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~ LA REDAZIONE DI RC
Il cinema è una macchina del tempo. Ogni film è una finestra su un’epoca, un riflesso delle idee, delle tecnologie e delle sensibilità artistiche che lo hanno generato. Guardando i film che hanno segnato la storia del cinema, possiamo osservare non solo l’evoluzione del linguaggio cinematografico, ma anche i cambiamenti culturali, sociali e tecnologici che hanno trasformato il modo in cui raccontiamo e viviamo le storie.
Ci sono film che hanno introdotto innovazioni tecniche rivoluzionarie, altri che hanno ridefinito il concetto stesso di narrazione. Alcuni hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare, altri hanno cambiato per sempre il modo in cui pensiamo al cinema. Ogni grande film è il risultato di un momento storico preciso, di scelte artistiche coraggiose e di attori, registi e sceneggiatori che hanno saputo trasformare il loro tempo in immagini indimenticabili.
Questa rubrica esplora quei film che, per un motivo o per un altro, hanno lasciato un segno nella storia del cinema. Opere che hanno cambiato il modo in cui il pubblico guarda il grande schermo, influenzato generazioni di cineasti e ridefinito i confini di ciò che il cinema può essere.
Il film di oggi è...
Se esiste un film che incarna il concetto di opera maledetta nella storia del cinema, quello è Rapacità (Greed, 1924) di Erich von Stroheim. Un film che voleva essere il più realistico e crudo mai realizzato, ma che fu mutilato, ridotto e in parte perduto per sempre.
Von Stroheim, regista visionario e perfezionista, voleva portare sullo schermo la brutalità della vita, la miseria dell’animo umano e le conseguenze dell’avidità. Il suo film originale durava circa nove ore, un’impresa titanica per l’epoca, ma gli studios non lo accettarono e lo ridussero a poco più di due. Gran parte del girato venne distrutto, e quello che rimane di Rapacità oggi è solo un frammento del capolavoro che il regista aveva concepito.
Nonostante questo, il film è considerato uno dei più grandi della storia del cinema. La sua rappresentazione del lato oscuro dell’umanità, il suo stile realistico e il suo impatto visivo hanno influenzato generazioni di registi, da Orson Welles a Stanley Kubrick.
La trama: la rovina attraverso il denaro
Basato sul romanzo McTeague di Frank Norris, Rapacità racconta la tragica storia di John McTeague, un dentista di San Francisco la cui vita viene distrutta dall’avidità.
McTeague è un uomo semplice e dal carattere bonario, che esercita la professione in modo modesto fino a quando sposa Trina, una giovane paziente che vince 5.000 dollari alla lotteria. Da quel momento, il denaro diventa un’ossessione: Trina diventa avara e ossessionata dal risparmio, accumulando il denaro senza mai volerlo spendere, mentre McTeague, incapace di gestire la nuova situazione, si lascia trascinare in un vortice di frustrazione e rabbia.
Le tensioni aumentano quando Marcus, un vecchio amico di McTeague che si sente defraudato della fortuna di Trina, denuncia il dentista per esercizio abusivo della professione. McTeague perde tutto e si trasforma in un vagabondo, mentre Trina continua a custodire il suo denaro senza mai usarlo, vivendo nella miseria per non separarsi dai suoi risparmi.
La storia culmina in uno dei finali più memorabili del cinema muto: McTeague, dopo aver ucciso Trina per impossessarsi dei suoi soldi, fugge nel deserto della Valle della Morte. Qui viene raggiunto da Marcus, che vuole vendicarsi. Dopo una lotta feroce, McTeague uccide Marcus, ma si ritrova ammanettato al cadavere dell’uomo, senza acqua né possibilità di fuga, condannato a una morte certa sotto il sole rovente.
Un film rivoluzionario per il realismo e la messa in scena
Ciò che distingue Rapacità dagli altri film dell’epoca è il suo crudo realismo. Von Stroheim rifiutò i set artificiali tipici del cinema muto e insistette per girare il film interamente in location reali, una scelta radicale per il 1924.
