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~ LA REDAZIONE DI RC
Il cinema italiano ha regalato al mondo personaggi, dialoghi e momenti che ancora oggi parlano forte. In questa selezione trovi monologhi tratti da film italiani che hanno lasciato un’impronta: testi densi, scritti con cura, in cui le parole non sono mai solo parole. Se sei un attore e vuoi lavorare su un materiale autentico, che ti metta in contatto con la nostra lingua e la nostra cultura cinematografica, qui troverai spunti forti e concreti da portare in scena o in sala prove.
I CENTO PASSI - TANO BADALAMENTI (TONY SPERANDEO)
Parliamo di "I Cento Passi", un film che è un viaggio nel cuore oscuro dell'umanità e della sua capacità di resistere, di un uomo che si è alzato contro il silenzio con la sola forza della sua voce. Gaetano Badalamenti, interpretato da Gaetano “Tony” Sperandeo, ci presenta il mondo attraverso la sua visione, e come soffre di fronte a determinate accuse. Nel suo monologo, Badalamenti si dipinge come un uomo d'azione, un uomo che sa fare "tutte cose", persino il caffè, che qui non è solo una bevanda, ma quasi un simbolo.
INTRO MONOLOGO
Si, lo so che siete a lutto, ma gradirei un caffè… Allora questo caffè me lo faccio io. Perché uno nella vita deve sapere fare tutte cose, anche il caffè. E io il caffè lo so fare. Tutte cose so fare. Sapessi quante volte sono stato solo nella mia vita. E mi sono sempre arrangiato. Oggi io dovevo andare al cimitero a onorare un mio amico che purtroppo non c’è più. E invece me ne sono salito in campagna.
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IL COLIBRI - MARCO (PIERFRANCESCO FAVINO)
Parliamo del film "Il Colibrì", un'opera che, come il suo protagonista, si muove con grazia e intensità, rimanendo ferma nel cuore e nella mente. Preparatevi a un viaggio emozionale attraverso le parole, le riflessioni e le scoperte di una vita che, nonostante le sue sfide e inevitabili sventure, si rivela perfetta nella sua essenza. Allacciate le cinture, amici, perché questo non è solo un viaggio nel cinema, ma anche un viaggio nell'anima!
INTRO MONOLOGO
No, scusate… è stata una notte pazzesca, ma… ma io… è solo che mi sono accorto che… che man mano che vincevo la mia vita… Cioè, quella che vivo, ogni giorno, diventava… come dire, sempre più misera. Capite? Ero sopra i duecentomila e pensavo a… a viaggi, alle Maldive, alle Saint Saens, ma perché non ci sono mai voluto andare? A me mi piace tornare a casa mia. A me mi piace il Tirreno.
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IL POSTINO - MARIO RUOPPOLO (MASSIMO TROISI)
Oggi rivisitiamo un monologo da un film che ha toccato i cuori di milioni di spettatori. Si tratta del monologo finale di Mario Ruoppolo, interpretato dal compianto e grandissimo Massimo Troisi in "Il Postino". Un monologo che non è solo un insieme di parole, ma un vero e proprio canto dell'anima.
INTRO MONOLOGO
Carissimo Don Pablo, è Mario. Spero che non vi siate scordato di me. E… vabbè, comunque… niente, vi ricordate che… che voi una volta mi avete chiesto di raccontare una cosa bella della mia terra ai vostri amici, e che a me non mi veniva niente? Beh, adesso… adesso lo so. Perciò vi voglio mandare questo nastro che potete far sentire pure ai vostri amici, se volete.
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SACCO E VANZETTI - BARTOLOMEO VANZETTI (GIAN MARIA VOLONTE')
Il film "Sacco e Vanzetti" è un'opera cinematografica che racconta la storia vera di Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due immigrati italiani negli Stati Uniti, accusati ingiustamente di rapina e omicidio nel 1920. La loro vicenda giudiziaria è diventata simbolo delle ingiustizie legali e sociali subite dagli immigrati e dai lavoratori. Negli anni '20, l'America viveva un periodo di forte tensione sociale, caratterizzato da xenofobia, paura del comunismo (il cosiddetto Red Scare) e diffidenza nei confronti degli immigrati. Sacco e Vanzetti, in quanto anarchici italiani, incarnavano le paure di quella società. Gian Maria Volontè è stato un attore italiano di straordinario talento, noto per la sua capacità di immedesimazione e per le sue scelte di ruoli complessi, spesso legati a tematiche sociali e politiche. Il suo impegno nel cinema di denuncia è evidente nella sua interpretazione in "Sacco e Vanzetti".
