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~ LA REDAZIONE DI RC
La miniserie Zero Day, in arrivo su Netflix, si muove tra thriller politico e dramma investigativo, con una trama che tocca tematiche attualissime come la guerra informatica, la disinformazione e i giochi di potere dietro le quinte del governo americano.
Dopo un devastante attacco informatico che ha causato migliaia di vittime e gettato il Paese nel caos, l’ex presidente George Mullen (Robert De Niro) viene incaricato di guidare la Commissione Zero Day, un organismo speciale istituito per individuare i responsabili e scongiurare nuove minacce. Ma più Mullen scava a fondo, più si rende conto che dietro l’attacco si nascondono forze oscure, con interessi che vanno ben oltre il semplice sabotaggio.
Il suo ruolo di leader della Commissione non è privo di ostacoli: la verità sembra sfuggente in un mondo dove la manipolazione delle informazioni è all’ordine del giorno, e alcuni dei personaggi più influenti della politica, della finanza e della tecnologia sembrano avere tutto l’interesse a mantenere la situazione nell’ombra. Mullen si ritrova così a dover affrontare non solo un pericolo esterno, ma anche i fantasmi del suo passato e le conseguenze delle scelte fatte durante la sua presidenza.
La miniserie, con un cast d’eccezione, promette di esplorare il sottile confine tra realtà e cospirazione, ponendo domande inquietanti su quanto sia possibile conoscere davvero la verità in un mondo dominato dalla propaganda e dai giochi di potere.
George Mullen: Robert De Niro
Evelyn Mitchell: Angela Bassett
Mullen: Signora presidente, mi dica come va?
Evelyn: Accomodati. Puoi sederti anche lì se vuoi.
Mullen: Ah, è il tuo posto, io prendo questo. Allora. E’ grave come questa?
Evelyn: Sto finendo gli eufemismi per evitare di dire che non ne so un cazzo di niente.
Mullen: La CIA è sempre lenta con l’informatica ma a Forte Meade la squadra della TEO…
Evelyn: E’ la migliore. Ma brancola nel buio. In genere una vulnerabilità Zero Day si riscontra su un solo sistema operativo. Non so, un Iphone. Ma questo attacco ha usato vulnerabilità ignote su decine di sistemi. Ed è riuscito ad arrestarli tutti, per un minuto. Poi li ha riattivati tutti.
Mullen: Non siamo stati noi.
Evelyn: No. Ci eravamo appena attivati, quando i sistemi sono tornati online.
Mullen: Richieste di riscatto? Nessun tipo di rivendicazione? Niente del genere?
Evelyn: Solo quella insidiosa minaccia. Stiamo risalendo a una traccia digitale a Fort Meade. In pratica è un nodo gordiano.
Mullen: E qual è il piano?
Evelyn: Il Congresso autorizza una commissione speciale di indagine. E le accorda poteri straordinari, commisurati all’entità di questa emergenza. La Commissione sarà dotata di potere di sorveglianza, perquisizione e sequestro. Se necessario potrà anche sospendere l’Habeas Corpus.
Mullen: Non l’abbiamo fatto nemmeno per l’11 settembre, Evelyn.
Evelyn: Stavolta è diverso. Sapevamo chi era stato. Non ne abbiamo idea, oggi. E non abbiamo tanto tempo. Ci serve un’entità con i poteri congiunti delle forze dell’ordine e delle agenzie di Intelligence che possa operare sul suolo americano.
Mullen: E preleveranno persone senza un mandato?
Evelyn: Veramente… lo farai tu.
Mullen: Ho smesso. Ho smesso con il pubblico servizio. Ieri ho commesso uno sbaglio. Un errore.
Evelyn: L’unica cosa più importante di un risultato celere è un risultato di cui si fidino tutti. La gente si fida di te. Riflettici.
Questo dialogo tra George Mullen (Robert De Niro) e la presidente Evelyn Mitchell (Angela Bassett) è una scena chiave in Zero Day perché stabilisce le premesse della crisi e introduce il dilemma morale al centro della serie. Da un lato, c’è un attacco informatico senza precedenti che ha messo in ginocchio il Paese. Dall’altro, la risposta del governo rischia di oltrepassare limiti pericolosi, mettendo in discussione diritti fondamentali.
