Monologo di Bridget a Scott in Bridget Jones - Un amore di ragazzo

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Bridget Jones a Scott in "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Il monologo di Bridget a Scott dopo la recita di Billy è uno dei momenti più sinceri del film. Qui Bridget trova finalmente le parole per ringraziare l’uomo che, senza volerlo, ha aiutato suo figlio a rinascere. Un discorso che parla di voltare pagina, di accettare il dolore e di riscoprire la possibilità della felicità.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Finale del film (con spoiler)

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Serie: Bridget Jones - Un amore di ragazzo (2025)
Personaggio: Bridget Jones
Attrice: Renée Zellweger

Minutaggio: 1:44:45-1:46:30

Durata: 1 minuto 45 secondi

Difficoltà: 7,5/10: Bridget è commossa, sollevata, imbarazzata, riconoscente e… nervosa. 

Emozioni chiave: sollievo profondo, gratitudine sincera, timidezza emotiva, imbarazzo affettuoso, speranza, voglia (involontaria) di connessione

Contesto ideale per un’attrice: Scene di commedia romantica con sottotesto emotivo, self-tape dove serve naturalezza assoluta

Dove vederlo: Netflix

Contesto del film "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Bridget Jones non è più la trentenne pasticciona che ricordavamo. Il film la ritrova quattro anni dopo la morte di Mark Darcy, scomparso durante una missione umanitaria in Sudan. Bridget vive da sola con i loro due figli, Billy e Mabel, entrambi ancora ancorati al ricordo del padre. La loro valvola di speranza è poetica e infantile: credono che Mark torni ogni notte nei panni di un gufo bianco, appollaiato fuori dalla finestra. Una serata commemorativa dedicata a Mark mette Bridget davanti a un pensiero semplice ma potente: coltivare la vita che le rimane, come le diceva suo padre Colin sul letto di morte. Così decide di muovere di nuovo i propri ingranaggi. Ricomincia dal lavoro: cresce professionalmente e diventa produttrice di spettacoli.

E, cosa più difficile, si rimette nel mondo degli appuntamenti. Non con leggerezza, ma con quella goffaggine lucida che la contraddistingue. Si iscrive su Tinder e viene contattata da Roxster, un ranger 29enne, energico, impulsivo, fuori schema. I due iniziano a frequentarsi e la relazione prende forma: Mabel lo adotta subito come “nuovo papà”, mentre Billy rimane più distante, ancora immerso nel suo lutto. Il film alterna commedia e fragilità. A scuola, Bridget tiene una lezione sul suo lavoro e, con un improvvisato gioco di ruolo, coinvolge l’insegnante di scienze Scott Walliker, uomo calmo e sensibile che la sorprende parlando del ciclo vitale degli insetti e dell’idea che “tutte le creature abbiano un’anima”. Un dettaglio di scrittura che mette già Scott in posizione di possibile figura di conforto. E mentre la vita sembra trovare un ritmo nuovo, Roxster mostra il suo lato emotivamente immaturo: dopo averla messa in difficoltà a una festa, sparisce, facendole ghosting.

Nel frattempo ritorna anche un’ombra dal passato: Daniel Cleaver, ricoverato in ospedale per problemi cardiaci. Solo e trascurato, chiede a Bridget di ascoltarlo. Le racconta del figlio Enzo, che non vede da oltre dieci anni. Bridget, con una delle sue rare doti di empatia pura, lo spinge a riallacciare quel legame. Questo tema — la genitorialità mancata o rimandata — torna più volte nel film. Roxster alla fine ricompare, pentito, pronto a “fare il padre” e impegnarsi per davvero. Ma Bridget lo rifiuta. Non con rabbia: con lucidità. Questo rifiuto è il primo vero passo verso l’elaborazione del lutto per Mark.

Testo del monologo + note

Quello che ha fatto per Billy è… spesso dicono che voltare pagina significhi lasciarsi qualcosa alle spalle, lasciarsi qualcuno che ami alle spalle. Ma forse significa arrivare a capire che puoi continuare a vivere nonostante ciò che hai perso, e che puoi essere felice, anche se non c’è più. Stasera ho visto mio figlio su quel palco e mi sono resa conto per la prima volta in quattro anni che nonostante tutto starà bene, e quindi che anche noi staremo bene. Ed è merito suo Signor Wallaker. Non è stata magia. E’ merito suo. E, tralasciando il suo atteggiamento così distaccato, un pò altezzoso a tratti… superiore, si è la parola giusta…. non credo che se lo senta dire abbastanza, ma io voglio dirle… Grazie. Noi andiamo allo Spaniards a bere qualcosa, e… se lei volesse unirsi, noi… noi saremo lì. Insomma… è lì che… saremo. 

"Quello che ha fatto per Billy è…": attacco esitante, come se cercasse le parole giuste; piccola pausa dopo “Billy è” in cui lo guarda o pensa a lui; voce morbida, già velata d’emozione, ma ancora controllata.

