Monologo di Scott a Bridget in Bridget Jones - Un amore di ragazzo

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Scott a Bridget in "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Il monologo di Scott a Bridget nel finale del film è una delle dichiarazioni d’amore più sorprendenti della saga: timida, razionale, impacciata e profondamente autentica. Attraverso Newton e le sue leggi, Scott riesce a trasformare la scienza in un linguaggio emotivo, rivelando la bellezza che vede in Bridget e il modo in cui lei ha cambiato il suo mondo. È un monologo perfetto per gli attori che vogliono allenare vulnerabilità, naturalezza e intensità sottile.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Finale del film (con spoiler)

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Serie: Bridget Jones - Un amore di ragazzo (2025)
Personaggio: Scott Wallaker
Attore: Chiwetel Ejiofor

Minutaggio: 1:48:30-1:50:30

Durata: 1 minuto 45 secondi

Difficoltà: 7/10: una dichiarazione amorosa senza risultare artificioso o eccessivamente intellettuale.

Emozioni chiave: imbarazzo / timidezza adulta, desiderio, ammirazione sincera, vulnerabilità, romanticismo “involontario”, attrazione profonda
Contesto ideale per un attore: provini in cui si richiede vulnerabilità maschile senza cliché, studio di personaggi introversi o razionali che provano forte intensità emotiva

Dove vederlo: Netflix

Contesto del film "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Bridget Jones non è più la trentenne pasticciona che ricordavamo. Il film la ritrova quattro anni dopo la morte di Mark Darcy, scomparso durante una missione umanitaria in Sudan. Bridget vive da sola con i loro due figli, Billy e Mabel, entrambi ancora ancorati al ricordo del padre. La loro valvola di speranza è poetica e infantile: credono che Mark torni ogni notte nei panni di un gufo bianco, appollaiato fuori dalla finestra. Una serata commemorativa dedicata a Mark mette Bridget davanti a un pensiero semplice ma potente: coltivare la vita che le rimane, come le diceva suo padre Colin sul letto di morte. Così decide di muovere di nuovo i propri ingranaggi. Ricomincia dal lavoro: cresce professionalmente e diventa produttrice di spettacoli.

E, cosa più difficile, si rimette nel mondo degli appuntamenti. Non con leggerezza, ma con quella goffaggine lucida che la contraddistingue. Si iscrive su Tinder e viene contattata da Roxster, un ranger 29enne, energico, impulsivo, fuori schema. I due iniziano a frequentarsi e la relazione prende forma: Mabel lo adotta subito come “nuovo papà”, mentre Billy rimane più distante, ancora immerso nel suo lutto. Il film alterna commedia e fragilità. A scuola, Bridget tiene una lezione sul suo lavoro e, con un improvvisato gioco di ruolo, coinvolge l’insegnante di scienze Scott Walliker, uomo calmo e sensibile che la sorprende parlando del ciclo vitale degli insetti e dell’idea che “tutte le creature abbiano un’anima”. Un dettaglio di scrittura che mette già Scott in posizione di possibile figura di conforto. E mentre la vita sembra trovare un ritmo nuovo, Roxster mostra il suo lato emotivamente immaturo: dopo averla messa in difficoltà a una festa, sparisce, facendole ghosting.

Nel frattempo ritorna anche un’ombra dal passato: Daniel Cleaver, ricoverato in ospedale per problemi cardiaci. Solo e trascurato, chiede a Bridget di ascoltarlo. Le racconta del figlio Enzo, che non vede da oltre dieci anni. Bridget, con una delle sue rare doti di empatia pura, lo spinge a riallacciare quel legame. Questo tema — la genitorialità mancata o rimandata — torna più volte nel film. Roxster alla fine ricompare, pentito, pronto a “fare il padre” e impegnarsi per davvero. Ma Bridget lo rifiuta. Non con rabbia: con lucidità. Questo rifiuto è il primo vero passo verso l’elaborazione del lutto per Mark.

