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~ LA REDAZIONE DI RC
Carlo Verdone, con il suo inconfondibile tocco umano e malinconico, regala uno dei suoi momenti più intensi con questo monologo. Fulvio con parole che oscillano tra confessione e poesia, tra ilarità e struggimento. Questo monologo ci mette di fronte a un ritratto complesso e umano: un uomo che, per un breve istante, ha assaporato la pienezza della vita, per poi fare i conti con le sue scelte, le sue emozioni e i suoi rimorsi.
MINUTAGGIO: 1:52:14-1:53:59
RUOLO: Ernesto
ATTORE: Carlo Verdone
DOVE: Amazon Prime Video
ITALIANO
Fulvio, quegli occhi... quel paio d'occhi che brillavano, sembravano due fari, due torce. E quel sorriso, così accecante, sembrava di vedere il sole quando lei rideva, credimi, Fulvio… Quando un uomo si sente addosso quello sguardo, quell'espressione... ma, è inevitabile che gli esploda qualcosa dentro. Tu pensi che io c’ho avuto solo un infarto, ma io te lo dico: ne ho avuti tre, forse quattro. Non lo so nemmeno io quanti ne ho avuti. Il primo, sicuramente, quando ci siamo visti per la prima volta. Poi il secondo, quando mi ha accarezzato. E il terzo, quando ci siamo baciati qui. Stavo per rimetterci le penne, Fulvio, lo sai. Però, se qualcuno mi facesse la fatidica domanda: "Ernesto, ne è valsa la pena?" Io risponderei: "Ne è valsa la pena. Ne è valsa veramente la pena". Ma che ne so, Fulvio, che ne so io. Io non avevo mai tradito mia moglie. E da quel giorno non l’ho fatto più. Però, ogni tanto, quando litighiamo e ho voglia di sentirmi un po’ infedele, vengo quassù, su questa terrazza. Prendo un lenzuolo, me lo metto in testa, poi recito quella poesia: C’è la neve nei miei ricordi. C’è sempre la neve. E mi diventa bianco il cervello, se non la smetto di ricordare. Tanto qui sotto nulla è peccato.
"Manuale d’Amore 2 - Capitoli successivi" è un film del 2007 diretto da Giovanni Veronesi, sequel di Manuale d’Amore (2005). La pellicola mantiene la struttura episodica del primo capitolo, sviluppando quattro storie che ruotano attorno al tema dell’amore e delle sue complicazioni, questa volta con una particolare attenzione a situazioni più estreme e inaspettate.
Le quattro storie
Eros – Riccardo Scamarcio interpreta Nicola, un giovane rimasto paralizzato in seguito a un incidente. Durante la riabilitazione, conosce Lucia (Monica Bellucci), un’infermiera sensuale e affascinante che lo porterà a riscoprire desideri e passioni che credeva ormai irraggiungibili.
Maternità – Franco (Fabio Volo) e Manuela (Barbora Bobuľová) sono una coppia che non riesce ad avere figli. Decidono di ricorrere all’inseminazione artificiale, ma un viaggio in Spagna per sottoporsi alla procedura porterà tensioni e imprevisti nel loro rapporto.
Il matrimonio – Fosco (Sergio Rubini) e Filippo (Antonio Albanese) sono una coppia omosessuale che decide di sposarsi in Spagna, dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale. La loro decisione però scatena una serie di reazioni contrastanti, soprattutto da parte del padre di Fosco, interpretato da Carlo Verdone.
Amore estremo – Ernesto (Carlo Verdone), un giudice moralmente integerrimo e rigoroso, si trova a fare i conti con la passione travolgente per una donna ben più giovane di lui. Questa relazione mette in crisi tutte le sue certezze e lo porta a rivedere la sua visione dell’amore e della vita.
