Conferenza stampa \"The Garbage Man\" di Alfonso Bergamo

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Articolo a cura di...


~ LUCA FERDINANDI

Sul palco il Regista di “The Garbage Man”, Alfonso Bergamo, gli attori Tony Sperandeo, Roberta Giarrusso con Giulia di Pasquale, lo sceneggiatore e attore Craig Peritz e il Produttore Giangi Foschini. Modera la Conferenza il critico cinematografico Francesco Lomuscio.


FRANCESCO LOMUSCIO: Alfonso, io aprirei questa conferenza facendoti una domanda io. Hai parlato prima dell’importanza dell’aspetto visivo nel cinema, ci tenevi tanto a dire che questo è un film che punta tanto sull’aspetto visivo più che alla storia. Un aspetto molto importante quel film è anche quello musicale, tant’è vero che la prima frase del film è: “La musica cambia tutto“. Sia in questo film, che nel tuo esordio, “Il ragazzo della Giudecca”, l’aspetto musicale è stato sempre molto curato, ci puoi parlare di questo?


ALFONSO BERGAMO: Audiovisivo. Quindi per me i linguaggio del cinema parla con le immagini, ha una sintassi che riguarda chiaramente le immagini e la musica. Non a caso i miei due fratelli di viaggio, Daniele Poli per la Fotografia, Francesco Marchetti per le musiche lavorano con me da anni, ci conosciamo da tempo e facciamo sempre un lavoro importante, già in pre-produzione. Abbiamo lavorato tanto con le Playlist, con gli attori, abbiamo cercato di creare un universo, l’obiettivo era proprio questo: usare i colori, la fotografia, la luce, e la musica per creare il nostro Universo, quello che avevo in testa da tempo.


Iniziano le domande dal pubblico.


ROBERTA CULOTTA: Buongiorno a tutti, sono Roberta Culotta per Annuario del Cinema Italiano. Volevo sapere perché ha chiamato Rosario uno strozzino, e perché lo fa girare con un rosario in mano?


BERGAMO: Sono simboli. Io sono molto affascinato dai segni nel cinema e chiaramente Rosario, quando parlammo anche con Tony… c’è questo personaggio un pò borderline che nonostante quello che fa, poi va in chiesa a confessarsi e quindi abbiamo giocato un pò con il nome e con questo rosario. Ma ripeto, sono segni e simboli che poi non vorrei nemmeno più di tanto approfondire perché lascio libera interpretazione. Grazie.

ALESSANDRA PAGANELLI: Buongiorno a tutti, io sono Alessandra Paganelli, sono qui come Blogger per RC, Recitazione Cinematografica. Volevo chiedere ad Alfonso… è chiaro, è molto evidente la presenza di tanti simboli, si nota in tutto il corso della pellicola. Uno degli elementi che mi hanno colpito tantissimo, e che poi si ripetono… perché c’è all’inizio, e anche nella coda quest’alternanza di luce e buio che è evidentissima nel corso di tutto il film. Vorrei sentire da te, che ci parlassi di questo aspetto, dell’uso della luce e del buio.


BERGAMO: Chiaramente, come dicevo prima, la fotografia fa parte del linguaggio. Abbiamo cercato di creare un forte contrasto tra chiaramente l’oscurità e la luce. Buona parte del film è girato di notte e racconta una storia; la parte di luce ne racconta un’altra. Così come l’uso del linguaggio dei colori. Ogni colore per me ha un significato, e abbiamo lavorato molto sull’aspetto scenografico con Fabio Tresca, con Sabrina Spissu con i costumi. Non c’è niente al caso. Io dico che non c’è niente a caso e poi è tutto in mano al caso. Cerchiamo di creare la casualità, poi sul set ci affidiamo a quella che è la magia del cinema. Ecco perché lavoro molto con i piani sequenza, perché accadono cose, e ci affidiamo a quello che accade, insomma. Grazie.


ANTONIO VENTURA COBURGO DE GNON: Bene, sono Antonio Ventura Coburgo De Gnon Corpo 10.eu. Due cose: le immagini e la storia.Trovo che le immagini siano ben costruite, ben fatte, accativanti, anche se leggermente a volte lente e un pò noiose. Ma perché a immagini così belle, così ben raffinate, abbiamo avuto poi una storia, mi permetta, mi perdoni, piuttosto banalotta.


