Monologo - Cate Blanchett in “Disclaimer”

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Interpretare il monologo di Catherine in Disclaimer è una sfida che richiede all’attore di entrare in contatto con uno stato emotivo di profonda colpa e vulnerabilità, bilanciando dolore e autocritica in una confessione che scava nell’intimità del personaggio. Il monologo è una resa totale, un momento di spiazzante onestà in cui Catherine, logorata dai rimorsi, rivive un evento traumatico, esprimendo il conflitto tra il ruolo di madre e una paura radicata che l’ha paralizzata nel momento più cruciale

CONFLITTI E BLOCCHI

STAGIONE 1 EP 7

MINUTAGGIO: Inizio Episodio
RUOLO: Catherine

ATTRICE: Cate Blanchett
DOVE: Apple Tv



ITALIANO


Aveva ragione su molte cose. Anche su... come vostro figlio è morto. Non avevo chiuso occhio quella notte. Avevo dolori dappertutto. Nicholas non vedeva l'ora di andare in spiaggia. Non riuscivo quasi a muovermi. Ma alla fine andammo... al mare. Lungo la strada io cedetti e comprai a Nicholas un canotto. Era la mia salvezza, questo pensai quella mattina. Lo avrebbe tenuto occupato finché non avessi recuperato le forze per andare in acqua con lui. Perché ero davvero esausta. La notte precedente mi aveva stremata. Non volevo addormentarmi, ma così andò. Svenni del tutto. Ho chiuso gli occhi e caddi in un sonno profondo. Mi svegliai soltanto perché il vento si era alzato, scagliando la sabbia sulla mia pelle. Capii subito che c'era qualcosa che non andava. Il mare era molto agitato e Nicholas stava sorridendo, perso nel suo piccolo mondo felice. Le onde divennero più grandi e il canotto ballonzolando fu trascinato sempre più al largo. E quando l'acqua mi arrivò alla vita... io rimasi come... come bloccata. Io ero sempre stata terrorizzata dal mare e... ero sicura che se avessi provato a raggiungerlo, se avessi nuotato verso di lui, saremmo entrambi annegati. Sono sempre gli uomini ad annegare per salvare i figli... non le madri. Sempre... sempre i padri. Esisteranno acne delle donne che l'hanno fatto, ma io non ricordo di aver mai letto nulla a riguardo. Di certo non sono l'unica a non aver avuto il coraggio di nuotare verso il proprio figlio. Continuo a chiedere a me stessa, se fosse stato un edificio in fiamme o qualcuno gli avesse puntato un'arma... sarebbe stato diverso? Avrei trovato il coraggio, in quel caso? Insomma... mi sarei messa a correre tra le fiamme o mi sarei presa una pallottola al posto di Nick? Non lo so...so solo che il mare mi ha bloccata. Non ho rischiato la vita per mio figlio e questa...è una cosa con cui devo convivere. E, dopo...io vidi lui e lui stava correndo sulla spiaggia verso di me e non appena mise il suo piede in acqua, si tuffò veloce tra le onde. Le parole uscirono dalla mia bocca prima che potessi fermale, non volevo che fosse lui. Non lui, chiunque altro ma non lui. E così rimasi ferma, impietrita. Io ero lì che lo guardavo mentre nuotava con un solo braccio tirando il canotto tra le onde mentre nuotava con quell'aria eroica. Ma il mare era contro di lui. E poi due uomini si fiondarono in acqua e nuotarono verso di loro e finalmente Nick era al sicuro sulla spiaggia. In quel momento tutti erano concentrati su Nick e i suoi due uomini. Nessuno fece caso a suo figlio. Era un eroe, pensavano che stesse bene. Sì, sua moglie aveva ragione. Io vidi vostro figlio in difficoltà fra le onde e non feci nulla, niente, non feci nulla. Le sue urla furono soffocate dal vento e io non ho fatto nulla, non ho mosso neanche un dito per aiutarlo. I due uomini lo caricarono sul pattino e remarono fino a riva. Tutti in spiaggia si mobilitarono. L'unica cosa che Nick mi disse in quel frangente fu che stava congelando.

