\"Il Gattopardo\", il kolossal internazionale italiano, e uno sguardo alla serie in arrivo

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Articolo a cura di...


~ CLAUDIA LAZZARI

Il 5 marzo 2025 approderà su Netflix la serie Il Gattopardo, diretta da Tom Shankland (episodi 1-2-3-6), Giuseppe Capotondi (episodio 4), Laura Luchetti (episodio 5).


Kim Rossi Stuart, Saul Nanni, Deva Cassel e Benedetta Porcaroli riporteranno in vita Don Fabrizio Corbera, Tancredi Falconeri, Angelica e Concetta.


La serie, remake del celebre kolossal di Luchino Visconti, resta fedele al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, come anche Fabrizio Donvito, Founder di Indiana Production, ha voluto sottolineare a Vanity Fair: «Il nostro è, in un certo senso, un percorso di salvaguardia dell’opera letteraria. Partiamo dal libro, personaggi e temi trattati dallo scrittore possono essere esaltati in un racconto di lungo respiro [...]».

La scelta di riportare sugli schermi una storia del genere rappresenta una di quelle posizioni efficacemente azzeccate dal punto di vista storico. Può mostrare la società e la storia attuale, conseguenzialmente gli animi e le incertezze degli spettatori. Il Gattopardo è, principalmente, la storia di una nobiltà che decade all'indomani dell'arrivo di Garibaldi. Una nobiltà che, se non decade, si mischia con la nuova per sopravvivere, abbandonando i propri ideali e piegandosi all'ennesima invasione. Una nuova nobiltà "così priva di scrupoli e di sani ideali" che ben si associa ai nostri nuovi ricchi. Non a caso, il personaggio di Don Fabrizio del film di Visconti dirà a padre Pirrone che «il ceto medio non vuole distruggerci, ma vuole solo prendere il nostro posto»: se le nuove invasioni politiche sono le facce che ormai vediamo tutti i giorni piantate in televisione e sui social, il ceto medio è la popolazione ideologicamente distratta che pensa solo a vendersi la dignità per i soldi che regalano le piattaforme.


Ancora una volta, uno spaccato di storia italiana riesce a rappresentare non solo l'ideologia di un popolo che non muta, come quello siciliano, ma anche le società e i sentimenti di mezzo mondo, lanciando globalmente opere d'arte che diventano veri e propri patrimoni.

Sappiamo chiaramente ben poco del nuovo Gattopardo, ma tra le novità c'è il personaggio di Concetta che sarà dotato di uno spazio esistenziale più ampio e femminista. La serie è stata ovviamente girata in Sicilia e i luoghi sono stati accuratamente ricostruiti con l'aiuto di tre tipologie di consulenti: uno religioso, uno storico e uno dell'etichetta. Per quanto riguarda i costumi, cinque sartorie hanno sfarzosamente esaltato i personaggi, per un totale di 250 persone al servizio dell'immagine.


Ma cosa possiamo aspettarci da un remake del genere? Ripercorriamo insieme la storia del film di Visconti, spartiacque nella vita professionale e personale dell'artista, spaccato fondamentale dell'Italia e squarcio profondo della storia del cinema italiano.

Il Gattopardo, di Luchino Visconti

Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli, regia di Luchino Visconti, sceneggiatura di D'Amico, Campanile, Medioli, Franciosa, Visconti, fotografia di Rotunno, montaggio di Serandrei, musiche del divino Nino Rota.


Potremmo chiuderla qui per concepirne la portata, ma come non immergersi ancora e ancora nelle immagini de Il Gattopardo. Un susseguirsi di quadri che, con la coccola della colonna sonora, ci assorbono nella pellicola. Inquadrature che danno vita alla città di "Vedute di Palermo" di Lojacono, alle macerie di "San Giovanni degli Eremiti" di Lentini, alla guerra di "Garibaldi a Palermo" di Fattori, passando per il picnic de "Le déjeuner sur l'herbe" di Monet. Potremmo bloccare ogni frame del film e fissarlo come si fa con i quadri ai musei.


La storia del celebre Giuseppe Tomasi di Lampedusa prende vita come una fiaba d'altri tempi, la fedeltà soprattutto ai sentimenti dell'opera, fin dalla prima scena, messa in vita dell'incipit del romanzo Il Gattopardo:

La recita quotidiana del Rosario era finita. Durante mezz'ora la voce pacata del Principe aveva ricordato i Misteri Dolorosi; durante mezz'ora altre voci frammiste avevano tessuto un brusio ondeggiante... Adesso, taciutasi la voce, tutto rientrava nell'ordine, nel disordine, consueto.

