Monologo di Will: coming out e omosessualità davanti agli amici in Stranger Things 5

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~ LA REDAZIONE DI RC

Monologo di Will: il coming out e l’omosessualità in Stranger Things 5

Il monologo di Will in Stranger Things 5 è il momento più vulnerabile dell’intera serie, nonché l’ammissione dell’omosessualità di un ragazzo. Quella del coming out non è una scena costruita per stupire. Will non parla per rivelarsi, ma per spiegare perché ha avuto paura di farlo per tutta la vita. Tra esitazioni, ricordi condivisi e la minaccia di Vecna, il discorso diventa un atto di resistenza emotiva più che di liberazione. Un monologo che chiede silenzio, tempo e ascolto, e che mette al centro il tema più profondo di Stranger Things: la paura di essere lasciati soli, e di essere diversi. 

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Finale del film (con spoiler)

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Serie: Stranger Things 5 episodio 7 - Il ponte (2025)
Personaggio: Will
Attore: Noah Schnapp

Durata: 51:30-54:27

Minutaggio: 3 minuti

Difficoltà 10/10 È un monologo molto complesso. Le difficoltà principali sono: frammentazione del pensiero, controllo dell’emozione, esposizione identitaria, presenza degli altri

Emozioni chiave Paura, Vergogna interiorizzata, bisogno di appartenenza, amore non corrisposto (trasformato), terrore dell’abbandono, vulnerabilità assoluta 

Contesto ideale per un attore nell’interpretarlo Questo monologo funziona quando l’attore ha qualcosa da perdere. Scene madri, lavori su coming out / identità / segreto personale, anche traslati (non serve essere LGBTQ+ per interpretarlo, serve conoscere il silenzio). Ma anche monologhi sul trauma e sulla paura dell’abbandono.

Dove vederlo: Netflix

Contesto della serie "Stranger Things 5" - primi 4 episodi

La storia si apre con un flashback del 1983, in cui Will viene catturato dal Demogorgone e consegnato a Vecna, che sembra avviare un piano a lungo termine. Nel 1987, Hawkins è ormai una città in quarantena dopo l’invasione del Sottosopra. I ragazzi, Mike, Dustin, Lucas e Will cercano di mantenere viva la memoria di Eddie e continuano la loro battaglia contro Vecna, mentre la città è presidiata dall’esercito. Undi (Eleven) si allena duramente con Hopper e Joyce, mentre varie squadre dei protagonisti tentano di coordinarsi tramite radio per localizzare Vecna, ormai introvabile da tempo. Durante una ricognizione militare nel Sottosopra, Hopper rimane isolato e Will percepisce attraverso una visione, come se fosse dentro la mente del Demogorgone, che una minaccia sta raggiungendo la casa di Mike e Nancy.

In quel preciso momento, infatti, Holly, la sorellina, viene attaccata dal Demogorgone nella sua stanza Holly riesce a fuggire inizialmente, ma viene comunque rapita e trascinata nel Sottosopra. Nancy e Mike scoprono che la bambina parlava di un misterioso “Signor Cosè”. Indagando e interrogando la loro madre Karen ferita, scoprono che il vero nome dell’entità è Henry. I pezzi si incastrano: Cosè è Vecna, che ha manipolato Holly prima del rapimento. Undi e Hopper si inoltrano nel Sottosopra per cercare la bambina. Nel frattempo, Will capisce che Vecna sta usando un legame mentale con lui e riesce a percepire ciò che Holly vede e sente, come se Vecna stesse sfruttando la sua connessione per comunicare o spiare attraverso i bambini presi di mira. Infine una visione rivela che Holly è nella “casa” di Henry, una versione illusoria e idilliaca creata da Vecna: non è l’unica, perché lui vuole radunare tutti i bambini che ha scelto come vittime...

Vecna prende di mira un altro bambino: Derek. Il piano dei ragazzi è attirare il Demogorgone a casa sua e inserirgli una ricetrasmittente, così da seguire il mostro fino al nascondiglio di Vecna. Intanto Holly, nella falsa realtà costruita da Henry, scopre messaggi misteriosi e si addentra nel bosco, spiata da una creatura. Undi e Hopper combattono contro una squadra dell’esercito nel Sottosopra e distruggono un’arma sonica che stava bloccando i poteri della ragazza, riuscendo poi a riprendere la ricerca della bambina. Will conferma che Vecna sta “raccogliendo” bambini e che il suo legame mentale con la mente alveare non si è mai del tutto spezzato . L’episodio si apre con Derek, ancora sotto shock, che si sveglia nel fienile dove Joyce e gli altri stanno cercando di proteggerlo. La donna tenta di farlo ragionare, ma Derek vuole scappare: Vecna gli ha detto tutt’altro. Proprio allora il Demogorgone irrompe nel fienile. Will, che continua ad avere visioni dal punto di vista della creatura, “vede” tutta la scena attraverso i suoi occhi. Joyce prova a difendere il bambino con un’accetta, ma la svolta arriva quando Steve piomba dentro guidando un’auto e investe il Demogorgone.

