Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!
Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Elizabeth in Frankenstein di Guillermo del Toro è un discorso lucido e amaro sul valore delle idee e il costo umano della guerra. Con tono controllato ma pieno di dolore, Elizabeth smonta l’illusione della nobiltà dietro le battaglie, denunciando l’ipocrisia di chi decide e non combatte.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 2 minuti
Guillermo del Toro, fedele alla sua poetica gotica e malinconica, ambienta la sua versione di Frankenstein in una Europa ottocentesca immersa in guerra, febbre scientifica e decadenza morale. La storia si apre in un paesaggio remoto e ostile: l’Artico. Una nave danese, bloccata dai ghiacci nel mezzo di una spedizione, incrocia per caso l’uomo che un tempo era il barone Victor Frankenstein, ridotto a un relitto umano, senza una gamba, in ipotermia e perseguitato da qualcosa di mostruoso che cammina sulle orme del suo passato. Del Toro sfrutta questa cornice estrema – la distesa ghiacciata e silenziosa – come metafora della desolazione interiore dei suoi personaggi: il Capitano Anderson, ossessionato dall’ignoto, e Victor Frankenstein, tormentato dal peso della creazione. La Creatura che assale la nave non è solo un essere mostruoso, ma un simbolo vivente della colpa e dell’abbandono, in grado di rigenerarsi e resistere alla morte, come un peccato che rifiuta di essere sepolto.
Da questo momento, la narrazione si sdoppia in due atti principali, entrambi raccontati in flashback. Prima dal punto di vista di Victor, poi da quello della Creatura. In questo modo, Del Toro frammenta la percezione morale del pubblico, sospendendolo in un territorio grigio dove il mostro e l’uomo si alternano nel ruolo di vittima e carnefice. Nel primo atto, Victor è un giovane aristocratico e geniale chirurgo animato dal sogno prometeico di sconfiggere la morte. Segnato da una famiglia opprimente, dalla perdita della madre e da un padre arrogante, Victor cerca nel superamento biologico della morte un modo per riscattare il proprio dolore. Quando riceve i finanziamenti di Harlander, un affarista corrotto e malato terminale, si getta in un esperimento disperato: costruire un corpo umano nuovo, mescolando i resti dei caduti in guerra e i condannati a morte, per poi rianimarlo grazie all’elettricità.
Ma la nascita della Creatura non è un trionfo scientifico. È un atto cieco, arrogante e privo di umanità. Victor si spaventa, incatena la sua "opera" come un animale e tenta di educarla con crudeltà, incapace di cogliere l’anima sensibile che si nasconde sotto la pelle cucita e le ossa innestate. Quando Elizabeth – figura chiave in questo triangolo tragico – mostra alla Creatura compassione, Victor risponde con rabbia e vendetta. In una spirale di gelosia e fallimenti, brucia il proprio laboratorio e lascia la Creatura a morire tra le fiamme. L’esplosione segna simbolicamente la fine dell’ideale scientifico di Victor e l’inizio della vera tragedia.

Le idee non sono valide di per sé, ritengo. Prendete la guerra, per esempio. Beh, onore, nazione, valore. Sono sicuramente idee valide, nobili di per sé. Non siete d’accordo? Ma gli uomini muoiono in loro nome. E decisamente in maniera poco nobile. A faccia in giù nel fango. Soffocati dal sangue, tra lamenti e pianti. Uomini che erano padri, fratelli o figli o parenti di altri. Uomini che erano accuditi, nutriti e guidati in questo mondo da una madre. Per poi cadere in una guerra lontana, lontana da chi provoca queste tragedie. Quegli uomini rimangono a casa. Non toccati da sangue e baionette. Con la pelle immacolata, e coperte pulite, e calde. Questo succede quando le idee vengono perseguite da folli. Correte dal brandy e dai sigari. Gli amici vi aspettano.
“Le idee non sono valide di per sé, ritengo.”: tono pacato ma netto; micro-pausa dopo “di per sé”; lo sguardo diretto, come se cercasse una reazione.
“Prendete la guerra, per esempio.”: voce più bassa, quasi didattica; pausa leggera dopo “per esempio”;
“Beh, onore, nazione, valore.”: ogni parola detta separatamente, con ritmo misurato e un accenno di sarcasmo;
“Sono sicuramente idee valide, nobili di per sé.” : tono contenuto, leggermente più morbido; micro-sospensione su “nobili”;
“Non siete d’accordo?”: tono provocatorio ma calmo; piccola pausa prima della domanda; cerca di coinvolgere chi ascolta senza aggredire.
“Ma gli uomini muoiono in loro nome.”: voce più dura; ritmo rallentato;
“E decisamente in maniera poco nobile.”: tono amaro; pausa breve su “decisamente”, poi un leggero calo nel volume;
“A faccia in giù nel fango.”: enunciazione secca, tagliata; tono asciutto, immagini visive.
“Soffocati dal sangue, tra lamenti e pianti.” : voce più bassa, ritmo lento, quasi poetico ma crudo; sospensione breve dopo “soffocati”.
“Uomini che erano padri, fratelli o figli o parenti di altri.”: tono più intimo, come se il pensiero si stesse facendo personale.
“Uomini che erano accuditi, nutriti e guidati in questo mondo da una madre.”: ritmo dolce, come se stesse restituendo umanità a quei corpi.
“Per poi cadere in una guerra lontana, lontana da chi provoca queste tragedie.: la ripetizione di “lontana” va marcata, con un tono crescente di indignazione trattenuta.
“Quegli uomini rimangono a casa.”: tono fermo, accusatorio ma mai urlato; pausa prima di “rimangono”.
“Non toccati da sangue e baionette.”: voce più bassa, quasi sussurrata.
“Con la pelle immacolata, e coperte pulite, e calde.”: ogni dettaglio va detto con freddezza e un senso di distacco; tono asciutto.
“Questo succede quando le idee vengono perseguite da folli.”: tono accusatorio ma calmo; aumenta la densità della voce.
“Correte dal brandy e dai sigari.”: tono ironico, tagliente, più personale; pausa su “brandy”, sguardo carico di disprezzo.
“Gli amici vi aspettano.”: voce più bassa, tono quasi sarcastico ma freddo; pausa minima prima di “vi aspettano”;.
In questo monologo tratto dal Frankenstein di Guillermo del Toro, Elizabeth si rivolge a Victor in un momento di rottura, mettendo in discussione il valore assoluto delle idee quando diventano strumenti di violenza. È un discorso che nasce da una riflessione lucida e dolorosa sulla guerra, ma si allarga rapidamente a una denuncia dell’arroganza e della disconnessione morale di chi gioca con il destino degli altri senza sporcarsi le mani.
Elizabeth non urla, non piange, non si dispera. Eppure, le sue parole colpiscono più di qualsiasi sfogo emotivo.
Elizabeth decostruisce il mito delle “idee nobili”. “Onore, nazione, valore” sono concetti apparentemente elevati, ma vengono usati per giustificare tragedie. L’attualità del tema è fortissima: cosa succede quando l’etica viene piegata alla violenza? La scena si sofferma sui corpi caduti nel fango, sulle madri che hanno generato uomini mandati a morire da chi resta al sicuro. È uno dei pochi momenti del film in cui la prospettiva è davvero femminile: la guerra non è un ideale, ma una perdita tangibile. Elizabeth denuncia chi detiene il potere senza subirne le conseguenze. “Con la pelle immacolata, e coperte pulite, e calde” è una condanna del privilegio.
“Questo succede quando le idee vengono perseguite da folli. Correte dal brandy e dai sigari. Gli amici vi aspettano.” Questa frase è la sintesi della scena: amara, sarcastica, affilata. È un colpo secco, che chiude il discorso come una porta sbattuta senza alzare la voce.

