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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo di Deanna Russo da adulta è uno dei momenti più interessanti — e sinceri — di Cheerleader per sempre. Non ha l’enfasi emotiva di un climax, ma porta una verità disarmante, tanto per Stephanie quanto per lo spettatore. È una scena costruita quasi in sordina (in macchina, di notte, con Deanna che fa l’autista Lyft), ma proprio per questo ha il sapore delle rivelazioni vere: quelle che arrivano quando nessuno le sta cercando, ma che cambiano prospettiva.
MINUTAGGIO: 1:33:33-1:34:40
RUOLO: Deanna Russo
ATTRICE: Alicia Silverstone
DOVE: Netflix
Oh, oh, una vita perfetta! Già. Ah… vediamo… Ho divorziato prima di compiere trent’anni. Quando mio marito mi ha lasciata per una barista ventunenne con due addominali più di me. E poi sono rimasta senza soldi e senza prospettive lavorative. Il mio consiglio è di buttare quella corona all'istante. Sai che mi ha lasciato quel titolo? Un’abbronzatura spray e l’abilità di evitare di avvelenarmi quando mi schiarisco i capelli. Ma immagina quante altre abilità avrei potuto assimilare andando all’università. Non so dove sarei arrivata. Ma so che non frequenterei dei corsi al centro di formazione mentre faccio due lavori per cercare di pagare l’affitto. L’unica cosa che non vedo l’ora di fare è togliermi i pantaloni la sera. Però ne vale la pena, perché adesso potrò prendere un diploma. E riuscirò anche ad avere una carriera. Conta solo questo. Per la prima volta nella mia vita sono impaziente di vivermi il futuro, invece di pensare ancora al passato.

