Monologo di Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio) da “Una Battaglia dopo l’altra”– Analisi e Guida

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...

~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Bob Ferguson da "Una battaglia dopo l'altra"

Il monologo finale di Bob Ferguson, interpretato da Leonardo DiCaprio in Una battaglia dopo l’altra, è un testo perfetto per audizioni basate su emozioni trattenute e verità personali. In poco più di un minuto, il personaggio rivela una fragilità paterna autentica, fatta di esitazioni, silenzi e piccoli gesti carichi di significato. In questo articolo trovi un’analisi completa del monologo, con guida alla preparazione, note interpretative riga per riga e consigli pratici per attori e attrici.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Come prepararlo per un'audizione

  • Finale del film (con spoiler)

  • FAQ

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Una battaglia dopo l'altra (2025)
Personaggio: Bob Ferguson
Attore: Leonardo Di Caprio
Minutaggio: Fine film

Durata: 2 minuti

Difficoltà

Altagestione del silenzio, vulnerabilità e sincerità

Emozioni chiave: Vergogna sommessa: il personaggio è consapevole di aver mentito per anni; tenerezza: c’è un amore paterno molto vero, ma impreciso, imperfetta; riluttanza che cede: inizia frenato, poi si scioglie nell’atto di consegnare la lettera; desiderio di riscatto emotivo: vuole essere ricordato come qualcuno che ha avuto il coraggio, alla fine, di dire la verità; paura latente: ha timore della reazione della figlia, e forse della madre che ritorna attraverso quelle parole.

Contesto ideale di interpretazione (per un attore)

Prove su personaggi paterni/non-eroici; Monologhi sull’identità e la verità nelle relazioni familiari; Personaggi adulti che affrontano il proprio fallimento emotivo con lucidità.

Dove vederlo: Al cinema!

Contesto del film: "Una battaglia dopo l'altra"

Una battaglia dopo l’altra segue il percorso accidentato e contraddittorio di Pat Calhoun – soprannominato "Ghetto Pat" o "Rocketman" – e della sua compagna Perfidia, nota tra i militanti come "Beverly Hills", due figure centrali del gruppo rivoluzionario armato French 75, attivo negli Stati Uniti in un futuro non troppo distante, segnato da tensioni razziali e repressione istituzionale. Dopo un’azione d’impatto – la liberazione di migranti da un centro di detenzione californiano – Perfidia si impone con freddezza e arroganza sul comandante della struttura, Steven J. Lockjaw, che, pur umiliato, inizia a sviluppare un’ossessione morbosa per lei. Il film si sviluppa quindi tra momenti di lotta armata, sabotaggi infrastrutturali e relazioni personali corrosive, con Pat e Perfidia in prima linea.

Le loro azioni diventano sempre più pericolose e, durante una missione, Lockjaw riesce a cogliere Perfidia in flagrante: invece di arrestarla, le propone un accordo ambiguo e sessualmente ricattatorio. Lei accetta, ma la relazione segreta tra i due spinge Lockjaw a un’ulteriore ossessione: identificare Pat e distruggere il gruppo.

Con la nascita della piccola Charlene, Pat tenta invano di convincere Perfidia ad abbandonare la lotta. Ma lei, indifferente al richiamo della maternità, sceglie di abbandonare entrambi e tornare sul campo. La sua escalation culmina in un omicidio durante una rapina, che porta infine al suo arresto. Lockjaw le offre una via d’uscita: tradire il French 75 in cambio della libertà. Perfidia accetta, firmando la condanna a morte di molti compagni e dissolvendo quasi del tutto il gruppo. Pat riesce a scappare con la figlia, grazie ai superstiti della rete clandestina, assumendo nuove identità. La storia salta avanti di sedici anni, quando Pat, ormai Bob Ferguson, vive in uno stato di paranoia e apatia a Baktan Cross, consumato da dipendenze e dal senso di colpa, mentre cerca di tenere Willa – la figlia, ora adolescente – all’oscuro della verità. Il ritorno di Lockjaw sulla scena, ora alto ufficiale dell’esercito e membro aspirante della setta suprematista "Pionieri del Natale", riattiva la trama: per nascondere il passato e coprire la relazione interrazziale con Perfidia, Lockjaw decide di eliminare Willa. Inizia così una nuova caccia, questa volta alimentata da interessi politici, rancori personali e segreti di sangue.