Nella prima sequenza del film, ci affacciamo agli esterni di Palazzo Salina, con una tecnica così bella da farci percepire la calda brezza Siciliana, e man mano entriamo all'interno della struttura e prendiamo parte agli intimi rituali familiari, che da subito ci presentano alla perfezione il contesto e i personaggi.


All'indomani del rituale del Plebiscito d'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, Sedara ottiene una sospetta unanimità di voto. Don Fabrizio avallerà la nuova politica, come farà Tancredi, che annuncia le nozze con Angelica (come voluto da Don Fabrizio, nonostante l'amore che Concetta prova per Tancredi) e l'arruolamento nell'esercito sabaudo. Convenienza e ipocrisia. Un messo dei Savoia giunge a Donnafugata per offrire a don Fabrizio un seggio nel nuovo Senato, ma il principe declina l'onore candidando Sedara, rappresentazione degli "uomini nuovi". In altre parole, la nuova nobiltà.

Si corona la trasformazione epica - ed epicamente ciclica - nel sontuoso palazzo Ponteleone a Palermo, festeggiando la ritrovata pace in Sicilia.

Tancredi e Angelica si affermano pubblicamente, ma don Fabrizio manifesta il preludio della fine, uno sfarzo che annuncia la vacuità, un senso di morte, dell'ignoto che solo chi sta decadendo può temere in quel modo. Si lancia con Angelica per il primo valzer e poi si ritira nel silenzio della biblioteca, contemplando il buio dal quale esce solo alle prime luci dell'alba. Si inginocchia al passare di un prete che porta l'estrema unzione a un morente e alza gli occhi al cielo, in attesa della fine che brilla già di un "nuovo" inizio.

Bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com'era...

Il Gattopardo rappresenta, come anticipato, una rivoluzione nella carriera di Visconti, perché ripiega nostalgicamente su di un passato che il comunismo cercava di annientare. Un mondo perduto, palesemente Proustiano, in una sfiduciata malinconia risorgimentale tipica di Verga. Visconti stesso dirà di aver aspirato ad unire il Mastro Don Gesualdo di Verga e la Recherche di Proust all'interno della sua opera. Proprio per questi temi, il film avrà un impatto importante anche sulla vita dell'autore.


Lo stile fa respirare le immagini attraverso carelli che ci portano in giro per ambientazioni sognanti, totali immensi e immersi in costruzioni ambientali e scenografiche uniche.


Nonostante la scelta del regista di prendere uno spaccato preciso del romanzo e di condurlo fino alla metaforica scena del ballo (circa un terzo del film), sintesi estrema di tutto il film, Visconti si dimostra fedele al concetto principale delle intenzioni di Tomasi da Lampedusa: la mancata rivoluzione. Tutti vendono i propri ideali per i nuovi privilegi, tutti tradiscono la rivolta, i disertori, tutti vogliono sedersi al tavolo dei vincitori, Tancredi compreso, il simbolo della resistenza. Un concetto che vive soprattutto nel finale, quando don Fabrizio trascorre la notte dinanzi a La morte del giusto di Greuze. La morte di una classe sociale, di un mondo di "leoni e gattopardi" sostituito da uno di "sciacalli e iene". Presagio di una Sicilia che incarna tutto il Sud, nell'atto di firmare una condanna il cui scotto è visibilmente pagato dal Mezzogiorno tutt'oggi.

Il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Il romanzo narra le trasformazioni storiche e quotidiane della società siciliana durante il Risorgimento, dalla caduta del Regno Borbonico alla costituzione del Regno d'Italia, in seguito alla spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi. Mondadori, Einaudi e Longanesi rifiutarono la pubblicazione de Il Gattopardo, mentre Feltrinelli lo pubblicherà dopo la morte dell'autore nel 1958. Nel 1959 vinse il Premio Strega, diventando uno dei best seller del dopoguerra e uno dei più grandi romanzi della letteratura mondiale.


Attraverso il libro, Tomasi Di Lampedusa narra la storia della propria famiglia, gli aristocratici Tomasi di Lampedusa, in particolare sul bisnonno, il principe Giulio Fabrizio Tomasi (nell'opera il principe Fabrizio Salina) vissuto durante il Risorgimento. L'ispirazione del racconto gli giunse in Curlandia, nella tenuta familiare della moglie (il castello di Stomersee, vicino al Mar Baltico), la baronessa baltica Alexandra Wolff Stomersee. Con il crollo dell'Impero Russo iniziò la fine della nobiltà baltica, spogliata di terre e proprietà, con conti ridotti in miseria. La loro decadenza illuminò, ai suoi occhi, l'avvenire che si profilava per i nobili siciliani. In Curlandia, il Nord diede forma al Sud: il destino in cui è poi incappata la Sicilia e l'Italia tutta.