Il dialogo si svolge in un contesto di massima emergenza. L’attacco informatico che ha colpito gli Stati Uniti è di una complessità mai vista: non è un semplice hackeraggio, ma un’operazione sofisticata che ha sfruttato vulnerabilità sconosciute su più sistemi contemporaneamente. La presidente Mitchell, visibilmente sotto pressione, chiede a Mullen di guidare una commissione d’emergenza con poteri straordinari, paragonabili a quelli di uno stato di guerra.
Il tono della scena è immediatamente teso: Mullen e Mitchell hanno un rapporto di rispetto reciproco, ma le implicazioni della conversazione sono pesanti. Il linguaggio tecnico usato da Evelyn serve a rendere chiara la gravità della situazione, mentre Mullen, con la sua esperienza, pone subito domande mirate per capire se ci siano indizi concreti sul colpevole.
Mullen entra con un approccio formale ("Signora presidente, mi dica come va?"), ma Evelyn lo invita subito a un tono più informale ("Accomodati. Puoi sederti anche lì se vuoi."). Questo indica che tra loro c’è una conoscenza pregressa e una certa confidenza.
Quando Mullen chiede se la situazione sia davvero così grave, Evelyn abbandona ogni formalità: "Sto finendo gli eufemismi per evitare di dire che non ne so un cazzo di niente." Questa battuta umanizza il suo personaggio e rivela quanto sia preoccupata: non avere risposte in un momento del genere è un problema enorme per un leader politico.
Segue poi una discussione più tecnica sull’attacco. Evelyn spiega la natura senza precedenti dell’evento:
Una vulnerabilità Zero Day di solito colpisce un solo sistema, ma qui sono stati colpiti più sistemi contemporaneamente, per poi essere riattivati subito dopo. È un attacco che dimostra un livello di controllo assoluto sulla tecnologia, un potere inedito.
Mullen cerca di capire se ci sia stato un movente chiaro:
"Richieste di riscatto? Nessun tipo di rivendicazione? Niente del genere?"
Evelyn risponde con un dettaglio preoccupante: l’unica cosa ricevuta è stata "quella insidiosa minaccia". Non sapere chi ha colpito è ancora più destabilizzante di avere un nemico identificato.
A questo punto, la conversazione cambia direzione e introduce il dilemma centrale della serie: come rispondere a una minaccia invisibile. Evelyn rivela che il Congresso ha approvato una commissione d’emergenza con poteri speciali: sorveglianza, perquisizione, sequestro. E, se necessario, la sospensione dell’Habeas Corpus. Mullen reagisce con sgomento: "Non l’abbiamo fatto nemmeno per l’11 settembre, Evelyn." Il paragone con il 2001 è pesante: se allora, nonostante l’attacco, non erano state prese misure così estreme, cosa giustifica farlo adesso?
Il punto di vista della presidente è pragmatico e spietato:
"Stavolta è diverso. Sapevamo chi era stato. Non ne abbiamo idea, oggi. E non abbiamo tanto tempo." Per lei, la differenza tra un attacco terroristico tradizionale e questo cyber-attacco è che il nemico è invisibile. Senza un colpevole chiaro, il rischio è il caos totale.
Quando Mullen si rende conto che la Commissione avrà il potere di arrestare chiunque senza prove certe, la sua domanda è diretta: "E preleveranno persone senza un mandato?" Evelyn risponde con una frase che cambia tutto: "Veramente… lo farai tu."
Questa battuta è il momento di svolta del dialogo. Mullen capisce che non sta solo ricevendo un incarico simbolico, ma dovrà essere lui stesso il volto di questa operazione. Il peso morale della decisione ricade completamente sulle sue spalle. La sua risposta è immediata: "Ho smesso. Ho smesso con il pubblico servizio. Ieri ho commesso uno sbaglio. Un errore." Qui emerge un elemento personale. Mullen sente di aver già fatto un errore in passato (forse durante la sua presidenza), e non vuole essere coinvolto in qualcosa di simile. Ma Evelyn ha l’argomento perfetto per convincerlo: "L’unica cosa più importante di un risultato celere è un risultato di cui si fidino tutti. La gente si fida di te. Riflettici." Questo è il vero motivo per cui lo vogliono: non perché sia il più competente, ma perché è l’unico che può dare legittimità alla Commissione agli occhi dell’opinione pubblica.
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