Testo del monologo + note

Era da un pò che tenevo nascosta una cosa, Charl, ok? Non te l’ho voluta dare prima perché io non… non volevo esporti a certe cose, che non ti sentissi triste o confusa per questo. Non so cosa volessi. Volevo… volevo proteggerti dai casini di tua madre…, dai miei casini. Forse perché volevo essere io quello a cui ti rivolgevi quando avevi bisogno, giusto? Volevo essere il papà fico a cui si può dire sempre tutto. Anche se so che è impossibile. Ma non voglio più mentirti, su niente mai più. E questa cosa ce l’ho da un paio di anni ormai, e adesso voglio dartela, sono pronto a condividerla, se la vuoi vedere. La vuoi vedere? La vuoi vedere? E’... E’ una lettera. Una lettera di tua madre.

Era da un po’ che tenevo nascosta una cosa, Charl, ok?: Tono esitante, confidenziale; piccola pausa dopo “Charl” per stabilire intimità. Sguardo basso, quasi in difensiva.

Non te l’ho voluta dare prima perché io non… non volevo esporti a certe cose,: La doppia esitazione su “non…” segnala il blocco emotivo; voce bassa, respirata. Lo sguardo si muove, evita il contatto diretto.

che non ti sentissi triste o confusa per questo.: Intonazione più dolce; “triste o confusa” va detto come se stesse pesando le parole, con rispetto e paura di ferire.

Non so cosa volessi.: Pausa netta prima della frase; detto quasi a se stesso. Tono più spento, sincero, privo di enfasi.

Volevo… volevo proteggerti dai casini di tua madre…, dai miei casini.: Ripetizione su “volevo” da eseguire con un leggero tremolio nella voce; il secondo “casini” va quasi sussurrato, come se contenesse una colpa.

Forse perché volevo essere io quello a cui ti rivolgevi quando avevi bisogno, giusto?: Tono più aperto, fragile, quasi implorante. Pausa leggera su “quando avevi bisogno”; il “giusto?” va detto piano, con un sorriso spezzato.

Volevo essere il papà fico a cui si può dire sempre tutto.: Piccolo sorriso amarognolo; tono più morbido, quasi ironico verso se stesso. Breve pausa dopo “fico”.

Anche se so che è impossibile.: Intonazione discendente; resa consapevole, senza rabbia. Sguardo fisso nel vuoto, poi ritorna lentamente verso la figlia.

Ma non voglio più mentirti, su niente mai più.: Detto con fermezza ma senza alzare la voce; respiro profondo prima di “mai più”. Lo sguardo deve restare fermo, sincero.

E questa cosa ce l’ho da un paio di anni ormai,: Tono neutro, quasi pratico, per introdurre l’oggetto concreto (la lettera). Pausa breve dopo “ormai”.

e adesso voglio dartela, sono pronto a condividerla, se la vuoi vedere.: Crescendo leggero su “sono pronto”; deve sembrare che convinca più se stesso che la figlia. Piccola pausa prima di “se la vuoi vedere”.

La vuoi vedere? La vuoi vedere?: Ripetizione detta con tono quasi infantile, pieno d’ansia affettuosa. Nella seconda domanda, abbassare leggermente la voce, come se avesse paura della risposta.

È… È una lettera.: Il primo “È” deve uscire spezzato, pieno di esitazione. Pausa marcata prima del secondo, che scioglie la tensione.

Una lettera di tua madre.: Sguardo diretto, voce bassa e ferma. Pausa lunga dopo averlo detto; lascia che il silenzio faccia da risposta emotiva.

Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa del monologo di Ghetto Pat / Bob Ferguson da "Una battaglia dopo l'altra"

Nella parte conclusiva di Una battaglia dopo l’altra, Leonardo DiCaprio – nei panni di Bob Ferguson, ex rivoluzionario noto come “Ghetto Pat” – ci regala un monologo intimo, trattenuto e profondamente umano. È un momento di chiusura narrativa e insieme di apertura emotiva: un padre che si toglie la maschera davanti alla figlia, non con grandi rivelazioni drammatiche, ma con una verità sussurrata, che pesa più dei proiettili sparati negli anni precedenti. Il monologo arriva nel finale del film, quando Bob decide di consegnare a sua figlia – ormai adolescente – una lettera della madre scomparsa, Perfidia. Per anni ha tenuto nascosto il contenuto di quella lettera, scegliendo di mentire, o meglio di omettere. Non per cattiveria, ma per protezione. O almeno, così si è raccontato.

