Il monologo di Vegeta in Dragon Ball Z: tra lo scontro con Majin Bu e l’ammirazione per Goku

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Vegeta in "Dragon Ball Z"

Il monologo di Vegeta in Dragon Ball Z, durante lo scontro con Majin Bu, è uno dei momenti più intensi e profondi dell’intera serie. In pochi minuti, il principe dei Saiyan abbandona ogni maschera e si confronta con la verità su sé stesso, sul suo rivale Goku e su ciò che significa davvero essere forti. Un flusso di coscienza che rivela frustrazione, ammirazione e una maturità raggiunta con fatica.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Finale del film (con spoiler)

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Dragon Ball Z
Personaggio: Vegeta, il Principe dei Sayan
Doppiatore: Gianluca Iacono

Difficoltà Alta (controllo emotivo + progressione interna + ammissione di inferiorità)

Emozioni chiave Frustrazione antica, Ammirazione, amarezza, Invidia mescolata a consapevolezza, orgoglio ferito, Traccia di affetto.

Contesto ideale per un attore Tematicamente, si presta a situazioni in cui si esplora: la rivalità tra due personalità opposte (pensa a due fratelli, due colleghi, due generazioni); il momento in cui un personaggio “si arrende” all’ammirazione per qualcun altro; la trasformazione personale attraverso il confronto.

Dove vederlo: (Noi nostalgici vorremmo dire Italia Uno)

Contesto della serie "Dragon Ball Z"

Dragon Ball Z è la seconda serie animata tratta dal manga di Akira Toriyama, e rappresenta una sorta di salto di tono e intensità rispetto alla serie precedente, Dragon Ball. Qui il racconto si sposta su un registro più maturo, più battagliero, e introduce una scala di potere che si espande episodio dopo episodio. Siamo qualche anno dopo la fine del Torneo Tenkaichi della prima serie. Goku è cresciuto, si è sposato con Chichi e ha un figlio, Gohan. Ma la tranquillità dura poco: un guerriero alieno di nome Radish arriva sulla Terra e rivela a Goku la sua vera identità — è un Saiyan, parte di una razza di combattenti provenienti dal pianeta Vegeta, e il suo vero nome è Kakarot. Da qui parte una corsa a ostacoli fatta di allenamenti, scontri mortali, resurrezioni, viaggi su altri pianeti e la scoperta che l’universo è popolato da esseri potentissimi. La saga di Majin Bu è la più complessa dal punto di vista narrativo. Non tanto per la trama in sé, che mantiene lo stile semplice e lineare della serie, quanto per la natura stessa del nemico: Majin Bu non è un antagonista “definito”, è più una presenza che si evolve, muta, assorbe e distrugge, senza una vera logica morale. Un avversario che mette in crisi ogni tipo di approccio, fisico e psicologico. Majin Bu viene risvegliato dal mago Babidi, che vuole usarlo per distruggere l’universo. Bu è una creatura magica antichissima, primitiva, che non distingue tra bene e male, e che agisce seguendo impulsi infantili. All’inizio è grasso, rosa, con un comportamento giocoso e pericolosamente ingenuo. Uccide senza motivo, per noia, per gioco. La particolarità del primo Bu è che non è “cattivo” nel senso classico. È pericoloso proprio perché non si rende conto di ciò che fa. E questo crea un conflitto inedito per i protagonisti: come si combatte un nemico che non sa di essere un nemico? Che non vuole conquistare, ma distruggere per istinto? Poi c’è il momento in cui Bu si divide: una parte buona, che cerca di vivere in pace con Mr. Satan (sì, proprio lui, che qui trova forse il suo momento migliore in tutta la serie), e una parte malvagia e irrefrenabile, che genera Evil Bu, e successivamente Super Bu, molto più razionale, sadico e consapevole.

