Due giugno, festa della Repubblica e cinema

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Il 2 giugno in Italia si celebra la nascita della Repubblica, quella scelta popolare del 1946 in cui il Paese, uscito a pezzi dalla Seconda guerra mondiale, decise di voltare pagina e costruire un futuro nuovo. La monarchia venne lasciata alle spalle, e con essa una parte del passato, fatto di compromessi, guerre, fascismo, e una distanza sempre più netta tra potere e popolo. Ora, quello che mi interessa raccontarti non è tanto la cronaca storica — che trovi facilmente altrove — quanto piuttosto una domanda: che cos’ha detto il cinema italiano della Repubblica? Come ha raccontato la costruzione, la disillusione, le speranze e i drammi della nostra identità nazionale, a partire da quel 2 giugno?

Ecco: il cinema, come spesso accade, ha fatto da specchio. Ma anche da sonda. Ci ha mostrato quello che eravamo, quello che pensavamo di essere, e quello che volevamo diventare. E in certi momenti — pochi ma essenziali — ci ha perfino sgridato. Andiamo a vedere insieme alcuni film e autori che hanno parlato della Repubblica Italiana, con la forza del racconto.

Il dopoguerra e la fondazione del racconto nazionale: Rossellini, De Sica, Visconti

La Repubblica nasce mentre il cinema italiano sta cambiando pelle. Il 1945 è l’anno di Roma città aperta di Roberto Rossellini: un film girato quasi in presa diretta sulla devastazione e sulla resistenza. Siamo prima del referendum, ma già dentro l’anima della nuova Italia.

Qui c’è una scelta politica fortissima: raccontare i vinti, gli ultimi, chi ha sofferto davvero. E se pensi che il cinema fino ad allora era fatto soprattutto di telefoni bianchi, ambienti borghesi, dive in pelliccia e salotti in gesso, capisci la portata di quella rivoluzione. Roma città aperta non mostra ancora la Repubblica, ma la rende necessaria.

Poi arriva Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica: il capolavoro che mette in scena non solo la miseria del dopoguerra, ma anche l’assenza di una struttura sociale. Un padre e un figlio, da soli, in una città che ha perso i punti di riferimento. Non c’è Stato, non c’è protezione. La Repubblica esiste solo sulla carta, ma il popolo è ancora in mezzo alle rovine.

Visconti, da parte sua, fa un lavoro parallelo ma più ideologico. La terra trema (1948) parte da un’idea marxista: raccontare la miseria come risultato della struttura economica. È un film sul Sud, sugli sfruttati, sulle promesse non mantenute. È girato in dialetto siciliano stretto, con attori non professionisti. È la Repubblica che non arriva dove dovrebbe.

Gli anni ’60 e la satira del potere: Commedia all’italiana

Negli anni Sessanta il boom economico sembra portare finalmente un po’ di benessere. Ma il cinema non si lascia sedurre del tutto. Al contrario: è proprio in quel decennio che nasce uno dei generi più intelligenti della nostra storia, la commedia all’italiana. Un’etichetta che può far pensare alla leggerezza, ma che in realtà è spesso un’arma affilatissima per parlare del potere, della corruzione, della disillusione repubblicana.

Pensa a Il sorpasso (1962) di Dino Risi. Qui c’è l’Italia che corre veloce, che consuma, che si sente moderna. Ma sotto la superficie c’è un vuoto enorme. L’auto che sfreccia non è solo libertà: è anche fuga. E il finale — che non spoilererò per chi non lo conosce — è tra i più spiazzanti del nostro cinema.

Oppure Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini. Siamo nel caos dell’8 settembre 1943, ma la Repubblica si intravede in filigrana: è il momento in cui il cittadino si trova da solo, senza ordini, senza gerarchia, senza patria. Il personaggio di Alberto Sordi rappresenta l’italiano medio che non sa che fare. E questa incertezza rimarrà un tratto distintivo della nostra identità nazionale.