In questa scena, non assistiamo a un’esplosione emotiva. Al contrario, il personaggio è misurato, trattenuto, quasi esitante. E proprio per questo, il monologo colpisce: è un momento in cui la verità non viene sbattuta in faccia, ma offerta con delicatezza.

Il personaggio parla a sua figlia come se stesse cercando le parole giuste mentre le pronuncia. Non c’è sicurezza, non c’è retorica. La voce deve rimanere a un volume medio-basso, come in una conversazione privata. Un attore deve lavorare sull’intimità della scena, evitando qualsiasi teatralità. Questo è un monologo che respira. Le pause non servono solo a “fare atmosfera”, ma diventano parte integrante della comunicazione. Ogni esitazione è un pezzo di verità che fa fatica a uscire. Va dato spazio ai silenzi, alle sospensioni. Lo spettatore deve sentire il peso delle parole non dette. Bob è un uomo che fatica a guardare sua figlia negli occhi mentre le dice certe cose. Lo sguardo si abbassa, cerca punti d’appoggio nello spazio. L’attore deve evitare il “faccia a faccia” costante, e lavorare su un contatto visivo intermittente, coerente con la vulnerabilità del personaggio.

La parte centrale del monologo culmina con la doppia domanda: “La vuoi vedere? La vuoi vedere?” – un momento chiave. Qui l’emozione si concentra: da esitazione si passa al desiderio, quasi infantile, di condividere qualcosa. L’attore può modulare la seconda domanda con un tono leggermente diverso, più tenero, come se volesse farsi coraggio. Quando pronuncia “È… è una lettera. Una lettera di tua madre.”, Bob consegna qualcosa di più di un oggetto: consegna un’eredità, un pezzo di identità, un possibile trauma. Va detto con una pausa ben marcata, e una voce che si abbassa, come se la parola “madre” avesse un peso che non si riesce a sostenere del tutto.

Come preparare il monologo di Ghetto Pat in "Una battaglia dopo l'altra"

STEP PRATICI PER IL MONOLOGO ED ERRORI DA EVITARE

Obiettivo del monologo: Dimostrare capacità di ascolto interiore e presenza emotiva trattenuta. Questo non è un pezzo da interpretare “per convincere”, ma per connettersi: con la figlia nella scena, con il pubblico in sala, con te stesso come attore. 

Sottotesto : "Ho mentito. Ho avuto paura. Ma adesso sono qui. Non so come farlo bene, ma sto provando."

Azione minima: Consegnare. Fisicamente: una lettera. Emotivamente: un’eredità, una verità, un dolore. Tutto il monologo ruota attorno all’azione del “dare qualcosa di sé”.


Dinamica vocale

Inizio: voce bassa, ritmata dal respiro, come se cercasse le parole mentre le dice

Centro: piccole variazioni, leggere aperture nei momenti in cui si convince a parlare (es. “volevo essere il papà fico…”
Ripetizione: “La vuoi vedere? La vuoi vedere?” → leggero crescendo emotivo, ma senza esplodere
Finale: “È… È una lettera.” → calo netto, quasi un sussurro, lascia spazio al silenzio

Chiusa : Finisci sul silenzio, non su un gesto. Dopo “Una lettera di tua madre”, non guardare subito il lettore o la direzione. Rimani un secondo lì, come se aspettassi la reazione della figlia.

Errori comuni da evitare

Alzare troppo il tono: questo è un monologo da “microfono addosso”, non da proscenio. Se urli, tradisci la scena.
Emozionarsi troppo presto: devi arrivare al punto emotivo lentamente, non iniziare già in lacrime.
Essere compiacente o teatrale: il personaggio è impacciato, sporco, imperfetto. Non vuole brillare, vuole sopravvivere emotivamente alla conversazione.
Saltare le pause: le esitazioni fanno parte del testo. Se le elimini, togli verità al personaggio.
Trattare la lettera come oggetto di scena, non come scelta personale: devi decidere quando consegnarla, come tenerla, se guardarla prima. È un gesto carico.

Il finale di "Una battaglia dopo l'altra" (Spoiler)

Il finale di Una battaglia dopo l’altra si sviluppa in un crescendo di eventi che intrecciano la resa dei conti tra ideologie, paternità negate, e il peso della memoria rivoluzionaria. Quando l’operazione militare guidata da Lockjaw arriva a Baktan Cross, Bob viene preso di mira e la città diventa un campo di battaglia tra forze armate e civili esasperati. Dopo una breve fuga, l’uomo viene catturato, mentre Willa – salvata in extremis da Deandra – scopre in un convento il passato oscuro della madre e il suo ruolo di delatrice. La situazione precipita ulteriormente quando i Pionieri del Natale, fiutando lo scandalo, ordinano a uno dei loro uomini, Tim Smith, di eliminare Lockjaw. Ma il colonnello, nel frattempo, è riuscito a sottoporre Willa a un test del DNA, scoprendo di esserne il padre biologico. L’informazione lo mette in crisi: non può più eliminarla, ma nemmeno proteggerla senza rinunciare all’ingresso nella società segreta.

