Intervista a Marta Gervasutti - L'attore e il suo \"Diario\"

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Intervista a cura di...


~ CLAUDIA LAZZARI

In occasione dell’uscita del suo secondo libro, “Il diario dell’attore”, ho avuto il privilegio di intervistare Marta Gervasutti, regista, casting director, sceneggiatrice, insegnante e acting coach. Appena diplomata in Regia e Sceneggiatura presso la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano nel 2003, Marta Gervasutti inizia la sua carriera abbracciando, contemporaneamente alle materie del diploma, quelle del montaggio e del mixer video per la televisione. Insegna recitazione da più di 20 anni, collaborando con le scuole in tutta Italia; gestisce il canale YouTube Tutorial per Attori, attraverso il quale da consigli gratuiti a chi desidera approcciarsi alla recitazione e tiene un corso del suo personalissimo metodo, “L’attore crea”, confluito anche in un manuale che mantiene lo stesso nome. “L’attore crea” (2021) è diventato best seller tra i manuali di recitazione, in meno di un anno. Nell’attesa di possedere il secondo, “Il diario dell’attore”, regaliamo questa bellissima chiacchierata a voi lettori. Le foto di questo articolo sono a cura di Alessandra Notaro.


PS. La presentazione del libro “Il Diario dell’Attore”, di Marta Gervasutti si terrà l'8 febbraio 2025 presso Largo Venue, in via Biordo Michelotti 2, Roma, alle ore 18:00.

Attori, Casting, Diari, e esperienze

Chi è Marta Gervasutti? Come approda al cinema? Quali sono stati i primi passi in un mondo nel quale hai deciso di abbracciare più discorsi nel campo cinematografico?


Potremmo scrivere un’enciclopedia! Cercherò di essere sintetica. Il mio amore per il cinema è cominciato proprio quando ero piccolina, avevo otto anni e sono cresciuta con i classici degli anni ‘80. Ero proprio affascinata, dunque, da film avventurosi, romantici, dell’orrore… ogni genere mi affascinava in modo diverso, e mi teneva compagnia, soprattutto. La cosa che, però, mi è successa subito è che mi sono domandata come si potesse fare un film, dove si potesse imparare. E più crescevo, più avevo la possibilità di pormi domande concrete e di capire se esistessero delle scuole e se ci fosse la possibilità di imparare qualsiasi cosa. Da come scrivere un film, a come idearlo… che cosa c’era dietro, perché ovviamente non sapendo nulla non potevo neanche avere un’idea di che cosa significasse materialmente “fare cinema”. Infatti andavo matta per quelle trasmissioni che, in assenza dei social, fornivano delle informazioni sul dietro le quinte, il making off. C’erano delle trasmissioni che andavano in onda di notte, io ero piccolina quindi non potevo, ma sapevo già utilizzare i VHS, impostare la registrazione a ora tarda e le registravo tutte, riuscendo a comprendere che c’erano degli operatori, degli sceneggiatori, dei montatori… quindi diverse diverse figure professionali... e mi affascinavano tutte! E’ stato il mio primo passo per iniziare ad imparare qualcosina. Poi più crescevo più la cosa si manifestava come desiderio, quindi mi sono fatta regalare più telecamere, perché andando avanti la tecnologia avanzava. Ricordo che ero abbastanza odiata dai miei compagni di liceo perché avevo costantemente la telecamera in mano, all’epoca era una mini vhs e riprendevo qualsiasi cosa, ogni gita, in classe, ovunque. Quindi ho girati, “reperti archeologici”, che fanno parte della mia vita perché ho ripreso qualsiasi cosa. Anche questo è stato importante. In più mi è sempre piaciuto tanto scrivere e gli insegnanti, quando convocavano mia madre, le dicevano: “Ma, non scrive temi normali, scrive temi per immagini. E’ più una tecnica che si impara, questa. Non è normale”. Scrivevo già sceneggiature, come se il cinema lo avessi desiderato e voluto da sempre. Alla fine, dopo la scuola ho deciso di iscrivermi in una scuola di cinema. Ai tempi era vista come una cosa non bella: “seh, vabbè, guarda questa che va a fare”. Quindi l’ho patita anche come decisione, ero additata come quella molto diversa, sognatrice, poco razionale, insomma. Però non me ne fregava niente. Un pensiero che ho sempre avuto è che il giudizio degli altri mi interessa fino ad un certo punto, quindi ho iniziato a fare la scuola di cinema a Milano, che adesso si chiama Luchino Visconti, ai tempi era la Civica Scuola di Cinema di Milano. Era il 1999. Sono stata presa subito, ero molto giovane, c’erano anche trentenni che tentavano per la terza, quarta volta. Io ho passato la prima selezione, ne prendevano otto, ed è stato magico pensare che qualcuno mi ritenesse degna di poter imparare questa cosa. Le selezioni erano dure, avevano tre prove da superare, tra orali e scritti. Da lì non ho mai smesso, anche di imparare. Questi mestieri richiedono un apprendimento continuo, soprattutto se li ami. La tecnologia, inoltre, avanza in tempi molto stretti, quindi se non sei aggiornato rischi. Io ho cominciato girando in pellicola, figurati. Oggi si parla di 8k e quant’altro. Pensa quanti cambi ho fatto, riguardo anche le luci e le altre tecnologie: tutto si porta appresso tutto quanto. Quindi tutto mi ha sempre affascinato, e per questo ho portato avanti tutto. Non ho mai smesso di scrivere, non ho mai smesso di dirigere, attori, troupe, organizzare riprese, avere idee e il primo modo che proprio mi viene naturale è pensare o a un corto o a un film per dire come la penso su determinate argomentazioni.