Testo del monologo + note

Devo ammetterlo, sei veramente straordinario Kakaroth! Majin Bu è un avversario contro cui non posso competere, l'unico che può batterlo sei tu. È successo tanto tempo fa ma ricordo bene la prima volta che ti ho incontrato, al mio arrivo sulla Terra, dopo la conquista di un pianeta lontano. Da allora il mio unico obiettivo è stato quello di migliorare sempre più per riuscire a superarti. Secondo la leggenda i Super sayan appaiono una volta ogni 1000 anni, e il loro potere è praticamente ineguagliabile, nessuno può sconfiggerli. Come potevi tu, così insignificante, essere un mitico guerriero? Dopo l'esplosione del nostro pianeta pensavo di essere rimasto solo io ad avere la possibilità di diventare un Super sayan! Alla fine lasciai esplodere tutta la mia rabbia, e anche io arrivai allo stadio del Super Sayan. Ero arrivato al tuo livello ma sapevo che prima o poi il grande principe dei sayan sarebbe riuscito a superare il suo infimo suddito, era solo questione di tempo. E invece, quel momento non è mai arrivato Kakaroth, mai! Non riuscivo a darmi pace. All'inizio pensavo che la tua forza derivasse dal fatto che forse avevi qualcuno da proteggere… il desiderio di difendere qualcuno ad ogni costo genera un potere straordinario… ma se così fosse dovrei essere diventato come te, perché ora anch'io ho due persone da proteggere! Avevo sempre combattuto, per il solo gusto di farlo, perché mi piaceva distruggere, conquistare, mostrare a tutti la mia forza. Mi battevo per orgoglio e basta! Tu invece sei diverso Kakaroth, lo sei sempre stato. Non hai mai combattuto per il puro piacere di vincere, tu lo facevi per metterti alla prova e migliorare, per riuscire a superare i tuoi limiti. A me importava solamente eliminare il mio avversario. E invece tu, alla fine, hai scelto di risparmiarmi! A poco a poco anch'io, stando insieme a te e ai terrestri, ho finito col farmi contagiare, e sono diventato… più umano! Però non riesco a reggere la vista di un sayan dal cuore nobile che combatte così generosamente! Comunque, in bocca al lupo… sei tu il numero uno!

Devo ammetterlo, sei veramente straordinario Kakaroth!” tono di apertura ancora segnato da orgoglio: questa frase è una frattura interna, non è semplice ammirazione; pausa netta dopo "ammetterlo", come se facesse fatica a pronunciarlo; “straordinario” va detto senza enfasi, ma con un tono quasi costretto;

“Majin Bu è un avversario contro cui non posso competere, l’unico che può batterlo sei tu.” micro pausa dopo “non posso competere”, come se lo dicesse solo a sé stesso;

“È successo tanto tempo fa ma ricordo bene la prima volta che ti ho incontrato, al mio arrivo sulla Terra, dopo la conquista di un pianeta lontano.” ricordo lontano: tono riflessivo, lo sguardo si allontana, come se visualizzasse la scena nella mente;

“Da allora il mio unico obiettivo è stato quello di migliorare sempre più per riuscire a superarti.”  tono leggermente più duro, si sente il rancore che lo ha motivato; pausa decisa su “superarti”, sguardo fisso, quasi accusatorio;

“Secondo la leggenda i Super Sayan appaiono una volta ogni 1000 anni, e il loro potere è praticamente ineguagliabile, nessuno può sconfiggerli.” tono da esposizione epica, voce leggermente più solenne; non mitizza la leggenda, ma la usa per dare peso alla sua frustrazione;

“Come potevi tu, così insignificante, essere un mitico guerriero?” voce più tagliente, rabbiosa; questo è l’apice della frustrazione; “insignificante” va marcato, quasi sputato via;

“Dopo l’esplosione del nostro pianeta pensavo di essere rimasto solo io ad avere la possibilità di diventare un Super Sayan!” tono da autoaffermazione, fiero ma incrinato; pausa su “solo io”, stacco emotivo netto;

“Alla fine lasciai esplodere tutta la mia rabbia, e anche io arrivai allo stadio del Super Sayan.” tono più acceso, qui c’è il ricordo della conquista personale; “lasciai esplodere” detto con energia contenuta;

“Ero arrivato al tuo livello ma sapevo che prima o poi il grande principe dei sayan sarebbe riuscito a superare il suo infimo suddito, era solo questione di tempo.” tono tagliente, amaro sarcasmo su “grande principe” e “infimo suddito”; pausa su “tempo”: si deve sentire la delusione che arriva, la realtà che lo smentisce.

