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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Margot nel finale di The Menu rappresenta uno dei momenti più potenti del film, in cui la protagonista sfida apertamente lo chef Slowik, smascherando la sterilità emotiva e l'intellettualismo vuoto della sua cucina. Attraverso una critica tagliente e diretta, Margot sovverte le dinamiche di potere all'interno della storia, e porta alla luce uno dei temi centrali del film: l'alienazione dell'artista che perde il contatto con il suo scopo originario. In questo discorso, il cibo diventa una metafora dell'arte e della sua relazione con il pubblico.
MINUTAGGIO: 1:28:50-1:30:32
RUOLO: Margot
ATTRICE: Anya Taylor-Joy
DOVE: Disney+
INGLESE
I don’t like your food. What did you say? I said I don’t like your food, and I would like to send it back. For starters, you’ve taken the joy out of eating. Every dish you served tonight has been some intellectual exercise rather than something you want to sit and enjoy. When I eat your food, it tastes like it was made with no love. Then you’re kidding yourself. Come on, Chef. I thought tonight was a night of hard home truths. This is one of them. You cook with obsession, not love. Even your hot dishes are cold. You’re a chef. Your single purpose on this Earth is to serve people food that they might actually like, and you have failed. You’ve failed. And you’ve bored me. And the worst part is I’m still fucking hungry. Yes, I am. Starved. What do you have? You know what I’d really like? Tell me. A cheeseburger. A real cheeseburger. Not some fancy, deconstructed avant bullshit. A real cheeseburger.
ITALIANO
Non gradisco il suo cibo. Ho detto che non gradisco il suo cibo e vorrei che lo toglieste di mezzo. Prima di tutto, lei ha tolto la gioia di mangiare. Ogni piatto che ha servito stasera era più un esercizio intellettuale che un qualcosa davanti al quale ci si siede, e si gradisce. Quello del suo cibo, è il sapore di una cosa fatta senza amore. Lei si sta prendendo in giro da solo. Avanti chef, credevo fosse una serata di dure verità familiari, e lo è: lei cucina in modo ossessivo, non con amore. Sono freddi anche i cibi caldi. Lei è uno chef. Il suo unico scopo su questa terra è fornire del cibo che la gente possa gradire, e lei ha fallito. Ha fallito e mi ha annoiata. E la parte peggiore è che ho ancora una fame del cazzo. Si, cazzo. Da morire. Sa che cosa vorrei? Un cheeseburger. Un vero cheeseburger, non una stronzata da avanguardia. Un vero cheeseburger.
The Menu è un thriller horror psicologico del 2022 diretto da Mark Mylod. Il film ruota attorno al mondo esclusivo dell'alta cucina e tratta temi come il consumismo, l'ossessione per il lusso e il divario tra le classi sociali, attraverso una narrazione satirica.
La storia segue una giovane coppia, Margot (interpretata da Anya Taylor-Joy) e Tyler (Nicholas Hoult), che si unisce a un gruppo di ricchi e influenti ospiti per una cena esclusiva in un ristorante estremamente lussuoso situato su un'isola remota. Il ristorante è gestito dal famoso e enigmatico chef Julian Slowik (interpretato da Ralph Fiennes), un uomo ossessionato dalla perfezione artistica della sua cucina.
Gli ospiti sono accolti con grande formalità e vengono serviti una serie di piatti elaborati che raccontano una storia attraverso la gastronomia, con ogni portata che rivela strati più profondi di significato e tensione. Col progredire della cena, gli ospiti si rendono conto che l'esperienza culinaria si trasforma in qualcosa di inquietante e violento. Ogni portata svela segreti e vendette legate agli ospiti e allo chef stesso, il quale sembra aver progettato la serata per un epilogo fatale.
Margot, che non appartiene alla stessa classe sociale degli altri ospiti, diventa un personaggio chiave nella trama, poiché la sua presenza non è stata prevista dallo chef Slowik. Questo crea un'interessante dinamica tra lei e il cuoco, mettendo in discussione il suo ruolo all'interno del gioco perverso che si sta svolgendo.
