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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo del bar in A Beautiful Mind è uno dei momenti più significativi del film, in cui John Nash formula per la prima volta la sua teoria rivoluzionaria. Ambientato in una scena apparentemente quotidiana, il discorso si trasforma in una riflessione sulla logica collettiva, la cooperazione e il comportamento strategico.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto 50 secondi
Il film comincia nel 1947, quando un giovane John Nash (interpretato da Russell Crowe) arriva a Princeton con una borsa di studio per frequentare un corso di dottorato in matematica. Nash è subito riconoscibile come un outsider: socialmente goffo, introverso, ossessionato dall’idea di trovare un'idea “originale”, un'intuizione che possa cambiare il mondo della matematica. Non è interessato ai corsi, né a costruire relazioni accademiche tradizionali. È affamato di qualcosa di suo, qualcosa che lo distingua. Dopo mesi di isolamento e tentativi falliti, Nash ha una sorta di illuminazione mentre osserva il comportamento di un gruppo di studenti: sviluppa quella che diventerà la sua “teoria dell’equilibrio non cooperativo”, una variante della teoria dei giochi, che più avanti sarà decisiva per il suo futuro accademico e professionale.
A questo punto il film si apre verso due direzioni: da un lato seguiamo l’ascesa intellettuale di Nash, e dall’altro iniziamo a percepire qualcosa di strano nei suoi comportamenti. Nash viene coinvolto da un misterioso agente governativo, William Parcher (Ed Harris), per lavorare su operazioni di decrittazione di codici sovietici. Si convince di essere al centro di una rete di spionaggio, dove ogni dettaglio potrebbe essere un messaggio cifrato. Nel frattempo incontra Alicia (Jennifer Connelly), una sua studentessa. Tra i due nasce una relazione che sfocerà in matrimonio. Alicia rappresenta un punto d’equilibrio nella vita di Nash, anche quando il confine tra realtà e allucinazione comincia a sbiadire del tutto. Il film gioca molto su questa ambiguità percettiva: vediamo il mondo attraverso gli occhi di Nash, senza sapere quanto di quello che vede sia reale o frutto della sua mente.

Adam Smith va rivisto. Perché se tutti ci proviamo con la bionda, ci blocchiamo a vicenda. E alla fine, nessuno di noi se la prende. Allora ci proviamo con le sue amiche, e tutte loro ci voltano le spalle perché a nessuno piace essere un ripiego. Ma se invece nessuno ci prova con la bionda, non ci ostacoliamo a vicenda, e non offendiamo le altre ragazze… è l’unico modo per vincere. L’unico modo per tutti di scopare. Adam Smith ha detto che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, giusto? E’ questo che ha detto. Giusto? Incompleto. Incompleto. Perché il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé e per il gruppo. Dinamiche dominanti signori, dinamiche dominanti. Adam Smith si sbagliava.
“Adam Smith va rivisto.” Come se lo stesse pensando ad alta voce. Sguardo fisso su un punto, già lontano da chi ha attorno.
“Perché se tutti ci proviamo con la bionda, ci blocchiamo a vicenda.” Tono asciutto, logico, ma con una punta di sarcasmo involontario. Pausa dopo bionda — come se la parola fosse una variabile in un’equazione.
“E alla fine, nessuno di noi se la prende.” Piccola pausa prima di nessuno, quasi a preparare la "conclusione sbagliata" della logica classica. Sorriso appena accennato: non ironico, ma compiaciuto dalla logica che si sta costruendo.
“Allora ci proviamo con le sue amiche,” Ritmo leggermente più rapido. Sguardo che si muove a cercare il gruppo, come a simulare visivamente il comportamento ipotetico.
“e tutte loro ci voltano le spalle perché a nessuno piace essere un ripiego.”
Pausa breve dopo "spalle", poi il tono si fa più tagliente su ripiego. Qui Nash entra nel cuore dell’errore sociale, e lo marca con un tono più netto, quasi irritato.
“Ma se invece nessuno ci prova con la bionda,” Entra nel "what if". Cambio sottile di tono: speculativo, ipotetico, più attivo. Pausa breve dopo nessuno, per dare peso al condizionale.
“non ci ostacoliamo a vicenda, e non offendiamo le altre ragazze…” Gesto con la mano che accompagna la struttura logica: causa-effetto. Pausa sospesa dopo ragazze…, lascia il tempo alla teoria di posarsi.
“è l’unico modo per vincere.” Detto con fermezza asciutta. Voce più bassa, tesa.
