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~ LA REDAZIONE DI RC
"Ted Lasso" è una serie che, sotto l'apparenza di una commedia sportiva leggera, si rivela una narrazione stratificata e ricca di sfumature emotive. Creata da Bill Lawrence, Jason Sudeikis, Joe Kelly e Brendan Hunt, la serie ha debuttato su Apple TV+ nel 2020 e si è rapidamente imposta come un prodotto capace di bilanciare umorismo, introspezione e crescita personale.
La storia segue Ted Lasso (Jason Sudeikis), un allenatore di football americano ingaggiato per allenare una squadra di calcio inglese, l’AFC Richmond, nonostante non abbia alcuna esperienza nel calcio europeo. L’assunzione non è casuale: Rebecca Welton (Hannah Waddingham), la nuova proprietaria del club, vuole distruggere la squadra come vendetta nei confronti del suo ex marito, il precedente proprietario, e pensa che assumere un allenatore incompetente sia il modo migliore per farlo.
Ted arriva in Inghilterra con un atteggiamento genuinamente positivo e un approccio fuori dagli schemi. Nonostante il cinismo iniziale di stampa, tifosi e giocatori, il suo metodo si basa sulla costruzione di fiducia e sul rafforzamento dell’identità della squadra, più che sulla tattica. Nel corso delle tre stagioni, la narrazione si sviluppa non solo attorno alle dinamiche sportive, ma anche ai percorsi di crescita personale dei personaggi.
Prima stagione: accettare il cambiamento
L’inizio è segnato dal contrasto tra l’ottimismo quasi ingenuo di Ted e la freddezza dell’ambiente calcistico britannico. All’interno della squadra, il capitano Roy Kent (Brett Goldstein), un veterano dal carattere burbero, e la giovane star Jamie Tartt (Phil Dunster), arrogante e talentuoso, rappresentano due poli opposti della leadership sportiva. Ted, con il suo metodo poco convenzionale, guadagna gradualmente il rispetto del gruppo, in particolare dell’insicuro Nathan Shelley (Nick Mohammed), inizialmente magazziniere, che Ted promuove a vice-allenatore.
Parallelamente, Rebecca, inizialmente intenzionata a sabotare Ted, si ritrova a cambiare idea, grazie anche all’amicizia con Keeley Jones (Juno Temple), influencer e fidanzata di Jamie, che evolve da semplice presenza mondana a figura chiave nella gestione del club. La stagione si conclude con il Richmond che retrocede, ma con una squadra più coesa e un’idea chiara su come ripartire.
Seconda stagione: affrontare i demoni interiori
Se la prima stagione esplora l’adattamento di Ted a un nuovo mondo, la seconda va più in profondità nel lato emotivo dei personaggi. Ted, nonostante la sua positività, inizia a mostrare segni di attacchi di panico, rivelando un lato più vulnerabile. Il tema della salute mentale prende il centro della scena con l’introduzione della psicologa dello sport Dr. Sharon Fieldstone (Sarah Niles), che sfida Ted a confrontarsi con il dolore irrisolto del suo passato, in particolare la morte del padre.
Nathan, da umile assistente insicuro, diventa sempre più ambizioso e rancoroso, sentendosi trascurato da Ted e sviluppando un’invidia crescente. Il suo arco narrativo culmina con il tradimento, quando lascia il Richmond per unirsi al West Ham, ora di proprietà dell’ex marito di Rebecca.
Intanto, Roy Kent, ritiratosi dal calcio giocato, trova una nuova dimensione come allenatore e partner di Keeley, mentre Jamie, dopo un periodo di crisi, cerca di maturare e diventare un giocatore meno egocentrico. La stagione chiude con tensioni irrisolte e un Richmond pronto a tornare in Premier League.
Terza stagione: chi siamo veramente?
La stagione finale affronta le questioni identitarie di ogni personaggio. Ted deve decidere se restare o tornare negli Stati Uniti per stare con il figlio. Nathan, dopo aver raggiunto il successo al West Ham, si rende conto di aver perso il senso di sé nel suo desiderio di affermazione. Rebecca riflette sul suo ruolo nel club, mentre Roy e Keeley affrontano le difficoltà di una relazione in continua evoluzione.