Testo del monologo + note

In realtà volevo. Io… volevo entrare per parlarle ma… è il momento sbagliato, è con altra gente. Sono più bravo con le persone alte un metro e venti; e venticinque! Con loro dò il meglio di me, a quanto pare, quindi… Guardi, volevo solo parlarle di Newton. Abbiamo già discusso sulla sua seconda legge, la gravità. Sull’albero, quando non ha ammesso di essere bloccata. Ma la più affascinante secondo me non è la seconda legge, perché anche un idiota sa che una mela cade in giù. Che deve fare, cadere in su? E’ sopravvalutata chiaramente la seconda. No, quella che mi interessa di più è la terza legge. Lei saprà qual è… A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. E’ un principio fondamentale dell’universo. E’ un principio inesorabile dell’esistenza ed ero venuto per dirle che lei è questa forza, signora Darcy, per me. Uguale e… contraria. E… esattamente come affermava Newton, è irresistibile. La vedo. Adesso, solo… stando qui la sento, ed è tanto tangibile quanto le cose che amavo da piccolo quando iniziavo a osservare il mondo. Vede, non è proprio l’ordine ciò di cui ci innamoriamo noi scienziati, signora Darcy, è la bellezza nelle cose. La bellezza… nel caso specifico… in lei.

"In realtà volevo.": attacco esitante, voce bassa, come di uno colto in flagrante; pausa dopo “volevo”, lo sguardo sfugge, quasi già pronto a ritirarsi.

"Io… volevo entrare per parlarle ma… è il momento sbagliato, è con altra gente.": le esitazioni (“Io…”, “ma…”) vanno sentite come inciampi reali, non recitati; ritmo spezzato, lui si giustifica più con sé stesso che con lei; su “è con altra gente” abbassa un po’ il tono, quasi a darsi una scusa per scappare.

"Sono più bravo con le persone alte un metro e venti; e venticinque!": piccolo cambio di energia, entra l’autoironia; accenna un sorriso imbarazzato, sguardo che si alleggerisce un attimo; su “e venticinque!” sottolinea il tentativo di fare una battuta per mascherare il nervosismo.

"Con loro dò il meglio di me, a quanto pare, quindi…" : detta quasi di getto, come un’ammissione momentanea di sconfitta; la frase si spegne sulle ellissi, come se non sapesse bene come continuare; lo sguardo può scendere verso terra.

"Guardi, volevo solo parlarle di Newton.": qui rientra nel suo territorio sicuro, la scienza; il tono si fa un filo più sicuro, quasi da professore; leggerissima enfasi su “solo” per minimizzare l’importanza (anche se in realtà è una scusa per dichiararsi).

"Abbiamo già discusso sulla sua seconda legge, la gravità.": tono da richiamo complice, riferito a un momento condiviso; sguardo rapido verso di lei per verificare se ricorda; la parola “gravità” può avere un doppio fondo, detto con un filo di sorriso.

"Sull’albero, quando non ha ammesso di essere bloccata.": ricorda la scena con un pizzico di tenerezza divertita; il tono qui è più morbido e caldo; su “non ha ammesso” può accennare un sorriso, come a prenderla bonariamente in giro.

"Ma la più affascinante secondo me non è la seconda legge, perché anche un idiota sa che una mela cade in giù.": parte con “Ma” segnando una svolta, il ritmo si fa più discorsivo; su “anche un idiota” entra un humour asciutto, ma senza cattiveria; è ancora nel registro protettivo del professore razionale.

"Che deve fare, cadere in su?": battuta secca, quasi lanciata per alleggerire la tensione; sguardo che cerca il suo, in attesa di una reazione; può esserci un mezzo sorriso ironico.

"E’ sopravvalutata chiaramente la seconda.": detto con un tono pseudo-professionale, come se stesse facendo una recensione; qui si sente la sua parte più cerebrale che ancora prende tempo prima di arrivare al punto; un piccolo cenno col capo può chiudere la frase.

"No, quella che mi interessa di più è la terza legge.": qui il tono cambia, si fa più concentrato; pausa netta prima di “la terza legge” perché è il vero centro metaforico del discorso; sguardo che torna stabilmente su di lei.

"Lei saprà qual è…" : tono leggermente didattico ma dolce; le ellissi indicano che sta preparando il passaggio dal teorico al personale; su “Lei saprà” c’è quasi un invito a seguirlo nel ragionamento.

