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~ LA REDAZIONE DI RC
"Freedom Writers" (2007), diretto da Richard LaGravenese e con Hilary Swank nel ruolo della protagonista, è basato su una storia vera raccontata nel libro The Freedom Writers Diary. Il film segue Erin Gruwell, un'insegnante alle prime armi che arriva alla Wilson High School di Long Beach, California, nei primi anni ‘90. La scuola è caratterizzata da un ambiente segnato da tensioni razziali e gang, con studenti considerati difficili e demotivati.
Erin viene assegnata a una classe di ragazzi considerati "irrecuperabili", divisi da conflitti razziali e segnati da esperienze di violenza, povertà e discriminazione. Inizialmente, trova un muro di diffidenza e rifiuto, ma col tempo riesce a conquistare la loro fiducia utilizzando metodi di insegnamento alternativi e coinvolgenti. Li incoraggia a scrivere i loro pensieri e le loro esperienze in diari personali, ispirandosi ai racconti dei sopravvissuti all’Olocausto e alla figura di Anne Frank.
Con il passare del tempo, gli studenti iniziano a trovare un senso di appartenenza nella classe e a sviluppare una nuova consapevolezza della propria storia e del proprio valore. Erin si scontra con la resistenza del sistema scolastico e con le difficoltà economiche, arrivando persino a lavorare in più posti pur di comprare libri e materiali per i suoi studenti.
Il film racconta il percorso di trasformazione di questi ragazzi, mostrando come l'istruzione e l'empatia possano cambiare le vite, anche in contesti segnati da emarginazione e pregiudizi.
Scott - Patrick Dempsey
Erin - Hilary Swank
Scott e Erin ad un tavolo.
Scott: Se ti fai un altro bicchiere ti verrà il mal di testa.
Erin: Hai fatto le valigie e pensi che il vino mi faccia venire il mal di testa? Perché stai facendo questo, perché non ti dò attenzioni a sufficienza?
Scott: No. Non è questo… E’ che mi sento come se vivessi una vita che non ho accettato. Erin così… è… è troppo difficile.
Erin: La tua vita è troppo difficile?
Scott: Credo che quello che stai facendo sia nobile. Sei brava. E sono fiero di te. Davvero. Ma voglio vivere la mia vita. E viverla senza stare male.
Erin: Ma io non sto cercando di fare male.
Scott: Tu non devi cercare.
Erin: Non pensavo di diventare responsabile di quei ragazzi.
Scott: Chi ti ha chiesto di farlo?
Erin: Non me l’ha chiesto nessuno.
Scott: Non sono tuoi quei ragazzi!
Erin: Perché me lo dovevano chiedere, Scott??? Io… finalmente ho capito che cosa devo fare, ed è una cosa che adoro. Quando… aiuto quei ragazzi a dare un senso alle loro vite, allo stesso tempo tutta la mia vita ha un senso per me. Quante persone possono avere questo?
Scott: Allora io a che ti servo?
Erin: Sei mio marito. Perché non puoi starmi vicino, ed esserne parte, come le mogli che sostengono i mariti?
Scott: Perché non posso essere tua moglie. Cristo… vorrei trovare parole meno orribili. Erin… Se tu dovessi scegliere tra noi… e la tua classe… chi sceglieresti?
Erin: Se tu mi ami davvero come puoi chiedermi questo?
Scott: Erin, guardami. Io non sono altro che questo. E’ tutto qui. Non sono uno di quei ragazzi. Io non ho un potenziale. A te non va di stare qui, perché se a te andasse non staresti lì sempre fino a tardi.
Erin: Questo non è vero. Io ci voglio stare qui, io ti amo.
Scott: Tu ami l’idea di me.
Erin: Ma è un’idea così carina.
Scott: Lo so.
Si danno la mano.
Questo dialogo tra Erin e Scott è uno dei momenti più personali e dolorosi di Freedom Writers. Mentre il film si concentra principalmente sulla trasformazione della classe e sull’impatto che Erin ha sugli studenti, qui vediamo il costo personale del suo impegno. Scott rappresenta una realtà che molti idealisti affrontano: il sacrificio involontario delle relazioni personali. Erin è così immersa nella sua missione che, senza rendersene conto, ha lasciato indietro il marito. Il dialogo è il confronto finale tra due persone che, pur amandosi, non riescono più a condividere la stessa vita.