Sul piano sportivo, l’AFC Richmond, dato per sfavorito, diventa una squadra competitiva grazie a un calcio innovativo ispirato al Total Football, simbolo del superamento dei vecchi schemi e della ricerca di un’identità collettiva. La stagione si conclude con Ted che sceglie di lasciare il club per tornare a casa, Nathan che trova un equilibrio e Rebecca che, anziché vendere il Richmond, lo trasforma in qualcosa di ancora più grande.
Tematiche: più di una serie sportiva
Ted Lasso ribalta il concetto tradizionale di leadership. Il suo metodo non è basato sull’autorità o sulla conoscenza tecnica, ma sulla capacità di comprendere e valorizzare gli altri. Il messaggio è chiaro: vincere non
significa solo alzare trofei, ma creare qualcosa di duraturo e significativo.
Salute mentale e vulnerabilità maschile
Uno degli aspetti più innovativi della serie è come affronta la salute mentale, specialmente tra gli uomini. Ted, che all’inizio sembra un ottimista incrollabile, si scopre fragile, segnato da traumi irrisolti. Nathan rappresenta il pericolo dell’insicurezza trasformata in rabbia repressa. Roy Kent, apparentemente duro e inscalfibile, impara a esprimere le proprie emozioni.
Trovare una famiglia fuori dalla famiglia biologica
L’AFC Richmond non è solo una squadra, ma una comunità. Ogni personaggio trova nel club un senso di appartenenza che va oltre il calcio: Rebecca si libera dall’ombra del suo ex-marito, Keeley costruisce una carriera indipendente, Jamie supera il trauma di un padre tossico.
Il concetto di successo
La serie decostruisce l’idea classica di successo. Ted vince senza vincere trofei, Jamie diventa un leader quando smette di pensare solo a sé stesso, Nathan capisce che l’ambizione fine a sé stessa non porta alla felicità.
"Ted Lasso" è una serie che parte da un’idea semplice – un allenatore di football americano nel mondo del calcio inglese – per raccontare qualcosa di molto più profondo: il valore dell’empatia, il peso delle aspettative, la necessità di affrontare i propri demoni. Lo fa con un tono leggero ma mai superficiale, costruendo personaggi credibili e situazioni che parlano a tutti, che si sia tifosi di calcio o meno.
Ted: Jason Sudeikis
Dottoressa Sharon Fieldstone: Sarah Niles
Ted bussa.
Ted: Ehi Doc.
Dottoressa Sharon Fieldstone: Ciao Ted, accomodati.
Ted: Si, ok. Volevo ringraziarti di nuovo per avermi aiutato con il mio problemino. Sai ora mi sento molto meglio… e non credo che sia ancora necessario.
Dottoressa Sharon Fieldstone: Mettiti pure comodo.
Ted: Ok, allora… mi siedo. Posso sedermi qui? (Si siede in poltrona) Fa rumore, (Ted fa fatica a mettersi comodo). Allora penso… che mi metterò sul divano. Ecco qui, che ne dici? Chi sono? (Cercando di nascondere il disagio). Don Draper no?
Dottoressa Sharon Fieldstone: Sorride.
Ted: E’ un pò troppo formale. (Cerca un’altra posizione. Fa per mettere i piedi sul tavolino ma cambia idea) Non voglio metterci le scarpe sopra. Allora mi sdraio, ok? Ecco qui. (Ted cambia nuovamente posizione) Ecco, io metto i piedi qui, come una coppia di ragazzini su un letto a castello a campeggio. Ma non so dove mettere il braccio. (Ted cambia nuovamente posizione) Ecco, ci siamo. Così andra bene. Sistemo… Ecco, così è un classico, come nei fumetti del New Yorker. Giusto? Mettiamo questo sotto le gambe, perché fa bene alla schiena. Ora… dove metto le mani? No, così sembra… sembra di stare su uno scivolo d’acqua o uno slittino… Vediamo. No forse così è un pò troppo funebre, diciamo… così. D’accordo, così può andare?
