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~ LA REDAZIONE DI RC
La trama di Zero Day ruota attorno a un evento catastrofico che sconvolge gli Stati Uniti: un attacco informatico su scala nazionale che blocca per un minuto tutti i dispositivi elettronici, causando il caos e migliaia di morti.
L’ex Presidente George Mullen (Robert De Niro), ormai ritiratosi a vita privata, viene richiamato dal governo per guidare una commissione d’emergenza volta a scoprire chi ci sia dietro l’attacco. Accanto a lui c’è Roger Carlson (Jesse Plemons), suo fidato vice, ma anche una cerchia ristretta di collaboratori che lo aiuteranno a navigare un’indagine sempre più intricata. A complicare il tutto, le tensioni familiari con la figlia Alex (Lizzie Caplan), scettica sul suo coinvolgimento, e la pressione pubblica alimentata da complottisti come Evan Green (Dan Stevens), che diffondono teorie oscure sul vero volto dell’attacco.
Man mano che le indagini procedono, emergono dettagli inquietanti: l’attacco potrebbe non essere stato opera di uno stato nemico, ma il risultato di una cospirazione interna, in cui politica, sicurezza nazionale e interessi privati si intrecciano pericolosamente. Mullen deve affrontare anche un altro problema: il suo stato mentale inizia a vacillare. Momenti di lucidità si alternano a episodi di confusione, mettendo in dubbio la sua capacità di guidare la crisi.
La serie si muove tra spionaggio, thriller politico e riflessione sulla vulnerabilità delle democrazie moderne, mantenendo alta la tensione fino all’ultimo episodio. Chi ha davvero orchestrato il cyber attacco? Mullen è la soluzione al problema o ne è parte? E soprattutto, la minaccia è davvero esterna o è qualcosa di molto più vicino di quanto chiunque voglia ammettere?
George Mullen: Robert De Niro.
Alexandra Mullen: Lizzy Caplan
Alexandra Mullen trova George Mullen Seduto. Alexandra Mullen si spaventa
Alexandra Mullen: Oddio!
George Mullen: Avevi qualcosa da dirmi, ma al momento non riesco a immaginare niente che abbia senso.
Alexandra Mullen: Ok. Ok. Noi… Stavamo cercando di sistemare le cose.
George Mullen: Noi? Chi p noi? Tu e Dreyer?
Alexandra Mullen: Non c’era solo Dreyer Quando è arrivato da me c’erano già una dozzina di membri, e di entrambi i fronti.
George Mullen: Di chi è l'Idea?
Alexandra Mullen: Di Kidder. Disse di essere in grado di spaventare la gente in un minuto, per ricordare a tutti quanto siamo vulnerabili, quanto siamo fragili. E ha senso, davvero, ha senso. Se riesci a ricordare alla gente cosa è davvero importante, forse non daranno più retta al rumore, le menzogne, le stronzate e torneranno ad ascoltarsi l'un l’altro. Glielo abbiamo lasciato fare, ci sembrava una soluzione, la migliore a cui avevamo mai pensato. ma non avevo idea che qualcuno sarebbe morto, non sapevo.
George Mullen: Si, quindi hai deciso di associare il tuo nome a quello di Lyndon.
Alexandra Mullen: Maledetto Lyndon, quello è un parassita. Non sapevo che fosse coinvolto anche lui. Pensaci: quando è stata l’ultima volta che il Paese ha risolto uno dei suoi problemi. Quando?! Non abbiamo approvato una sola legge in 18 mesi! Non avresti creduto alle cose che Dryer diceva di voler fare con me se non avesse dovuto preoccuparsi delle pressioni di quegli invasati del suo Partito. Ci è sfuggita di mano. La commissione è andata da te e siamo rimasti incastrati.
George Mullen: Non è una risposta.
Alexandra Mullen: Abbiamo rischiato grosso per cambiare le cose in meglio.
George Mullen: Si, un cambiamento in meglio. Quando hai questo obiettivo ti rimbocchi le maniche.
Alexandra Mullen: Per favore, guardati intorno. Il mondo che sei convinto di capire tanto bene non esiste più. La cosa peggiore è che un tempo credevo che fosse più forte di te, che non sapessi quanto marciume che c’è in giro, e invece no, mi sbagliavo, invece lo sai e scegli di ignorarlo.
George Mullen: Il marciume è sempre esistito.
Alexandra Mullen: Il tuo crederti migliore degli altri. La fede nel processo in realtà… George Mullen: Si cerca di rimediare.
Alexandra Mullen: E’ solo un modo per espediente per non doverti sporcarti le mani, è così! Per non essere costretto a aiutare davvero le persone in questo mondo!
George Mullen: Più facile a dirsi che a farsi, più facile a dirsi che a farsi.
Alexandra Mullen: Non sei costretto a risolvere nessun problema tangibile.
George Mullen: L’ho fatto!
Alexandra Mullen: Non è vero.
George Mullen: Ho fatto quello che sapevo…
Alexandra Mullen: Dovevi fare di più!
George Mullen: Essere giusto! Stai semplificando ogni cosa!
Alexandra Mullen: Tutti dovevamo fare di più-
George Mullen: Si, tutti dovremmo fare di più. Ma facciamo ciò che possiamo!
Alexandra Mullen: Ti ascolto, ok? Ti ascolto. Dimmi cosa devo fare. Dimmi che che cosa devo fare. Mi dispiace, se tu mi dici che cosa devo fare lo farò, lo farò. Papà, ti prego… ti prego… Lo farò, ti prometto.