INTRO MONOLOGO
Sì, ho da dire che sono innocente. In tutta la mia vita non ho mai rubato, non ho mai ammazzato; non ho mai versato sangue umano, io. Ho combattuto per eliminare il delitto. Primo fra tutti: lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. E se c’è una ragione per la quale sono qui è questa, e nessun’altra. Una frase, una frase signor Katzmann, mi torna sempre alla mente: “Lei, signor Vanzetti, è venuto qui nel paese di Bengodi per arricchire”.
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RADIOFRECCIA
Nel film "Radiofreccia", diretto da Luciano Ligabue e basato sul suo omonimo romanzo, il regista esplora le tematiche di ricerca di identità, significato e appartenenza nella vita di provincia italiana degli anni '70 e '80. Uno degli strumenti usati da Ligabue per esplorare questi temi è il monologo di Ivan Benassi, trasmesso dalla sua stazione radio, Radio Raptus. Questo monologo fornisce una finestra sul cuore del protagonista, e funge anche da catalizzatore per una riflessione più ampia sul significato di "credere" in un contesto di restrizioni sociali e personali.
INTRO MONOLOGO
Buonanotte. Quì è Radio Raptus, e io sono Benassi, Ivan. Forse lì c’è qualcuno che non dorme. Beh, comunque che ci siate oppure no, io c’ho una cosa da dire. Oggi ho avuto una discussione con un mio amico. Lui è uno di quelli bravi: bravi a credere in quello in cui gli dicono di credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente. Beh, non è vero: anch’ io credo...
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LA TIGRE E LA NEVE - ATTILIO (ROBERTO BENIGNI)
Il monologo pronunciato da Roberto Benigni nel film "La tigre e la neve" è una delle sequenze più emblematiche del suo cinema: un flusso di parole che, sotto una superficie comica e leggera, si fa denso di significati profondi. L’ambientazione è una lezione universitaria in cui Attilio De Giovanni, il personaggio di Benigni, cerca di trasmettere agli studenti l’essenza della poesia e, di riflesso, della vita stessa. Questo monologo è un perfetto esempio della poetica dell’autore, che mescola filosofia, umorismo e un’inesauribile passione per la bellezza nascosta nel quotidiano.
In questa scena, Benigni si rivolge agli studenti (ma idealmente a tutti noi), con una riflessione universale sul significato della poesia e sull’atteggiamento necessario per affrontare la vita. Analizzare questo monologo significa scendere nel cuore del pensiero benigniano: una celebrazione dell’amore, della sofferenza, della gioia e del processo creativo come strumenti per abitare pienamente l’esistenza.
INTRO MONOLOGO
Svelti, eh, svelti! Veloci… piano, con calma. Non v’affrettate, eh. Poi, non scrivete subito poesie d'amore, eh, che sono le più difficili. Aspettate di avere almeno un’ottantina d’anni. Scrivetele su un altro argomento, che so… sul mare, il vento, un termosifone, un tram in ritardo. Ecco, non esiste una cosa più poetica di un’altra, eh. Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro. Cos’è la poesia? Non chiedertelo mai più. Guardati nello specchio: la poesia sei tu. E vestitele bene le poesie, cercate bene le parole. Dovete sceglierle. A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola. Sceglietele.
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MANUALE D'AMORE 2 - ERNESTO (CARLO VERDONE)
Carlo Verdone, con il suo inconfondibile tocco umano e malinconico, regala uno dei suoi momenti più intensi con questo monologo. Fulvio con parole che oscillano tra confessione e poesia, tra ilarità e struggimento. Questo monologo ci mette di fronte a un ritratto complesso e umano: un uomo che, per un breve istante, ha assaporato la pienezza della vita, per poi fare i conti con le sue scelte, le sue emozioni e i suoi rimorsi.
INTRO MONOLOGO
Fulvio, quegli occhi... quel paio d'occhi che brillavano, sembravano due fari, due torce. E quel sorriso, così accecante, sembrava di vedere il sole quando lei rideva, credimi, Fulvio… Quando un uomo si sente addosso quello sguardo, quell'espressione... ma, è inevitabile che gli esploda qualcosa dentro. Tu pensi che io c’ho avuto solo un infarto, ma io te lo dico: ne ho avuti tre, forse quattro.
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IL DIVO - ANDREOTTI (TONI SERVILLO)
Questo monologo rappresenta il momento più enigmatico e forse rivelatorio del film Il Divo di Paolo Sorrentino. A pronunciarlo è Giulio Andreotti, interpretato da Toni Servillo, in una sorta di confessione intima che si discosta nettamente dalla sua abituale maschera imperscrutabile. Rivolgendosi alla moglie Livia, Andreotti sembra lasciarsi andare a un'apertura emotiva e morale inedita, svelando il paradosso della sua esistenza politica: commettere il male per garantire il bene. Ma questa confessione è reale? È un sogno? È un pensiero che non verrà mai pronunciato ad alta voce? Sorrentino lascia la risposta sospesa, ponendo lo spettatore davanti a un monologo che è al tempo stesso una dichiarazione di colpevolezza e una giustificazione ideologica del potere.
