\"L'arte della gioia\" - un inedito raccontare l'emancipazione femminile

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Articolo a cura di...


~ CLAUDIA LAZZARI

Agli inizi del '900, Modesta è una bambina ribelle che cresce nelle campagne siciliane, sperimentando la ruralità - ambientale e umana - e cercando di mangiare quanta più vita le passa davanti. 

Sua madre detesta il suo carattere forte e indomabile e la eclissa di continuo, se non per impartirle furiose punizioni. Totalizza il suo affetto sulla figlia maggiore, una bambina con la sindrome di down, che donerà a Modesta la capacità di normalizzare una diversità troppo oscura per l'epoca. Suo padre è assente, compare di tanto in tanto per i propri interessi. In una delle sue apparizioni abuserà di Modesta, squarciando per sempre l'affetto di cui la bambina necessita. 

Fuoco, che scoppia e travolge. Questa è la risposta di Modesta, da apprendere letteralmente, alla sua infanzia. Scappa via rimanendo orfana dell'intera famiglia, in seguito ad un accidentale incidente e viene accolta in un convento per aristocratiche siciliane. Qui cresce sotto l'ala protettiva della madre superiora Eleonora e se ne innamora, di un amore puro perché opacizzato dal suo bisogno mai saziato d'affetto. Questo amore avrà un epilogo tragico, così come gli amori che intreccerà a casa Brandiforti, dimora dove madre Eleonora - prima di morire - deciderà di inviarla in seguito agli eventi scabrosi di cui Modesta si macchierà durante la permanenza in convento. 

Casa Brandiforti si scoprirà essere la casa di Eleonora, popolata da sua madre - la Principessa Brandiforti, e i sue due fratelli, Beatrice e Ippolito, entrambi detentori di identità misteriose e rivelate in un secondo momento. 

In casa Brandiforti, Modesta abbandonerà l'idea dei voti che sta per prendere e si innamorerà, ancora e ancora. Si macchierà di atti impuri, ben più che sessuali, e lo farà per un unico motivo: ottenere la gioia. Una gioia che non si identifica nella "semplice" emancipazione, ma nel fare ciò che vuole e nell'ottenere amore in una forma che non le è chiara fin da subito. 

In una storia di personaggi e sentimenti caotici e complessi, venature distese in infiniti capillari - a seconda di come scorre il sangue - Modesta ruba, ruba di continuo. Amore, posto, ruoli, vita. Senza vergogna, senza peccato, senza le catene che le hanno imposto fin dal giorno in cui è nata. Senza sgrassare quelle macchie con cui di continuo si sporcava, in terra da bambina e in promiscuità da novizia. Sperimenta il maschio, come il maschio sperimenta la donna. Sperimenta la donna e mai come lo farebbe il maschio, ma anche come il maschio lo fa, perché gli interessi non hanno etichette. Dalla sua prigionia, libera molte delle anime alle quali si affeziona e punisce quelle che cercano di murare, ancora di più, la sua.

Riesce sempre a sfondare quella cella e, anche quando incontrerà qualcuno più furbo di lei, riuscirà a spuntarla. 

Perché la sua gioia innocente è più forte di tutto, persino della sua emancipazione. 

Tra venti, trent'anni, non accusate l'uomo quando vi troverete a piangere nei pochi metri di una stanzetta con le mani mangiate dalla varechina. Non è l'uomo che vi ha tradite, ma queste donne ex schiave che hanno volutamente dimenticato la loro schiavitù e, rinnegandovi, si affiancano agli uomini nei vari poteri. 

L'arte della gioia - Goliarda Sapienza.   

L'arte della gioia è una miniserie di sei puntate, tratta dal romanzo di Goliarda Sapienza e diretta da Valeria Golino e Nicolangelo Gelormini. Debutta a febbraio del 2025 su Sky ed ha già guadagnato 14 candidature ai David di Donatello.