“E invece, quel momento non è mai arrivato Kakaroth, mai!” primo vero picco emotivo: “mai!” va quasi urlato, ma con voce spezzata, non gridata; seconda “mai!” leggermente più bassa ma più dura, piena di rabbia compressa;

“Non riuscivo a darmi pace.” detto piano, in tono più intimo, quasi un sussurro; pausa prima di iniziare, come se fosse una confessione.

“All’inizio pensavo che la tua forza derivasse dal fatto che forse avevi qualcuno da proteggere… il desiderio di difendere qualcuno ad ogni costo genera un potere straordinario…” tono riflessivo, più calmo; i puntini di sospensione sono sospiri, respiri più larghi; pausa lunga su “proteggere…”, lo sguardo si abbassa leggermente.

“ma se così fosse dovrei essere diventato come te, perché ora anch’io ho due persone da proteggere!” tono quasi accusatorio, rabbia contro la logica che non torna; “due persone da proteggere” va detto con fierezza, ma anche frustrazione: non basta, e lui lo sa.

“Avevo sempre combattuto, per il solo gusto di farlo, perché mi piaceva distruggere, conquistare, mostrare a tutti la mia forza.” tono autocritico, ma freddo: sta elencando senza difendersi; intonazione più bassa, tono che cala progressivamente fino a “la mia forza”, quasi in vergogna.

“Mi battevo per orgoglio e basta!” tono secco, battuta secca, forte, senza esitazioni; è un’ammissione piena, va detta con il petto in avanti, senza più difese.

“Tu invece sei diverso Kakaroth, lo sei sempre stato.” tono piano, con rispetto, non più rancoroso; pausa breve su “diverso”, come se accettasse finalmente la distanza tra loro.

“Non hai mai combattuto per il puro piacere di vincere, tu lo facevi per metterti alla prova e migliorare, per riuscire a superare i tuoi limiti.” tono narrativo, osservativo; è quasi uno studio del carattere di Goku; “superare i tuoi limiti” va detto con un tono ammirato, senza invidia questa volta.

“A me importava solamente eliminare il mio avversario.” tono più oscuro, breve pausa iniziale; guardare in basso o altrove, voce più roca, come se facesse fatica a dirlo.

“E invece tu, alla fine, hai scelto di risparmiarmi!” tono stupito, quasi incredulo ancora oggi; “risparmiarmi” va marcato, con una leggera incrinatura nella voce.

“A poco a poco anch’io, stando insieme a te e ai terrestri, ho finito col farmi contagiare, e sono diventato… più umano!” intonazione più leggera: qui c’è un senso di apertura, di cambiamento autentico; pausa su “più umano”, va detto con rispetto, ma anche con un filo di tenerezza inattesa.

“Però non riesco a reggere la vista di un sayan dal cuore nobile che combatte così generosamente!” torna il sarcasmo, ma più stanco che arrabbiato; “cuore nobile” detto con un sorrisetto amaro; “generosamente” va detto con un filo di disprezzo, ma trattenuto.

“Comunque, in bocca al lupo… sei tu il numero uno!” chiusura definitiva, tono rassegnato ma limpido; “in bocca al lupo” va detto con sincerità velata da fierezza, come ultimo gesto d’onore; “sei tu il numero uno” va pronunciato lentamente, lasciando cadere le parole una per una, senza rabbia, senza rancore, solo verità.

Analisi del monologo di Vegeta in "Dragon Ball Z"

Tra le tante scene emblematiche di Dragon Ball Z, ce n’è una che, col passare del tempo, è diventata un piccolo cult tra fan e appassionati di recitazione: il monologo di Vegeta nell’episodio Il cambiamento di Vegeta, durante lo scontro tra Goku e Majin Bu. È un momento carico di significato, in cui uno dei personaggi più orgogliosi e testardi dell’universo anime si ferma a riflettere — e lo fa con una lucidità che spiazza. Qui non c’è solo un Saiyan che parla. C’è un uomo che si guarda indietro, che ammette i propri limiti e che — per una volta — lascia da parte l’orgoglio per dire una verità che ha sempre cercato di negare: Goku è migliore di lui.