"Cheerleader per sempre", diretto da Alex Hardcastle e distribuito da Netflix nel 2022, si presenta come una classica commedia adolescenziale con una struttura da coming-of-age, ma mescolata a elementi di fish out of water e seconda possibilità. Il motore della storia è la protagonista, Stephanie Conway, interpretata da Rebel Wilson nella sua versione adulta e da Angourie Rice da adolescente, il cui viaggio si sviluppa su un doppio binario temporale: gli anni '90 e l’epoca post-pandemica degli anni 2020. Nel prologo ambientato nel 1999, Stephanie è una teenager australiana appena trasferita negli Stati Uniti. Ha perso la madre da poco e vive con il padre vedovo. Emarginata e invisibile nel microcosmo liceale, decide di reinventarsi per ottenere ciò che Hollywood, MTV e la cultura pop dell’epoca sembrano promettere a tutte le ragazze “normali”: popolarità = felicità. E in questo, il film si inserisce volutamente in un immaginario narrativo pieno di riferimenti agli archetipi da teen movie degli anni ‘90-2000, da Mean Girls a 10 cose che odio di te. Stephanie, in tre anni, si trasforma da outsider in regina della scuola: è capitano delle cheerleader, fidanzata con il quarterback Blaine e pronta a vincere la corona di reginetta del ballo. Ma durante un’esibizione, una mossa sabotata dalla rivale Tiffany la fa cadere e finisce in coma.
Questo primo atto è una sorta di prequel funzionale a costruire i temi principali: l’ossessione per la perfezione apparente, la pressione sociale del liceo e l’identità plasmata dallo sguardo degli altri. Stephanie si risveglia dopo vent’anni. Per lei sono passati pochi giorni, ma il mondo è completamente cambiato. Qui il film gioca sulla collisione tra due epoche: la cultura del 2002, fatta di riviste patinate e sogni di popolarità televisiva, contro il 2022, dominato da social media, inclusività, gerarchie orizzontali e un linguaggio emotivo completamente ristrutturato. La scuola ora non premia più la popolarità esteriore, e Stephanie si trova completamente fuori luogo, sia nei codici che nei valori.
È qui che entra in scena il vero nodo del film: come ridefinire sé stessi in un contesto che non riconosce più le vecchie regole del gioco?
Stephanie inizialmente cerca di replicare il suo vecchio schema: mira di nuovo al titolo di reginetta del ballo, cerca il consenso attraverso i social, ignora i vecchi amici e riscopre i vecchi rivali. Ma la nostalgia non è abbastanza per sopravvivere al presente. Ogni tentativo di riappropriarsi del suo “status” finisce per alienarla ulteriormente. L’unica strada possibile è un percorso di riconnessione, non con la versione perfetta di sé, ma con quella autentica, ferita e imperfetta. Il momento di svolta arriva attraverso vari incontri-scontro: con Seth (amico d’infanzia e interesse romantico rimasto nell’ombra), con Martha (l’amica divenuta preside e figura guida), ma soprattutto con Bri, la figlia di Tiffany, e con la stessa Tiffany, ora adulta, incastrata nei propri errori. Questi personaggi diventano specchi per Stephanie, che inizia a vedere le falle del sistema in cui ha sempre creduto.
Uno dei momenti più emblematici è il confronto in macchina con Deanna Russo (Alicia Silverstone), il “modello ideale” della sua adolescenza. Deanna le rivela come quel sogno di perfezione fosse solo una facciata, e quanto la sua mancanza di preparazione l’abbia danneggiata nella vita reale. È una scena che funziona quasi come monito e passaggio di testimone generazionale.
La sequenza finale del ballo scolastico e della cerimonia di diploma rappresenta il nuovo inizio per Stephanie. Non più guidata dalla voglia di essere amata da tutti, ma dal desiderio di vivere qualcosa che sia suo, in linea con chi è diventata – con tutte le cicatrici, i rimpianti e le nuove consapevolezze.
“Oh, oh, una vita perfetta! Già.” La frase iniziale suona come una risata amara: Deanna prende in giro quell’idea di “vita perfetta” che è stata venduta — e creduta — per anni. È una smorfia, non un sorriso. La disillusione è totale, ma è anche liberatoria. L'intonazione con cui Rebel Wilson ascolta e il tono con cui Alicia Silverstone pronuncia le battute costruiscono un gioco di specchi: l’ideale e la realtà si guardano per la prima volta negli occhi. “Ho divorziato prima di compiere trent’anni [...] senza soldi e senza prospettive lavorative.” Quello che colpisce è la concretezza brutale. Non c’è dramma teatrale, ma una lista secca di conseguenze. Deanna non cerca comprensione né compassione: espone il bilancio della sua vita, nudo e crudo. E in questo modo ribalta la logica del teen movie: il successo al liceo non garantisce nulla, anzi, può essere una trappola.
“Un’abbronzatura spray e l’abilità di evitare di avvelenarmi quando mi schiarisco i capelli.” La comicità amara di questa frase è fulminante. È autoironica ma anche profondamente critica verso un sistema che ha premiato apparenza e estetica al posto di contenuti e crescita personale. “Immagina quante altre abilità avrei potuto assimilare andando all’università.”
Deanna non parla solo di una scelta sbagliata, ma di un modello culturale tossico che ha disincentivato l’istruzione in favore della popolarità. È un discorso che va oltre il personaggio: è una critica a certi valori dominanti in molta narrativa americana (e non solo), dove il liceo è rappresentato come l’apice della vita, e il “dopo” è una discesa .“L’unica cosa che non vedo l’ora di fare è togliermi i pantaloni la sera.” Questa frase è geniale perché azzera la retorica. Deanna racconta una vita difficile, piena di stanchezza, eppure finalmente reale. Ha perso il glamour, ma ha trovato una direzione “Adesso potrò prendere un diploma. E riuscirò anche ad avere una carriera. Conta solo questo.” È qui che arriva la verità del monologo: non è troppo tardi per cambiare. Deanna, che per Stephanie rappresentava il passato, ora diventa il volto del futuro, l’esempio di una possibilità nuova: ricominciare, rimettersi in gioco, fare pace con sé stessi.

Il monologo di Deanna Russo chiude il cerchio emotivo del film. Stephanie ha inseguito per anni un'immagine idealizzata, e ora si trova davanti alla realtà: imperfetta, ma vera. È una scena che rovescia completamente la struttura classica del teen movie: non è la protagonista a “realizzarsi” vincendo qualcosa, ma a crescere perdendo l’illusione.

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