DISCLAIMER

"Disclaimer" è una serie thriller del 2024 che promette di tenere gli spettatori incollati allo schermo con una trama intricata e una narrazione ricca di suspense, ispirata al romanzo omonimo di Renée Knight. La serie, diretta dal visionario Alfonso Cuarón, ha attori del calibro di Cate Blanchett e Kevin Kline a dare profondità e intensità a personaggi complessi e affascinanti.

Al centro della vicenda troviamo Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett), una giornalista televisiva di successo specializzata in documentari d'inchiesta. Abituata a scavare nei segreti e nei misteri altrui, Catherine vive una vita apparentemente impeccabile, con un matrimonio stabile e una carriera rispettabile. Il suo mondo comincia a sgretolarsi quando si imbatte in un libro intitolato The Perfect Stranger, che riporta eventi della sua vita che nessuno dovrebbe conoscere. Il libro rivela dettagli intimi e dolorosi che mettono in discussione il suo passato, costringendola ad affrontare eventi che aveva cercato di dimenticare.


Mentre cerca di capire chi abbia scritto il libro e come sia possibile che ne conosca i segreti più nascosti, Catherine viene travolta da un incubo psicologico. Il libro sembra scritto proprio per lei, ed è un'accusa diretta, come una sorta di confessione che la costringe a mettere in dubbio la sua stessa integrità morale e professionale. La serie esplora così i temi della colpa, del rimorso e dell'inevitabilità del passato, portando Catherine a fare i conti con scelte che ha cercato di seppellire. Oltre a Catherine, uno dei personaggi centrali è Stephen Brigstocke (Kevin Kline), il vedovo dell'autrice del libro e un uomo che, spinto dalla sua personale ricerca di verità e giustizia, decide di portare alla luce i segreti di Catherine. Stephen non è soltanto un antagonista ma rappresenta una figura che sfida Catherine, costringendola a esaminare la sua vita e le sue azioni con occhi nuovi. La relazione tra i due personaggi è il fulcro emotivo della serie, oscillando tra scontro e una forma di comprensione distorta.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Catherine è un pezzo intenso che svela il cuore della colpa che la protagonista porta con sé e riflette magistralmente sui limiti e le complessità della paura e dell’istinto umano di sopravvivenza, anche nelle situazioni più estreme.


Catherine si espone completamente, rivelando una verità devastante: ha fallito nel proteggere suo figlio e, per estensione, anche il figlio di qualcun altro. E’ una resa dolorosa, un’autocondanna. Catherine mette in parole la lotta interiore tra l’istinto di madre, che teoricamente dovrebbe sovrastare ogni altra cosa, e la sua paura paralizzante per il mare. Questo conflitto tra l’ideale materno e il puro terrore di perdersi tra le onde trasmette quanto può essere disarmante il peso della responsabilità.


Il mare diventa il simbolo di un'angoscia profonda, qualcosa che la paralizza e che la costringe a confrontarsi con i suoi limiti. Non riesce a superare la paura; anziché lanciarsi in mare, rimane bloccata, persa nei pensieri e nelle giustificazioni di una madre che non riesce a rispondere come vorrebbe. Questo è uno dei punti più potenti del monologo: Catherine riflette su come le madri siano raramente descritte come le eroine che si gettano in pericolo per i figli, come se il sacrificio in queste situazioni fosse spesso maschile, “sempre i padri,” afferma. La frase è dura, carica di auto-accusa e quasi di rassegnazione. Il suo tormento si intreccia alla consapevolezza che il suo impulso non è stato di correre in aiuto, ma di rimanere ferma, vittima della sua stessa paura.


La descrizione di Catherine è una discesa profonda nella sua memoria, un ricordo che la perseguita e che riemerge con una crudezza che non le permette scampo. Quando descrive Nicholas che si diverte ignaro sul canotto, l’immagine è quasi struggente. Lui è al sicuro nella sua innocenza, mentre lei è già nel pieno della lotta con se stessa, consapevole che sta fallendo nel proteggerlo.


