Il monologo di Simonetta in Maschi contro Femmine: analisi, significato e contesto

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo è uno dei momenti più diretti e riusciti di Maschi contro Femmine. Simonetta, il personaggio interpretato da Carla Signoris, spara una verità dietro l’altra, e lo fa senza filtro. È un momento che riesce a condensare, in pochi secondi, il senso di frustrazione e la consapevolezza amara di chi si è sempre mossa dentro uno schema impari e solo adesso ne riconosce tutte le trappole.

Donne perfette e anziane?? Ma vaff...

MINUTAGGIO: 35.00-36:11

RUOLO: Simonetta

ATTRICE: Carla Signoris

DOVE: Netflix

ITALIANO

Renato, Renato… Senti Renato, io non capisco una cosa. Un uomo a quarant’anni diventa interessante, perfino figo. Prendi dottor House, è zoppo, vecchio, rugoso, denutrito e pure stronzo, e ha le file di ragazzine fuori dalla porta che gli sbavano dietro. Una donna deve essere servizievole, indipendente, depilata, spiritosa, porca, giovane, magra, brava in cucina, brava a letto, sexy ma non troppo, possibilmente senza figli e senza cervello. E poi quando arriva il primo capello bianco inizia l’inferno. Tu ci hai messo a quarant'anni a capire come funzionano le cose e quando finalmente ti sembra di avere le regole del gioco in mano e dici: “Adesso mi diverto io”, arriva una puttanella in shorts sull’autobus che ti cede il posto neanche fossi sua nonna. Ma vaffanculo!

Maschi contro Femmine

​​"Maschi contro femmine" è una commedia italiana del 2010 diretta da Fausto Brizzi, che ha tentato un’operazione abbastanza chiara: raccontare – con tono leggero e a tratti farsesco – le dinamiche sentimentali e le contraddizioni tra uomini e donne nel contesto contemporaneo. Ma attenzione: non è un film corale nel senso più classico, non cerca una struttura da Love Actually per intenderci. È più una serie di storie parallele, collegate da un filo tematico sottile, che ruota attorno ai cliché di genere e alle crisi relazionali.

Il film è composto da più storie autonome che si intrecciano solo marginalmente, tutte ambientate in una città italiana mai identificata chiaramente ma che ha le sembianze di una metropoli del nord. Le storie oscillano tra il comico e il malinconico, senza mai scendere troppo in profondità, ma con un tentativo (a tratti riuscito) di tratteggiare le fragilità del maschio contemporaneo e lo spaesamento della donna in un mondo relazionale saturo di aspettative.

Walter è un allenatore di pallavolo femminile, completamente ossessionato dalle sue atlete e incapace di crescere. Vive ancora con Monica, la sua ex compagna, con la quale condivide casa ma ormai non più un legame amoroso. Monica è cinica, diretta, schietta. Il loro rapporto è una convivenza forzata fatta di recriminazioni, routine e litigi, ma anche – in fondo – di un affetto che resiste sotto la superficie. Questa è forse la linea narrativa più efficace nel bilanciare comicità e tenerezza.

Matteo è un uomo sposato, apparentemente felice, ma in realtà in crisi. Quando conosce Chiara – una biologa marina indipendente e disincantata – si ritrova a vivere una relazione extraconiugale che lo mette davanti a scelte scomode. La storia gioca sul contrasto tra la superficialità borghese della vita matrimoniale e la libertà selvaggia rappresentata da Chiara.

Piero è un uomo abituato ai ruoli tradizionali, con una mentalità maschilista e radicata. Quando scopre che il nuovo fidanzato della figlia è omosessuale, entra in crisi. Il percorso di Piero è una piccola parabola sull’inadeguatezza del maschio adulto alle trasformazioni culturali della società. Una parte di questa trama è trattata con ironia, ma ci sono tentativi di riflessione più seri (anche se spesso rimangono in superficie).

Marcello è ossessionato dal suo corpo e trascorre gran parte della sua vita in palestra. Vive con Andrea, la sua coinquilina, che cerca un uomo maturo mentre si ritrova a convivere con un eterno adolescente. Il tema è quello della mascolinità performativa, raccontata attraverso lo specchio di un mondo (quello del fitness) in cui tutto è misura, confronto e apparenza.

Analisi Monologo

La forza di questo monologo sta in due elementi chiave: la lista e il paradosso. “Un uomo a quarant’anni diventa interessante...” Qui Simonetta apre il discorso con un confronto netto. L’uomo invecchiando acquisisce “fascino”, la donna – invece – viene deprezzata. Il riferimento a Dr. House non è casuale: Hugh Laurie interpreta un personaggio ruvido, problematico, tutt'altro che attraente nel senso canonico, eppure viene percepito come sexy.

Lì c’è un intero mondo, quello dello sguardo maschile predominante, che concede agli uomini un'evoluzione narrativa e affascinante con l’età, mentre impone alle donne una scomparsa silenziosa. “Una donna deve essere...” Arriva la lista. Un elenco che va a ritmo serrato, senza punteggiatura emotiva, come un accumulo che diventa satira involontaria. Lì dentro ci sono tutte le pretese culturali e sociali che una donna deve subire: essere attraente, disponibile, autonoma ma non troppo, brillante, docile, ma anche provocante. Il paradosso sta proprio nel fatto che sono tutte richieste contraddittorie. Nessuna donna potrebbe mai soddisfarle contemporaneamente, eppure è ciò che ci si aspetta. È un’impalcatura di richieste impossibili, che produce inevitabilmente senso di inadeguatezza.

“Quando finalmente ti sembra di avere le regole del gioco in mano...”

Il punto più tragico del monologo arriva proprio alla fine: la beffa del tempo. Dopo anni passati a cercare di stare dentro uno schema, a sopravvivere in un sistema che non si è scelto, quando finalmente si acquisisce lucidità e esperienza, è troppo tardi. La società ti dice che sei fuori dal gioco. Il simbolo della ragazzina che le cede il posto sull’autobus è potente: è il momento in cui una donna, ancora viva e lucida, viene culturalmente considerata “vecchia”.

Conclusione

Non dal suo corpo, non dalla sua mente, ma dallo sguardo degli altri. E il finale con il “Ma vaffanculo!” È un atto di rifiuto. È Simonetta che smette di chiedere permesso, che non cerca più di spiegarsi, che rifiuta la narrazione dominante.

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