E ancora, Una vita difficile (1961) di Dino Risi, dove la parabola di un ex partigiano che cerca di restare fedele ai suoi ideali mentre tutto intorno a lui si trasforma, è un vero e proprio racconto dell’illusione repubblicana. L’ideale che viene tradito, annacquato, messo in vendita.

Anni di piombo e cinema civile: Rosi, Petri, Pontecorvo

Negli anni Settanta la Repubblica affronta il suo periodo più cupo. Terrorismo, strategia della tensione, golpe tentati, servizi deviati. Il cinema risponde con una nuova stagione militante, fatta di inchieste, fiction politiche, ricostruzioni storiche.

Francesco Rosi è il nome che torna sempre in questi discorsi. Con film come Il caso Mattei (1972) o Cadaveri eccellenti (1976), Rosi mette in scena un’Italia dove il potere non è mai trasparente. Dove l’informazione è manipolata, e dove la Repubblica sembra tradire la sua promessa di legalità e democrazia.

Elio Petri, con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), fa qualcosa di più: costruisce un’allegoria del potere che si autoassolve, che può tutto. Il protagonista è un poliziotto che commette un omicidio e cerca di farsi scoprire. Ma nessuno lo incrimina. La Repubblica qui non è nemmeno corrotta: è cieca, pavida, complice.

Pontecorvo, con La battaglia di Algeri (1966), guarda fuori dai confini, ma l’eco è fortemente interno: parla di colonialismo, ma in realtà parla anche della repressione, della violenza del potere costituito. È un film sulla lotta per la libertà. E la Repubblica — almeno in teoria — dovrebbe essere nata proprio su quella lotta.

La memoria, il racconto e la crisi dell’identità: dagli anni ’90 ad oggi

Negli ultimi decenni, il cinema italiano ha iniziato a fare i conti con la memoria della Repubblica. Con ciò che è stato e ciò che non è stato. Film come Buongiorno, notte (2003) di Bellocchio, o Il divo (2008) di Paolo Sorrentino, raccontano figure chiave della nostra storia recente — Aldo Moro, Giulio Andreotti — in chiave quasi mitologica, ma sempre legata alla crisi dell’ideale repubblicano.

In Il divo, Andreotti è una maschera tragica che incarna tutte le ambiguità del potere. La Repubblica qui è fatta di compromessi, silenzi, ombre lunghe. Ed è questa l’immagine che il cinema ci restituisce con maggiore forza: un Paese dove il potere non è mai trasparente, e dove la distanza tra Stato e cittadini resta ampia.

Un discorso simile si può fare per La meglio gioventù (2003) di Marco Tullio Giordana, che attraverso la storia di due fratelli ripercorre quarant’anni di storia italiana, dagli anni Sessanta fino al Duemila. È una saga familiare, ma anche una mappa emotiva della Repubblica. Gli ideali, le speranze, i fallimenti, le delusioni.

E poi c’è Le mani sulla città (1963) di Rosi, un film che oggi sembra ancora più attuale. Urbanizzazione selvaggia, collusioni tra politica e imprenditoria, disprezzo per la cosa pubblica. In un certo senso, è un’istantanea che ci parla ancora oggi. Perché la Repubblica non è mai stata solo una forma di governo: è un’idea. E quell’idea, spesso, è rimasta incompiuta.

Ecco, arrivati a questo punto potremmo chiederci: il cinema italiano ha festeggiato la Repubblica? La risposta è: l’ha raccontata, più che celebrata. Non si è prestato (quasi mai) alla retorica. Ha preferito le domande alle risposte. Le ombre alla luce. Ma in questo c’è un atto di amore: perché solo chi crede davvero in qualcosa, si prende la briga di metterla in discussione.

Il cinema italiano ha mostrato un Paese vivo, complesso, spesso stanco ma non domato. Un Paese che ha attraversato guerre, miracoli economici, scandali, stragi, ma che continua a interrogarsi sul senso di essere “Repubblica”.

E forse, in questo continuo racconto, c’è proprio il senso più profondo di una festa come il 2 giugno. Non un punto d’arrivo, ma un processo in corso. E il cinema, ancora una volta, resta lo specchio più onesto che abbiamo.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com