L’idea folle è seguirlo nel portale, sfruttando la scia della creatura. La macchina entra nel Sottosopra per un soffio, con a bordo Steve, Dustin, Jonathan e Nancy. Nel Sottosopra, la nebbia è così fitta che a un certo punto perdono di vista il Demogorgone e si schiantano contro un muro viscido, tipico delle superfici organiche create da Vecna. Intanto Will continua a “sentire” il Sottosopra: ha nuove visioni di bambini sedati, collegati a tentacoli come se fossero respiratori viventi. Capisce che Vecna sta seguendo uno schema: vede quattro spirali, un numero che si ripeterà fino ad arrivare a dodici bambini rapiti.

Nel frattempo, Max e Holly danno un nuovo tassello al mistero. Holly, attirata da una lettera scritta da Henry/Vecna, attraversa un passaggio nel muro e viene raggiunta da Max, viva e cosciente dopo la lunga degenza. Max la conduce in un luogo surreale: una casa immersa in una savana luminosa. Spiega alla bambina che ciò che vede non è reale, ma un ricordo composito, la prigione mentale in cui Henry intrappola le sue vittime.

Per recuperare i bambini sequestrati dai militari, Robin propone un piano in stile La Grande Fuga: entrare da un tunnel sotterraneo e liberare i piccoli prigionieri. Ma serve una talpa, qualcuno dall’interno… Derek è l’uomo giusto, ma le cose precipitano e, proprio quella notte… Arriva Vecna.

Monologo di Will: analisi verso per verso del coming out

Io… io non vi ho… non vi ho detto niente finora, perché… perché non… non voglio che mi… mi vediate… in modo diverso, ma… la verità è… la verità… è che io… io sono diverso. E’ che… ho fatto finta di non esserlo perché… perché non volevo esserlo. Io volevo essere come tutti gli altri. Volevo essere come i miei amici e… e io sono come voi. Sono come voi praticamente in quasi tutto. Ci… ci piace giocare  D&D fino a notte fonda; e l’odore di vecchio nella cantina di Mike. E ci piace andare in bici da Melwood per i milkshake e ci piace perderci nei boschi, e discutere su quale film noleggiare; e accordarci sempre sui Monty Python e il sacro graal. E… e ci piace… il cioccolato al latte sui pop-corn con tanto burro, e ci piace bere la coca-cola con le pop rocks; e correre con la bici, e scambiare i fumetti, e la NASA, e Steve Martin, e Lucky Charm e… ci piacciono davvero le stesse cose, solo che… solo… solo che io… io… non sono attratto dalle ragazze. Voglio dire… mi piacciono, solo… solo non come piacciono a voi ragazzi. E ho… avuto una cotta per una persona. L’ho avuta anche se so… so che lui non è come me. Ma poi ho capito che lui è la mia Tammy, e con Tammy voglio dire che il punto non era lui. Il punto ero io. E credevo di aver finalmente accettato me stesso; ma… ma poi oggi Vecna mi ha mostrato cosa sarebbe accaduto se avessi fatto tutto questo. Se vi avessi detto la verità. Lui mi ha mostrato il futuro. E in questo futuro alcuni di voi sono… sono preoccupati per me. Preoccupati che possa essere più difficile per me. E questo mi fa credere che io non vado bene. Così… così vi allontano. E poi… e poi anche gli altri finiscono per allontanarsi da me. E sono sempre di più, sempre di più, sempre di più fino a quando non resto solo. Lo so che non è ancora successo, e che Vecna non può prevedere il futuro ma… ma lui può vedere le nostre menti, e sa cose. E mi è sembrato tutto così reale. Sembrava tutto così reale. 

"Io… io non vi ho… non vi ho detto niente finora, perché… perché non… non voglio che mi… mi vediate… in modo diverso, ma…": attacco spezzato, quasi senza aria; come se le parole fossero “troppo grandi”; evita di cercare subito gli occhi degli altri, parti guardando basso o un punto fisso; micro-pausa dopo “finora” (decisione), poi altra dopo “diverso” (paura del giudizio).

