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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Ben Brandt in Road House (2024) è un testo ideale per audizioni complesse, con sottotesto ambiguo e tensione psicologica. In questa scena, il personaggio interpretato da Billy Magnussen affronta Elwood Dalton con un linguaggio calmo ma tagliente, trasformando una semplice domanda in una provocazione. Analizziamo struttura, temi e interpretazione di questo monologo perfetto per ruoli da villain o manipolatori freddi.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 2 minuti 10 secondi
Emozioni chiave: Falsa ammirazione, Sadismo sottile, Curiosità maliziosa, Superiorità intellettuale (compiacimento)
Contesto ideale per l’interpretazione: Audizione per ruoli da villain manipolatori Scene di confronto tra antagonista e protagonista, "come minacciare senza minacciare"
Dove vederlo: Amazon Prime Video
Siamo in Florida, ma non quella da cartolina: quella sudata, pericolosa, borderline, dove la linea tra legge e caos è una formalità. Gyllenhaal interpreta Elwood Dalton, un ex combattente di MMA caduto in disgrazia. Un passato da leggenda nelle arti marziali miste, ora ridotto a vivere ai margini, con un temperamento instabile e un dolore che non è solo fisico.
Dalton viene notato dalla proprietaria di un roadhouse — un bar locale sulla costa che sta affondando sotto il peso di minacce, criminalità e risse continue — che gli offre un lavoro come buttafuori, nella speranza che possa ripulire il posto. In un certo senso, la storia è quella di un uomo che viene chiamato a mettere ordine nel caos, ma è lui stesso parte di quel disordine.
Dalton accetta, ma quello che sembra un semplice incarico da vigilante si complica quando scopre che dietro i problemi del bar c'è un disegno più grande. Un’organizzazione sta cercando di appropriarsi dell’area per scopi immobiliari, usando intimidazioni e violenza per cacciare chi non si piega. È qui che entra in scena Knox, interpretato da Conor McGregor, un sicario viscerale, incontrollabile, costruito come una mina vagante: è l'antitesi di Dalton. Dove Dalton ha una rabbia contenuta, Knox è una furia pura, sregolata, teatrale.
La tensione tra i due cresce mentre la posta in gioco si alza. Il film, pur rimanendo fedele all’anima da action anni ’80, si prende anche il tempo per scavare un po’ nella psicologia dei personaggi — senza diventare troppo introspettivo, ma dandoci qualche accenno di motivazioni, soprattutto nel caso di Dalton.
E’ una storia complicata, ma non sono venuto a parlare della mia famiglia. In realtà ho una domanda. Continuano a toglierlo da YouTube, ma io l’ho beccato. D’altra parte si sa, Internet ti fotte sempre. Non smetto di guardarlo, lo guardo sempre. E io rimango come ipnotizzato nel vederti battere contro quel povero malcapitato. Io, io… lui era tuo amico, giusto? Così mi hanno detto, un cro amico, e poi guarda cosa succede ora. uoho.. Si, lui è finito. Lo hanno capito tutti. Proprio qui. Bam! Visto quell’ultimo colpo? E’ stato il secondo, a mio modestissimo giudizio, che l’ha… che l’ha seccato. E’ così. A questo punto, la domanda da farsi è… Perché? Non può trattarsi solo di rivalità, tu avevi già stravinto. Potevi smettere di colpirlo, ma non… l’hai fatto. Hai continuato a colpire, colpire, colpire. Allora perché? Perché non fermarsi. Buona serata.
“È una storia complicata, ma non sono venuto a parlare della mia famiglia.” → tono controllato, quasi confidenziale; pausa su “complicata” come se pesasse la parola; accenno di sorriso freddo; sguardo diretto su Dalton.
“In realtà ho una domanda.” → abbassa leggermente la voce; micro-pausa prima di “ho”; occhi che si stringono, come un predatore che prepara la trappola.
“Continuano a toglierlo da YouTube, ma io l’ho beccato.” → tono casuale, colloquiale; gesto della mano come a indicare “ci vuole astuzia per trovarlo”; pausa dopo “beccato” per caricare la tensione.
“D’altra parte si sa, Internet ti fotte sempre.” → risatina contenuta, sarcasmo; guarda altrove per un istante, come se fosse solo una battuta; pausa su “sempre”.
“Non smetto di guardarlo, lo guardo sempre.” → ripetizione ossessiva: aumenta leggermente l’intensità; occhi fissi su Dalton, senza battere ciglio; ritmo più lento sulla seconda frase.
