Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!
Articolo a cura di...
~ MASSIMILIANO AITA
Negli ultimi mesi, ogni volta che parlo con qualcuno del mio progetto di lungometraggio “Antigone 2024” le conversazioni seguono più o meno questo copione: “Bello però è troppo lungo. Perché non lo accorci”.
“Non posso. E’ epico”.
“Beh fai una serie di otto nove episodi tipo House of Cards inglese”
“Ti ho detto che è un film epico”.
“Vabbè ma che significa film epico?”.
E qui mi trovo in difficoltà perché io lo so che Antigone, per sua natura, è un film epico ma spiegare cosa vuol dire “film epico” mi riesce difficile.
Ecco, vedete.
Ho sbagliato tempo.
Mi riusciva difficile.
Perché dopo aver visto “Io sono ancora qui”, ho compreso appieno cosa sia
un film epico.
“Io sono ancora qui” racconta una vicenda apparentemente molto specifica: il rapimento di un deputato laburista da parte del regime dittatoriale brasiliano a fine anni ’70 e la lotta di sua moglie Eunice per ottenere dapprima la sua liberazione e successivamente il riconoscimento, da parte dello Stato, che il marito fosse stato assassinato.
Ma il senso del film non è per nulla questo.
La narrazione cresce di livello immediatamente dopo la scomparsa del deputato.
Da vicenda specifica diviene universale in coincidenza del racconto di come una grandissima, immensa, incommensurabile Fernanda Torres riesce a tenere unita la propria famiglia.
C’è una frase in questo film che parla a tutti noi; a tutti noi che abbiamo sofferto una perdita prematura.
Una delle figlie di Eunice chiede al fratello: “Quando lo hai seppellito?” ossia “Quando ti sei reso conto che era morto”.
Ecco, se facessero a me questa domanda direi che mio padre – morto nel 1996, di notte, mentre io mi trovavo a Bologna – non l’ho mai seppellito.
Non ho mai accettato la sua dipartita e tutt’ora faccio i conti con questo.
E tuttavia ciascuno, tra voi, avrà una risposta diversa.
Mi potrebbe dire che l’ha accettata immediatamente o dopo pochi mesi.
Non ha importanza.
Quello che importa è che “Io sono ancora qui” pone una domanda “epica” ossia una domanda con la quale, a prescindere dall’origine, dall’appartenenza, dal credo politico o religioso, tutti gli esseri umani si devono confrontare.
Prima o poi.
E altrettanto “epica” è la narrazione dei tentativi di Eunice di preservare i figli dalla consapevolezza della morte del padre
Chiunque abbia perso un genitore in giovane età o l’abbia visto ammalarsi
improvvisamente, sa di cosa parlo.
Sa della cautela con la quale l’altro genitore affrontava il tema ogni volta che noi, figli, ponevamo delle domande; ricorda la ritrosia nel rispondere, i silenzi.
Ricordo, ad esempio, come mia madre abbia cercato per anni di minimizzare la portata della malattia (sclerosi multipla) di cui soffriva mio padre.
Perché l’idea era che i figli vanno protetti; i figli devono vivere le proprie sofferenze a tempo debito.
Questo significa essere genitori.
A qualunque latitudine, in qualunque epoca storica.
E questa, signori e signore, è l’epica.
La capacità di rendere attraverso la narrazione e le immagini un tema
“specifico” “universale”.
Un film epico è un film che parla al cuore di tutti; un film che ti emoziona sin dentro le viscere; un film che quando ti alzi dalla poltrona, sei talmente devastato che hai bisogno di ore per riprenderti.
La narrazione epica è la narrazione poetica per eccellenza.
E “Io sono qui” appunto è un film epico.
Al raggiungimento di questo risultato contribuisce quasi totalmente un’attrice che definire immensa è riduttivo: Fernanda Torres.
Chi mi legge sa che difficilmente soffermo la mia attenzione sugli aspetti tecnici di un film ed in particolare sulla recitazione.
Ma qui, miei cari venticinque lettori (citazione, by the way), devo.
Devo spiegare perché si può scrivere una sceneggiatura in cui le regole della
sceneggiatura vengono in buona parte ignorate.
Certo Eunice compie un viaggio ma non è un viaggio dell’eroe. Non ci sono antagonisti chiari.
L’antagonista è lo Stato, la società.
E l’approdo non è una Eunice diversa ma la stessa donna dell’inizio con la propria famiglia unita e felice.
Tutto questo, come detto, viene reso possibile dalla straordinaria interpretazione di Fernanda Torres.
Per come la vedo io la sua recitazione andrebbe portata ad esempio in ciascuna delle scuole di recitazione che affollano il panorama italiano.
Minimale, mai un gesto, una micro-espressione fuori luogo.
Una capacità immensa di esprimere il dolore, profondo, che travolge la sua esistenza senza abbandonarsi al pianto (questa è per Alessandra Berton).
Il film dura due ore e sedici minuti.
In queste due ore, Fernanda Torres è quasi sempre in scena.
In queste due ore, Fernanda Torres ci spiega come si possono trasmettere emozioni devastanti senza sorrisetti, ammiccamenti, movimenti di mani a caso.
Terminata la visione del film sono uscito dal cinema con una lacrimuccia che scendeva dalle gote rosse (citazione, citazione).
E con un duplice ordine di consapevolezze.
La prima è che il cinema in sala non morirà mai.
La visione su una piattaforma rappresenta un legittimo esercizio di onanismo; la visione in sala è un rapporto completo con il tuo vicino o la tua vicina e con lo schermo.
La seconda è che si, cavolo, la mia Antigone è un racconto epico.
E io lo realizzerò.
Dovessi investirci duecento milioni di dollari.
Per dire eh.
Le Migliori Classifiche
di Recitazione Cinematografica
Entra nella nostra Community Famiglia!
Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno
Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.
Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.