Dottoressa Sharon Fieldstone: Forse è meglio stare seduti.
Ted: Oh, certo, va bene, ok.
Ted si siede davanti alla Dottoressa Sharon Fieldstone.
Ted: Ecco, ci siamo, eccoti qua. Così è molto intimo, non credi? Un incontro ravvicinato. Mi sembra di trovarci in un episodio dei Soprano. Ma… senza tutta quella violenza gratuita, il che è un bene. Ma.. con molti meno spaghetti alle vongole, il che è un male. Ehi, questo chi è… (indicando un pupazzetto)? Qual’è la sua storia? (Parlando con il pupazzetto) Stai bene, amico? Si, ok, bene. E’ molto accondiscendente. Hai dei fazzoletti, lì, è?
Dottoressa Sharon Fieldstone: Si, fazzoletti.
Ted: Già. E a che servono?
Dottoressa Sharon Fieldstone: A volte si diventa emotivi quando si è qui.
Ted: Mhm-Mhm…
Dottoressa Sharon Fieldstone: Non sempre ma… qualche volta. A volte si starnutisce e basta.
Ted: Si, è vero, è d’accordo anche lui. Già… non ho sofferto molto di influenza qui, forse ci sono meno pollini nel Regno Unito. Già… Ok, d’accordo… quando cominciamo? 2
Dottoressa Sharon Fieldstone: Abbiamo già cominciato.
Ted: Uhh.
Dottoressa Sharon Fieldstone: Si, nel momento in cui sei entrato.
Ted: Cosa… oh, cavolo! Beh, mi dispiace, mi sembra di aver sprecato un sacco di tempo con tutti quei traffici sul divano, e poi ho notato il tuo equipaggiamento.
Dottoressa Sharon Fieldstone: Ted.
Ted: Si.
Dottoressa Sharon Fieldstone: Non preoccuparti.
Ted: Si certo, non sono affatto preoccupato, già. ok… (Ted fa un respiro profondo) Insomma, di che cosa vuoi che parli?
Dottoressa Sharon Fieldstone: Perché non mi racconti cosa è successo l’altra notte?
Ted: No, non mi va di farlo.
Ted esce.
Questo dialogo tra Ted Lasso e la dottoressa Sharon Fieldstone è un momento fondamentale nella crescita del personaggio di Ted. Fino a questo punto, abbiamo visto Ted evitare sistematicamente di affrontare il proprio dolore e le proprie insicurezze, mascherandoli con battute, gesti goffi e un costante bisogno di alleggerire l’atmosfera.
La dottoressa Sharon rappresenta una sfida per Ted, perché la terapia è un ambiente in cui la sua solita strategia – essere amichevole, fare battute, distrarre sé stesso e gli altri – non funziona. Qui, ogni gesto e ogni parola rivelano quanto sia difficile per lui stare fermo e affrontare i suoi veri problemi.
Il dialogo mostra tutta la resistenza emotiva di Ted: da un lato vorrebbe aprirsi, ma dall’altro ha una paura enorme di toccare certe ferite. E alla fine, sceglie la fuga.
La scena inizia con un approccio apparentemente informale:
Ted: "Ehi, Doc."
Dottoressa Sharon Fieldstone: "Ciao Ted, accomodati."
Ted: "Sì, ok. Volevo ringraziarti di nuovo per avermi aiutato con il mio problemino. Sai, ora mi sento molto meglio… e non credo che sia ancora necessario."
Qui Ted cerca subito di chiudere la conversazione prima ancora di iniziarla. Sta dicendo "Grazie, ma non ho più bisogno di questo." È un classico meccanismo di difesa: negare che ci sia ancora qualcosa da affrontare.
Ma la dottoressa Sharon non lo asseconda, e semplicemente gli dice di mettersi comodo.
