Monologo femminile - Samantha Morton in \"The Libertine\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo, pronunciato da Elizabeth Barry (Samantha Morton) in The Libertine (2004), rappresenta un momento chiave del film e della sua evoluzione come personaggio. Il suo rapporto con John Wilmot, conte di Rochester (Johnny Depp), è complesso: lui è il mentore che ha affinato il suo talento, ma lei rifiuta di essere vista solo come una sua creazione. In questa scena, Barry afferma con forza la propria indipendenza artistica e personale, dichiarando che il suo successo non sarà attribuibile a nessun altro se non a se stessa. Il monologo mette in luce il tema del potere e della libertà individuale, elementi centrali nella narrazione.

Sono io il mio talento

MINUTAGGIO: 53:36-57:00

RUOLO: Elizabeth Barry

ATTRICE: Samantha Morton

DOVE: Amazon Prime Video

ITALIANO

Ho il mio talento e ne sono gelosa. E sebbene consideri che voi e solo voi in città lo abbiate riconosciuto, non sono così confusa dal Lord, dal padrone che è in voi da non avercela con voi. Sì, avete ragione, ho intenzione di fare qualcosa che nessuno ha mai fatto. Ieri ho perso di vista il mio scopo per paura del palcoscenico, ma li conquisterò, sapete, e che non si dica, quando avrò la fama e le mie due sterline a settimana, che Lord Rochester mi ha presa e mi ha illuminata del suo genio facendomi diventare una minuscola parte della sua grandezza... No! Dovrò essere valutata per me stessa e per quel che io sapevo di poter fare sul palco e per come io, Lizzie Barry, io ho saputo la mia anima e modellarla, trasformarla in qualcosa di mirabile e per questo ho trionfato.

The libertine

The Libertine (2004), diretto da Laurence Dunmore e interpretato da Johnny Depp, racconta la vita dissoluta di John Wilmot, secondo conte di Rochester, poeta e libertino della corte di Carlo II d'Inghilterra nel XVII secolo. Il film è un adattamento dell'omonima opera teatrale di Stephen Jeffreys, che firma anche la sceneggiatura. La storia si apre con un monologo in cui Wilmot avverte lo spettatore: non è un uomo da ammirare. Questo tono anticipa il ritratto di un personaggio brillante e autodistruttivo. Favorito del re grazie alla sua arguzia e al suo talento poetico, Rochester si distingue per il suo spirito ribelle e il disprezzo per le convenzioni. Il suo stile di vita dissoluto – fatto di alcol, sesso e provocazioni intellettuali – lo rende tanto affascinante quanto pericoloso.

Quando Carlo II (John Malkovich) gli affida il compito di scrivere un'opera teatrale celebrativa per consolidare la sua immagine, Rochester risponde con un'opera oscena e sovversiva, inimicandosi la corte. Nel frattempo, intreccia una relazione con l'attrice Elizabeth Barry (Samantha Morton), che prende sotto la sua ala trasformandola in una grande interprete, forse l'unico vero gesto altruista della sua vita. Il declino del conte è segnato da una malattia devastante (probabilmente sifilide), che lo consuma fisicamente mentre il suo spirito rimane feroce fino alla fine. Rifiutato dalla società che un tempo lo idolatrava, affronta la morte con un misto di lucidità e disperazione.

Analisi Monologo

Barry inizia con un'affermazione chiara: è consapevole del proprio talento e lo difende con gelosia. Nonostante riconosca che Rochester sia stato il primo ad apprezzarlo, non gli concede alcun diritto di possesso su di lei. La sua determinazione si manifesta nella contrapposizione tra il riconoscimento del valore di Rochester come unico vero intenditore e il rifiuto del suo dominio su di lei come artista e donna.


Il passaggio successivo è fondamentale: Elizabeth rivela il suo obiettivo di distinguersi, di fare "qualcosa che nessuno ha mai fatto". La menzione del suo fallimento del giorno precedente (“Ieri ho perso di vista il mio scopo per paura del palcoscenico”) mostra una fragilità momentanea, ma anche la consapevolezza di poter superare le proprie debolezze.


La parte più intensa arriva con la sua dichiarazione d’indipendenza. Si rifiuta di essere ricordata solo come una pedina nel genio di Rochester. Il suo successo dovrà essere suo, frutto del proprio lavoro e della propria anima trasformata in arte. Il suo nome – "Lizzie Barry" – diventa quasi un mantra, un’affermazione della sua identità separata da Rochester. Il linguaggio emotivo e deciso riflette l'urgenza di questa affermazione, in netto contrasto con la sua posizione iniziale nel film, quando era un'attrice inesperta sotto la guida del conte.

Conclusione

Questo monologo sancisce la crescita di Elizabeth Barry: ora una donna che reclama il proprio valore. Il suo rifiuto di essere ricordata come una semplice "creazione" di un uomo è un’affermazione di libertà e autodeterminazione, un tema che riecheggia nel film. Se Rochester incarna l'autodistruzione, Elizabeth è la resilienza: entrambi artisti, ma con destini opposti. Questo momento segna il vero trionfo di Barry, più ancora della fama che raggiungerà in seguito.

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