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Recensione a cura di...
~ SIMONE FERDINANDI
Un’ombra oscura si protrae su di una cittadina tedesca della metà dell’Ottocento. È una mano che di umano ha poco, raggrinzita, con delle unghie che ricordano gli artigli. È un incubo, ma che è troppo reale per essere tale. Questo è il Nosferatu di Robert Eggers, un film fatto di suggestioni, notti oniriche, di mistero e, soprattutto, di sangue. Dopo il mezzo passo falso di The Northman, una rivisitazione in salsa vichinga dell’Amleto, il regista americano torna alle origini con un horror di matrice gotica rivisitato in chiave moderna. E con quale archetipo tornare se non con il padre di tutti gli horror?
È un film che gioca sapientemente col rapporto tra modernità e tradizione, con scelte che richiamano il pionieristico lavoro di Murnau ma rilette in chiave moderna. La camera spesso pare fluttuare, compie movimenti ai limiti dell’impossibile, attraversa pareti, entra nel terreno, diventa una sorta di occhio onnisciente, uno spirito che si muove attorno ai personaggi, come la maledizione che pende sulla protagonista interpretata magistralmente da Lily-Rose Depp. La fotografia del talentuosissimo Jarin Blaschke, collaboratore storico di Eggers, è minimalista ed oscilla tra l’onirico e l’iperrealismo, con un uso sapiente delle practical light (le luci presenti in scena). Le scene notturne, quando siamo alla presenza del Conte Orlok, hanno un pallido bagliore lunare che va svuotare il mondo dai colori e dalla vita.
Il mondo di Nosferatu viene costruito lentamente tramite pennellate brevi e decise, come se fossimo al cospetto di uno dei pittori romantici che Eggers ama citare. Questo mondo antico della Romania, fatto tradizioni millenarie, rituali antichissimi e misteriosi, genera al contempo fascino ed inquietudine. Ogni dettaglio è stato scelto con un’attenzione quasi maniacale, dai costumi, alle pratiche mediche dell’epoca fino al linguaggio che parla il Conte Orlok, che è basato su di un antico dialetto di quelle zone.
Tristemente, se questo world building minuzioso è un enorme pregio, diventa anche il problema principale del film. Infatti, le scene che ci dipingono l’ambientazione, sono relegate quasi unicamente al primo terzo del film, creando enormi problemi in termini di ritmo. La trama fatica a decollare, ma quando lo fa ed inizia la mattanza del Conte, il film diventa davvero godibile. Probabilmente, fosse stato più asciutto, ne avrebbe giovato.
In generale, Robert Eggers si riconferma uno dei registi più interessanti in circolazione, ma che delle volte manca del centesimo per arrivare all’euro. Probabilmente non ripeterà l’apice del suo brillante debutto The Witch, ma rimane comunque tra le menti horror più uniche, sempre in grado di distinguersi dal mucchio e di offrire una prospettiva differente. Una sorta di Edgar Allan Poe del cinema.
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