Mi allaccio allora al discorso della continua evoluzione, richiamato molto anche dalla velocità del progresso, un’evoluzione che corre per stare al passo con l’avanzare della tecnologia. E mi sposto sul tuo primo libro, “L’Attore Crea”, il manuale che nasce in seguito al tuo corso di recitazione cinematografica, il cui focus è proprio un insegnamento al passo con questa evoluzione…


Assolutamente. Per insegnare, bisogna essere ancor più aggiornati.

Esatto, ma non è scontato. Io stessa ho avuto esperienze fallaci in questo senso, per cui è solo grazie alla Community che adesso la sperimento come normalità. E tu sei completamente in linea con i principi di RC. Ti chiedo, per questo, quali sono per te i vantaggi e gli svantaggi di questo sistema in continuo mutamento, in materia di recruitment di forza attoriale oggi.


Qui i temi sono tantissimi. Vuoi che ti parli esclusivamente del punto di vista del Casting Director?


Mi interessa anche il punto di vista della regia, per quanto immagino sia difficile essere bombardati di materiale e situazioni.


Hai voglia! Infatti la prima cosa che insegno è di ponderare sempre da dove arrivano le informazioni e da chi, perché purtroppo con l’avvento dei social e quello che rappresentano i social - ovvero avere la possibilità di essere messo su un piedistallo - mi capita molto spesso di vedere anche ragazzi molto giovani o con pochissima esperienza che danno consigli. I consigli sono ben accetti, non c’è niente di male, ma restano tali, quindi il tutto è sempre molto soggettivo. Quello che ho sempre tentato di fare sui Tutorial di Youtube e sui social vari, i libri, eccetera è di abbracciare il più possibile le esigenze comuni, perché poi il singolo ha una storia diversa, volontà diverse, approcci diversi e intelligenze emozionali diverse. Tutto questo non può essere valutato su un social a cui parli ad una platea, infatti per questo faccio l’insegnante. So e decido a chi insegnare, recluto anche chi sono i miei attori, non prendo chiunque. Altra cosa che, purtroppo, crea delle situazioni di un minestrone assurdo in cui chiunque prende chiunque e non c’è neanche una selezione. Non parlo ovviamente delle Accademie rinomate, che hanno invece selezioni molto dure, ma parlo di workshop e lezioni di due giorni in cui senza selezione, per fare cassa, prendono tantissima gente a caso, senza stabilire un livello di partenza da cui iniziare a dare dei concetti. Quindi ti ritrovi chi non ha mai studiato niente, con quello che studia da vent’anni e quindi già ci sono i primi disaccordi. Per cui ,alla fine, bisogna fare sempre molta attenzione a valutare da chi proviene il consiglio, capire cosa si vuole dalla vita, e non prendere sempre tutto come oro ciò che luccica, perché non è mai così, non solo nel nostro campo.


