Better Man: Il Capolavoro filmico che Svela l’Anima Dietro il Mito

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Articolo a cura di...


~ ALFONSO BERGAMO

Mi trovavo in una stanza buia, seduto davanti al mio schermo. Il cursore lampeggiava. Una pagina bianca che attendeva di essere riempita. Eppure, per quanto mi sforzassi, le parole non venivano. Non era blocco dello scrittore, era qualcosa di diverso.

Era come se mi mancasse la voce.


Mi sentivo inadatto, e lo ammetto: avevo paura.

Paura di non essere all’altezza di raccontare ciò che volevo dire.

Questo blog, la community di Recitazione Cinematografica, il mio progetto, la mia passione. Ma non avevo mai scritto nulla di mio qui.

E allora mi sono chiesto: da dove iniziare?


Mi è tornata in mente una scena. Un ricordo che porto dentro come un tatuaggio.


Avevo 11 anni, e come molti adolescenti ero un’anima in tumulto. Vivevo di emozioni forti, di contraddizioni. Quel giorno, nello stereo della mia stanza, suonava Robbie Williams. Fu la prima volta che sentii qualcosa che non riuscivo a spiegare: un misto di dolore, bellezza e forza. Era come se quella voce stesse cantando direttamente per me, raccontando qualcosa che non avevo il coraggio di dire neanche a me stesso.


Da quel momento, Robbie divenne un compagno di viaggio. Non un idolo, ma un’ombra familiare. Ogni sua canzone sembrava un capitolo di un diario che conoscevo, ma che non avevo mai scritto. E quando iniziai a scoprire di più sulla sua vita, sulle sue lotte con la fama, l’abuso e la solitudine, capii che dietro quel sorriso da showman si celava una ferita profonda.


Monologo "Better Man"


"Mi sento un po' stupido in effetti, sono solo uno che ha avuto tutto quello che voleva. E' molto imbarazzante a dire il vero, mi hanno insegnato che il successo risolve ogni cosa, ma la fama non ha nulla a che fare con me. Più che altro realizzi le fantasie di tutti gli altri. Il sesso, l'alcool e fai il coglione in tv... e la gente ti acclama per questo. Il successo è bello solo in foto. Dicono che la vita si congeli all'età in cui diventi famoso. Perciò io ho 15 anni. Sono bloccato. Non mi sono evoluto. Per questo mi dico sempre: uh non fa niente, tanto sono un coglione, va bene così. Me lo dico prima che me lo diciate voi. Per questo mi odio tantissimo."


Queste le parole di Robert "Robbie" Williams, tratte da uno dei monologhi di Better Man.

E' il racconto di chiunque abbia mai indossato una maschera per compiacere il mondo, per soddisfare le aspettative altrui. La fama, il successo, persino il talento: tutto può diventare una gabbia se non hai un posto sicuro dove tornare. Se non hai la tua verità.


C’è una magia rara in Better Man, un’opera che trascende la narrazione biografica per diventare una riflessione universale sull’identità e la lotta interiore. Michael Gracey, già noto per il suo tocco visionario in The Greatest Showman, qui si spinge oltre i confini del genere musicale per plasmare un’esperienza emotiva e visiva che fonde la fragilità umana con la grandezza del mito. La scelta di rappresentare Robbie Williams attraverso una scimmia, figura grottesca e commovente, è al contempo un atto di coraggio e poesia: l’animale, così vicino eppure lontano dall’essere umano, diventa il perfetto alter ego di un artista che si sente prigioniero del proprio successo, incapace di sfuggire alle aspettative altrui.


L’immagine-tempo cristallizzata – quel momento in cui tutto si ferma e l’emozione diventa protagonista – richiama la lezione del miglior Fellini, dove la malinconia e l’eccesso convivono in un equilibrio delicato. Ogni sequenza è una finestra sull’anima di Robert: il caos dei concerti, l’euforia di una folla adorante, e il silenzio devastante del dietro le quinte. La regia, con la sua qualità sintattica, amplifica questa dualità, permettendo allo spettatore di immergersi in un flusso di emozioni che oscillano tra esuberanza e disperazione.


Il risultato è un'opera che umanizza l'icona. La musica, elemento portante della narrazione, è una confessione, un grido di aiuto mascherato da spettacolo. E, tra note e immagini, si svela una verità profonda: il successo, tanto desiderato, non è che un riflesso, una proiezione, incapace di colmare il vuoto di chi lo vive. In questo viaggio straordinario, Better Man ci ricorda che dietro ogni leggenda si nasconde un cuore fragile, e che l’arte, alla fine, è il più potente antidoto alla nostra finitezza.


Guardando il film Better Man, ho sentito quella stessa connessione che provai a 11 anni. Ma questa volta era diverso. Non era solo Robbie a parlarmi, ero io che parlavo a me stesso attraverso di lui. La scimmia che lo rappresenta nel film è un simbolo potente: l’animale che non si evolve, che resta bloccato in un circolo vizioso. È un'immagine cruda, dolorosa, ma anche terribilmente reale.


Mi sono chiesto quante volte nella mia vita ho lasciato che le aspettative degli altri definissero chi sono. Quante volte ho cercato di essere il regista perfetto, il docente ideale, il fondatore infallibile di RC. Eppure, dietro ogni ruolo, c’è sempre un uomo che combatte con i suoi demoni.


Padroneggia le parole che stanno nella tua mente e padroneggerai la tua esistenza.” Non l’ho mai dimenticato. E allora oggi ho deciso di scrivere queste parole.

Per voi, ma soprattutto per me.


Perché l’arte è questo, no? Non è perfezione. Non è sempre bellezza. L’Arte è avere il coraggio di mostrare le proprie ferite, sapendo che potrebbero non guarire mai. È il potere di trasformare il dolore in connessione, in qualcosa che possa far sentire qualcun altro meno solo.

Quest’anno, il 10 giugno, sarò presente alla futuristica Arena Co-op Live di Manchester per celebrare Robert "Robbie" Williams e, soprattutto, l’atto creativo.

Quel momento ineffabile in cui l’arte supera il tempo, creando un ponte tra passato, presente e futuro.

Il 10 giugno, sarò a Manchester per vedere si Robbie dal vivo... ma non sarò lì solo per lui, ma per quel ragazzino di 11 anni che ascoltava Angels e sognava di diventare qualcosa di più. Sarò lì per ricordarmi che, nonostante tutto, le nostre cicatrici possono essere belle. E che anche se la vita a volte ci congela, possiamo sempre trovare un modo per scioglierci.


Vi invito a fare ciò che sto facendo io ora. Scrivete. Recitate. Create. Non per gli altri, ma per voi stessi. Perché alla fine, è questo il vero atto creativo: liberarsi.


Love,

Alfonso

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