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~ LA REDAZIONE DI RC
Questa scena in “The Last Of Us 2” si colloca nel pieno della frattura tra Joel e tutto ciò che ha cercato di salvare — Ellie, se stesso, il senso morale delle sue azioni. Joel è andato da Gale per cercare un sostegno, ma ciò che trova è molto più complicato: una donna che non può più separare il suo ruolo professionale dal suo dolore personale. Il marito di Gale, Eugene, è stato ucciso da Joel. Il monologo di Gale è un’esplosione calibrata: parte come una semplice frustrazione professionale, ma diventa rapidamente una confessione profonda, quasi spirituale, e si chiude come una richiesta — forse l’ultima possibilità di riaprire un canale di comunicazione sincera con Joel.
STAGIONE 1 EP 1
MINUTAGGIO: 22:30-24:45
RUOLO: Gale
ATTRICE: Caterine O'Hara
DOVE: SKY
INGLESE
I've done this long enough to know when somebody is leaving something out. And you are definitely leaving something out. And you want me to validate that? No. In fact, fսck, no. That's not your first one of the day. Oh, no, it isn't. And before, when I said I was sad, that wasn't true either. I'll just come back another day. Should I say it out loud? Yeah, I should. You can't heal something unless you're brave enough to say it out loud. I'm scared though. I'm scared to say it. Which is why I have to. You shot and killed my husband. You killed Eugene. And I resent you for it. No. Maybe a little more than that. I hate you for it. I hate you for it. And, yes, I know you had no choice. I know that. I know I should forgive you. Well, I've tried, and I can't... because of how you did it. And looking at your face sitting in our home... makes me so fսck¡ng angry. There it is. I've said it. I'm ashamed. But it's in the air and I can't take it back. And now, maybe there's a chance I can make things right with you. Your turn. Say the thing you're afraid to say. I can help you. Say it out loud, no matter what it is. No matter how bad. I promise, I will help. Did you do something to her? Did you hurt her?
ITALIANO
Mi sono stancata ormai. Perché tu mi stai mentendo, ed è estenuante. Si, è così, Joel. Tu mi menti. Faccio questo lavoro da tanto, e so quando qualcuno omette qualcosa, e tu stai decisamente omettendo qualcosa. E vuoi anche che ti incoraggi? No. Anzi, col cazzo! Dovrei dirlo ad alta voce? Si, dovrei… Non puoi curare qualcosa di cui non hai il coraggio di parlare ad alta voce. Ho paura, però. Ho paura a dirlo. Ecco perché devo farlo. Tu hai scelto di uccidere mio marito. Hai sparato a Eugene. E provo rancore per te. No, forse è un po ' di più del rancore. Io ti odio per questo. Ti odio per questo. E si, so che non avevi scelta, ne sono consapevole, so che dovrei perdonarti. Ci ho provato, e non posso. Per il modo in cui l’hai fatto. E guardarti in faccia, mentre sei seduto in casa nostra, mi fa proprio incazzare molto. Ecco qua. L’ho detto. Me ne vergogno, ma lo sai adesso. E non posso rimangiarmelo. E ora magari c’è la speranza che noi due possiamo risolvere. Tocca a te. Dì le cose che hai paura di dire. Poosso aiutarti. Dillo ad alta voce, non importa quanto sono brutte. Io ti aiuterò, te lo prometto. Le hai fatto qualcosa? L’hai ferita?
“The Last of Us” è una serie prodotta da HBO e basata sull’omonimo videogioco del 2013 sviluppato da Naughty Dog per PlayStation. La serie è stata adattata da Craig Mazin (quello di Chernobyl) e Neil Druckmann, che è anche l’autore e direttore creativo del gioco originale. E già qui capisci l’intenzione: portare sullo schermo qualcosa che mantenga il cuore e il tono del materiale originale, ma con i tempi e la grammatica del linguaggio seriale. Siamo in un mondo post-pandemico, ma non la solita apocalisse zombie. Qui il crollo della civiltà è stato causato da un fungo, il Cordyceps, che ha subito una mutazione e ha cominciato a infettare gli esseri umani. Questo fungo esiste davvero, nel mondo reale infetta gli insetti, ma nel gioco e nella serie viene portato all’estremo: trasforma le persone in creature aggressive, completamente fuori controllo. La pandemia esplode nel 2003 (nella serie, a differenza del gioco), e vent’anni dopo ci troviamo in un’America distrutta, dove il governo federale è stato sostituito da una forza militare chiamata FEDRA, e vari gruppi ribelli — come le Lanterne (Fireflies) — cercano di opporsi al regime. Il cuore della storia è il rapporto tra Joel, un contrabbandiere segnato da un dolore devastante, e Ellie, una ragazzina di 14 anni che potrebbe rappresentare l’unica speranza per l’umanità. Ellie è immune al fungo, e Joel riceve l’incarico di scortarla fuori dalla zona di quarantena e portarla dai Fireflies, che potrebbero usarla per sviluppare una cura.
Quello che The Last of Us racconta veramente è un viaggio emotivo. È una storia su cosa rimane dell’essere umano quando il mondo si è spento. Su come l’amore, la paura e il bisogno disperato di connessione possano trasformare le persone. Joel è un uomo che ha smesso di credere in qualsiasi cosa. Ellie, al contrario, è un concentrato di istinto di sopravvivenza, curiosità e umanità che sfida l’oscurità del mondo in cui è nata.