Per la terza domanda, parto da una citazione di Alan Rickman al quale fu chiesto, come spesso succede alle celebrità, di dare un consiglio alle giovani attrici e ai giovani attori che vogliono immettersi nel campo. Lui disse: “La prima cosa che dico è dimentica la recitazione. E in quel momento, all’inizio di una carriera lo intendo veramente, perché il lavoro dell’attore è un lavoro cumulativo”. E fa riferimento all’accumulare cultura, esperienze, informazioni, la conoscenza di se stessi e fare un lavoro nel rapporto con gli altri. Tutte cose fondamentali per questo lavoro. Però si dice spesso agli attori di non recitare, in qualche modo. E per quanto sia vero, spesso la cosa è in contrasto con qualsiasi tipo di insegnamento. Che pensi di questa considerazione?


La verità sta sempre nel mezzo, io penso sempre questo. Non bisogna mai dare un giudizio ai punti di vista, che siano nero o bianco. E’ sempre la metà, con varie sfumature. La realtà sta nel mezzo. Il “non recitare” non significa che uno non debba fare pratica di recitazione, è il senso che si è dato anche negli anni al significato di “recitazione”. Se lo vediamo come significato intrinseco della parola, è ovvio che significa “fare qualcosa per finta”, quindi andare ad immedesimarsi in un personaggio e dire battute a memoria. Ma il tutto è mutato tantissimo nel tempo e soprattutto i linguaggi sono tantissimi, sono diventati ancora di più oggi, perché appunto abbiamo il linguaggio cinematografico, quello televisivo, quello teatrale, quello social, quello web… c’è l’ira di Dio. E un attore dovrebbe sapere a menadito le differenze tra questi. Proprio tra questi strumenti di lavoro. Se non li conosce… io ovviamente ti dico: ci mancherebbe che un attore non faccia il lavoro di conoscenza di sé e di ciò che gli sta intorno, ma bisogna anche capire cosa significa recitare. Non vuol dire che non bisogna pensare a recitare, ma vuol dire - parafrasando Rickman - che il recitare di per sé può essere anche messo in secondo piano rispetto a tutta la marea di roba che c’è da imparare se uno vuole essere attore. E poi il significato della recitazione di oggi non è quello del 1800, parlo anche di stop acting, quando si vede che un interprete sta recitando non funziona: vogliamo l’interpretazione più naturale e veritiera. C’è anche questo nelle parole di Rickman. Perché la recitazione di una volta aveva tecniche ben diverse rispetto a quelle di oggi. Di conseguenza lo stop acting è, come dico sempre, evitare di avere il tasto On-Off, cioè di far vedere quando si sta recitando e quando non si sta recitando. Ma è una cosa, ripeto, che appartiene all’era moderna.

Approderei al secondo libro “Il Diario dell’Attore”, la cui presentazione -lo ricordo a tutti - avverrà l’8 febbraio 2025 presso Largo Venue, in via Biordo Michelotti 2, Roma, alle 18:00. Credo sia un diario sulle necessità artistiche e formative dell’attore, un pò un’evoluzione del metodo coaching de “L'Attore Crea”. Puoi parlarcene?