George Mullen: Ti credo, ti credo.
Alexandra Mullen: Dimmi che cosa devo fare. Lo farò.
George Mullen: Ti credo.
Alexandra Mullen: Lo farò.
Si abbracciano
Il dialogo tra George e Alexandra Mullen è uno dei momenti più intensi di Zero Day, perché è un confronto tra padre e figlia, e uno scontro tra due visioni opposte della politica e della responsabilità. Alexandra è coinvolta nel complotto dello Zero Day, ma non si vede come una traditrice: crede di aver tentato di sistemare un sistema che considera irrimediabilmente bloccato. George, invece, incarna una politica più tradizionale, fatta di compromessi e processi istituzionali, e fatica a concepire come sua figlia abbia potuto giustificare un atto così estremo.
La scena si sviluppa come un crescendo emotivo. Inizia con Alexandra spaventata e sulla difensiva, passa attraverso un’accusa reciproca sulle rispettive responsabilità e si conclude in un momento di disperazione e riconciliazione. La tensione tra i due è costante, alimentata dalla frustrazione di George e dalla giustificazione incerta di Alexandra, che oscilla tra il senso di colpa e la convinzione di aver fatto la cosa giusta.
Alexandra entra in scena sorpresa e spaventata: "Oddio!" La sua reazione suggerisce che non si aspettava di trovare suo padre lì, il che fa pensare a un rapporto già logorato. George, invece, è freddo e diretto: "Avevi qualcosa da dirmi, ma al momento non riesco a immaginare niente che abbia senso." La sua frase è un’accusa implicita: qualsiasi spiegazione Alexandra possa dare, per lui sarà comunque priva di logica.
Quando lei cerca di giustificarsi dicendo che "stavamo cercando di sistemare le cose", George interrompe subito con una domanda tagliente: "Noi? Chi è noi? Tu e Dreyer?" Vuole sapere chi è coinvolto, ma la risposta di Alexandra è ancora più sconvolgente: "Non c’era solo Dreyer. C’erano già una dozzina di membri, e di entrambi i fronti." Questo ribalta la prospettiva: lo Zero Day non è stato il piano isolato di pochi individui, ma il frutto di una cospirazione bipartisan che coinvolge politici di alto livello.
Alexandra rivela che l’idea è partita da Monica Kidder, che credeva di poter spaventare la popolazione "in un minuto", per far capire quanto fosse fragile e riportarla a concentrarsi sulle cose importanti. Qui emerge la pericolosa giustificazione dietro l'attacco: non un atto di distruzione fine a se stesso, ma un tentativo di rieducare il popolo, di obbligarlo a vedere la realtà.
La frase "Glielo abbiamo lasciato fare, ci sembrava una soluzione, la migliore a cui avevamo mai pensato." mostra quanto Alexandra fosse convinta della validità del piano, almeno inizialmente. Ma subito dopo arriva il crollo emotivo: "Ma non avevo idea che qualcuno sarebbe morto, non sapevo." È il momento in cui Alexandra si rende conto della reale portata delle sue azioni, e la sua colpa inizia a emergere.
George, però, non è soddisfatto. La sua risposta "Non è una risposta." è secca, quasi sprezzante. Lui non accetta le sue giustificazioni, perché vede nello Zero Day un atto imperdonabile, indipendentemente dalle intenzioni.
La discussione si sposta su un piano più ampio. Alexandra accusa il sistema di essere paralizzato: "Quando è stata l’ultima volta che il Paese ha risolto uno dei suoi problemi? Non abbiamo approvato una sola legge in 18 mesi!" Qui emerge la sua frustrazione: per lei, la politica tradizionale non funziona più, e lo Zero Day era un modo per scuotere il sistema.
Ma George non ci sta: "Quando hai questo obiettivo ti rimbocchi le maniche." Lui crede ancora nei processi istituzionali, mentre Alexandra lo accusa di essere cieco di fronte al marciume del sistema. La sua frase "La cosa peggiore è che un tempo credevo che fosse più forte di te, che non sapessi quanto marciume c’è in giro, e invece no, mi sbagliavo, invece lo sai e scegli di ignorarlo." è devastante. Alexandra sta dicendo a suo padre che non è un ingenuo idealista, ma un complice del sistema che finge di combattere.
La risposta di George è disarmante: "Il marciume è sempre esistito." Questa frase è centrale: per lui, la politica è sempre stata imperfetta, ma ciò non giustifica azioni estreme.
La discussione si trasforma in uno scontro personale. Alexandra accusa George di usare la sua fede nei processi democratici come scusa per non sporcarsi le mani. George, esasperato, ripete due volte "Più facile a dirsi che a farsi." Qui la sua voce probabilmente trema: sa che la figlia non ha tutti i torti, ma sa anche che le soluzioni drastiche portano solo a tragedie.
Alexandra lo incalza: "Dovevi fare di più!" e George risponde con rabbia: "Essere giusto! Stai semplificando ogni cosa!" È il punto di rottura. Alexandra crede che la politica debba essere azione immediata, George sa che la realtà è più complessa.
Poi, improvvisamente, il conflitto si dissolve. Alexandra si arrende: "Ti ascolto, ok? Ti ascolto. Dimmi cosa devo fare." La sua voce, che fino a quel momento era sicura e combattiva, si incrina. Non ha più risposte, non ha più certezze. La sua disperazione è evidente quando ripete più volte: "Ti prego… lo farò, ti prometto."
George risponde con un semplice "Ti credo." Non c’è più rabbia, solo dolore. Si abbracciano.
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