Finale Monster: La Storia di Ed Gein – Spiegazione e senso del finale della Serie Netflix

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~ LA REDAZIONE DI RC

La miniserie Monster: La Storia di Ed Gein è una delle narrazioni più disturbanti e potenti degli ultimi anni. Non è solo la cronaca della vita di uno dei serial killer più famigerati d’America, ma anche una riflessione profonda su sessualità repressa, identità, trauma, e il ruolo del cinema nel raccontare l’orrore. Il finale, che si costruisce in modo sottile nel corso degli otto episodi, non si esaurisce con la morte del protagonista: è un manifesto sulle conseguenze culturali della mostruosità e sulla fascinazione che ancora esercita.

Negli ultimi episodi, Ed Gein non è più il "mostro di Plainfield", bensì un uomo anziano, fragile, malato e ormai internato in un istituto psichiatrico. Tuttavia, anche se il corpo si sta spegnendo, la sua mente continua a vivere in un altrove: tra allucinazioni, conversazioni immaginarie e un delirio di grandezza che lo trasforma, agli occhi degli altri criminali, in un “padrino” della devianza americana.

L’ossessione per la sua eredità — vera o presunta — diventa il centro della serie. Killer più giovani lo citano, lo scrivono, lo vedono come un modello. E persino le autorità, incapaci di risolvere un nuovo caso, tornano a interrogarlo come fosse un esperto di morte. Ed non è solo ricordato, è idolatrato.

Uno degli elementi più riusciti del finale è la metanarrazione. Il pubblico non assiste solo al declino fisico di Ed, ma viene trascinato nella rappresentazione cinematografica della sua figura. La serie ricostruisce il modo in cui film come Psycho, Non aprite quella porta, e Il silenzio degli innocenti abbiano attinto da Ed Gein per creare personaggi fittizi, alimentando il fascino morboso verso l’assassino.

Nel finale, vediamo giovani che vogliono profanare la sua tomba, come se fosse una reliquia. E vediamo, in una sequenza visionaria e simbolica, i personaggi nati dalla sua "leggenda" — Leatherface, Norman Bates, Buffalo Bill — difenderlo come guardiani immaginari di un culto dell’orrore. Non è più Ed l’uomo. È Ed l’icona.

Dal punto di vista clinico, la serie ci accompagna dentro la mente del protagonista fino al momento in cui l’illusione si spezza definitivamente. Il medico gli rivela che le conversazioni avute con i suoi idoli — Ilse Koch e Christine Jorgensen — erano frutto di psicosi. Nessuna radio era collegata. Nessuno lo ascoltava. Era solo. Con questo colpo di realtà, la serie inchioda Ed Gein alla verità: non era un prescelto, né un simbolo. Era un uomo gravemente malato.

La storyline di Adeline, personaggio inventato ma cruciale, arriva anch’essa a una chiusura. Nonostante tutto, torna a salutare Ed prima della fine. Anche lei ha vissuto la propria discesa nell’oscurità, ma a differenza di Ed, ha scelto di non lasciarsi divorare. Riconosce la somiglianza tra loro, ma anche la differenza fondamentale: lei vuole vivere. Lui vuole restare nel buio.

Ed muore di cancro ai polmoni, solo, senza riconoscimento, senza affetto. Ma nei suoi ultimi istanti, ha una visione consolatoria: è seduto con sua madre, da giovane, nel portico di casa. Lei gli sussurra: “Solo una madre può amarti”. La serie si chiude qui, con una frase che riassume l’intera ossessione di Gein, il trauma fondativo della sua vita, e la chiave per comprendere tutto ciò che ha fatto.

Non è un finale di redenzione, ma di cruda accettazione. La società non lo celebra, lo psichiatra non lo assolve, il pubblico lo rimuove. Solo nella sua mente Ed ottiene l’amore che ha sempre cercato.

Cosa lascia la serie?

Il finale di Monster: La Storia di Ed Gein chiude un cerchio molto più ampio di una semplice biografia criminale. È un racconto su:

L’origine della devianza: tra repressione sessuale, abusi familiari e isolamento sociale.

La trasformazione del crimine in spettacolo: come Ed è stato fagocitato dalla cultura pop.

La fragilità dell’identità: Ed non sapeva chi fosse, e ha cercato risposte nella pelle degli altri.

La memoria culturale: chi viene ricordato, perché, e in che modo.

Il vero orrore di Monster non sono i cadaveri o le mutilazioni. È il senso di vuoto, di vergogna, di bisogno disperato di amore che permea ogni inquadratura. Il finale non dà pace, ma fa riflettere. Ed Gein non è un eroe né un mostro. È lo specchio più oscuro che il nostro tempo ha imparato a guardare.

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