La percezione della fine della vita, per come Tomasi l'aveva vissuta fino a quel momento, si impose con la deturpazione e il saccheggio del Palazzo Lampedusa, avvenuta a causa dei bombardamenti Alleati del 1943. Alla vista del Palazzo, Giuseppe Tomasi non parlò per tre giorni e sprofondò in una profonda depressione, per la perdita della sua casa storica, orgoglio della famiglia, conca della sua crescita. Solo dopo dieci anni l'autore si azzardò a scriverne.


Timido e introverso già di base, Giuseppe trovò il coraggio di iniziare a scrivere Il Gattopardo dopo aver accompagnato suo cugino, il poeta Lucio Piccolo, ad un convegno di poeti a San Pellegrino Terme, dove ebbe modo di parlare con Montale, Bellonci e Cecchi.


Il romanzo non è facilmente classificabile come storico, perché non indaga analiticamente le ragioni politiche e sociali e i cambiamenti intrinseci ed estrinseci degli eventi, piuttosto intende porre luce su un processo epocale che l'autore percepiva come mutazione a lungo termine. Lo spirito siciliano "gattopardesco" a cui fa riferimento lo scrittore incarna la sicilianità attuale, come se non fosse mai mutata. E la giustifica mettendo in luce gli infiniti invasori che hanno costretto i siciliani ad adattarsi di continuo, senza mai perdere il loro carattere regionale, l'orgoglio che è causa non solo di immobilità e di cambiamenti falsi, ma anche dell'incapacità di ribellarsi. Il culmine dell'immobilità è l'indifferenza ai mutamenti storico-sociali, che è completamente quella che viviamo oggi in Italia, soprattutto al Sud.

Curiosità sul film di Visconti

- Il famoso valzer inedito di Verdi della scena del ballo, magistralmente prodotto da Nino Rota, è legato ad una leggenda: si narra che il montatore Mario Serandrei abbia trovato la partitura in un canterano comprato per l'occasione e regalato a Visconti;


- il film risulta campione d'incassi, per un totale di 2.323.000.000 lire incassate nel 1962-1963, detenendo ad oggi il sedicesimo posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre. Tuttavia, il mancato successo negli Stati Uniti, non permise alla pellicola di rientrare nelle ingenti spese, decretando il fallimento finanziario della Titanus;


- l'America lo stroncò soprattutto a causa di un montaggio orribile che taglio mezz'ora di film; lo stesso Lancaster si impegnò a montarlo nuovamente per la distribuzione americana, illudendosi di poter salvare quello che lui stesso definiva un capolavoro;


- Visconti montò una versione del film alternativa, intrisa di marxismo, per tener buono il Comunismo che insorse contro la pellicola;


- è uno dei dodici film preferiti di Martin Scorsese;


- Claudia Cardinale accettò di essere doppiata, perché Visconti le garantì che tutti gli attori sarebbero stati doppiati per via del dialetto siciliano; quando scoprì che non fu così, si arrabbiò col regista;


- nei vari set di Palermo scelti per le scene di guerra (piazza San Giovanni Decollato, piazza della Vittoria allo Spasimo, piazza Sant'Euno, piazza della Marina), l'asfalto fu ricoperto di terra, le saracinesche sostituite da tende e persiane, i pali della luce furono eliminati e tutto per iniziativa di Visconti (la produzione non voleva scene di combattimento);


- in 24 giorni, la sede iniziale che sostituì il palazzo dei Salina - villa Boscogrande - fu restaurata completamente, perché la struttura definitiva non era inizialmente agibile;


- nel '58, quando Il Gattopardo stava riscuotendo un grande successo editoriale, il capo della Titanus, Goffredo Lombardo, acquistò i diritti del romanzo e affidò inizialmente la regia a Mario Soldati e poi a Ettore Giannini, che però vennero entrambi licenziati da Lombardo per divergenze sulla realizzazione della pellicola, e sostituiti poi con Visconti;


- "Lombardo, io questo film lo posso fare solo così. Se vuole, mi può sostituire". Questo disse il regista al produttore quando gli fu chiesto di non spendere troppo. La lavorazione del film durò 15 mesi.

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