Il film segue il modello del primo Manuale d’Amore, alternando commedia e dramma in episodi indipendenti ma legati dal filo conduttore delle relazioni sentimentali. Il tono varia dal leggero e ironico al riflessivo, con momenti più intimi e altri più caricaturali. Rispetto al primo capitolo, Manuale d’Amore 2 introduce situazioni più complesse e provocatorie, ampliando lo spettro delle dinamiche amorose esplorate.
Il monologo si apre con una descrizione quasi mitica di una donna che ha segnato profondamente Ernesto: "Quegli occhi... quel paio d'occhi che brillavano, sembravano due fari, due torce." Qui, la donna diventa simbolo di un amore accecante, luminoso e inevitabile: i fari, le torce, il sole rappresentano il richiamo irresistibile di un sentimento che, nel bene e nel male, illumina e riscalda, ma allo stesso tempo brucia. La scelta di Verdone di utilizzare immagini così vivide crea un contrasto con il tono dimesso e colpevole del suo personaggio, che sembra incapace di sostenere il peso di quel ricordo. La narrazione prosegue con un’intensificazione emotiva: Ernesto racconta di aver provato qualcosa di fisico, quasi devastante, paragonando l'esperienza dell’amore a una serie di infarti: "Tu pensi che io c’ho avuto solo un infarto, ma io te lo dico: ne ho avuti tre, forse quattro." Qui, il monologo esplora il potere dell’amore come evento fisico, capace di scuotere non solo l’anima ma anche il corpo. Il dettaglio quasi iperbolico degli "infarti" serve sia a sottolineare la fragilità emotiva del personaggio sia a strappare un sorriso malinconico allo spettatore, mantenendo quel delicato equilibrio tra tragedia e ironia che è una firma del cinema di Verdone.
La frase "Ne è valsa veramente la pena" rappresenta il cuore del monologo. Ernesto non cerca giustificazioni per il suo tradimento, ma riconosce il valore unico di quell’esperienza. È un momento di estrema sincerità: ammette che quell’amore lo ha fatto sentire vivo come mai prima, anche a costo di mettere in discussione i propri valori e il proprio matrimonio. Qui emerge uno dei temi centrali del monologo: il contrasto tra il senso di colpa e il desiderio di autenticità. Ernesto è un uomo diviso tra il dovere verso la moglie e la ricerca di una felicità che, per quanto breve, lo ha riempito di significato. La chiusura del monologo aggiunge un ulteriore livello di profondità. Ernesto confessa di recitare una poesia quando si sente infedele nei pensieri, un gesto che sembra rituale e catartico: "Prendo un lenzuolo, me lo metto in testa, poi recito quella poesia: C’è la neve nei miei ricordi." La neve, simbolo di purezza ma anche di freddezza e immobilità, richiama il contrasto tra il calore di quell’amore passato e il gelo che ora lo accompagna nei ricordi. La frase "Mi diventa bianco il cervello" suggerisce un’ossessione che lo paralizza, impedendogli di andare avanti e lasciarsi il passato alle spalle. La frase "Tanto qui sotto nulla è peccato" è una dichiarazione di resa: Ernesto accetta la sua condizione di uomo imperfetto, che cerca conforto nei ricordi e negli errori, senza cercare giustificazioni morali. È un’umanità che si mostra in tutta la sua complessità, fatta di rimorsi, fragilità e, soprattutto, di desiderio.
Il monologo di Ernesto è capace di unire leggerezza e profondità con rara maestria. Verdone costruisce un personaggio che non è un eroe, né un antieroe, ma semplicemente un uomo che ha vissuto un momento straordinario e ne porta il peso nel cuore. L’alternanza di toni – dal comico al malinconico, dal poetico al quotidiano – permette allo spettatore di identificarsi con Ernesto, sentendo sulla propria pelle il conflitto tra il senso di colpa e il bisogno di felicità. La scena ci ricorda che l’amore, con tutta la sua forza e i suoi rischi, è un’esperienza totalizzante che ci lascia sempre qualcosa, anche quando finisce.
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