“E io rimango come ipnotizzato nel vederti battere contro quel povero malcapitato.” → tono quasi ammirato, ma freddo; micro-pausa su “ipnotizzato”; inclinazione
della testa come chi osserva un fenomeno curioso; sottolineare “quel povero malcapitato” con ironia.
“Io, io… lui era tuo amico, giusto?” → balbettio leggero su “Io, io…” per creare tensione e simulare eccitazione nervosa; abbassare il tono su “giusto?” come una lama sottile.
“Così mi hanno detto, un cro amico, e poi guarda cosa succede ora.” → voce piatta, quasi burocratica; pausa su “cro amico” per lasciar intendere disprezzo; piccolo gesto della mano verso il bar (“guarda cosa succede ora”).
“uoho.. Si, lui è finito.” → lascia uscire “uoho” come una risatina strozzata; alza le sopracciglia su “lui è finito” per sottolineare il colpo basso.
“Lo hanno capito tutti. Proprio qui. Bam!” → tono più teatrale, scandisce “Bam!” come un colpo secco, gesto della mano che mima il pugno.
“Visto quell’ultimo colpo? E’ stato il secondo, a mio modestissimo giudizio, che l’ha… che l’ha seccato.” → parla come un commentatore sportivo; micro-pausa su “che l’ha…” per creare suspense; “seccato” pronunciato piano, quasi un sussurro.
“E’ così.” → breve, asciutto; sguardo diretto, quasi compiaciuto.
“A questo punto, la domanda da farsi è… Perché?” → pausa lunga su “è…”; su “Perché?” cambia tono, più profondo, diretto come un coltello; guardare Dalton dritto negli occhi.
“Non può trattarsi solo di rivalità, tu avevi già stravinto.” → voce pacata ma con una punta di scherno; micro-sorriso su “stravinto”; gesticolazione minima, lascia parlare le parole.
“Potevi smettere di colpirlo, ma non… l’hai fatto.” → pausa strategica su “non…”; abbassare leggermente la voce su “l’hai fatto” per renderlo più accusatorio.
“Hai continuato a colpire, colpire, colpire.” → ripetizione scandita, ritmo lento e ossessivo; ogni “colpire” un gradino più basso di tono; sguardo fisso, quasi ipnotico.
“Allora perché? Perché non fermarsi.” → tono inquisitorio, ma sempre controllato; pausa tra le due frasi per creare tensione; accennare una risata nervosa prima di “Perché non fermarsi”.
“Buona serata.” → chiusura netta, improvvisa; sorriso glaciale; voltarsi mentre lo si dice, lasciando in sospeso l’aria minacciosa.
Il monologo di Ben Brandt, interpretato da Billy Magnussen, è un momento chiave del film Road House (2024). Si svolge in una scena di confronto tra l'antagonista e Elwood Dalton (Jake Gyllenhaal), e rivela l’ossessione malata di Ben verso la violenza e il controllo.
TEMI PRINCIPALI DEL MONOLOGO
Ossessione per il controllo Ben analizza un combattimento come se fosse un film o un'opera d’arte. Usa il linguaggio del commento sportivo per mascherare un tono manipolativo.
Sottile minaccia psicologica Le domande che pone non sono reali richieste di spiegazioni, ma strumenti per mettere Elwood con le spalle al muro. La ripetizione (“colpire, colpire, colpire”) diventa un mezzo per destabilizzare emotivamente.
Ambiguità morale. Non giudica esplicitamente Elwood, ma lo spinge a confrontarsi con le proprie azioni. La figura dell’"amico ucciso" è solo un pretesto per esplorare il confine tra giustizia e brutalità.
FUNZIONE NARRATIVA DEL MONOLOGO
Serve a delineare il potere manipolativo del personaggio di Ben. Costruisce tensione tra protagonista e antagonista senza passare attraverso la violenza fisica. Inserisce nello script una riflessione sul passato di Dalton e la sua capacità di perdere il controllo.
Obiettivo del monologo: Mostrare controllo e potere sottile: l’attore deve comunicare superiorità senza mai alzare la voce. Creare tensione emotiva: il pubblico/giuria deve percepire la minaccia senza che il personaggio la esprima apertamente.
Sottotesto: Ben non sta facendo una domanda vera: sta accusando e provocando. Ogni frase è un coltello nascosto sotto un sorriso; va recitato come se Ben si stesse “divertendo” con Dalton. L’ossessione per il video su YouTube è una metafora per la sua ossessione per la violenza di Dalton.
Azione minima: Gestualità contenuta: piccoli movimenti delle mani per sottolineare (“Bam!”), ma niente gesti teatrali. Sguardo fisso: alternare momenti di contatto visivo diretto con momenti in cui distoglie lo sguardo per aumentare il senso di controllo. Uso dello spazio: muoversi lentamente, magari camminando attorno a un punto come un predatore.