"spesso dicono che voltare pagina significhi lasciarsi qualcosa alle spalle, lasciarsi qualcuno che ami alle spalle.": ritmo più discorsivo, quasi da riflessione generale; lo sguardo può andare altrove, come se citasse una “frase fatta”; su “qualcuno che ami” la voce si abbassa leggermente, entra il piano più personale.

"Ma forse significa arrivare a capire che puoi continuare a vivere nonostante ciò che hai perso, e che puoi essere felice, anche se non c’è più.": qui il tono si fa più caldo, come se formulasse il pensiero per la prima volta; breve pausa dopo “arrivare a capire”; su “puoi continuare a vivere” c’è una specie di respiro liberatorio; “anche se non c’è più” va detto piano, senza enfasi, come una verità dolorosa appena accettata.

"Stasera ho visto mio figlio su quel palco e mi sono resa conto per la prima volta in quattro anni che nonostante tutto starà bene, e quindi che anche noi staremo bene.": frase lunga, da spezzare internamente con micro-pause; su “su quel palco” lo sguardo può andare idealmente verso il palco vuoto; “per la prima volta in quattro anni” va sottolineato con un rallentamento, come se le facesse effetto sentirlo; su “starà bene” accenna un sorriso leggero, e “anche noi staremo bene” è quasi un auto-convincimento, voce un filo più decisa.

"Ed è merito suo Signor Wallaker.": qui lo sguardo torna diretto su di lui; pausa brevissima prima di “merito suo” per dargli peso; il “Signor Wallaker” è più formale, quasi imbarazzato, come se mettesse una distanza per proteggersi dall’emozione.

"Non è stata magia.": detta secca, quasi a smontare il romanticismo del momento; piccola pausa prima, come una correzione del pensiero; un mezzo sorriso può affiorare, come se volesse alleggerire.

"E’ merito suo.": ripetizione voluta, più dolce della volta precedente; tono basso, sincero, senza ironia; lo sguardo resta su di lui, stavolta senza scappare.

"E, tralasciando il suo atteggiamento così distaccato, un pò altezzoso a tratti… superiore, si è la parola giusta….": qui entra il tipico humour di Bridget; ritmo più spezzato, con esitazioni sulle ellissi; su “distaccato… altezzoso… superiore” il tono è un po’ canzonatorio ma affettuoso; può distogliere lo sguardo, quasi a proteggerlo dall’imbarazzo di essere elogiato.

"non credo che se lo senta dire abbastanza, ma io voglio dirle…" : abbassa leggermente la voce, torna più seria; pausa netta dopo “abbastanza”; il sottotesto è: “lei vale più di quanto mostra”; su “io voglio dirle…” la frase si sospende, come se le mancasse il coraggio di finire.

"Grazie.": singola parola, va preparata con un respiro; la dice semplice, piena, senza vezzi; sguardo diretto, stabile; lascia un breve silenzio dopo, senza affrettarsi a riempirlo.

"Noi andiamo allo Spaniards a bere qualcosa, e… se lei volesse unirsi, noi… noi saremo lì.": torna l’imbarazzo; ritmo più incerto, con ripetizioni e pause sulle ellissi; su “se lei volesse unirsi” lo sguardo può andare un attimo giù o di lato, come se temesse un rifiuto; la ripetizione di “noi… noi” è il segno del nervosismo di chi non invita mai qualcuno così.

"Insomma… è lì che… saremo.": chiusa teneramente goffa; le pause tra le parole segnano l’imbarazzo crescente; un sorriso un po’ timido può chiudere la frase; il sottotesto è: “la porta è aperta, ma non ti metto pressione”; dopo la battuta può distogliere lo sguardo, come se avesse detto fin troppo.

Analisi del monologo di Bridget a Scott in "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Il monologo che Bridget rivolge a Scott dopo la recita scolastica è un momento di passaggio, uno di quelli in cui la commedia si piega e lascia emergere una verità più profonda. Non è un discorso d’amore, non è un elogio generico, e non è nemmeno un ringraziamento formale: è un riconoscimento umano. Bridget ha appena visto Billy rifiorire davanti ai suoi occhi, un bambino che da quattro anni vive sotto il peso di un dolore troppo grande per la sua età. Quella performance sul palce, semplice, imperfetta, sincera, rappresenta per lei qualcosa che va oltre la bravura del bambino. È la prova che può davvero voltare pagina, non perché dimentica, ma perché accetta che la felicità possa tornare nonostante l’assenza di Mark.

Quando parla, Bridget sembra scoprire il significato delle parole mentre le pronuncia. La sua riflessione sul “voltare pagina” è il tentativo di nominare qualcosa che ha percepito solo pochi minuti prima guardando suo figlio sorridere davanti al pubblico. C’è un sollievo nuovo, quasi stordito, nel rendersi conto che Billy starà bene; e, come conseguenza diretta, che staranno bene anche lei e Mabel. Ma ciò che la colpisce più di tutto è comprendere che questo cambiamento non è avvenuto “da solo”: è avvenuto grazie all’intervento di un adulto che ha saputo prendersi cura di Billy nel modo più discreto e più stabile possibile.

