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~ LA REDAZIONE DI RC
La nuova serie italiana “Maschi veri”, disponibile dal 21 maggio su Netflix, parte da una domanda che da qualche anno si fa sempre più spazio nei talk, nei podcast, sui social e persino nei bar: che fine ha fatto il maschio? La serie è il remake italiano di “Machos Alfa”, produzione spagnola ideata dai fratelli Caballero. L’adattamento tricolore – scritto da Furio Andreotti, Giulia Calenda e Ugo Ripamonti, con la regia di Matteo Oleotto e Letizia Lamartire – conserva il concept originale, ma lo reinterpreta alla luce della cultura e dei tic dell’Italia di oggi. Il risultato è una comedy che gioca con le fragilità maschili in modo diretto, pungente e spesso autoironico.
Mattia, Massimo, Riccardo e Luigi sono amici da anni. Hanno superato i 40, vivono a Roma, e ognuno di loro rappresenta un modello maschile che – più che funzionare – ormai cigola. Quando si ritrovano in terapia di gruppo per “decostruire il maschio tossico”, ci arrivano con motivazioni diverse: chi spinto dalla compagna, chi dalla disperazione professionale, chi dalla confusione esistenziale. La chat dei “maschi veri” diventa il loro rifugio, il luogo virtuale in cui si confrontano (spesso a colpi di note vocali lunghissime), confessano insicurezze, sfogano frustrazioni e, soprattutto, cominciano a mettere in discussione quell’idea di mascolinità con cui sono cresciuti.
Massimo (Matteo Martari) è il classico “maschio vincente”, un dirigente televisivo bello, sicuro, competitivo. Quando viene licenziato e sostituito da una donna, perde non solo il lavoro ma l’idea stessa che aveva di sé. Il successo della sua compagna, Daniela (Laura Adriani), lo mette davanti a un cortocircuito che non sa gestire.
Luigi (Pietro Sermonti) è il padre di famiglia con il “posto sicuro”, maniaco dell’ordine, fedele all’idea di maschio responsabile e prevedibile. Ma quando la moglie Tiziana (Thony) inizia a risvegliarsi dopo anni di routine, lui non è pronto a seguirla. Non è un tradimento a metterlo in crisi, ma la possibilità che lei voglia altro. Un “altro” tipo di uomo.
Mattia (Maurizio Lastrico) è il più riflessivo e intellettuale del gruppo, separato, padre di una figlia adolescente, Emma (Alice Lupparelli), che prova a introdurlo nel presente spiegandogli Tinder, i pronomi neutri e il ghosting. Ma anche lui, che si crede più “evoluto”, inciampa nel confronto con una femminilità che non capisce più.
Riccardo (Francesco Montanari) gestisce un bistrot ed è il più disinvolto, o così crede. Ha una relazione parallela e una compagna, Ilenia (Sarah Felberbaum), che gli propone di aprire la coppia in nome dell’onestà. È il maschio edonista che si crede libero, ma che in realtà è emotivamente immaturo e in costante fuga.
Quello che “Maschi veri” fa, con una scrittura agile e piena di battute (che sembrano uscite da una chat tra amici un po’ sbronzi), è prendere quattro modelli di mascolinità italiana e metterli sotto stress. Ogni personaggio diventa una lente con cui osservare: la carriera che non definisce più il valore di un uomo; la paternità che non è più (solo) autorità; il sesso che non segue più copioni prevedibili; l’amore che non è più proprietà reciproca, ma un continuo rinegoziarsi. Ma soprattutto, la serie prova a mostrare cosa succede quando l’uomo si sente osservato e per la prima volta non è lui a fissare le regole del gioco.
Chi si aspetta una sitcom leggera e fine a se stessa, resterà sorpreso: sotto l’apparenza da comedy ci sono riflessioni piuttosto chiare su come il maschile si stia frantumando in mille pezzi – e su quanto faccia paura raccoglierli. Ma c’è anche un invito implicito a farlo insieme, senza vergogna, possibilmente con un po’ di autoironia. E forse, per una volta, essere “maschi veri” significa proprio questo: smettere di doverlo dimostrare.
Daniela: Laura Adriani
Ilary: Ilary Blasi
Daniela: Sta piangendo in un angolo.
Ilary: Hey, tutto ok?
Daniela: Sisi, grazie, tutto. Bene. (Si gira.) Ma sei ilari Blasé?