"la verità è… la verità… è che io… io sono diverso.": il primo “la verità” è un tentativo di coraggio, il secondo è una correzione emotiva (si blocca perché ci arriva addosso); su “sono diverso” non caricare: tono semplice, quasi piatto, come una resa.

"E’ che… ho fatto finta di non esserlo perché… perché non volevo esserlo.": qui entra la vergogna interiorizzata; su “fatto finta” uno scarto di disgusto verso se stesso (piccolo, non melodrammatico); pausa netta prima di “non volevo esserlo” come se ti stessi accusando.

"Io volevo essere come tutti gli altri.": frase corta, più chiara; non accelerare: è una confessione limpida; sguardo breve verso gli amici, poi via (non reggi).

"Volevo essere come i miei amici e… e io sono come voi.": “i miei amici” è un appiglio emotivo; l’“e…” è panico (stai per perderli); su “io sono come voi” difensivo, quasi una supplica.

"Sono come voi praticamente in quasi tutto.": alleggerisci un filo, non sorridere davvero ma lascia un’ombra di ironia triste; la frase serve a costruire terreno comune, non a fare simpatia.

"Ci… ci piace giocare D&D fino a notte fonda;": parte la lista come meccanismo di protezione: ritmo leggermente più fluido, come se la memoria ti salvasse; su “fino a notte fonda” un lampo di calore.

"e l’odore di vecchio nella cantina di Mike.": immagine concreta: fai vedere che la stai sentendo davvero; micro-sorriso involontario, subito trattenuto (ti ricordi che stai confessando).

"E ci piace andare in bici da Melwood per i milkshake": la lista prende velocità; usa un tono quasi “normale” per un secondo, come se stessi tentando di respirare.

"e ci piace perderci nei boschi,": qui entra l’avventura condivisa; sguardo che si apre un attimo, come a rivederli bambini.

"e discutere su quale film noleggiare;": piccola pausa prima di “film” come se la parola ti facesse sorridere; evita di “recitare la nostalgia”: deve essere un ricordo che ti scappa.

"e accordarci sempre sui Monty Python e il sacro graal.": qui puoi lasciare un mezzo sorriso più evidente (è un loro rituale); subito dopo, richiudi: il sorriso è un boomerang emotivo.

"E… e ci piace… il cioccolato al latte sui pop-corn con tanto burro,": le ellissi sono segno che stai perdendo il controllo; la voce inciampa perché ti rendi conto che stai allungando per non arrivare al punto.

"e ci piace bere la coca-cola con le pop rocks;": ritmo “a raffica”, quasi infantile; respirazione più corta: stai scappando dentro i dettagli.

"e correre con la bici,": qui torna la fisicità: spingi leggermente sul respiro, come se sentissi ancora quella corsa.

"e scambiare i fumetti,": frase più morbida, affettuosa; uno sguardo rapido a Dustin/Lucas (a seconda di come immagini la scena), perché è “loro”.

"e la NASA,": detta come una parola-totem; tono più brillante per un istante, poi si spegne.

"e Steve Martin,": qui un micro-accenno di sorriso condiviso (comicità), ma non farne una gag.

"e Lucky Charm e…": l’“e…” finale è il precipizio: ti accorgi che stai rimandando l’unica frase che conta; pausa vuota, imbarazzata.

"ci piacciono davvero le stesse cose,": torna serio; questa è la tesi, non la lista; sottolinea “davvero” con una piccola pressione della voce.

"solo che… solo… solo che io… io…": qui il corpo tradisce: deglutizione, spalle che si chiudono, occhi che faticano a stare fermi; lascia che il silenzio faccia male tra “solo” e “che”.

"non sono attratto dalle ragazze.": dilla pulita, senza tremare troppo; non è vergogna “di essere”, è terrore della reazione; dopo la frase: silenzio obbligato (fai spazio agli altri, anche se nessuno parla).

"Voglio dire… mi piacciono,": subito correggi per paura di essere frainteso; tono giustificativo, quasi “non odiatemi”.

"solo… solo non come piacciono a voi ragazzi.": “a voi ragazzi” è il confronto che ti schiaccia; qui abbassa lo sguardo: è la frase in cui ti senti fuori dal branco.

"E ho… avuto una cotta per una persona.": questa è la lama: non dirla drammatica, dilla come se stessi estraendo qualcosa di pericoloso dalla tasca; pausa dopo “cotta”.