"A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.": la recita come una verità assoluta, frase più scandita; voce un filo più piena, quasi solenne ma senza esagerare; breve pausa dopo averla detta, lasciando che lei la riconosca.

"E’ un principio fondamentale dell’universo.": continua nel registro “scienziato”, tono spiegativo; su “fondamentale” appoggia leggermente, perché prepara il salto verso il sentimento.

"E’ un principio inesorabile dell’esistenza ed ero venuto per dirle che lei è questa forza, signora Darcy, per me.": qui il discorso diventa chiaramente personale; piccolo respiro prima di “ed ero venuto per dirle”; su “lei è questa forza” la voce si ammorbidisce, il sottotesto è una vera dichiarazione; “per me” va detto piano, quasi come se gli scappasse.

"Uguale e… contraria.": micro-pausa sulle ellissi, come se cercasse il coraggio di finirla; può sorridere appena su “contraria”, riconoscendo il loro essere diversi; tono intimo, più basso.

"E… esattamente come affermava Newton, è irresistibile.": torna a usare Newton per coprire la propria vulnerabilità; la prima “E…” è un inciampo emotivo; su “irresistibile” la voce può farsi un pelo più calda, lo sguardo resta su di lei più a lungo.

"La vedo.": frase brevissima ma molto intensa; detta dopo una pausa, con lo sguardo fisso; tono morbido, quasi un’ammirazione pura.

"Adesso, solo… stando qui la sento, ed è tanto tangibile quanto le cose che amavo da piccolo quando iniziavo a osservare il mondo.": ritmo che si distende, entra il bambino curioso che era; le ellissi su “solo…” segnano il tentativo di descrivere qualcosa di difficile da dire; su “da piccolo” la voce si fa nostalgica; il sottotesto: “lei mi riaccende quello stupore”.

"Vede, non è proprio l’ordine ciò di cui ci innamoriamo noi scienziati, signora Darcy, è la bellezza nelle cose.": tono confidenziale, come se stesse rivelando un segreto della sua categoria; su “non è proprio l’ordine” può accennare una piccola auto-smentita del suo essere rigido; “la bellezza nelle cose” va detto con calma, quasi assaporando le parole.

"La bellezza… nel caso specifico… in lei.": qui il tempo si dilata; ogni ellissi è una micro-lotta interna; su “in lei” la voce si abbassa e si fa più morbida, quasi un sussurro; lo sguardo è diretto ma vulnerabile; lascia un silenzio pieno dopo, senza aggiungere altro, come se si fosse finalmente esposto del tutto.

Analisi del monologo di Scott a Bridget in "Bridget Jones - Un amore di ragazzo"

Il monologo finale di Scott è una dichiarazione d’amore travestita da spiegazione scientifica, e proprio per questo funziona. Non è un uomo abituato alle parole emotive, e infatti quando Bridget lo vede fuori dal locale lui sta già scappando, come un ragazzino colto sul fatto. La sua difficoltà a restare c’è fin dalla prima frase, tutta esitazioni, tentativi di giustificarsi, micro-inciampi che lo tradiscono: avrebbe voluto entrare, ma non se l’è sentita. Scott è un uomo che vive meglio con i bambini, lo ammette con una sincerità disarmante; con gli adulti si perde, ha paura di non essere all’altezza, di fare la mossa sbagliata. Ed è proprio a partire da questa vulnerabilità che costruisce la sua dichiarazione. Usa Newton come schermo, prima come argomento di fuga, poi come linguaggio sicuro, familiare, fino a trasformarlo gradualmente in ponte emotivo. La seconda legge, la gravità, diventa un modo ironico per prendere tempo, per restare un attimo più lontano dal punto centrale. Scott continua a parlare come uno scienziato perché è il modo in cui si difende, ma allo stesso tempo la sua voce cambia mentre parla: si fa più calda, più personale, più incerta.