INTRO MONOLOGO
Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io.
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LA VOCE UMANA - ANNA MAGNANI (LA DONNA)
Questo monologo è tratto da "L'amore", un adattamento del teatrale "La voce umana" di Jean Cocteau. Un monologo che parla di amore, separazione e la struggente realtà delle parole non dette. Questo monologo, miei cari, è un'espressione cruda e sincera dei sentimenti di una donna che affronta la fine di una relazione. È una conversazione telefonica, un addio, dove ogni parola è carica di emozione e significato.
INTRO MONOLOGO
Perché farsi delle illusioni?... sì... sì... no! In passato ci si vedeva: si poteva perdere la testa, dimenticare le promesse, rischiare l'impossibile, convincere quelli che adoravamo con i baci, aggrappandoci a loro. Un'occhiata poteva capovolgere tutto. Ma con questo apparecchio, quel che è finito è finito... sta' tranquillo; non ci si suicida due volte... forse, per cercare di dormire... non sono il tipo che compra una rivoltella; non mi vedi a comperare una rivoltella!
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A CASA TUTTI BENE - LUANA (GIULIA MICHELINI)
Nel film "A casa tutti bene" di Gabriele Muccino, le dinamiche familiari e i conflitti interpersonali emergono con intensità drammatica, culminando in potenti momenti di verità e rivelazione. Uno di questi momenti è rappresentato dal monologo di Luana, un personaggio che, attraverso le sue parole, esprime il malessere e le incongruenze di una famiglia apparentemente unita ma profondamente divisa.
INTRO MONOLOGO
Bravo però, eh? Vi piace Riccardino quando si mette a suonare e cantare per voi, ve’? Un po’ come ’na scimmietta ammaestrata, lo volete. Io so’ arrivata qua che me sentivo ’na morta de fame e invece mo me ne rivado che me sento ’na regina. E lo sapete perché, eh? Perché io e Riccardo la fine vostra non la faremo mai. Perché noi un fratello che se fa la cugina davanti a tutti... non ce l’avremo mai,
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MATRIMONIO ALL'ITALIANA - FILUMENA MARTURANO (SOPHIA LOREN)
Il monologo di Filumena Marturano in "Matrimonio all'italiana" è un punto culminante che svela le profondità del personaggio e i temi centrali del film. Attraverso queste parole Vittorio De Sica e Sophia Loren, nei rispettivi ruoli di regista e attrice protagonista, ci offrono uno sguardo indimenticabile sulla lotta di una donna per l'identità e il riconoscimento in una società patriarcale.
INTRO MONOLOGO
Sì sono io, sono proprio io Michè. Quella pazza che viene sempre al distributore per vedere cosa fai tra una scusa e l'altra. E pure tu mi conosci, vero Ricca? Sono quella che per comprare un paio di guanti ti fa buttare giù tutto in negozio. Tu invece non mi avevi visto, ve? Eppure quante volte ho mangiato insieme a te… alla tua trattoria, vicino all'ospedale. Tu al tavolino accanto alla vetrata, io a quello di fronta. E già, tu non mi vedevi, tu sei sempre distratto, ed ho sempre a studiare, persino mentre mangi!
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7 ORE PER FARTI INNAMORARE - VALERIA (SERENA ROSSI)
Nel cuore di "7 giorni per farti innamorare", il personaggio di Valeria emerge come una figura carismatica e complessa, capace di fondere intelligenza, sarcasmo e un cinismo disarmante. Un momento cruciale per comprendere la sua personalità e il suo conflitto interiore è rappresentato dal monologo che tiene durante una lezione di seduzione. In questa scena, Valeria decostruisce le dinamiche relazionali tra uomini e donne con una freddezza quasi scientifica, riducendo l’attrazione a un insieme di istinti biologici.
INTRO MONOLOGO
Sopravvivere. Siamo su questa terra per uno scopo ben preciso: sopravvivere e riprodurci. Ecco per cosa siamo stati progettati. Per questo il sesso è così piacevole. Se non lo fosse noi non lo faremmo più e noi ci estingueremmo. Tu, con gli occhialoni. Qual'è la prima cosa che guardi in una donna? Allora, diciamo che la guardi negli occhi per essere sicuro che lei non ti stia guardando così poi sei libero di guardarle le tette. Come ti chiami?
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DIAMANTI - BIANCA (VANESSA SCALERA)
Il monologo di Bianca in Diamanti, la celebre costumista premio Oscar, è un momento esplosivo che riflette il suo perfezionismo esasperato, la passione viscerale per il proprio lavoro e la sua visione profondamente artistica del cinema. Il personaggio di Bianca incarna un ideale creativo intransigente: il costume non è un semplice abito, ma uno strumento narrativo che contribuisce a definire il personaggio e a guidare l’interpretazione dell’attrice. Dietro la rabbia, l’insofferenza e il linguaggio brutale si intravede una donna schiacciata dal peso delle proprie aspettative e dall’insicurezza celata dietro la maschera di chi ha vinto un Oscar, ma non si sente mai all’altezza.