"L’ho avuta anche se so… so che lui non è come me.": doppio “so” = insistenza per non crollare; su “lui” non indicare con lo sguardo (non accusare nessuno), tienilo interno.

"Ma poi ho capito che lui è la mia Tammy,": qui entra Robin come stampella emotiva: un piccolo sorriso di gratitudine possibile, ma subito contenuto; il riferimento è intimo, quasi un codice.

"e con Tammy voglio dire che il punto non era lui.": chiarisci con delicatezza, come se stessi chiedendo permesso; pausa dopo “Tammy” per assicurarti che ti seguano.

"Il punto ero io.": frase secca, centro emotivo; detta più bassa, più vera; dopo: lascia un silenzio breve, come una sentenza.

"E credevo di aver finalmente accettato me stesso;": qui arriva un sollievo che non dura: tono di speranza fragile; non “risolvere”, perché subito dopo crolla.

"ma… ma poi oggi Vecna mi ha mostrato cosa sarebbe accaduto se avessi fatto tutto questo.": il primo “ma” è interruzione, il secondo è panico; quando dici “Vecna” la stanza cambia temperatura: irrigidimento fisico, sguardo che scappa come se vedessi qualcosa alle spalle degli amici.

"Se vi avessi detto la verità.": frase isolata: trattala come un colpo; abbassa il volume, quasi un sussurro; pausa prima e dopo.

"Lui mi ha mostrato il futuro.": tono netto, da trauma; come se stessi ancora “vedendo” le immagini; non spiegare, constata.

"E in questo futuro alcuni di voi sono… sono preoccpati per me.": la parola “alcuni” fa male (non “tutti”); il doppio “sono” è commozione trattenuta; uno sguardo breve ai volti, uno per uno, come a misurare.

"Preoccupati che possa essere più difficile per me.": qui l’emozione è tenera e devastante insieme; non piangere “per tristezza”, piangi (o trattieni) per gratitudine che ti sembra immeritata.

"E questo mi fa credere che io non vado bene.": è l’autocondanna; tono basso, quasi senza colore; lascia cadere “non vado bene” come se lo avessi detto mille volte a te stesso.

"Così… così vi allontano.": primo “così” = meccanismo, secondo = ammissione; qui un passo indietro (anche minimo) è potentissimo: fisicamente ti stai già separando.

"E poi… e poi anche gli altri finiscono per allontanarsi da me.": la ripetizione “e poi” è spirale; fai vedere che stai inseguendo la frase mentre ti scappa; sguardo perso, come se il futuro lo stessi rivivendo.

"E sono sempre di più, sempre di più, sempre di più fino a quando non resto solo.": crescendo ossessivo, ritmo martellante; non aumentare troppo il volume, aumenta la velocità e il fiato corto; su “solo” fermati: silenzio lungo, pieno.

"Lo so che non è ancora successo,": torna la lucidità che si aggrappa alla logica; respiro più profondo, tentativo di ricomporsi.

"e che Vecna non può prevedere il futuro ma…": “ma…” è la falla: la ragione non basta; la paura rimane più forte.

"ma lui può vedere le nostre menti, e sa cose.": detto quasi con terrore scientifico; occhi che tornano a cercare protezione negli altri, come a dire “capite?”.

"E mi è sembrato tutto così reale.": qui il tono si svuota, come dopo un incubo; rallenta, lascia che la frase cada.

"Sembrava tutto così reale.": ripetizione finale = trauma che rimbalza; più piano della frase precedente; chiudi senza “concludere”, come se restassi sospeso in attesa della loro risposta.

Il coming out di Will: analisi discorsiva del monologo

Il monologo è, di fatto, il coming out di Will Byers, ma costruito non come una rivendicazione dell’omosessualità, bensì come una confessione attraversata dalla paura di perdere l’amore degli altri. Il monologo di Will funziona come un lungo attraversamento emotivo, più che come una dichiarazione risolutiva. Non nasce per sorprendere, ma per resistere: resistere allo sguardo degli altri, al silenzio, alla paura di essere escluso. Will non entra in scena per dire “chi è” (un omosessuale, una spia, un ragazzo spaventato), ma per spiegare perché ha sempre taciuto. E questo sposta l’asse drammaturgico: non siamo davanti a un coming out classico, bensì a una confessione costruita sul timore del cambiamento dello sguardo altrui.