La seconda parte del film cambia tono. È più intima, più lirica, più umana. La Creatura si rivela il vero cuore del film, e Del Toro, come già in Il labirinto del fauno o La forma dell’acqua, fa un passo indietro rispetto al punto di vista umano per abbracciare quello della meraviglia ferita. La Creatura fugge e trova rifugio in una capanna ai margini di una foresta. Qui, la narrazione si allontana dall’horror e si avvicina al racconto fiabesco. Come un bambino selvatico che impara il linguaggio degli uomini, la Creatura si avvicina con timore e curiosità a un vecchio cieco che vive con la nipote. È un momento sospeso: la bestia viene accolta senza pregiudizio, amata per quello che è. Ma questa oasi dura poco. Quando il vecchio muore e la famiglia lo ritrova, la Creatura viene accusata ingiustamente e costretta a fuggire di nuovo, segnando così la sua condanna a una vita di solitudine.
Il ritorno nella vita di Victor avviene durante il momento più gioioso della famiglia Frankenstein: il matrimonio tra William ed Elizabeth. Ed è lì che il dolore esplode. La Creatura non cerca vendetta, ma una possibilità: chiede al suo creatore di non lasciarlo solo al mondo, di creare una compagna con cui condividere l’eternità. Victor rifiuta, sprezzante e pieno di orrore, e in un impeto di disprezzo prova ad uccidere la Creatura. Ma sbaglia bersaglio. Elizabeth si frappone e viene colpita mortalmente. L’immagine di Elizabeth che muore tra le braccia della Creatura è forse la più intensa dell’intero film: due "diversi", due esseri segnati dall’amore e dalla violenza dell’uomo, uniti in una scena di struggente dolcezza. La Creatura la consola mentre la vita abbandona il suo corpo. Intanto William – fratello, sposo e figlio prediletto – ammette che è sempre stato terrorizzato dalla follia di Victor, chiudendo così il cerchio del fallimento umano del barone.
A quel punto, Victor non è più uno scienziato, né un padre, né un uomo. È solo una carcassa ossessionata dal proprio errore. Insegue la Creatura fino ai confini del mondo conosciuto, nell’Artico, in un tentativo finale di cancellare la propria colpa con la distruzione totale. Il confronto finale avviene nella stiva della nave, nel gelo e nel silenzio. Victor, morente, si rivolge per l’ultima volta alla Creatura con parole inaspettate: le chiede perdono. La chiama figlio. Le riconosce un’identità e un diritto all’esistenza. È tardi, ma è sincero.
La Creatura accetta il perdono. Spinge la nave fuori dai ghiacci, letteralmente salvando l’equipaggio che voleva distruggerla, e poi si allontana nell’aurora boreale. È un finale senza redenzione facile, ma con un gesto che spezza il ciclo della vendetta. L’ultima immagine è potentissima: la Creatura, sola, osserva la nave che salpa verso la luce, il sole che sorge. Non è solo una liberazione. È la prova che anche ciò che è nato dall’orrore può scegliere la compassione.
Regista: Guillermo del Toro
Sceneggiatura: Guillermo del Toro
Produttore: Guillermo del Toro, J. Miles Dale, Scott Stuber
Cast: Oscar Isaac (Victor Frankenstein) Jacob Elordi (la Creatura) Mia Goth (Elizabeth) Felix Kammerer (William Frankenstein)
Dove vederlo: Netflix

Le Migliori Classifiche
di Recitazione Cinematografica

Entra nella nostra Community Famiglia!
Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno
Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.
Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.