"Oh… sì. In realtà lo faccio. Ah, ma mi sono stancata ormai." Il tono cambia subito. Gale parte da un tono ironico, quasi leggero, ma vira rapidamente su un’espressione di esaurimento emotivo. Non è solo stanca come terapeuta. È stanca come essere umano. Questa stanchezza è il motore del monologo: ha sostenuto troppo, ha sopportato, ha ingoiato. Ora non può più farlo. "Perché tu mi stai mentendo, ed è estenuante." Gale dice quello che ogni terapeuta penserebbe ma raramente direbbe ad alta voce: “Mi stai mentendo e mi stai consumando”. Joel non mente apertamente, ma omette, e l’omissione è ancora più pesante perché obbliga l’altro a colmare i vuoti, a immaginare il dolore, a intuirlo senza mai poterlo affrontare. "Vuoi anche che ti incoraggi? No. Anzi, col cazzo!" Questa è una rottura netta. Una battuta che non ci si aspetta in una seduta, ma che funziona benissimo perché è autentica. Gale non è più lì per aiutare: è lì per sopravvivere. È una frase che spiazza Joel, e lo spettatore. Il linguaggio crudo è necessario per aprire una crepa nella corazza di Joel. "E prima, quando ti ho detto che ero triste, non era vero." Comincia la sua confessione. Gale si mette sullo stesso piano: anche lei ha mentito. Anche lei ha evitato. Sta dicendo: “Non sono più imparziale, e non voglio più fingere di esserlo”. "Non puoi curare qualcosa di cui non hai il coraggio di parlare ad alta voce." Questa frase è il cuore tematico dell’intero episodio, forse della serie. È una delle verità più dolorose che The Last of Us ci sbatte in faccia: il trauma taciuto non guarisce, marcisce. Ed è proprio questo che sta accadendo a Joel, ed è questo che Gale vuole evitare per sé stessa.
"Hai scelto di uccidere mio marito. Hai sparato a Eugene." Eccolo, il punto di rottura. Finalmente lo dice. Con freddezza chirurgica. Gale non lo accusa con rabbia, lo afferma come un fatto. E questo è ancora più potente. Perché non cerca di ferire Joel: cerca di liberarsi. Di affrancarsi da una verità non detta che la tiene in ostaggio.
"Ti odio per questo. E sì, so che non avevi scelta." Ecco la contraddizione più potente del monologo. Gale odia Joel, ma sa che lui non poteva fare diversamente. Questo è un livello altissimo di scrittura emotiva: si può odiare una persona anche quando se ne comprende la motivazione. Non c’è bisogno di essere giusti per sentirsi feriti. "Per il modo in cui l’hai fatto." Non è solo che Joel ha ucciso Eugene. È come l’ha fatto. E in questa battuta, in quell’“il modo in cui”, ci sta un mondo: la freddezza, l’efficienza, la determinazione. Joel ha fatto ciò che andava fatto per lui, e il mondo, le persone, l’etica, sono diventate sacrificabili. Gale questo non lo accetta. "E guardarti in faccia, mentre sei seduto in casa nostra, mi fa proprio incazzare molto." Qui si torna al presente. Joel è lì, nella casa che era di Gale ed Eugene. È un fantasma seduto a pochi metri da lei. E lei non riesce più a ignorarlo. Questo è dolore non elaborato, dolore che ha bisogno di una forma per non divorarla. Il monologo è quella forma.
"L’ho detto. Me ne vergogno, ma lo sai adesso. E non posso rimangiarmelo." Ecco la catarsi. Gale si libera. Si vergogna, sì, ma ora che l’ha detto, la verità esiste. E se esiste, può essere affrontata. "E ora magari c’è la speranza che noi due possiamo risolvere." Questa è una delle righe più mature dell’intera serie. Dopo tutto quell’odio, Gale non chiude la porta. La apre. Perché sa che senza questa verità tra loro, non c’è futuro. Il futuro comincia solo dopo la verità. "Dì le cose che hai paura di dire. Posso aiutarti." Gale fa un atto di fiducia immenso. Nonostante tutto, offre a Joel la possibilità di confessare, senza giudizio. È un invito alla vulnerabilità, e forse l’unico momento in cui Joel potrebbe ancora salvarsi dal collasso emotivo. "Le hai fatto qualcosa? L’hai ferita?" Ed ecco la domanda finale. Quella che riguarda Ellie. Gale sta ancora facendo il suo lavoro, ma adesso è una donna che chiede a un uomo: “Hai spezzato anche lei?” È una domanda carica di paura, non di accusa. È la domanda di chi ha ancora qualcosa da perdere.
Il monologo di Gale è un momento drammaturgico potente, complesso, lucido. È uno sfogo, sì, ma anche una lezione: sul dolore, sulla rabbia, sul perdono impossibile. È il momento in cui il personaggio si umanizza completamente. Non è più solo “la terapeuta di Joel”. È una donna che ha perso suo marito, che ha odiato in silenzio, che ha sofferto in silenzio, e che adesso rompe quel silenzio per sopravvivere.
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