INTRO MONOLOGO
No, il mikado… Oddio… E’ perfetto, grandi, grandi ragazze, bellissimo, siete eccezionali, brave. No. No, e che cazzo avete combinato, ma che è sta roba, che cazzo è sta roba. Ma questo è cinema, cinema, si chiama CINEMA! chiaro, non è un documentario. Avete dato per scontato che il ballet fosse classico. Ma sapete, avete visto il bozzetto, no? Mettetevi tutte di qua. Mettetevi di qua.
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PARTHENOPE - GRETA COOL (SOFIA RANIERI)
Nel corso di Parthenope, Paolo Sorrentino dissemina il film di momenti in cui il rapporto tra Napoli e la sua gente viene messo in discussione. Uno dei più duri e memorabili è il monologo di Greta Cool, un’attrice partenopea ormai in esilio volontario al Nord, che esplode in un attacco feroce contro la sua città d’origine e i suoi abitanti. La sua è una dichiarazione di distacco definitivo, un rifiuto totale di Napoli e della sua mentalità, espresso con parole che sembrano quasi una maledizione. Ma è davvero così semplice? Greta Cool parla con disprezzo o con il rancore di chi, in fondo, sa di appartenere ancora al luogo che sta insultando? Il suo sfogo è una condanna o un’invocazione alla consapevolezza? Sorrentino costruisce un monologo che suona come una sentenza, ma che sotto la superficie nasconde molto di più.
INTRO MONOLOGO
Vedete, il problema non è che questa statua è brutta. Il problema siete voi napoletani. Siete depressi, e non lo sapete. Camminate a braccetto con l'orrore e non lo sapete. Siete solo trasandati e folkloristici. Tutti vi ridono dietro e non ve ne accorgete. Vi vantate di essere furbi, ma cosa avete ricavato da tutta questa furbizia.
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STORIA DELLA MIA FAMIGLIA - LUCIA (VANESSA SCALERA)
Il monologo di Lucia da “Storia della mia famiglia” in questa scena è un'esplosione di franchezza che spoglia Maria delle sue certezze e la mette di fronte a una verità scomoda: per anni ha vissuto dietro un ruolo di aiuto e sacrificio, ma senza mai davvero affrontare ciò che prova. Lucia, spesso insicura e tormentata dai sensi di colpa, qui si mostra diversa: è diretta, persino dura, ma non con cattiveria. È come se volesse scuotere Maria, liberarla dal peso che si porta dietro.
INTRO MONOLOGO
Marì tu devi mollare. Voi pensate che io mi faccio solo i fatti miei. Ma io vi osservo, tutto quanti. Tu tieni paura. Non si campa così. Lasciati andare, liberati Marì. Poi diciamo la verità, la situazione tua è pure un poco ipocrita. Non partire in quarta! Non ti innervosire. Ti sei sempre nascosta dietro al fatto che dicevi di essere innamorata di mio figlio. Ja, Marì.
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SETTE DONNE E UN MISTERO - AGOSTINA (BENEDETTA PORCAROLI)
Questo monologo di Agostina, nel film Sette donne e un mistero, è un momento chiave. Non solo smonta e ribalta tutto quello che abbiamo visto fino a quel punto, ma rappresenta anche uno snodo narrativo in cui la farsa teatrale si fa rivelazione e, in un certo senso, giudizio. Nel momento in cui Agostina prende la parola e racconta — con un tono a metà tra la favola e l’atto d’accusa — la verità dietro la messa in scena della morte di Marcello, il film cambia marcia. Non è più un semplice gioco tra sospetti e bugie: diventa una riflessione su quanto ogni personaggio abbia contribuito al crollo di un uomo, e su quanto le dinamiche familiari siano fatte di ruoli imposti, egoismi e silenzi. Questo monologo arriva come un colpo di teatro, ma sotto c’è un’idea ben precisa: per conoscere davvero chi ti circonda, devi sparire — o fingere di farlo.
INTRO MONOLOGO
Racconto di Natale. C’era una volta un uomo circondato da sette donne. Ieri sera, quel pover’uomo si è coricato. E il girotondo delle sue donne è cominciato. Come ogni notte, forse. Solo che stavolta, sua figlia Caterina, nascosta dietro una tenda, ha visto e sentito tutto. Ecco cosa è successo. Alle 10:00 primo quadro. Sua suocera, che lui ospita da più di dieci anni, si rifiuta di dargli i suoi titoli.
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