! Avevo una battua!
Jay: Devo andare.
Si avvia verso l’uscita. Tim lo segue
Tim: Se la gente sapesse le cose che so io di Jay Kelly…
Jay: Devo alzarmi presto domattina.
Tim: Pago io il conto!
Jay: L’ho già pagato!
Tim: Non preoccuparti. Guarda che non apro bocca. Non sono quel tipo di uomo.
Jay: Guarda, veramente non so proprio che tipo di uomo sei tu.
Tim: Tu non sei tanto importante per me, sei importante per gli altri. Per la massa, ma non per me.
Jay: Mi dispiace, io ho sempre avuto pensieri affettuosi per te.
Tim: Non lo penso solo io. Tua figlia è d’accordo con me.
Jay: Daisy?
Tim: Jessica. Siamo amici su Facebook. Le ho raccomandato un terapeuta a San Diego.
Jay: Quel tipo è un ciarla… Non parlare con Jessica.
Tim: Vuoi dirmi con chi devo essere amico, adesso?
Jay: Non ti dico di chi essere amico.
Tim: Ti chiama “involucro vuoto”. Forse ha ragione. C’è una persona lì dentro? Forse tu in realtà non esisti.
Jay: La mia auto è qui. Lasciamo stare.
Tim lo spinge.
Tim: Ho sempre avuto la fantasia di picchiarti. Avrei dovuto farlo anni fa. (Sempre più eccitato, colpisce Jy) Avanti. Fatti sotto.
Jay: Non avresti mai avuto quella parte. Mai!
Il dialogo tra Jay Kelly e Tim mette in scena, senza filtri, il conflitto tra successo pubblico e fallimento percepito, tra chi ha “vinto” nel sistema e chi ne è rimasto fuori. Tutto inizia con un tono leggero, quasi ironico, e scivola lentamente verso una resa dei conti emotiva che covava da decenni. Nella prima parte, Tim introduce il tema della morte e dell’irrilevanza del potere attraverso il discorso del guru. È un passaggio apparentemente spirituale, ma in realtà funziona come una dichiarazione di poetica del personaggio: Tim ha ristrutturato la propria vita attorno all’idea che successo e fama siano illusioni. Jay reagisce con ironia affettuosa, ma il suo sarcasmo rivela un disagio profondo: è incuriosito da quel distacco perché lui, al contrario, è intrappolato dentro ciò che Tim definisce “irreale”.
Il dialogo si sposta poi sul terreno della recitazione e diventa quasi meta-cinematografico. Il gioco del menù recitato prima “senza emozione” e poi “con il Metodo” è una delle scene più intelligenti del film: dimostra che Tim non ha perso il talento, ma ha scelto di non usarlo più in quel contesto. Jay lo ammira sinceramente, e in quel momento si ribalta la gerarchia: la star guarda l’uomo che avrebbe potuto essere. La risata condivisa maschera una verità più amara, cioè che il talento non garantisce una carriera e che il sistema premia chi resta, non chi è necessariamente migliore. Quando Tim parla delle scelte sbagliate, il rifiuto di Beverly Hills 90210 e il provino a cui ha portato Jay, il dialogo cambia definitivamente direzione. Qui emerge il vero tema della scena: la responsabilità morale del successo. Tim non accusa Jay solo di aver avuto fortuna, ma di aver inconsapevolmente occupato tutto lo spazio possibile, lasciando agli altri solo i margini. Jay prova a difendersi con razionalità (“è un mestiere troppo duro”, “potrei fermarmi”), ma sono frasi vuote: non rispondono al dolore dell’altro.
Il confronto sui figli segna un momento di apparente riconciliazione. Tim rivendica la sua vita “piccola”, fatta di famiglia, pazienti, quotidianità, mentre Jay confessa la paura di aver perso Daisy. Ma questa tregua è solo temporanea. Quando Tim dice che il successo di un genitore coincide con la propria irrilevanza, colpisce Jay nel punto più fragile: l’uomo che è stato ovunque tranne che dove serviva davvero. La parte finale del dialogo è una frattura irreversibile. Tim abbandona ogni diplomazia e dice la frase che ha sempre trattenuto: “Hai rubato la mia vita”. Non è un’accusa tecnica, è esistenziale. Jay nega, si rifugia nei fatti, ma Tim smonta la narrazione pubblica del “mito Jay Kelly”, ricordando che dietro ogni grande storia di successo c’è qualcuno che non viene mai nominato. Quando entra in gioco Jessica, la figlia, il dialogo diventa violento perché Tim colpisce l’identità stessa di Jay: non l’attore, ma l’uomo. “Involucro vuoto” non è un insulto, è una diagnosi emotiva.
La rissa finale è l’unico linguaggio rimasto quando le parole non servono più. Jay urla “Non avresti mai avuto quella parte”, una frase crudele che sancisce la sua caduta: nel momento di massima pressione, difende il proprio successo negando definitivamente l’altro. È qui che il film smette di raccontare un’amicizia spezzata e mostra il prezzo umano della fama.
Questo dialogo funziona perché non assegna ragione a nessuno. Tim non è un martire puro, Jay non è un cattivo consapevole. Sono due uomini che guardano la stessa storia da lati opposti, incapaci di trovare un linguaggio comune. Ed è proprio questa ambiguità a rendere la scena una delle più forti e memorabili del film.

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