Il colonnello tenta allora di disfarsi di Willa tramite un sicario, un cacciatore di taglie Navajo di nome Avanti, a cui affida l’incarico con un tono freddo e impersonale. Ma Avanti, toccato dall’innocenza della ragazza, la risparmia e si sacrifica in una sparatoria pur di salvarla. Willa, ferita ma determinata, riesce a prendere l’auto del cacciatore e tentare la fuga, ma Tim Smith – convinto che sia l’anello debole da spezzare – la intercetta. In un’azione mista di lucidità e istinto, la ragazza sfrutta l’ambiente e la macchina come trappola, provocando l’incidente dell’aggressore e abbattendolo a colpi di pistola.

Solo dopo lo scontro sopraggiunge Bob, che riabbraccia la figlia in un momento carico di malinconia e sollievo. La sequenza si sposta poi sul destino di Lockjaw: sopravvissuto, sfigurato, si presenta ai Pionieri cercando ancora l’ammissione. I membri, con freddezza e finta compassione, lo accolgono in una stanza che dovrebbe segnare il suo “nuovo inizio”. È lì che viene assassinato in silenzio, soffocato e fatto sparire come un peso imbarazzante. Il traditore, il bugiardo, il simbolo scomodo viene eliminato con una precisione chirurgica.

Nel finale emotivo, Willa riceve da Bob una lettera scritta anni prima da Perfidia. Nonostante abbia scoperto di essere figlia biologica di Lockjaw, sceglie di non dire nulla al padre adottivo. Lui, consapevole di non poter più trattenere la figlia, accetta il suo desiderio di unirsi a una nuova protesta a Oakland, lasciandola andare con una sorta di benedizione silenziosa. La chiusura del film rimette la fiamma della lotta nelle mani di una nuova generazione, ma senza retorica: il gesto di Willa non è la ripetizione cieca degli errori passati, bensì una risposta lucida e personale al disastro etico che ha ereditato. E Una battaglia dopo l’altra si chiude così, non con una vittoria, ma con la possibilità che, almeno questa volta, chi combatte sappia cosa sta rischiando.

FAQ sul monologo di Bob Ferguson in "Una battaglia dopo l'altra"

  • Quanto dura il monologo? Circa 1 minuto e 40 secondi, a ritmo naturale con pause e respirazione emotiva. La durata può variare leggermente in base all’interpretazione.

  • Che temi tratta? Genitorialità imperfetta; verità e omissione; identità personale e familiare; fragilità maschile; riconciliazione emotiva.

  • Che età di casting copre? Adatto ad attori tra i 35 e i 50 anni circa. Richiede una certa maturità scenica e capacità di portare in scena un personaggio segnato dalla vita, ma ancora emotivamente attivo.

  • Che tipo di personaggio interpreta? Un ex rivoluzionario in declino, segnato da scelte sbagliate ma profondamente legato alla figlia. È un padre non idealizzato, stanco ma sincero.

  • È meglio farlo seduti o in piedi? Può funzionare in entrambi i casi. Seduto se vuoi lavorare su un’intimità casalinga e familiare. In piedi, se vuoi mostrare l’instabilità emotiva e il bisogno di tenersi “in piedi” anche mentre si crolla dentro. Q

  • ual è il punto emotivo più forte del monologo? La ripetizione “La vuoi vedere?”: qui l’ansia di essere accettato si scontra con la paura del rifiuto. È il momento in cui il personaggio si espone davvero.

Credits e dove vederlo

Regista: Paul Thomas Anderson

Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Produttori: Adam Somner, Sara Murphy, Paul Thomas Anderson

Cast principale: Leonardo DiCaprio (Pat Calhoun / Bob Ferguson) Sean Penn ( colonnello Steven J. Lockjaw); Chase Infiniti (Willa Ferguson / Charlene Calhoun) Benicio del Toro (sensei Sergio St. Carlos) Regina Hall (Deandra) Teyana Taylor ( Perfidia "Beverly Hills")

Dove vederlo: Al cinema

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com