BERGAMO: Guardi, da un punto di vista… io dico sempre che a volte ci dimentichiamo che il cinema parla attraverso le immagini. Per me questa è un pò una lotta. A volte andiamo a complicarci con la narrazione,e da un punto di vista poi visivo abbiamo poi una totale decadenza, e questo è poi anche il problema dell’Italia. Il discorso è che… un pò per dinamiche mie, io dico sempre che i miei genitori tra virgolette artistici non sono in Italia, almeno in questo momento, ma riprendo maestri come Antonioni, Kubrick, e ne potrei dire infiniti che chiaramente usavano le immagini in un determinato modo. E’ chiaro che se non abbiamo le chiavi di lettura per poter leggere e captare le immagini, dobbiamo in qualche modo iniziare ad addestrare il pubblico a capire che la storia non è solo quello che capiamo attraverso quello che gli attori dicono, ma anche raccontano le immagini.


CARMELA IENI: Buongiorno, Carmela Ieni Vivi Roma. Io invece ho trovato il film molto crudo e amaro, anche e soprattutto il messaggio. In effetti di queste situazioni in Italia ce ne sono a mai finire. Di gente che subisce, si rivolge alle istituzioni, non viene ascoltato, quando c’è addirittura anche la complicità. Purtroppo però non tutti poi possiamo metterci a sparare, a uccidere. In realtà però sembra sia l’unica soluzione in alcune circostanze, purtroppo. Purtroppo è così, in realtà. O subisci o… non hai alternativa.


CRAIG PERITZ: Io sono americano. Da fuori… (rivolgendosi parzialmente anche alla domanda precedente) è una storia banale. E io dico… “Perché è banale, che le persone subiscono. O subisci o uccidi”. Personalmente sono totalmente contro la violenza. La violenza non è una soluzione. Allora o subisci, in verità, o subisci. Perché la soluzione, se è quello, non è la soluzione. Allora credo che sia meglio subire, che fare “altro”. Ma non è una soluzione.

TONY SPERANDEO: Scusate, c’è un’altra soluzione. C’è un’altra soluzione, Craig. L’altra soluzione sarebbe quella che la società crei meno spazzatura, e creando meno spazzatura si vive meglio. Non sono d’accordo assolutamente che la miglior soluzione qual è, la criminalità? Quindi non porgere l’altra guancia e ammazzare? Diventa un casino. La violenza, che appartiene alla società… tutta questa immondizia l’abbiamo creata noi, che viviamo in questo pianeta, viviamo in questo contesto di società che più avanti si va e peggio è, e non ci sono le soluzioni. Le soluzioni le dobbiamo trovare noi. Dobbiamo votare per le persone giuste, dobbiamo avere più stima del prossimo e tante altre cose. Così si crea meno immondizia e meno morti. Questo volevo dire. Poi, mi permetto, così poi non interrompo più. Io quando lavoro con Alfonso… l’altro giorno ho fatto un’intervista. Per me lui è uno dei giovani, ma è un grande regista. La macchina da presa lui se la mangia. Lo dico sempre. Lui ama molto la macchina da presa. Questo è un film difficile, è stato fatto tutto di sera ragazzi. Tutto di sera. Uno o due giorni di luce. Però lui… ci sono alcune scene che sono lente, però questo fa parte della storia. Io ho lavorato con dei grandi registi. Lui è uno dei grandi registi con cui ho avuto il piacere di lavorare. Passo la parola a Roberta Giarrusso. Che poi ci sono tre Palermitani in questo film: io, Paolo Briguglia e Roberta Giarrusso.


ROBERTA GIARRUSSO: Buongiorno a tutti, io...


TONY SPERANDEO: Fermi, fermi, ho dimenticato… Mi lodo. Sono felice e orgoglioso di aver lavorato con una delle più grandi attrici del cinema italiano. Giulia (GIULIA DI PASQUALE)!


Risate.


ROBERTA GIARRUSSO: Giulia si vergogna, è come la mamma. Anch’io sono timida. Non si direbbe, faccio questo lavoro, ma in realtà sono molto timida. Volevo aggiungere qualcosa sul fatto che questa storia può sembrare banale, e a tratti noiosa.


DE GNON: Ho usato il vocabolo sbagliato. Volevo dire: “Scontata”.