“L’unico modo per tutti di scopare.” Qui Nash rompe il registro. Parola tagliente, concreta, irrompe nella teoria con brutalità realistica. Detto con tono piatto, quasi a dimostrare che è una parte del teorema, non una provocazione.
“Adam Smith ha detto che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, giusto?” Qui comincia la parte didattica. Tono più incalzante, interrogativo, cerca l’assenso degli altri. Pausa dopo giusto?, breve, ma importante per creare complicità.
“E’ questo che ha detto. Giusto?” Ribadisce, ma con tono crescente, come se avesse bisogno che lo confermino per poter contraddirlo. La seconda giusto? è più netta, pressante.
“Incompleto. Incompleto.” Voce secca, bassa. Detto due volte, ma la seconda va data con più gravità. Pausa tra le due, occhi fissi, come se vedesse il limite della teoria materializzarsi davanti a sé.
“Perché il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé e per il gruppo.” Questa è la tesi vera del monologo. Detto lentamente, scandendo bene per sé e per il gruppo.
“Dinamiche dominanti signori, dinamiche dominanti.” Voce più calda, quasi un insegnante che ha appena introdotto un concetto chiave.
“Adam Smith si sbagliava.” Conclusione secca. Detto con tono misurato, non trionfale.
Uno dei momenti più emblematici di A Beautiful Mind è senza dubbio il monologo di John Nash al bar, nel primo atto del film. Una scena che, a una prima visione, potrebbe sembrare leggera, quasi da commedia universitaria. In realtà è il momento in cui Nash formula per la prima volta quella che diventerà la sua intuizione rivoluzionaria nel campo della teoria dei giochi, per cui riceverà anni dopo il Premio Nobel per l’economia. Questa frase apre il monologo e segna un punto di rottura. Nash pronuncia il nome di Adam Smith, padre dell’economia moderna, come se stesse parlando di un collega da correggere. L’intonazione è ferma ma trattenuta, carica di un’intuizione che sta per esplodere. In scena, Nash è seduto tra i suoi colleghi, ma è già altrove mentalmente. Lo spettatore percepisce che qualcosa si è acceso. “Se tutti ci proviamo con la bionda, ci blocchiamo a vicenda…” Nash prende una situazione sociale banale – l’approccio a un gruppo di ragazze – e la trasforma in modello matematico. Il tono è quasi didattico, ma mai pedante. Questa è una delle grandi sfide per l’attore: non cadere nella spiegazione scolastica, ma far vivere il ragionamento, renderlo dinamico, concreto. In questo passaggio si nota come Nash usi il linguaggio quotidiano per tradurre un concetto complesso. L’osservazione è fredda, logica, ma sempre attraversata da una certa urgenza comunicativa: sta scoprendo qualcosa mentre lo dice. “...nessuno se la prende. Allora ci proviamo con le sue amiche, e tutte loro ci voltano le spalle…”
Qui la scena guadagna ritmo. Nash descrive una sequenza di azioni e reazioni, come se stesse tracciando un algoritmo comportamentale. Il punto non è il rifiuto amoroso, ma l'inefficienza del comportamento collettivo. Tutto si muove verso la rottura della regola dominante. In questo senso, Nash è un personaggio che incarna l’anti-conformismo scientifico. “Ma se invece nessuno ci prova con la bionda…” Qui la scena cambia tono. Nash introduce l’ipotesi alternativa. È qui che si avvicina alla sua vera intuizione: la possibilità che la cooperazione generi risultati migliori della competizione individuale. L’attore qui deve giocare con il ritmo: rallentare leggermente, dare spazio alla logica che si fa strada. Il pubblico non deve solo capire il concetto, ma sentire che qualcosa sta cambiando nel modo di pensare del personaggio.
“È l’unico modo per vincere. L’unico modo per tutti di scopare.”
Questa è la battuta più rischiosa e sorprendente. Nash usa un termine crudo (“scopare”) nel mezzo di una spiegazione matematica. Ma proprio questo cortocircuito funziona: il linguaggio intellettuale incontra quello corporeo. Non c’è volgarità, ma una sorta di realismo diretto che spoglia la teoria della sua patina accademica.