Il Diario dell’Attore” è nato come esigenza ancora più forte de “L’Attore Crea”, anche se strettamente collegato a quest’ultimo che contiene, appunto, il mio metodo. Mi sono resa conto, come dico anche nell’introduzione del libro, che è più difficile - non tanto analizzare i personaggi, metterli in scena, quindi la “classicità” che sta dietro all’approccio del mestiere - ma insegnare ad essere assolutamente convinti di meritare l’applauso. Guarda, sembra un paradosso, ma tantissimi attori o aspiranti, sono convinti di non essere abbastanza, di non fare abbastanza, di buttare via del tempo, di fare cose sbagliate… che se non fai questo, non avrai quell’altro…quindi, il Diario dell’Attore è un libro che non è mai esistito. Ora… non è perché io sono la figa del paese…(ride)


In realtà un pò si…


Però in realtà mi rendo conto di aver fatto una cosa molto desiderata, a cui ancora nessuno aveva pensato, ovvero ho messo proprio in pratica con delle schede su cui l’attore deve scrivere perché se non ti appunti quello che fai te ne dimentichi. Esempio, resoconto di fine anno. L’attore, al 99% ti dice: “Mah, mica tanto bene. Ho fatto solo un provino”. Punto. Non è che ti dice: “Si, però ho imparato questa cosa, ho fatto quel workshop, ho conosciuto queste persone che mi hanno insegnato questa cosa, ho affrontato dei provini bellissimi… no, va a comandare l’unica cosa, che è quello che pensano possa essere il vero risultato. Ovvero: “ho ottenuto quel ruolo/non lo ho ottenuto”. Perché sembra che tutto il resto che tu possa fare, non serva a niente, sia completamente inutile se non ti porta ad ottenere un ruolo. E questa è una visione veramente catastrofica, ma di un’intera vita. Non si deve e non si può pensarla così, altrimenti è finita. Come dico ne “L’Attore Crea”, dove ho preso il Mago di Oz - che io prendo sempre come spunto per insegnare - non è l’arrivare alla Città di Smeraldo il punto finale, o la parte più importante. E’ la strada che Dorothy percorre sul sentiero dorato che le insegna a diventare la persona che poi riesce a tornare nel Kansas. Ok? Quindi è tutto ciò che tu, da attore o da attrice, riesci ad imparare di te, del personaggio, dell’approccio che devi avere, di tutte le cose, sia tecniche che umane e psicologiche, che ti creano come persona e che ti fanno assaporare che cosa sia realmente questo mestiere. Il percorso importante non è il risultato finale, ma anche questo vale per tutto nella vita. E guai se pensi che hai buttato via il tuo tempo perché non sei riuscito a vincere quel provino, per un intero anno, e questo vuol dire dedicare la propria vita al fallimento. Ma non perché nessuno mai vincerà provini, non sto dicendo assolutamente quello. Ma non è il fine ultimo. Poi è ovvio che, io sono d’accordissimo, “bisogna campà, regà!”, lo dico anche nel libro, non si vive di favole e sani principi. Io sono molto pratica. Però sono convinta che se non si arriva a quel provino si arriva a tanta altra roba. Magari spot, a cui non dai importanza, magari hai girato con ragazzi di una scuola di cinema a cui non hai dato importanza, magari hai conosciuto una persona importante che ti ha dato importanti consigli su come poter crescere in questa professione e magari hai completamente dimenticato che quella cosa lì te l’ha detta quella persona. Il Diario dell’Attore è fatto apposta per appuntarsi ogni minima cosa, che ti sembra minima, ma che poi alla fine dell’anno ti fa dire: Caspita, ma quante cose ho fatto quest’anno?! A dare coscienza, coraggio e tante pacche sulle spalle a chi pensa che questo sia un mestiere impossibile da fare. Non è impossibile, costanza, perseveranza e determinazione gli fanno da padrone, sempre.


Concludo quest’intervista ringraziando anche pubblicamente Marta, che mi ha chiesto immediatamente di darle del tu, e con dolcezza e simpatia mi ha passato questi splendidi concetti. Non c’è retorica nelle sue parole, ma solo pratica verità. Una bella chiacchierata molto più utile di intere ore di insegnamenti.


Claudia Lazzari, Vice-Direttrice del Blog di Recitazione Cinematografica

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