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Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Introduzione
La miniserie "Alfredino, una storia italiana" ci immerge nella tragica vicenda di Alfredo Rampi, il bambino caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nel 1981. Questo evento ha scosso l'Italia, diventando un momento chiave nella storia del paese e della sua gestione delle emergenze civili. Il monologo analizzato si colloca in un contesto di riflessione e azione, trasmettendo messaggi potenti sulla sicurezza dei bambini, la responsabilità sociale, e il ruolo dei media.
Contesto Storico e Sociale
Il 10 giugno 1981, il piccolo Alfredo Rampi cadde in un pozzo a Vermicino, vicino a Roma, innescando una delle prime grandi operazioni di soccorso trasmesse in diretta televisiva in Italia. La vicenda suscitò un'immensa empatia e indignazione pubblica, evidenziando carenze nella gestione delle emergenze e nella sicurezza infantile. La tragica vicenda di Alfredo Rampi ha rappresentato un punto di svolta per la gestione delle emergenze in Italia, culminando nella creazione del Ministero per la Protezione Civile. Questa istituzione ha segnato un miglioramento significativo nelle politiche di sicurezza nazionali e nella coordinazione delle risposte alle emergenze.
RUOLO: Franca Rampi
ATTRICE: Anna Foglietta
INGLESE
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ITALIANO
Buongiorno. Benvenuti al centro Alfredo Rampi per la protezione civile. So bene che se siete intervenuti così numerosi non è certo per sentir parlare delle iniziative del , del campo scuola che stiamo organizzando a Monte Antenne o di tutti gli interventi che facciamo ogni giorno per mettere in sicurezze pozzi, strade, scuole, giardini... no. Voi siete qui perché volete che io parli di un bambino di 6 anni morto per colpa dell’irresponsabilità, dell’ignoranza, della negligenza. Un bambino di 6 anni caduto in un buco lasciato scoperto. È per questo che siete qui: è lui che vi interessa. Va bene. Parliamo di quel bambino. Si chiamava Stefano, viveva in provincia di Pordenone coi suoi genitori. Stefano è annegato in un laghetto per fare le neve artificiale, si era tuffato per salvare un suo amico e intorno a quel buco non c’era niente. Non c’era un muretto di protezione, solo dei fili un po’ allentati, ma il caso - e questo lo dovete scrivere - è stato archiviato come eccessiva imprudenza da parte della vittima. Ma parliamo anche di Salvatore e Antonino, di 7 e 9 anni, due bambini morti in un pozzo profondo 25 metri alla periferia di Siracusa il 12 giugno del 1981. Quando tutti quanti voi eravate a Vermicino, in Sicilia morivano due bambini senza che nessuno ne sapesse niente, senza che nessuno di voi abbia scritto due righe, fatto un’intervista, rilasciato un servizio dal luogo della tragedia. Potrei andare avanti così per ore, coi mille incidenti che riguardano i nostri figli ogni giorno sotto i nostri occhi, ma non servirebbe a niente... perché tanto a voi non interessa, voi non volete ascoltare. Voi volete le lacrime. Beh, se vi aspettate le mie di lacrime, il mio dolore per quello che è successo ad Alfredo, mi dispiace ma vi devo deludere. Io non accuso nessuno. Non l’ho fatto allora e non lo farò oggi. L’ho detto al Presidente Pertini 5 minuti dopo che mio figlio è stato dichiarato morto. In quei 3 giorni, tutti - vigili del fuoco, speleologi, dottori - tutti hanno fatto quello che potevano, ma era il modo di intervenire ad essere sbagliato perché ognuno lavorava per conto proprio invece che sedersi tutti intorno allo stesso tavolo e affrontare l’emergenza insieme. Organizzare mezzi e personale è compito dello Stato! Questo il Presidente Pertini l’ha capito molto bene e quindi ha creato il Ministero per la Protezione Civile esattamente con questo scopo. Ma se oggi io e mio marito siamo qui, se abbiamo aperto questo centro, è per un obiettivo più grande: per fare in modo che nessun altro Stefano possa più annegare in un laghetto per fare la neve artificiale, nessun altro Salvatore e Antonino anneghino in una pozza d’acqua di 20 metri, che nessun altro Alfredo muoia in un pozzo artesiano lasciato scoperto. E lo faremo ascoltando ogni vostra segnalazione, e lo faremo ascoltando tutte le segnalazioni che ci arriveranno: cornicioni, fogne, strade rotte, buche, tutto! E soprattutto lo faremo parlando ai bambini, insegnando loro a non farsi male fuori e dentro casa prima che sia troppo tardi. Ecco... non dev’essere più troppo tardi. Mai più.
Il monologo si distingue per l'intensità emotiva e la capacità di connettersi con l'ascoltatore, utilizzando tecniche recitative che enfatizzano la sincerità e l'urgenza del messaggio. La scelta di toni e pause enfatizza la gravità dei temi trattati, mentre l'interpretazione trasmette un profondo senso di responsabilità e impegno. Il monologo affronta temi cruciali come la negligenza, la comunità, e l'impegno civile, legandoli strettamente al contesto storico-sociale italiano. Attraverso le storie personali, si riflette sulla collettiva responsabilità nella protezione dell'infanzia, sottolineando l'importanza di un'azione coordinata e consapevole. Il monologo sottolinea la necessità di un impegno costante nella prevenzione degli incidenti che coinvolgono i bambini, promuovendo la cultura della sicurezza e dell'attenzione verso i pericoli quotidiani.
Il riferimento al ruolo dei media nella narrazione degli eventi e nella sensibilizzazione pubblica emerge come un tema fondamentale. Il monologo critica la ricerca sensazionalistica del dolore, invitando invece a un giornalismo più consapevole e costruttivo.
Conclusione
Il monologo analizzato in "Alfredino, una storia italiana" funge da potente veicolo di riflessione e cambiamento sociale, evidenziando l'importanza della responsabilità collettiva, della memoria storica, e dell'impegno verso un futuro più sicuro per i bambini.
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