Per l’attore, è essenziale non caricare questa battuta di ironia. Deve restare perfettamente neutra, parte integrante della teoria. “Adam Smith ha detto che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, giusto? Incompleto.” Questa è la confutazione vera e propria. Nash cita Smith con rispetto, ma lo corregge con nettezza. È il momento di passaggio da osservazione empirica a formulazione teorica. L’attore deve accelerare leggermente, come se non potesse più trattenere la scoperta. La ripetizione di “Incompleto” è una martellata. Serve precisione e intensità crescente, senza enfasi emotiva: è il pensiero che esplode, non l’emozione. “Il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé e per il gruppo.” Questa è la tesi centrale del monologo. La frase ha una struttura perfettamente bilanciata, come un’equazione. Per un attore, è il momento in cui il peso della scoperta deve farsi sentire: Nash ha appena riscritto un principio fondamentale della teoria economica. “Dinamiche dominanti, signori. Dinamiche dominanti.” Questa frase è quasi un motto, la sintesi della sua nuova visione. Qui Nash torna ai suoi compagni, come a sottolineare che ciò che ha appena detto non è una fantasia, ma qualcosa che può cambiare le regole del gioco. Ripetere la frase con ritmo più lento e tono più solido: è il momento della legittimazione, dell'autorità che nasce dalla chiarezza. “Adam Smith si sbagliava.” Ultima frase. Netta, definitiva, senza appello. Nash chiude il cerchio. Per l’attore è una frase-sentenza, da dire con voce bassa ma ferma, come se il pensiero fosse ormai completo, pronto per essere messo su carta.

Il punto di svolta arriva quando Nash ha un crollo nervoso e finisce sotto osservazione psichiatrica. Viene diagnosticato con schizofrenia paranoide. Tutto ciò che sembrava parte del suo lavoro segreto per il governo – Parcher, le missioni, i codici – era solo un’elaborata allucinazione. La scoperta è devastante, soprattutto perché colpisce non solo Nash, ma anche Alicia, che si trova costretta a confrontarsi con un uomo che ama ma che vive in una realtà distorta. Il film, a questo punto, cambia tono. Non è più la storia di un genio, ma di un uomo che deve imparare a convivere con la malattia. Il percorso non è lineare. Nash smette a un certo punto di prendere i farmaci per poter tornare a lavorare. Le allucinazioni ritornano. Ma inizia un processo lento, basato sull’auto-consapevolezza: Nash capisce che alcune persone che vede – come il suo vecchio amico Charles o Parcher – non invecchiano mai. E da questo dettaglio comincia a riconoscere la finzione.
Il finale ci mostra un Nash anziano, ancora a Princeton, reintegrato nella comunità accademica. Non è guarito – le allucinazioni sono ancora lì – ma ha imparato a non dar loro ascolto. L’epilogo arriva con la consegna del Premio Nobel per l’economia nel 1994. Mentre riceve il premio, Nash dedica il riconoscimento ad Alicia, riconoscendo che la logica e i numeri lo hanno portato fino a un certo punto, ma è stato l’amore il vero collante della sua esistenza. Il film non chiude con la vittoria del raziocinio sulla follia, ma con una forma di convivenza tra le due cose. Nash non ha sconfitto la schizofrenia: ha imparato a navigarla.
Quanto dura il monologo di John Nash al bar? Il monologo dura circa 1 minuto e 50 secondi.
Che temi tratta il monologo al bar in A Beautiful Mind? Il monologo affronta in modo semplificato ma efficace il concetto di teoria dei giochi e il superamento dell’individualismo economico di Adam Smith. Il tema centrale è: la cooperazione strategica può produrre un risultato migliore della competizione egoistica.
Qual è il sottotesto del monologo? Sotto la spiegazione matematica, c’è un’urgenza più profonda: John Nash sta cercando un modo per appartenere a un gruppo senza perdersi nell’omologazione. La teoria è anche una metafora di relazione umana e intelligenza sociale: come interagiamo con gli altri? A che costo vinciamo?
Quali sono gli errori comuni nell’interpretare questo monologo? Recitarlo come una lezione scolastica: il rischio è trasformarlo in una spiegazione fredda. Caricare troppo la battuta “per tutti di scopare”: va detta con naturalezza, senza ironia o volgarità. Ignorare l’evoluzione interna del personaggio: Nash non spiega, scopre. E lo fa in tempo reale, davanti a noi. Uniformare il ritmo: il monologo è pieno di micro-pause e accelerazioni logiche da seguire.
Regista: Ron Howard
Sceneggiatura: Akiva Goldsman
Produttore: Brian Grazer, Ron Howard
Cast: Russell Crowe (John Nash), Jennifer Connelly (Alicia Larde Nash), Ed Harris (William Parcher), Paul Bettany (Charles Herman)
Dove vederlo: Netflix

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