GIARRUSSO: Che è ancora peggio, forse era meglio “banale”. “Scontata” non lo so, perché in realtà questo è un film che racconta dei temi di grande attualità. Oggi se ne sentono quasi all’ordine del giorno di persone che animate da un’emozione di grande rabbia, di rancore, di sfiducia nei confronti della società, delle forze dell’ordine, della legge stessa, che tendono a volersi fare auto giustizia. E’ un tema di grandissima attualità, purtroppo. E sicuramente una persona… istintivamente, se vi dovesse capitare la stessa cosa che è capitata a Man, probabilmente istintivamente pensereste la stessa cosa. “Si, a cosa servono… a cosa servono questi esseri che sono considerati rifiuti umani della società. Meglio eliminarli”. Solo che poi, fortunatamente abbiamo l’uso della razionalità, della ragione, che ci permette di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Sicuramente come agisce il nostro protagonista non è la soluzione giusta. Aggiungere violenza a altra violenza è la cosa più sbagliata che ci possa essere. Però ecco, il cinema ti dà la possibilità di raccontare delle storie, e questa è una storia. Perché esistono, esistono nella nostra società persone come Man. Persone che vengono derise, vengono bullizzate dal contesto sociale in cui vivono. Hanno vissuto dei traumi familiari che hanno provocato in loro, appunto, dei traumi, come nel caso del nostro protagonista, che non riesce a utilizzare altro mezzo che non la violenza, perché è cresciuto nella violenza. perché ha avuto l’esempio di un padre violento, e quindi pensa che questa sia l’unica soluzione. Per cui ecco, riguardo al fatto che questa storia sia scontata io non penso sia scontata, penso che sia una storia di grandissima attualità. A volte può sembrare noiosa


DE GNON: Si, ma questa è una storia che va avanti da tanto tempo. Io l’ho trovata bella, io sono per quello che li fa fuori. Se la pulizia deve essere fatta, la pulizia va fatta, se lei ha una casa estremamente sporca che fa? Chiama l’agenzia che gliela pulisca a fondo. Il concetto più o meno è quello.


GIARRUSSO: Si, ma ci sono tanti film in cui sono state raccontate sempre le stesse storie, ma sono state raccontate in maniera sempre differente. Questo è un film in cui giocano molto le immagini, la musica, la recitazione degli attori, spero insomma che quello anche abbia contribuito a raccontare uno spaccato della società in maniera anche un pò differente. Anche attraverso i silenzi, attraverso le pause. Oggi siamo abituati ad avere solo dialoghi serrati, solo cose in cui bisogna movimentare sempre la scena. In realtà dobbiamo imparare ad osservare, ad ascoltare, anche in silenzio, e a ascoltare anche i silenzi, perché a volte i silenzi raccontano più di milioni di parole di dialoghi, di parole inutili. Per esempio questo è un film che inizia solo con dei silenzi. E quello racconta tutto. Dobbiamo educare, come diceva appunto Alfonso, il pubblico ad ascoltare anche il silenzio, perché anche quello fa parte delle storie.

PERITZ: Poi la parola “Scontato“, “Banale”... “FAMILIARE”? Sai, siamo in una sala di cinema, credo di star parlando a persone che si intendono. Sai, in inglese si dice, se uno vuole fare il film dell’orrore il film si fa facendo il FAMILIARE, storto. Spaventa, no? E questo film ha un tipo di… lo dico da scrittore, ok? Questo film ha un “errore”, crea un doppio apice. Ma non è un errore. Se fosse uno di quei film, Goodfellas, Taxi Driver… sono film che ti danno un apice e una risoluzione, che questo film non dà. Se dici la parola “banale” penso alla banalità del male. Stiamo vivendo questo nel mondo. Sai, io ho 56 anni, stiamo vivendo questo nel mondo, da quando sono nato e anche prima. Stiamo ancora cercando di capire. Credo anche che l’andamento di questo film è… provocatorio. “Lo ha fatto apposta? Forse, so come lavora”. In ogni caso è una discussione che dobbiamo finire per strada.


ALESSANDRO SCARNECCHIA: Alessandro Scarnecchia di Terza Pagina Magazine. Complimenti in primis. Io volevo tornare su di te (Bergamo) e rimarcare l’inizio del film, perché ho percepito, come ho già detto prima in precedenza questa dimensione. Hai citato prima due grandi Maestri, Kubrick e Antonioni… chiedo qual è il tuo percorso, e qual è il valore aggiunto che hai dato sia a Roberta che a Tony?


BERGAMO: Sicuramente il contributo che Roberta e Tony hanno dato al film è che… non è facile oggi fare questo tipo di film in Italia, e per questo ringrazio i produttori, Riccardo Di Pasquale e Giangi Foschini per aver creduto in questo progetto e aver dato la possibilità a un giovane regista di esprimersi. Perché noi possiamo raccontare le stesse storie, possiamo raccontare, usando il termine di Craig tante storie familiari, ma poi dobbiamo avere il punto di vista. E’ che purtroppo in Italia siamo ignoranti, e quindi non riusciamo, scusate il termine ma non riusciamo a captare il linguaggio. Pensiamo che il cinema è puro entertainment, e non abbiamo le chiavi per parlare la lingua del cinema e comprenderla. Il cinema è una lingua come lo è l’inglese, come lo è l’italiano. Infatti io combatto… non a caso ho creato la più grande community di attori in Italia, perché combatto per trasmettere questo linguaggio,e lo inserirei anche nelle scuole, dalle scuole elementari.E ‘ una lingua, e tu puoi raccontare una storia che è familiare a molti, ma dipende il punto di vista che decidi di adottare. In questo caso gli attori, la fotografia, la musica, sono tutti segni che fanno parte di questa imagine. Io avevo in testa un’immagine, partendo da questa immagine di questo netturbino ha creato questo Universo. Non so se ho risposto alla tua domanda


