Le assaggiatrici - Analisi

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Articolo a cura di...


~ CLAUDIA LAZZARI

Tratta dal romanzo di Rossella Postorino, Le assaggiatrici è un’opera che riesce ad offrirci un inedito punto di vista sulla condizione femminile e sulla seconda guerra mondiale.


Il regista Silvio Soldini conferma l’interesse nell’indagare le personalità femminili e la loro contestualizzazione storica, dimostrando come il filtro di figure marginalizzate possa offrirci una nuova visione su una parte di storia abbondantemente dibattuta. Differentemente da quanto molti asseriscono, ci sono ancora parecchie cose da dire sulle donne e sulla storia: basta saper cogliere la conoscenza e scindere il bombardamento di informazioni dalla verità profonda del reale.


Le assaggiatrici è basato sulle vicende di donne esistite per davvero. In particolare, tratta una fase della giovinezza di Margot Wölk, una segretaria tedesca che nel 1942 è costretta, insieme ad altre sei donne, ad assaggiare il cibo al posto di Hitler, prima che gli venga somministrato. L’obiettivo è evitare che il Führer sia avvelenato, nella fase in cui risiede nella cosiddetta “Tana del Lupo”, nella Prussia orientale. La storia della loro esistenza è stata scoperta solo nel 2012 quando la Wölk, ormai novantenne, decide di confessare questo inedito spaccato della guerra. Me la immagino libera da un’infame e inammissibile vergogna solo in fine vita e mi si spezza il cuore.


Il film è sensibilmente crudo e invita alla riflessione con la delicatezza: forse questo colpisce ancor di più nell’impatto col dolore che narra. Nulla è ciò che sembra quando si mandano le persone a morire, come in guerra. Questo ci dice il film, nel rappresentare donne usate come cavie per testare il cibo e rese partecipi della loro mansione solo dopo il primo e invitante pasto, propinato in un momento in cui letteralmente si sviene dalla fame.

Il film struttura e destruttura equilibri, che nascono anche nei momenti di maggior tensione, quando ti abitui alla follia e magari solo anni dopo ti ritrovi a chiederti: ma come diavolo ho fatto ad uscirne? Che potenza la sopravvivenza, che non esiste solo in trincea. Ogni assaggiatrice ha una storia che si intreccia con quella delle altre e tutte le loro esistenze sono costellate da mariti morti o dispersi, gravidanze inattese, marchi di prostituzione gratuiti, stupri, scelte e pentimenti dettati dal dolore e dalla solitudine, dai maltrattamenti e dalle violenze.


Spicca, in particolare, il legame tra Rosa Sauer (Elisa Schlott) e Elfriede (Alma Hasun), rispettivamente una donna “arruolata” al tavolo del Reich, col marito disperso in guerra, e una donna con un’identità nascosta, ebrea, infermiera e obiettrice di coscienza riguardo l’aborto. Rosa intreccerà una relazione amorosa col colonnello Ziegler (Max Riemelt), mesi dopo la notizia della dispersione del marito in territorio russo; Elfriede si occuperà dell’aborto di una delle assaggiatrici, rimasta incinta di un ragazzo che ha frequentato durante la paura, la solitudine e la fame - così come Rosa - e terrorizzata dall’eventuale rientro del marito soldato.


Ziegler, ineccepibile uomo nazista, racconterà a Rose l’orrore del trovarsi dalla parte del carnefice: sì, anche quella parte lì è dolorosa; sì, anche in quella parte lì si muore se non si è in grado di uccidere o ci si uccide se non si tollera l’insensatezza della morte in guerra. Esemplare è la risposta che darà a Rosa quando la donna, dopo averlo lasciato per via di quanto le abbia confessato, si recherà da lui per riuscire a scappare a Berlino, rifiutando comunque il suo amore: “sei tedesca anche tu”. Tutti siamo travolti dalla guerra, tutti pagheremo, tutti sconteremo, tutti perderemo.


Nella storia c’è la verità storica, non la verità del punto di vista. E “Le assaggiatrici” ci mostra come bisogna osservare la storia e cosa serve per imparare dal suo decorso. Un omaggio alle donne e alla vera realtà storica, quella ancora scomoda da digerire, come non arrivava da film come “The reader”.


Oggi, 2025, in storia continuiamo a sbagliare. Ma in cinema abbiamo già iniziato a battere i territori giusti per la conoscenza pura.

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