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Articolo a cura di...
~ MASSIMILIANO AITA
Il mio timore, entrando al cinema per vedere Conclave, era di perdere tempo.
Che necessità abbiamo dell’ennesimo film che racconti gli intrighi del Vaticano durante il Conclave?
Li hanno svelati già tutti.
Sappiamo delle lotte intestine tra i vari cardinali per sostenere l’uno o l’altro candidato.
Conosciamo perfettamente il rituale (perché messo su carta dagli ultimi Papi).
E dunque, mi chiedevo, su quale leva emozionale potrà puntare questo film?
Uscito dal cinema, ho dovuto – purtroppo – confermare a me stesso di averci visto giusto.
Conclave è un film inutile.
Si badi bene: non brutto.
Inutile.
Inutile perché dal punto di vista della trama, si limita a mescolare insieme materiale già noto, trito e ritrito, evocando dimissioni chieste dal Pontefice ad un cardinale, fenomeni di corruzione all’interno della Chiesa, relazioni proibite tra cardinali e giovani donne.
Tutto ampiamente superato dalla realtà.
Dal punto di vista narrativo, dunque, vedere Conclave produce lo stesso effetto di ingollare una pastiglia di Valium prima di mettersi davanti al televisore: sonnolenza acuta.
Davvero mi domando: come è possibile che esistano case di produzione che finanziano e supportano simili banalità.
Che delusione, che tristezza.
Tristezza e disappunto che, purtroppo, coinvolgono anche le interpretazioni degli attori.
Ralph Fiennes, di solito eccellente nel suo recitare minimale, qui è privo di smalto.
Un cardinale ipocrita e moralista che non si fa però scrupolo di violare tutte le regole per eliminare silenziosamente i potenziali concorrenti al soglio pontificio.
I momenti di riflessione di Fiennes vengono affidati a banalissimi capi chini e socchiudimenti di occhi.
Vogliamo poi parlare di Sergio Castellitto?
No, vero?
Perché se ne dovessi parlare, dovrei porre a tutti voi l’ennesimo quesito: perché alcuni attori sono considerati bravi?
Castellitto si conferma un classico attore italiano: sopra le righe, enfatico, che privilegia toni stentorei e movimenti delle mani del tutto privi di senso per affermare un’autorevolezza che chiaramente non ha interiorizzato.
Il suo personaggio (un cardinale retrivo e conservatore) sarebbe stato assai meglio rappresentato attraverso gesti misurati, tono ieratico o altrimenti sussurrato.
Mi rendo, tuttavia, conto che sarebbe stato pretendere troppo.
Vengo ora a scrivere ciò che non avrei mai voluto scrivere.
Perché Isabella Rossellini è candidata all’Oscar?
In Conclave il suo personaggio è totalmente inutile.
Totalmente avulso dalla narrazione principale.
Totalmente privo di senso nel suo agire.
Per tacere della recitazione.
Un paio di sguardi affranti; altrettanti sguardi irati e poi un monologo della durata di forse due minuti in cui assume una posizione che qualunque sceneggiatore anche di basso livello riterrebbe inverosimile.
Come si può, infatti, anche solo pensare che una donna prenda la parola durante il Conclave e soprattutto sia creduta dai cardinali?
Non si può.
Ed infatti, la Rossellini non è credibile.
Ciò che tuttavia mi ha lasciato maggiormente deluso nel film che sto analizzando è il colpo di scena finale.
Un chiaro omaggio alle teorie LGBTQ.
Il che andrebbe bene, per carità, se fosse in qualche modo preannunciato durante il film.
Invece no.
Viene catapultato dall’altro nella scena finale – senza alcun background narrativo che lo spieghi o lo evochi.
Pessimo.
In tutto questo desolante panorama, due cose sole si salvano: Stanley Tucci
e la fotografia.
Tucci si conferma grandissimo attore.
La sua riluttanza iniziale a divenire candidato dei liberal – superata solo grazie alla riflessione sulla necessità di sbarrare la strada al cardinal Tedesco (Sergio Castellitto); la progressiva consapevolezza che la propria candidatura è destinata all’insuccesso; lo sfogo amaro contro Fiennes; la successiva introspezione ed emenda vengono rese con sguardi
intensi ed accorati e con una recitazione così adorabilmente minimal da indurti quasi all’applauso a scena aperta.
La fotografia di Conclave è semplicemente stupenda.
Pulita, senza una sbavatura, capace di raccontare gli anfratti pubblici e privati del Vaticano senza mai indulgere in rappresentazioni troppo barocche.
Bastano questi due plus a salvare il film?
Non lo so. Forse sì.
Personalmente, suggerisco che se dovete scegliere un film sul Vaticano, riguardate il Codice da Vinci o Inferno.
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