Il dialogo si apre con una frase apparentemente banale: "Se ti fai un altro bicchiere ti verrà il mal di testa." È un modo per evitare il discorso, un tentativo di Scott di non affrontare subito il problema. Ma Erin non si lascia ingannare e va dritta al punto: "Hai fatto le valigie e pensi che il vino mi faccia venire il mal di testa?" Lei sa già che qualcosa si è rotto tra loro, ma non è ancora pronta ad accettarlo.
Scott prova a spiegarsi con una frase chiave: "Mi sento come se vivessi una vita che non ho accettato." Qui emerge il cuore del suo disagio. Non è tanto una questione di mancanza di attenzioni, ma il fatto che il loro matrimonio è diventato qualcosa di diverso da ciò che lui aveva immaginato. Erin ha trovato la sua vocazione, e Scott si sente un estraneo nella sua stessa vita.
Quando Scott dice "Credo che quello che stai facendo sia nobile. Sei brava. E sono fiero di te. Davvero. Ma voglio vivere la mia vita.", sta dicendo che non la lascia perché non la ama, ma perché non riesce più a condividere la sua strada.
La risposta di Erin è carica di incredulità: "Ma io non sto cercando di fare male." Lei non vede il suo lavoro come una minaccia alla loro relazione, ma come qualcosa che le dà significato. E quando Scott le dice "Tu non devi cercare.", le fa capire che, volente o nolente, ha già preso una strada che li ha allontanati.
Il culmine del conflitto arriva quando Erin dice: "Io… finalmente ho capito che cosa devo fare, ed è una cosa che adoro. Quando aiuto quei ragazzi a dare un senso alle loro vite, allo stesso tempo tutta la mia vita ha un senso per me." Questa è la sua verità più profonda. Lei non ha mai cercato di sacrificare Scott, ma ha trovato uno scopo così grande da riempire ogni spazio della sua esistenza.
La frase di Scott "Allora io a che ti servo?" è devastante. Lui sente di non avere più un ruolo nella sua vita, di essere diventato irrilevante. Erin risponde con una logica che per lei è ovvia: "Sei mio marito. Perché non puoi starmi vicino, ed esserne parte, come le mogli che sostengono i mariti?" Lei vede il loro rapporto come qualcosa che potrebbe coesistere con la sua passione, ma Scott sa che non è così semplice.
Il momento più doloroso arriva con la domanda diretta: "Se tu dovessi scegliere tra noi e la tua classe… chi sceglieresti?" Scott la mette con le spalle al muro. Erin non risponde direttamente, perché sa che la risposta è implicita. Il suo silenzio è la conferma che, in fondo, la scelta è già stata fatta. Scott cerca di spiegarle il suo punto di vista con parole che lo feriscono: "Io non sono altro che questo. È tutto qui. Non sono uno di quei ragazzi. Io non ho un potenziale." Qui c’è tutta la sua insicurezza. Lui non è una causa da salvare, non ha un percorso di redenzione. Si sente insignificante rispetto alla missione di Erin.
La risposta di Erin "Questo non è vero. Io ci voglio stare qui, io ti amo." è sincera, ma arriva troppo tardi. Scott le dice "Tu ami l’idea di me." e lei, quasi scherzando per alleggerire il dolore, ribatte: "Ma è un’idea così carina."
L’ultimo scambio – "Lo so." – e la stretta di mano non sono un addio drammatico, ma un riconoscimento silenzioso che la loro storia è arrivata al capolinea. Questo dialogo è uno dei più maturi e realistici del film, perché mostra una separazione senza vincitori o vinti. Scott non è un cattivo marito, Erin non è una moglie egoista. Sono semplicemente due persone che hanno preso strade diverse, senza volerlo. Il loro amore non è finito per mancanza di sentimenti, ma perché Erin ha trovato qualcosa che la completa in modo che Scott non può più fare. E lui, consapevole di questo, sceglie di lasciarla andare. La stretta di mano finale è il simbolo perfetto della loro rottura: non c’è odio, solo la triste accettazione che, a volte, l’amore non basta per tenere due persone insieme.
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