Ted: "Ok, allora… mi siedo. Posso sedermi qui?" (Si siede in poltrona) "Fa rumore." (Fa fatica a mettersi comodo) "Allora penso… che mi metterò sul divano. Ecco qui, che ne dici? Chi sono? Don Draper, no?"
A questo punto Ted comincia a distrarsi fisicamente, cercando di trovare una posizione sul divano, muovendosi in continuazione, facendo battute e cambiando posto più volte. Questa scena è un simbolo perfetto della sua difficoltà a rilassarsi e a lasciarsi andare. Ted non sa stare fermo, perché stare fermo significherebbe affrontare i suoi veri problemi.
L'uso del riferimento a Don Draper (Mad Men) è interessante: Don è un personaggio che, come Ted, nasconde i suoi traumi dietro un’immagine affascinante e carismatica, ma che in realtà è profondamente tormentato.
Segue una serie di tentativi maldestri di trovare una posizione comoda, culminando con:
Ted: "Ora… dove metto le mani? No, così sembra… sembra di stare su uno scivolo d’acqua o uno slittino… Vediamo. No forse così è un po’ troppo funebre, diciamo… così. D’accordo, così può andare?"
Dottoressa Sharon Fieldstone: "Forse è meglio stare seduti."
Ted: "Oh, certo, va bene, ok."
Qui la dottoressa Sharon lo riporta con gentilezza alla realtà, facendo capire a Ted che tutta questa agitazione è solo un modo per evitare di iniziare davvero la terapia.
Ted: "Ecco, ci siamo, eccoti qua. Così è molto intimo, non credi? Un incontro ravvicinato. Mi sembra di trovarci in un episodio dei Soprano. Ma… senza tutta quella violenza gratuita, il che è un bene. Ma… con molti meno spaghetti alle vongole, il che è un male."
Ted usa ancora le battute per alleggerire la situazione, ma stavolta si sente il suo disagio. Il riferimento ai Soprano non è casuale: la serie parla di un uomo che va in terapia per problemi irrisolti legati alla sua famiglia, esattamente come sta accadendo a Ted.
Poi nota un pupazzetto sulla scrivania e cerca di spostare l’attenzione su di lui:
Ted: "Ehi, questo chi è… (indicando un pupazzetto)? Qual è la sua storia? (Parlando con il pupazzetto) Stai bene, amico? Sì, ok, bene. È molto accondiscendente."
Qui Ted sta chiaramente cercando di deviare la conversazione, di trovare qualsiasi cosa che possa distrarlo dal motivo per cui è lì.
Poi nota i fazzoletti:
Ted: "Già. E a che servono?"
Dottoressa Sharon Fieldstone: "A volte si diventa emotivi quando si è qui."
Questa è una risposta diretta e sincera, che Ted non può evitare. E infatti lui cerca di minimizzare il tutto, fingendo di parlare di allergie e pollini nel Regno Unito. Ancora una volta, trova una scusa per non affrontare il vero argomento.
Ma poi arriva il colpo di scena:
Ted: "Ok, d’accordo… quando cominciamo?"
Dottoressa Sharon Fieldstone: "Abbiamo già cominciato."
Ted: "Uhh."
Questa è la rivelazione più importante della scena: la terapia non è qualcosa che inizia con un segnale chiaro. È già iniziata dal momento in cui Ted è entrato e ha iniziato a evitare la conversazione.
Ted, a questo punto, si rende conto di aver passato tutto il tempo a fuggire da ciò che doveva affrontare, e il suo "Oh cavolo!" è la dimostrazione che ha capito di essere stato scoperto.
Dottoressa Sharon Fieldstone: "Perché non mi racconti cosa è successo l’altra notte?"
Ted: "No, non mi va di farlo."
E poi se ne va.
Questa è la conferma definitiva di quanto sia difficile per lui affrontare il proprio dolore. Anche se è entrato nello studio, anche se ha cercato di scherzarci su, anche se ha cercato di convincersi che stava bene, la verità è che non è ancora pronto a parlare.
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