Un'Analisi Incantata dell'Interpretazione di Vinicio Marchioni in \"C'è ancora domani\"

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~HERMIONE

SBAGLI PRONUNCIA: E' LEVIOSA, NON LEVIOSA'A

Cari aspiranti maghi della recitazione, oggi vi porto nel mio atelier per condividere una riflessione che va oltre la semplice magia del cinema. Parleremo di 'C'è ancora domani' e di come l'interpretazione di Vinicio Marchioni, nei panni di Nino, possa essere una fonte di ispirazione e apprendimento per ognuno di voi.

ANALISI DELL'INTERPRETAZIONE


Durante la visione di 'C'è ancora domani', ho sperimentato un momento di pura magia cinematografica. A circa dieci minuti dall’inizio della proiezione ho avuto un sussulto che quasi mi ha catapulta sulla fila dietro. I miei occhi hanno visto per un momento con chiarezza una figura, e per qualche minuto ho continuato ad avere la stessa sensazione: ho visto mio nonno, magari più alto, e con più ricci. Ma era mio nonno. Vinicio Marchioni, vestendo i panni di Nino, ha evocato in me ricordi e sensazioni così profonde, proprio come quando incrociamo un patronus familiare, ho percepito una connessione immediata e intensa con il personaggio.


L’attore (romano come gran parte del cast, per evidenti necessità) è stato una delle innumerevoli sorprese che “C’è ancora domani” ha saputo restituirmi, e delle quali vi parlerò con piacere senza fare spoiler. La recitazione di Marchioni è stata come un incantesimo ben riuscito: ha trasformato un semplice personaggio in un simbolo potente di identità e memoria. Nino diventa un vero spirito guida per lo spettatore, un faro di emozioni e sensazioni che ci accompagna attraverso la narrazione.


Il film è ricco di personaggi e situazioni interessanti e che meriterebbero approfondimenti, e tutto ciò che ruota intorno a Nino riassume diverse di queste dinamiche. I personaggi di questo film sono uomini e donne semplici, che appartengono a un momento storico che davvero, a noi che andiamo oggi in sala, appare in “bianco e nero”. Modi di fare semplici e diversi da noi di intendere le cose più importanti nella via quotidiana, modi di dire e di approcciare ai quali forse non facciamo più caso. C'è una scena in particolare che mi ha restituito questa sensazione: la scena in cui Nino e Delia si scambiano un piccolo dono (non dirò quale perché ci tengo a mantenere la mia promessa di non fare spoiler), è come un sortilegio di pura connessione umana.


Marchioni e la Cortellesi, con un realismo disarmante, ci mostrano come anche i gesti più piccoli possano essere carichi di significato. In questo momento, la camera danza intorno a loro in un balletto visivo che cattura l'essenza della loro relazione. Questa scena, cari attori, è una lezione di come la recitazione possa trasformare un momento ordinario in qualcosa di straordinario.

NON SONO IL TUO GUFO...

Nino rimane impresso fin da subito nella mente dello spettatore: quando appare ne siamo soddisfatti e appagati, quando non appare aleggia come una nube sulla storia, una sorta di spirito guida che ci accompagna durante la narrazione e le problematiche che Delia affronta. Problematiche di una donna nel dopoguerra.

Senza girarci troppo intorno, si sa che la tematica della violenza sulle donne è centrale in questo film. In questo articolo sorvolerò sull’importanza capitale di questo tema e dello splendore con il quale viene affrontato in determinate scene, e non ne parlerò a fondo solo perché la mia promessa di evitare spoiler rimane. Agli spettatori timorosi dall’idea di vedere una violenza cruenta su schermo, però, dico di stare relativamente sereni, credo sia possibile la visione per tutti. Quello di cui voglio parlare ora è l’idea dell’uomo che ci presenta questo film.


Negli anni ’40, anni nei quali è ambientato il film, l’idea che un uomo picchiasse la moglie in casa era una realtà consolidata. Così come questo è stato inevitabile da vivere, è altrettanto inevitabile da rappresentare in un film che affronta questa tematica e il rapporto uomo/donna di allora: disparità di genere e trattamenti, la donna doveva stare zitta o parlare quando le viene chiesto, mancanza di diritti, ed episodi di violenza più o meno diffusi.