Le scene degli interni furono girate in vere abitazioni e botteghe, mentre il finale fu girato nella Valle della Morte, sotto temperature estreme, con gli attori realmente esposti a condizioni estenuanti. Questa scelta era dettata dalla volontà di rendere il film un’esperienza viscerale, che facesse sentire agli spettatori il peso opprimente della storia. Oltre al realismo ambientale, von Stroheim adottò una messa in scena innovativa per esplorare la psicologia dei personaggi. Utilizzò primi piani intensi per enfatizzare l’avidità che cresceva nei loro sguardi, e inserì dettagli simbolici, come l’uso ossessivo del colore giallo – il colore dell’oro e della malattia – per rappresentare la corruzione portata dal denaro.
Un film mutilato: la versione perduta di Rapacità
L’aspetto più tragico della storia di Rapacità è la sua mutilazione. Von Stroheim aveva realizzato un film monumentale di circa nove ore, ma gli studios della MGM, preoccupati per la durata eccessiva, imposero drastici tagli. Prima fu ridotto a quattro ore, poi a due ore e venti minuti. Il regista non ebbe voce in capitolo, e le scene tagliate furono distrutte o perse per sempre. Von Stroheim, disperato, dichiarò che i produttori avevano "massacrato" la sua opera, riducendola a una caricatura della sua visione originale.
Per decenni, il film è sopravvissuto nella sua versione ridotta, diventando comunque un capolavoro. Nel 1999, il critico e storico Kevin Brownlow tentò di ricostruire il film originale utilizzando le poche fotografie delle scene tagliate e il materiale rimasto, creando una versione di quattro ore che cerca di avvicinarsi alla visione di von Stroheim.
Le tematiche: l’avidità come forza distruttiva
Al centro di Rapacità c’è il tema dell’avidità e della sua capacità di corrompere e distruggere le vite. Il film mostra come il denaro, anziché portare felicità, generi solo ossessione, paranoia e violenza. Trina, pur avendo vinto una fortuna, vive nella miseria perché non vuole separarsi dai suoi soldi. McTeague, incapace di gestire la perdita del suo lavoro, diventa violento e disperato. Marcus, spinto dall’invidia, si trasforma in un assassino. Tutti i personaggi sono vittime della loro ossessione per la ricchezza, e il film suggerisce che l’avidità è una forza primordiale, capace di ridurre l’essere umano a un animale selvaggio. Il finale, con McTeague incatenato a un cadavere nel deserto, è una delle immagini più forti della storia del cinema, una metafora potente della punizione inevitabile che il denaro infligge a chi lo insegue con cieca avidità.
L’eredità di Rapacità
Nonostante la sua storia travagliata, Rapacità è considerato uno dei più grandi film mai realizzati. Il suo realismo, la sua intensità drammatica e il suo stile visivo innovativo hanno influenzato molti dei più grandi registi del Novecento. Orson Welles lo considerava un’opera fondamentale e dichiarò che il suo Quarto potere (1941) era stato ispirato dal lavoro di von Stroheim. Stanley Kubrick apprezzava il film per la sua attenzione maniacale ai dettagli e il suo ritratto spietato della natura umana.
Anche il cinema noir e il cinema neorealista italiano devono molto a Rapacità: la sua rappresentazione della povertà, il suo uso delle location reali e il suo pessimismo radicale sono stati ripresi in film come Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica e Il tesoro della Sierra Madre (1948) di John Huston.
Conclusione: un capolavoro spezzato, ma immortale
Rapacità è la dimostrazione che un’opera può essere mutilata, distrutta, eppure rimanere un capolavoro. Anche nella sua forma incompleta, il film di von Stroheim è una delle opere più potenti e radicali della storia del cinema, un ritratto implacabile della natura umana e del potere distruttivo del denaro.
Il sogno del regista di realizzare il film più realistico della storia è stato spezzato, ma ciò che è rimasto è sufficiente per confermare che, a distanza di un secolo, Rapacità resta un’opera senza tempo, un monito sulla follia dell’avidità e sulla fragilità delle ambizioni umane.
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