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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di José Menendez rappresenta un viaggio nella mente di un uomo tormentato e complesso, un personaggio che incarna le contraddizioni più oscure delle dinamiche familiari. Attraverso le sue parole, emerge una stratificazione di emozioni – negazione, giustificazione, trauma e autoassoluzione – che offre uno spaccato inquietante di un individuo intrappolato in un ciclo di violenza intergenerazionale.
STAGIONE 2 EP 6
MINUTAGGIO: 1:29:28-1:30:50
RUOLO: José Menendez
ATTORE: Javier Bardem
DOVE: Netflix
INGLESE
No, I... I... I never did that. No. I mean, what... what... I don't know. Maybe it's time I tell you why. What do you mean "time"? You're scaring me. There's something that I haven't told you, but... I haven't told you because of the way you'd react, what you'd think, how it would sound. I know what it is to be abused. The pain and the confusion of it. Because when I was little, um... I don't remember... how old, but I was still in diapers, so I was little. My mother would fondle me and my penis until I got an erection, and then she would start laughing... because she thought it was funny. I didn't know what to think about that because it tickled me, and I loved making my mother laugh. But then later on, when I was older, I was six, seven years old, Marta, my sister, was arguing with her and saying, "Mom, don't do that anymore. You shouldn't. It's not right." And my mother said, "Marta, stop being silly. It is nothing." And you know what? When I heard that, I thought, "She's right. It's nothing." I mean, it's... I know now that that was wrong, but at the time, to her, maybe not. Maybe not. Because to those people, people of a certain age... for them, it was just something silly, something funny. Something... stupid, maybe. It was something that would happen in real life, that would happen in a real family. It's not that big of a deal. Mm-mm. Hmm. Oh... Right. I know why you're confused. Because of... Yeah, I understand that. Because I take showers with them sometimes after tennis. I wrestle with them. I grab them. I touch them. Come on. That's completely normal. That's something that my father did with me as well. And I... I... have tried my whole life to make men out of those two boys. Soldiers. Soldiers. Soldiers. Soldiers. I mean, have I taken it too far sometimes? Yeah, I know. I've shouted a lot. I know that, Kitty. I... I hit them sometimes. What the fuck? And, I mean, I have regrets in my life. I'm ashamed of a lot of things in my life. But not that. My love, I love you. You know why I'm not regretting? Because I love you, and because we are a family. [chuckles] That's what matters. We are a family. Wow, that's a good slogan, actually. fuck! "Florida is family." There you go. Let's go upstairs and get some sleep.
ITALIANO
No, io non l'ho mai fatto. Come ti viene... Non lo so, forse è ora di dirti il perché. C'è una cosa che non ti ho detto, ma... non te l'ho detto per il modo in cui reagiresti, che cosa penseresti, come suonerebbe. So che vuol dire subire abusi. Il dolore e la confusione che causa, perché da piccolo... Ora non ricordo quanti anni avessi, ma portavo ancora il pannolino. Mia madre toccava me e il mio pene finché non avevo un erezione, e poi si metteva a ridere, perhcé pensava che fosse divertente. Io non sapevo che cosa pensare, perché mi faceva il solletico, e io adoravo far ridere mia madre. Ma poi, qualche anno dopo, avevo forse sei, sette anni, Marta, mia sorella stava litigando con lei. E diceva: "Mamma dai, non farlo più, non dovresti, non sta bene". E mia madre disse: "Marta, smettila di fare la sciocca, non è niente". E all'epoca ho pensato che avesse ragione. non è niente, voglio dire... Adesso so che era sbagliato. Ma in quel momento per lei... forse no, forse no perché per quelle persone, gente di una certa età... Per loro, quella era solo una cosa per ridere, una cosa buffa, una cosa stupida magari, era una cosetta da niente. Sarebbe potuta succedere in qualsiasi famiglia. Non è un problema così grosso. Mh... Mh... Oh... Kitty, so perché sei confusa. Alla fine... si, si lo capisco. Perché a volte faccio la doccia con loro dopo il tennis. Facciamo la lotta, li afferro, li tocco. Ma andiamo, è tutto normale. E' una cosa che faceva anche mio padre con me. E io... io ho... ho provato per tutta la vita a trasformare quei due ragazzi in uomini. Soldati, soldati, soldati, soldati. Forse sono andato un pò oltre a volte? Si, forse. Alzo spesso la voce? Lo so, Kitty. E li picchio, a volte? E allora, cazzo allora? Voglio dire, ho dei rimpianti della vita, mi vergogno di molte cose che ho fatto, ma non di questo. Amore mio, io ti amo, e sai perché non mi pento? Perché io ti amo, e perché noi siamo una famiglia. Questo è l'importante. Noi siamo una famiglia. Wow, per niente male come slogan, cazzo! "La Florida è una famiglia". Ecco fatto. Andiamo su, cerchiamo di riposare.
La trama di Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez si concentra sull’omicidio di José e Kitty Menendez, genitori dei fratelli Lyle ed Erik, avvenuto nel 1989. La serie segue la scia del successo della prima stagione dedicata a Jeffrey Dahmer, adottando uno stile narrativo che si sofferma su eventi reali rielaborati attraverso un filtro drammatico, spesso crudo.
La serie ripercorre la complessa relazione familiare dei Menendez, un nucleo apparentemente perfetto e benestante che nasconde profonde dinamiche di abuso e tensioni. José Menendez è ritratto come un uomo autoritario e manipolatore, ossessionato dal successo e dall'immagine sociale, mentre Kitty, la madre, è descritta come una figura fragile, in balia delle sue insicurezze e della dipendenza emotiva dal marito.