La svolta arriva quando introduce la terza legge, quella dell’azione e reazione. Non la cita come un principio astratto, ma come un modo per descrivere la natura del loro rapporto. Bridget, per lui, è una forza inevitabile: lo spinge, lo cambia, lo destabilizza, e lui reagisce. In quel “lei è questa forza per me” c’è tutto: la paura, la sorpresa, l’ammirazione. È la confessione di un uomo abituato a controllare ogni variabile che finalmente ammette di essere travolto da qualcosa che non può quantificare. La parte più bella del monologo è quando abbandona la precisione della scienza e torna bambino. Dice che la presenza di Bridget è tangibile come le cose che amava quando iniziava a osservare il mondo. Qui la fisica lascia spazio allo stupore, e lo stupore diventa innamoramento. Scott non è attratto dall’ordine, dice, ma dalla bellezza nelle cose, ed è la frase che apre ufficialmente la dichiarazione più diretta che abbia mai fatto.

La chiusura, “la bellezza… nel caso specifico… in lei” è un precipitare dolce, una piccola resa. Le ellissi raccontano il suo tentennare, la paura di esporsi, ma anche la decisione di andare fino in fondo. L’attore che interpreta questo monologo deve lavorare sul contrasto: un uomo razionale che per la prima volta lascia che le emozioni si sentano, un professore che si scopre romantico, un introverso che accetta il rischio di mostrarsi fragile. È un testo che vive nell’imperfetto, nel tremore, nella goffaggine sentimentale: ed è proprio lì che trova la sua forza.

Finale di "Bridget Jones - Un amore di ragazzo" (Spoiler)

La svolta avviene durante una gita scolastica: Bridget e Scott hanno modo di parlare. Scott confessa di aver sempre desiderato dei figli, senza averne avuti. Nel frattempo, Billy, in un raro momento di apertura, gli confida la paura di dimenticare suo padre. Scott gli risponde con una delle frasi cardine del film: Mark resterà sempre parte di lui, e quindi non può davvero andarsene. È questo scambio a sciogliere per la prima volta il dolore del bambino. Bridget vede il cambiamento in suo figlio e ringrazia Scott. Lui inizialmente si allontana, imbarazzato dalla propria attrazione verso di lei. Poi cede: le parla di “opposti che si attraggono”, citando la terza legge di Newton. Bridget lo bacia. Il film si avvia verso il finale con il classico cenone di Capodanno: amici, parenti, vissuti passati che riemergono. Daniel, finalmente riconciliato con il figlio Enzo. Scott presente, ma discreto. La scena decisiva avviene nella cameretta dei bambini, subito dopo la festa. È un momento di cinema molto semplice, ma emotivamente densissimo: Bridget rimbocca le coperte a Billy e Mabel, come faceva Mark. I tre guardano fuori dalla finestra. Il gufo bianco è lì. Fermo. Presente. Come ogni notte. 

Poi, lentamente, vola via. Il film visualizza il concetto di letting go, ma dal punto di vista dei bambini. Quel gufo è diventato il corpo simbolico di Mark — un padre che ha vegliato su di loro finché ce n’era bisogno. Ed è proprio in questo momento che il messaggio diventa chiaro: Mark ha finito la sua missione. Non ha più bisogno di tornare. I bambini hanno elaborato il lutto. Bridget ha ricominciato ad aprirsi alla vita. La famiglia, pur trasformata, è di nuovo intera. È un finale delicato, “silenzioso”, più vicino alla sensibilità del romanzo che alla commedia classica. Non chiude con un matrimonio o un annuncio plateale, ma con un gesto intimo che riconsegna la storia alla vita reale. Dopo aver messo a letto i piccoli, Bridget torna da Scott. Si baciano. Non come sostituto di Mark, ma come scelta matura di una donna che ha accettato che l’amore può rinascere in modi diversi.

Bridget non è più sospesa tra passato e futuro.

I figli non hanno più paura di perdere il ricordo del padre.

La famiglia non resta ancorata al dolore, ma lo include e lo trasforma.

Credits e dove vederlo

Regista: Michael Morris

Sceneggiatura: Helen Fielding, Dan Mazer, Abi Morgan

Produttore: Tim Bevan, Eric Fellner, Jo Wallett

Cast: Renée Zellweger (Bridget Jones); Chiwetel Ejiofor (Scott Wallaker); Leo Woodall (Roxster McDuff); Jim Broadbent (Colin Jones); Gemma Jones (Pamela Jones) Colin Firth (Mark Darcy) Hugh Grant (Daniel Cleaver)

Dove vederlo: Netflix

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