Il monologo si apre con un’ammissione che, per Vegeta, pesa quanto una sconfitta sul campo di battaglia: “Devo ammetterlo, sei veramente straordinario Kakaroth!” È la prima crepa nel muro. Fino a quel momento Vegeta ha sempre parlato di Goku con disprezzo, con rabbia, spesso sottovalutandolo apertamente. Qui, invece, usa parole che non ha mai usato: straordinario. È come se improvvisamente vedesse Goku per quello che è sempre stato — e non per quello che Vegeta voleva che fosse. Da qui in poi il monologo si trasforma in un flusso di coscienza in cui passato e presente si intrecciano: l’arrivo sulla Terra, la rivalità accesa fin dal primo incontro, l’invidia per quella forza inaspettata. Il tutto viene messo in relazione con una leggenda: quella del Super Saiyan, un guerriero mitico che dovrebbe apparire una volta ogni mille anni. Per Vegeta, destinato dalla nascita a essere il più forte, il solo pensiero che questo ruolo sia toccato a Goku è una ferita impossibile da rimarginare.

“Come potevi tu, così insignificante, essere un mitico guerriero?” Man mano che il monologo procede, la narrazione interna di Vegeta diventa sempre più fragile. Il tono cambia: da sdegnato e sarcastico si fa amaro, più basso, quasi dolente. L’invidia si mischia alla disillusione. Aveva sempre pensato che sarebbe bastato arrabbiarsi, che la rabbia fosse il carburante necessario per salire al livello successivo. E invece no. Anche raggiunto lo stadio di Super Saiyan, non era ancora sufficiente per superare Goku. “E invece, quel momento non è mai arrivato Kakaroth, mai! Non riuscivo a darmi pace.” Questa è una delle battute più potenti di tutto il passaggio. Non perché urli, ma perché è vera. È la prima volta che Vegeta parla senza il filtro della maschera, e ammette quello che finora non era mai riuscito a dire nemmeno a sé stesso. Qui l’orgoglio viene frantumato, e ciò che resta è un uomo deluso non dal rivale, ma da sé.

Uno degli snodi più interessanti del monologo arriva quando Vegeta tenta di spiegarsi perché Goku sia così forte. Lo fa cercando una risposta logica, una struttura razionale che possa giustificare ciò che ai suoi occhi non ha mai avuto senso. “All’inizio pensavo che la tua forza derivasse dal fatto che forse avevi qualcuno da proteggere… il desiderio di difendere qualcuno ad ogni costo genera un potere straordinario…” È un concetto che nel mondo di Dragon Ball ritorna spesso: la forza che nasce dall’attaccamento, dalla responsabilità, dalla cura verso gli altri. Goku combatte non per vincere, ma per migliorarsi, per superare i propri limiti. Non lo fa per orgoglio, né per distruggere. Combatte per crescere. E questo per Vegeta è incomprensibile — o almeno lo è stato per molto tempo. Ma ora anche lui ha qualcosa (o meglio: qualcuno) da proteggere. Ha una famiglia. Ha degli affetti. Eppure non riesce ad accedere a quella stessa forza. È un paradosso che lo tormenta.

Nella seconda parte del monologo, Vegeta si rende conto che, a forza di stare accanto a Goku e ai terrestri, qualcosa in lui è cambiato. Non è più solo un guerriero, un conquistatore, una macchina da guerra. È diventato — parola che pesa come un macigno per lui — più umano. “A poco a poco anch’io, stando insieme a te e ai terrestri, ho finito col farmi contagiare, e sono diventato… più umano!” Questo passaggio è cruciale. È la presa di coscienza di un’identità che si è trasformata non per scelta, ma per esposizione continua a un modo diverso di vivere e combattere. Vegeta non è diventato buono, non è diventato un altro Goku. Ma ha iniziato a capire che l’umanità, quella vera, non sta nella potenza, ma nella relazione con l’altro. Il monologo si conclude con due frasi secche, che suonano come una stretta di mano non data, ma pensata. “Comunque, in bocca al lupo… sei tu il numero uno!” Non c’è ironia, né sarcasmo. È un gesto di rispetto, forse l’unico possibile tra due guerrieri che si sono inseguiti per tutta la vita. È un passaggio di consegne che non viene chiesto, ma che viene riconosciuto. Ed è proprio in questo gesto che Vegeta completa il suo arco: dal disprezzo alla stima, dal rifiuto al riconoscimento, dall’orgoglio alla maturità. Non c’è bisogno di dire altro. Goku è il numero uno. E per una volta, Vegeta non deve dimostrare niente a nessuno.

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