Ilary: Si.
Daniela: Oddio. Oddio, scusami, è che è successo un casino prima. Hanno cominciato a insultarmi per colpa del mio fidanzato. Insomma, non è stato tanto bello.
Ilary: Posso darti un consiglio?
Daniela: Si, ti prego.
Ilary: Fregatene di quello che dice la gente. Pensa a te.
Daniela: E’ lo so, è che lui dice un sacco di cazzate e se la prendono tutti con me.
Ilary: Ma gli uomini possono dire quello che vogliono, e le donne no. Anche se sei un personaggio pubblico.
Daniela: Ma chi, io un personaggio pubblico?
Ilary: Si. Tu sei un personaggio pubblico.
Daniela: Ma ti posso abbracciare?
Ilary: Certo.
Daniela: Grazie.
Ilary: In bocca al lupo, forza
Daniela: Sei bellissima.
Ilary: Anche tu. Ciao.
Daniela: Ciao. senti, ma te lo posso offrire una volta un caffè?
Ilary: No, il caffè no. Come se avessi accettato, è…
Tra i momenti più sorprendenti di Maschi Veri, c'è questo scambio tra Daniela (Laura Adriani) e Ilary Blasi, che compare nei panni di sé stessa ma, più precisamente, in una versione "iconizzata", leggermente sopra le righe ma pienamente consapevole del proprio ruolo nel discorso pubblico contemporaneo. Il dialogo è breve, ma affilato: sotto la sua leggerezza nasconde un doppio livello narrativo. Da un lato, funziona perfettamente all’interno della trama — un momento di conforto tra donne, uno di quei passaggi in cui la serie si prende il tempo per mostrare empatia femminile. Dall’altro, è un gioco metatestuale che rilegge con ironia la vera storia mediatica di Ilary Blasi, in particolare la vicenda del divorzio da Francesco Totti e la famosa storia del caffè con il suo nuovo flirt.
“Ma sei Ilary Blasi?” Daniela la riconosce come figura pubblica, ma la reazione è spontanea, vulnerabile. Non è solo ammirazione: è un bisogno di sostegno. “Fregatene di quello che dice la gente. Pensa a te.” La battuta suona come una sentenza semplice, quasi scontata, ma se detta da Ilary Blasi — che ha vissuto per anni sotto l’occhio del ciclone mediatico — acquista un peso specifico tutto suo. È il consiglio di una donna che è stata nella tempesta e ne è uscita (più o meno) sorridendo. In sottofondo, riecheggia il racconto del divorzio con Totti, delle interviste incrociate, delle scarpe nascoste e dei Rolex contesi. Un teatrino pubblico, in cui ogni parola veniva usata come arma. Eppure, qui Ilary non giudica. Condivide, consola, trasmette una calma che è frutto di esperienza.
“Ma gli uomini possono dire quello che vogliono, e le donne no. Anche se sei un personaggio pubblico.” Questa è la frase chiave dell'intera scena. Entra in gioco il tema più profondo che Maschi Veri cerca di affrontare lungo tutta la serie: la doppia morale nei confronti dei generi. Ilary la enuncia con una semplicità disarmante, senza toni da manifesto. È un dato di fatto, detto con la serenità di chi non ha più bisogno di convincere nessuno. E qui si fa chiaro anche l'escamotage narrativo: Daniela è un personaggio che ricalca, in parte, il percorso di Ilary, anche se da una posizione più anonima, meno protetta dai riflettori. Ma la logica è la stessa: una donna viene giudicata più per le reazioni che per le azioni, più per le apparenze che per i fatti.
“Senti, ma te lo posso offrire una volta un caffè?”
“No, il caffè no. Come se avessi accettato, è…”
Qui si arriva al colpo di scena comico e perfettamente costruito. È una battuta apparentemente innocua, ma chi conosce la vicenda reale sa bene cosa richiama: la famosa storia del “caffè galeotto” tra Ilary e Bastian, nuovo compagno della showgirl, che fu oggetto di meme, articoli, talk, sondaggi da bar. Con questa frase, la serie compie un gesto di auto-sabotaggio ironico e liberatorio: prende un frammento di gossip trasformato in tormentone e lo riassorbe nel racconto con intelligenza, disinnescandolo. Non è più il pubblico a riderne di Ilary, è Ilary stessa a farci una battuta su.
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