ALESSANDRO SCARNECCHIA: Si, io concluderei con quest’ultimo pensiero: qual è stata la chiave di lettura di questa dimensione, di questa fotografia e delle musiche che incidono molto in questa dimensione di questo film.


BERGAMO: Chiaramente è un universo decontestualizzato. C’è tanto della mia infanzia, degli anni ‘90, chiaramente, ma allo stesso tempo abbiamo il fumo dai tombini di New York. Io credo che un bravo regista debba essere un bravo selezionatore, debba porsi davanti all’Universo delle immagini, scartare quelle poco interessanti e invece catturare quelle interessanti. E questo film è la selezione di tante immagini che ho fatto in 12 anni della mia vita. Craig mi segue da tantissimi anni e abbiamo cercato di utilizzare, di scrivere una storia che ci desse la possibiità di creare questo universo. E’ chiaro che poi in queste immagini selezioni Stanley Kubrick, il lavoro di Stanley Kubrick. Kubrick a sua volta selezionava Fellini, Ozu, Opus; come Refn ha selezionato Kubrick, a sua volta Paul Thomas Anderson.


SCARNECCHIA: Direi pure Orson Welles.


BERGAMO: Anche Orson Welles, si.

SILVIA MARCELLI: Silvia Marcelli, per il Blog di RC. Sia in questo film, con le tue produzioni precedenti, c’è un coinvolgimento di professionisti e emergenti. Mi piacerebbe sapere cosa ti spinge, la tua visione, perché fai questo.


BERGAMO: Altrimenti non facciamo andare avanti il sistema. noi attualmente stiamo vivendo un sistema malato, dove vediamo sempre le solite facce, e deve partire da noi cercare di dare delle possibilità. Io insegno in tutta Italia, e non potete capire. Migliaia, migliaia di ragazzi che puntualmente spendono soldi nelle accademie e poi vanno a fare i camerieri. Questo è il panorama dell’Italia, non prendiamoci in giro. Manca un ponte tra la formazione e la professione. Da qui la mia idea di creare una community che potesse dare queste possibilità e quando ho la possibilità di fare film, serie o altro, dò queste possibilità. Altrimenti non facciamo andare avanti il sistema. Questo il motivo principale. E poi abbiamo talenti incredibili. Abbiamo talenti incredibili ai quali dobbiamo dare la possibilità di esprimersi. L’attore è un artista, prima di essere un attore. Ha bisogno di esprimersi.


FOSCHINI: Io per concludere volevo ringraziare tutti voi di essere venuti qua e ringraziare il mio partner in crime (dato che si parla di film crime) Riccardo Di Pasquale, che vi saluta ma purtroppo non è potuto venire perché è impegnato all’estero. Volevo solo dire che questo è stato un film fatto con il cuore, partendo dall’idea degli sceneggiatori, di Alfonso, di trasmetterla al meglio, di trasmetterla a Riccardo. Abbiamo preso un pò di coraggio di cercare di fare un film indipendente in cui non si prendono i soliti attori che sono sempre su tutti i film. Perché qui in Italia si pensa che si possano fare i film solo con Tony Servillo, o Favino. Grandissimi attori, ma perché sempre gli stessi attori. Abbiamo osato, abbiamo dato del nostro coraggio, ringraziando anche attori che voi non conoscete ma sono qui in sala: Simone, Samba, Marco, Francesco… i film sono storie che vanno raccontate con i mezzi che ci sono: dagli attori, agli sceneggiatori, alla troupe. Io ho avuto il privilegio di avere una troupe fantastica in Puglia, portando anche del personale romano, in cui tutti quanti hanno messo il cuore, e siam riusciti, “indipendentemente” lo portiamo alla sala, o alle sale, speriamo, in un periodo difficilissimo per i film indipendenti di uscire e farsi vedere. Grazie, grazie mille. Ringrazio Alfonso, Tony, Roberta, Paolo che starà piangendo cercando di venire qui, Giulia che ha fatto il suo primo film e riprendeva noi produttori. E’ stato un bel viaggio, un viaggio divertente.


Grazie a tutti.

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