La narrazione parte dall’omicidio dei genitori, avvenuto nella loro lussuosa villa di Beverly Hills. Lyle ed Erik sparano a José e Kitty con fucili da caccia, inscenando inizialmente una rapina finita male. Tuttavia, le incongruenze nelle loro testimonianze e lo stile di vita eccessivo dei due fratelli nei giorni successivi al crimine (spese folli e acquisti di lusso) destano sospetti, portando alla loro incriminazione.
Un elemento cruciale della trama è la rappresentazione del trauma e degli abusi subiti dai fratelli Menendez durante l’infanzia. La loro difesa, durante il processo, si basò su accuse di abusi sessuali e psicologici perpetrati da José, presentato come un padre predatore. Kitty, pur non direttamente coinvolta negli abusi, è mostrata come una figura passiva, incapace di proteggere i figli.
La serie adotta una struttura narrativa non lineare, con flashback che esplorano il passato della famiglia Menendez, mostrando il deteriorarsi delle relazioni e il contesto che ha portato all'omicidio. Questo approccio consente di mettere in discussione le motivazioni dei fratelli: sono vittime che si sono ribellate, oppure colpevoli che hanno agito per avidità e risentimento?
Un altro focus della serie è il processo giudiziario, che ebbe un’enorme eco mediatica negli anni ‘90. Viene messo in evidenza come l’opinione pubblica si sia divisa sul caso, tra chi vedeva i fratelli come carnefici spietati e chi, invece, come vittime di un sistema familiare tossico. La serie sottolinea l’impatto della televisione sull’opinione pubblica: il processo fu uno dei primi ad essere trasmesso in diretta, trasformandolo in un evento nazionale.
Questo attribuito a José Menendez è un pezzo complesso e disturbante che richiede un'analisi attenta per coglierne le sfumature. È uno spaccato di una personalità tormentata e profondamente contraddittoria, che cerca di razionalizzare comportamenti e scelte attraverso un groviglio di giustificazioni, negazioni e ammissioni parziali.
Il monologo è costruito su più livelli emotivi:
Negazione iniziale: José inizia rifiutando categoricamente le accuse implicite, un meccanismo di difesa comune in chi si trova con le spalle al muro.
Confessione mascherata: Passa a raccontare un episodio traumatico della sua infanzia, presentandolo con una tonalità quasi distaccata, come se cercasse di normalizzarlo o di attenuarne la gravità.
Auto-giustificazione: Cerca di contestualizzare i suoi comportamenti con i figli, collegandoli alla propria esperienza passata e minimizzandoli come qualcosa di normale, radicato nella cultura o nell’educazione ricevuta.
Contrasto finale: Chiude con un’affermazione di amore e orgoglio per la famiglia, ma il tono tradisce una consapevolezza implicita del suo fallimento come padre.
Questa progressione crea un ritratto di una figura umana spezzata, che oscilla tra consapevolezza e rimozione, tra colpa e autoassoluzione.
Uno dei temi centrali del monologo è il trauma e il suo impatto sulle dinamiche familiari. José descrive un episodio di abuso vissuto da bambino, un momento che rappresenta un punto di partenza nella sua deformata percezione delle relazioni intime e dei limiti genitoriali. Questo abuso diventa una sorta di giustificazione per i suoi comportamenti attuali, un ciclo di violenza psicologica e fisica trasmesso da una generazione all’altra.
José non riesce a spezzare questo ciclo; anzi, sembra razionalizzarlo come un metodo educativo accettabile: "Li tocco. Ma andiamo, è tutto normale". Questa frase, così carica di ambiguità e rimozione, svela la sua incapacità di distinguere tra ciò che è sano e ciò che è profondamente sbagliato.
Il personaggio di José è intriso di ambiguità morale. Il monologo lo rappresenta come un uomo che, pur confessando comportamenti inaccettabili, sembra incapace di provare un rimorso autentico.
Le sue affermazioni: "Mi vergogno di molte cose che ho fatto, ma non di questo.""Io ti amo, e perché noi siamo una famiglia. Questo è l'importante." rivelano un’ossessione per l’apparenza di normalità e coesione familiare, che usa per giustificare abusi e violenze. José sembra credere che i suoi comportamenti siano giustificati dal contesto culturale o dalle sue intenzioni (fare dei figli dei “soldati”), ignorando o minimizzando l’impatto devastante delle sue azioni.
Quando dice “Mh... Mh... Oh...” sembra prendere tempo, come se cercasse le parole giuste per convincere sia sé stesso che l’interlocutore. Alterna momenti di calma apparente (quando racconta l’abuso infantile) a esplosioni di rabbia e frustrazione (“E allora, cazzo allora?”), che sottolineano il conflitto interiore.
Questo monologo è un ritratto potente e inquietante di un uomo intrappolato nei propri demoni. Offre un’esplorazione della psicologia di un abusatore che non riesce (o non vuole) confrontarsi pienamente con le sue colpe. José Menendez emerge come una figura tragica e ripugnante al tempo stesso, un uomo che cerca disperatamente di giustificare l’ingiustificabile, utilizzando il concetto di famiglia come scudo per proteggere la propria immagine e rimuovere la propria responsabilità.
Il monologo di José Menendez è un esempio magistrale di scrittura drammatica che riesce a catturare l’ambiguità morale e il tormento psicologico di un personaggio. Le sue parole sono al tempo stesso una confessione e un tentativo di giustificazione, che rivelano una mente frammentata incapace di distinguere tra amore e violenza, tra normalità e abuso. Questo pezzo ci sfida come spettatori a confrontarci con il tema della responsabilità individuale e con il peso del trauma, lasciandoci con una domanda inquietante: fino a che punto le esperienze personali possono spiegare, o forse giustificare, le azioni di un individuo?
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