La prima parte del discorso è dominata dalla frammentazione. Le ripetizioni, le esitazioni, le frasi interrotte non sono manierismi, ma la forma stessa del pensiero di Will: parlare equivale a esporsi, e ogni parola è una prova. Quando dice di essere “diverso”, non lo rivendica, lo constata. La diversità non è ancora identità, è una condizione subita, interiorizzata come problema. Da qui nasce il bisogno quasi compulsivo di elencare tutto ciò che lo rende “uguale” agli altri: i giochi, le abitudini, i gusti condivisi. Questa lista non è nostalgia, ma una strategia di sopravvivenza emotiva. Will sta costruendo un argine prima dell’onda. Il cuore del monologo arriva tardi, volutamente. La frase sull’attrazione non è preparata per essere liberatoria: è temuta, rimandata, circondata da giustificazioni. Will non ha paura di dire la verità in sé, ma delle conseguenze affettive che quella verità potrebbe generare. Per questo chiarisce subito che l’amore non corrisposto non è il centro del problema: “il punto ero io”. È una frase chiave, perché sposta il conflitto dall’esterno all’interno. Il vero antagonista, prima ancora di Vecna, è l’idea di non andare bene.

L’ingresso di Vecna nel discorso non è quello di un villain, ma di un amplificatore del trauma. Le visioni del futuro non parlano di morte o distruzione, ma di solitudine progressiva. Vecna mostra a Will ciò che lui teme già: essere trattato con cautela, con preoccupazione, con un amore che diventa distanza. È qui che il monologo smette di essere confessione e diventa paura pura. La ripetizione ossessiva (“sempre di più”) non costruisce climax, ma vertigine. Will non conclude, non chiude, non risolve. Resta sospeso. Ed è proprio questa sospensione a rendere la scena coerente con il personaggio, anche se per alcuni spettatori può risultare lunga o “fuori fuoco”. Will non parla per liberarsi, parla per non implodere. Non chiede accettazione, chiede di non essere lasciato indietro. In questo senso, il monologo non è una fine ma un passaggio: togliere a Vecna il potere del segreto non significa ancora guarire, significa solo poter finalmente combattere ad armi pari.

Episodi 5-7 di "Stranger Things 5" (Spoiler)

L’episodio 5 riprende subito dopo il finale del Volume 1. Will riesce a fermare temporaneamente i Demogorgoni grazie al legame diretto con la mente alveare, rivelando un potere che non è innato come quello di Undici, ma assorbito da Vecna. Vecna tiene 12 bambini prigionieri, tra cui Holly Wheeler, nella sua casa d’infanzia. O meglio, una prigione mentale della stessa. Holly si allea con Max, intrappolata nel paesaggio del villain, e insieme iniziano a esplorare i ricordi traumatici di Henry. Undici, Hopper e Kali fuggono dal laboratorio militare: Kali rivela che la dottoressa Kay ha riattivato il Progetto Indige. Nel sesto episodio abbiamo la scoperta più importante della stagione. Dustin, Nancy, Steve e Jonathan capiscono che: il Sottosopra non è una dimensione autonoma, è un wormhole, un ponte interdimensionale di materia esotica. Collega il mondo reale all’Abisso, vera dimora dei Demogorgoni e del Mind Flayer La Terra non è sotto invasione: è in fase di fusione con un altro mondo. Nel frattempo: Max e Holly trovano una porta che mostra parte del passato oscuro di Henry. Vecna tenta di recuperare il corpo fisico di Max, inviando Demogorgoni in ospedale Lucas corre a salvarla, mentre Will percepisce tutto attraverso la mente alveare. Max viene salvata all’ultimo momento da Lucas e si risveglia, Holly riesce quasi a tornare a Hawkins, ma Vecna la riporta a Camazotz- Will fa coming out con il gruppo: liberandosi della vergogna, annulla il controllo emotivo di Vecna su di lui La scena finale mostra:i tre gruppi che si riuniscono finalmente, Murray che guida il Party attraverso la frattura, l’ingresso nel Sottosopra, da cui partirà l’episodio finale. Holly resta l’unica prigioniera.

Credits e dove vederlo

Regista: Matt e Ross Duffer

Sceneggiatura: Matt e Ross Duffer

Produttore: Stephanie Slack Margret H. Huddleston

Cast: Winona Ryder (Joyce Byers) David Harbour (Jim Hopper), Finn Wolfhard( Mike Wheeler), Gaten Matarazzo (Dustin Henderson) Caleb McLaughlin (Lucas Sinclair) Noah Schnapp (Will Byers) Millie Bobby Brown (Undici / Jane Ives)

Dove vederlo: Netflix

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