Dinamica vocale
Inizio basso e controllato: tono quasi amichevole.
Graduale intensificazione: aumentare il ritmo e l’enfasi su “colpire, colpire, colpire”.
Pause strategiche: lasciare silenzi dopo le domande (“Perché?”) per creare disagio.
Chiusa fredda: “Buona serata” pronunciato con un sorriso sottile e una voce piatta.
Chiusa: La chiusa è il momento più importante: “Buona serata” va detto voltandosi o distogliendo lo sguardo, come se Ben avesse già vinto. Deve lasciare un vuoto emotivo: il pubblico deve sentire che la minaccia è rimasta nell’aria.
Errori comuni
Urlare o forzare la rabbia: questo rovina l’ambiguità. Ben è glaciale, non esplosivo.
Gesti troppo grandi: la potenza sta nella micro-espressione e nel controllo, non nella teatralità.
Monotonia: il tono deve avere micro-variazioni, altrimenti il monologo risulta piatto.
Perdere il sottotesto: se sembra solo un dialogo casuale, si perde il senso di minaccia psicologica.
Nel terzo atto, Dalton scopre che la corruzione va ben oltre le minacce al bar. Dietro a tutto c’è Ben Brandt (Billy Magnussen), un rampollo viziato di una famiglia potente che vuole trasformare l’intera zona in un resort di lusso. Ha assunto Knox per sbarazzarsi fisicamente di chi ostacola i suoi piani, e questo include Dalton.
Il confronto tra Dalton e Knox avviene su una barca, in una lotta che è più di una scazzottata: è uno scontro tra due modi opposti di intendere la violenza. Dalton, pur essendo letale, combatte con un codice. Knox no.
Alla fine, Dalton riesce a sconfiggere Knox dopo una rissa brutale e sanguinosa. Non lo uccide, ma lo lascia lì, ferito, mentre la polizia arriva a chiudere il cerchio grazie alle prove raccolte da Dalton e dalla sua alleata, Ellie (Jessica Williams). Ben Brandt viene arrestato, ma in perfetto stile "i veri colpevoli restano impuniti", suo padre (che tira le fila nell’ombra) rimane libero, lasciando un retrogusto amaro.
Il film si chiude con Dalton che, ancora una volta, se ne va. Non può restare. Non è un eroe da comunità, è uno che sistema le cose e poi sparisce. Una figura nomade, più vicina all’archetipo del ronin giapponese che al classico protagonista action hollywoodiano.
Quanto dura il monologo di Ben Brandt? Circa 1 minuto e 30 secondi, in esecuzione naturale. Il tempo può variare leggermente a seconda delle pause e dell’interpretazione vocale.
Che temi tratta il monologo? Il monologo ruota attorno a: ossessione per la violenza ; controllo psicologico; manipolazione emotiva; colpa e responsabilità
È adatto a un’audizione? Sì. È perfetto per audizioni in cui si richieda: un villain controllato ma disturbante; una scena con tensione psicologica; capacità attoriali legate al sottotesto e al ritmo interno
Che età di casting copre? Il personaggio può essere interpretato da attori tra i 30 e i 45 anni. Ben Brandt è un uomo d'affari giovane ma già spietato: serve maturità vocale e controllo espressivo, non un volto giovanissimo.
Serve preparazione fisica?Minima. La scena richiede presenza scenica e movimenti contenuti. Il focus è tutto su sguardi, ritmo vocale, gesti minimi e uso dello spazio come elemento di dominio.
A che genere appartiene questo monologo?È un monologo da thriller psicologico / crime drama. Anche se Road House è un film action, questa scena ha una costruzione più simile a quella dei noir moderni o dei drammi psicologici.
Che tipo di personaggio rappresenta?Ben Brandt è un antagonista manipolatore, affascinante e disturbante. Un villain che non ha bisogno di alzare la voce per essere pericoloso.
Quali errori evitare quando lo si interpreta? Gridare o esagerare le emozioni; recitare in modo piatto, senza variazioni; non valorizzare il sottotesto; ignorare il ritmo e le pause del testo
Regista: Doug Liman
Sceneggiatori: Anthony Bagarozzi, Charles Mondry
Produttori: Joel Silver, Stephen Mirrione, Brian M. O'Neill
Cast principale: Jake Gyllenhaal (Elwood Dalton); Daniela Melchior (Ellie); Billy Magnussen (Ben Brandt); Jessica Williams (Frankie); Darren Barnet (Sam); Conor McGregor (Knox)
Dove vederlo: Amazon Prime Video
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