Il monologo di Margot riesce a sovvertire le dinamiche di potere tra lei e lo chef Slowik, portando a una riflessione critica sulla natura dell'arte culinaria e, per estensione, sull'arte in generale.
Margot inizia il monologo con una dichiarazione diretta: "Non gradisco il suo cibo". Questa frase è un attacco immediato e semplice, che demolisce l'intero impianto concettuale di Slowik. La critica non è tanto rivolta alla qualità tecnica dei piatti, ma alla mancanza di emozione e di "gioia" nel cibo che ha preparato. Margot accusa Slowik di aver trasformato il cibo in un mero "esercizio intellettuale", privandolo del suo valore più umano e genuino: il piacere di mangiare.
Questa osservazione si riallaccia a uno dei temi centrali del film: l'ossessione per la perfezione e l'intellettualizzazione dell'arte che, invece di elevare l'esperienza, la rende fredda e distaccata. Slowik ha creato un'esperienza gastronomica che non soddisfa il bisogno fondamentale di nutrimento e piacere, ma serve soltanto come dimostrazione della sua superiorità e controllo. La sua cucina, come sottolinea Margot, è sterile, vuota di amore e calore umano.
Margot accusa lo chef di non cucinare "con amore" ma con ossessione, rendendo persino i "cibi caldi" emotivamente freddi. Questa affermazione è una critica anche alla visione distorta dell'arte che Slowik incarna. L'ossessione per la tecnica e il controllo ha trasformato l'atto creativo in una gabbia, un meccanismo ripetitivo che ha perso il contatto con il vero scopo del cibo: dare piacere.
L'affermazione di Margot, "Lei si sta prendendo da solo", mette in luce l'autocompiacimento dell'artista che crea non per il pubblico, ma per se stesso, in una spirale egocentrica che lo ha allontanato dal suo scopo originario. Questa critica colpisce profondamente Slowik, che in tutto il film appare come un uomo prigioniero delle sue stesse creazioni, incapace di trovare una via d'uscita dalla perfezione che ha costruito.
Margot esprime una frase chiave: "Ha fallito e mi ha annoiata. E la parte peggiore è che ho ancora una fame del cazzo". Questa battuta, cruda e diretta, contrasta con l'atmosfera elitista e intellettuale del ristorante, riportando l'attenzione sull'esperienza più primordiale e semplice legata al cibo: saziare la fame. L'ammissione di essere ancora affamata rappresenta il fallimento ultimo di Slowik: ha creato un'esperienza elaborata e "avanguardistica", ma ha trascurato la funzione basilare del cibo, lasciando i suoi ospiti insoddisfatti.
Il cheeseburger diventa un simbolo di ritorno alle radici, alla genuinità, alla connessione emotiva che il cibo dovrebbe avere con chi lo consuma. Rappresenta anche una critica alla "stronzata da avanguardia", ovvero a tutto ciò che è esageratamente elaborato, senza contenuto reale. Con questa richiesta, Margot ribalta completamente il potere, sfidando Slowik a riconoscere la bellezza nella semplicità. La richiesta di un cheeseburger, apparentemente banale, costringe Slowik a riconnettersi con se stesso e con la vera essenza del suo mestiere. Margot riesce a spezzare la rigidità dell'artista attraverso una richiesta che richiede amore e autenticità, non perfezione tecnica. Questo atto semplice diventa il momento di redenzione dello chef, un ritorno all'origine, e la dimostrazione che la vera arte non deve necessariamente essere complicata, ma deve essere umana.
Attraverso la sua richiesta di un cheeseburger, Margot riesce a risvegliare nell'artista un ricordo di ciò che conta veramente, dimostrando che non è la complessità a definire il valore di un'opera, ma la capacità di toccare il cuore di chi ne fruisce. Questo momento, quindi, rappresenta il culmine del viaggio di entrambi i personaggi, segnando la vittoria della passione sulla tecnica fredda e vuota.
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