Tutto questo in maniera più o meno ampia popolava le strade romane in quegli anni. La Cortellesi, però, è riuscita a mio parere in un piccolo miracolo: un’opera dove ci sono uomini violenti, tanti uomini violenti, verbalmente o fisicamente; ma anche un’opera dove uno spettatore "maschio", uomo o un ragazzo che sia, non si vede come una figura trasfigurata, come se fosse il mostro della situazione. Sia perché, per l’appunto, la ricostruzione storica è inevitabilmente questa, e chiudere gli occhi è inutile ; sia perché, all’interno del racconto ci sono figure maschili diametralmente opposte, che tutto sembrano meno che manesche. Su tutte posso parlare di William (Yonv Joseph), un soldato con i quali Delia stringe un rapporto simpatico di amicizia; e soprattutto Nino.


Un uomo che rappresenta il sogno mai realizzato di un amore ideale mai sbocciato, non bene identificato in quel limbo di sintonia e passione che accompagna le giornate di tutti noi. Quel: vorrei ma non posso; vorrei ma non ho potuto. Quel: chissà cosa sarebbe successo se... Nino è esattamente questo: di lui sappiamo ancora meno rispetto ad altri personaggi. Ecco, in un mondo così, popolato da un maschio dominatore “con la forza”, vedere presenze del genere dà un forte stimolo anche ad un uomo che si approccia ad un’opera, e che non si vede per forza come il cattivo della situazione: nel mondo di questo film ci sono i violenti, ma anche i puri.


Un’ultima cosa che mi ha appassionato è il legame spaziale che ha ogni personaggio con il proprio ambiente: immaginate ogni angolo di questo mondo come un quadrante, o meglio, un quadro vivente: all’interno di questo tableau vivant i personaggi si muovono in maniera sistematica. Mai ripetitiva, perché di volta in volta emerge un diverso aspetto degli esseri umani che popolano i propri ambienti. Sapete da che parte si può andare, ma non saprete cosa accadrà. Alcuni ambienti diventano delle confort zone, altre zone potenzialmente pericolose per Delia; e con lei saremo sempre spinti a guardare Nino e la sua officina (Nino Officino, direbbe qualcuno con poco senso dell’humor, forsr Ronald). Merito anche di un’interpretazione che mi ha colpito molto, per la sua incisività nella storia e in un animo che sfioriamo e che ci accompagna sempre.

UCCIDERE. O PEGGIO, ESPELLERE!

L'interpretazione di Vinicio Marchioni in 'C'è ancora domani' è un vero incantesimo di recitazione. Attraverso la sua performance, ci mostra come la complessità, la sensibilità e l'uso dello spazio siano fondamentali per dare vita a un personaggio credibile e toccante. Ricordate che la magia della recitazione si trova nella capacità di trasformare il comune in straordinario e di toccare il cuore dello spettatore. Siate coraggiosi, siate veri, e lasciate che la vostra arte parli al mondo. Spero di avervi messo la giusta curiosità. Per chi lo avesse visto, spero condividiate con me alcuni di questi punti di vista; per chi volesse vedere ancora Nino e il suo rapporto con Delia spero che corriate al cinema, perché… c’è ancora domani.

HERMIONE

Un'icona di saggezza e astuzia nel mondo di Harry Potter, si è reinventata come una voce autorevole nel blogging per il sito di Recitazione Cinematografica. Con la sua rubrica, "L'Atelier di Hermione", offre un laboratorio unico dove aspiranti attori e attrici possono imparare e crescere. La sua esperienza magica si fonde con tecniche d'avanguardia per formare talenti brillanti nel campo cinematografico. Attraverso i suoi articoli, Hermione guida i lettori in un viaggio incantato, trasformando le loro ambizioni in realtà tangibili. Con passione e un pizzico di magia, rende l'arte della recitazione accessibile e affascinante per tutti.

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