Rivolgersi a Scott, però, per Bridget è difficilissimo. Lui è un uomo che indossa la rigidità come una corazza, e lei lo percepisce: “distaccato, altezzoso, superiore”. Eppure la sua chiusura non basta a nascondere ciò che ha fatto per suo figlio. Così Bridget gli offre un ringraziamento vero, non affettato, senza dramma. È un “grazie” che nasce da un senso di gratitudine quasi materna, ma anche da una nuova consapevolezza emotiva: qualcuno è riuscito a vedere Billy, a toccare il suo dolore senza spaventarci dentro. Il tono cambia proprio in quel punto: la voce si fa più sincera, più netta, perché finalmente sta nominando qualcosa che serviva da tempo.

Infine, l’invito allo Spaniards è uno dei momenti più “Bridget” in assoluto: dolce, goffo, pieno di imbarazzo. È il modo in cui tenta di aprire uno spiraglio, non come donna in cerca di un appuntamento, ma come madre che vuole condividere un momento di sollievo con qualcuno che lo ha reso possibile. Le ripetizioni (“noi… noi saremo lì”, “è lì che… saremo”) mostrano un’emozione che non sa stare in ordine, un piccolo tremolio che funziona proprio perché non è costruito. È un invito che non pretende nulla, che non spinge, che non chiede reciprocità: semplicemente offre. E questa qualità lo rende ancora più intimo.

Nel complesso, il monologo funziona perché tiene insieme leggerezza e profondità senza mai separarle. L’attore deve lavorare sul tono colloquiale, sulle minuscole esitazioni, sul modo in cui la voce si addolcisce quando parla di Billy e si increspa quando prova a ringraziare Scott. È un testo che chiede sincerità, naturalezza e un’emozione che si muove a bassa intensità, più simile a un lento scioglimento che a un’esplosione. È il momento in cui Bridget ammette di star tornando a vivere, e lo fa lasciando spazio a qualcuno che, suo malgrado, l’ha aiutata a ritrovare una parte di sé che credeva perduta.

Finale di "Bridget Jones - Un amore di ragazzo" (Spoiler)

La svolta avviene durante una gita scolastica: Bridget e Scott hanno modo di parlare. Scott confessa di aver sempre desiderato dei figli, senza averne avuti. Nel frattempo, Billy, in un raro momento di apertura, gli confida la paura di dimenticare suo padre. Scott gli risponde con una delle frasi cardine del film: Mark resterà sempre parte di lui, e quindi non può davvero andarsene. È questo scambio a sciogliere per la prima volta il dolore del bambino. Bridget vede il cambiamento in suo figlio e ringrazia Scott. Lui inizialmente si allontana, imbarazzato dalla propria attrazione verso di lei. Poi cede: le parla di “opposti che si attraggono”, citando la terza legge di Newton. Bridget lo bacia. Il film si avvia verso il finale con il classico cenone di Capodanno: amici, parenti, vissuti passati che riemergono. Daniel, finalmente riconciliato con il figlio Enzo. Scott presente, ma discreto. La scena decisiva avviene nella cameretta dei bambini, subito dopo la festa. È un momento di cinema molto semplice, ma emotivamente densissimo: Bridget rimbocca le coperte a Billy e Mabel, come faceva Mark. I tre guardano fuori dalla finestra. Il gufo bianco è lì. Fermo. Presente. Come ogni notte. 

Poi, lentamente, vola via. Il film visualizza il concetto di letting go, ma dal punto di vista dei bambini. Quel gufo è diventato il corpo simbolico di Mark — un padre che ha vegliato su di loro finché ce n’era bisogno. Ed è proprio in questo momento che il messaggio diventa chiaro: Mark ha finito la sua missione. Non ha più bisogno di tornare. I bambini hanno elaborato il lutto. Bridget ha ricominciato ad aprirsi alla vita. La famiglia, pur trasformata, è di nuovo intera. È un finale delicato, “silenzioso”, più vicino alla sensibilità del romanzo che alla commedia classica. Non chiude con un matrimonio o un annuncio plateale, ma con un gesto intimo che riconsegna la storia alla vita reale. Dopo aver messo a letto i piccoli, Bridget torna da Scott. Si baciano. Non come sostituto di Mark, ma come scelta matura di una donna che ha accettato che l’amore può rinascere in modi diversi.

Bridget non è più sospesa tra passato e futuro.

I figli non hanno più paura di perdere il ricordo del padre.

La famiglia non resta ancorata al dolore, ma lo include e lo trasforma.

Credits e dove vederlo

Regista: Michael Morris

Sceneggiatura: Helen Fielding, Dan Mazer, Abi Morgan

Produttore: Tim Bevan, Eric Fellner, Jo Wallett

Cast: Renée Zellweger (Bridget Jones); Chiwetel Ejiofor (Scott Wallaker); Leo Woodall (Roxster McDuff); Jim Broadbent (Colin Jones); Gemma Jones (Pamela Jones) Colin Firth (Mark Darcy) Hugh Grant (Daniel Cleaver)

Dove vederlo: Netflix

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