In una presentazione al Salone del Libro della serie, Valeria Golino racconta di aver conosciuto personalmente Goliarda Sapienza all'età di diciotto anni. La scrittrice fu, per un breve periodo, la sua coach di recitazione e Valeria soffriva abbastanza le sue lezioni. Col tempo, le due stringeranno un rapporto importante, quasi materno, tanto che la Sapienza arriverà a definire la Golino "la sua Modesta". E dovete vedere la serie per capire la potenza di questa definizione. Solo una ventina d'anni dopo, la Golino apprenderà che "Modesta" è un suo personaggio e che, negli anni in cui la Sapienza le impartiva lezioni, il romanzo veniva scritto. 

Il romanzo è stato ultimato nel '76, ma pubblicato solo ne '94 (la prima parte). Nel 1998, postuma, fu pubblicata l'intera opera. 

La motivazione è molto semplice: fu relegato ai margini, fin da prima che nascessa. La storia è sublimemente audace per l'epoca, dato che ad oggi sembra una delle più inedite fiabe di emancipazione. "Immorale". "Troppo sperimentale". Dissero. E sono sicura che sono commenti anche attuali questi, ma oggi si fatica ad esprimerli per paura di essere giudicati. Il punto è che questo racconto è inedito finanche per l'attuale livello di sensibilizzazione femminista. L'emancipazione è solo il punto di partenza della storia, la chiave di volta per sperimentare, sino al limite, le fratture dell'animo e le aperture delle emozioni. 

La scrittura di Goliarda somiglia al personaggio. E' una scrittura molto interessante la sua. Anche barocca, molto disordinata. Cioè è veramente come un cavallo pazzo. Ho cercato di capire "come faccio a trasformare tutto questo in un film"? Ho capito che non era possibile. Ho pensato, è troppo orizzontale, non verticale, quindi ne devo fare una serie.

E infatti, rileggendo e rivedendo la storia, si ha l'impressione di non poter mai cogliere un'unica verità, ma che ad ogni rilettura e nuova visione si colga qualcosa di nuovo, una motivazione diversa, un'intenzione opposta. Ed è questo il senso della ricerca odierna sull'esistenza femminile o esistenziale tutta, è questo il senso per il quale anche grandi artiste si sono spesso sottratte a qualsiasi movimento femminista esistente in natura. Ci vuole molto, troppo, per rompere uno schema; ma basta un attimo per finirne in uno nuovo e sentirsi, comunque, imprigionati. E volere di più, sempre di più. Avvicinandosi sempre di più all'istinto, alla primordialità dell'esistenza. 

Regia, fotografia, montaggio, scenografie e costumi da sogno, produzione, cullati dalle sinfonie evocative e fiabesche di Tóti Guðnason e spossati dal ritmo incessante di "Parola" di Donato Dozzy nei titoli di coda, hanno superato una prova difficilissima.

E il cast, solidamente diretto da Valeria Golino, è il lucchetto d'oro di congiunzione. Tecla Insolia (Modesta), magnetica e potentissima, Valeria Bruni Tedeschi (la principessa Brandiforte), monumentale, Jasmine Trinca (madre Eleonora) nel punto perfetto dell'ambiguità, Alma Noce (Beatrice), gestisce audacemente sottomissione ed emancipazione. Come in un'ottima storia di donne che si rispetti, la cornice maschile è dotata di altrettanta forza: Giovanni Calcagno, Lollo Franco, Guido Caprino, Giovanni Bagnasco e tutto il resto del cast. Nessun anello debole, per incoronare una serie super ambiziosa, scabrosa e irriverente.

A Modesta viene da ridere, quando la sgridano troppo forte. Anche se poi le viene da piangere. Dall'orrore, la gioia ad ogni costo. Anche se macchiata. Pura non esiste. Né per lei, né per noi. 

Prima ti avevo tutta per me e non ti capivo, poi lontano ho capito chi eri e ho avuto paura di perderti: come un rimorso per non averti capito prima, come se la sorte mi volesse punire per la mia distrazione. Solo di questo avevo paura e non di uccidere o essere ucciso. Mi fai poggiare la testa sulle tue gambe, solo toccandoti sono sicuro di averti ritrovata. 

L'arte della gioia - Goliarda Sapienza.  

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