La narrazione ha una cadenza lenta, quasi ipnotica, riflettendo l'inevitabile discesa nella disperazione: ogni frase è intrisa di questa stasi, della paralisi che l'ha portata a non muoversi per salvare i due ragazzi. E infine, il pensiero straziante: anche quando qualcun altro interviene, lo fa per salvare Nicholas, mentre l’altro ragazzo, il figlio dell’uomo che lei sta confessando, rimane in secondo piano, e proprio in questo momento di tragedia e disperazione si consuma il fallimento definitivo di Catherine.


Catherine rivela questa storia come un tentativo di espiazione, seppur consapevole della sua inutilità. In ogni parola c’è la consapevolezza che nessuna ammissione di colpa potrà mai compensare la perdita e il dolore causati. L’atto di parlare e di ammettere il proprio fallimento è una forma di resa. Non cerca compassione o comprensione, ma cerca di essere vista, di mostrare apertamente la sua colpa come fosse una cicatrice.


L’uso delle immagini è cruciale: Catherine descrive il vento che la sveglia, la sabbia che le colpisce la pelle, i dettagli del mare che si fa sempre più minaccioso. Ogni descrizione crea un'immagine vivida della scena, portando lo spettatore non solo a visualizzare ma a sentire la sua impotenza. È come se il suo corpo fosse ancorato alla sabbia, come se la paura si fosse trasformata in catene invisibili che le impediscono di agire.


Anche le parole stesse riflettono la disperazione e la lucidità brutale con cui Catherine vive questo ricordo: parla di "salvezza" nel descrivere il canotto, la cosa che teoricamente avrebbe dovuto tenerla al sicuro dalla fatica di dover controllare Nicholas. Ma questa stessa salvezza diventa lo strumento di una tragedia. E poi, la frase che racchiude tutta la disperazione e la condanna: “Non ho rischiato la vita per mio figlio e questa...è una cosa con cui devo convivere.” È una verità che pesa, una sentenza che si porta dentro senza possibilità di appello.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Interpretare questo monologo richiede una profonda connessione emotiva, una comprensione chiara della storia di Catherine e una delicatezza che renda giustizia alla complessità del personaggio. L’obiettivo è far emergere sia la colpa che la vulnerabilità, senza cadere nel melodramma.


1. Preparazione Emotiva


Connettiti alla Colpa e alla Paura: Prima di iniziare, prendi un momento per entrare in sintonia con i sentimenti di Catherine. Non si tratta solo di senso di colpa; c’è una paura profonda e paralizzante che l’ha bloccata in quel momento e che ora la soffoca con una lucidità dolorosa.

Ricorda l’Esitazione: Ogni frase, ogni pausa, è carica di esitazione. Catherine non vuole dire queste parole; quasi le vomita fuori, forzata dalla necessità di espiare. Cerca di assaporare ogni esitazione, ogni pausa che ti porti verso l’emozione di riluttanza e vergogna.


2. Tono e Ritmo


Inizia piano, quasi sommesso: Questo è un monologo che richiede di iniziare a bassa voce. Catherine è intrappolata nella propria vergogna e riluttanza; non è uno sfogo impulsivo, ma una confessione lenta, dolorosa. Scegli un tono sommesso, quasi sussurrato all’inizio, per poi aumentare leggermente l’intensità solo nei passaggi più intensi, come nel ricordo dell’angoscia sul bagnasciuga.

Gioca con il Ritmo del Ricordo: Ogni immagine, ogni frase rievoca una memoria precisa e dolorosa. Prenditi il tempo necessario per dare vita a questi ricordi. Pausa tra una frase e l’altra, respira con pesantezza come se sentissi il peso di quelle immagini. Mantieni il ritmo rallentato per amplificare la sensazione di Catherine che rivive, momento per momento, la scena della spiaggia e del mare agitato.


3. Uso dello Sguardo


Abbassa lo Sguardo nelle Confessioni più Difficili: Lo sguardo può essere il tuo alleato principale in questa interpretazione. Quando Catherine rivela le sue paure più intime (come quando confessa di non aver voluto rischiare la vita per suo figlio), abbassa lo sguardo, come a indicare la difficoltà nel sostenere il peso delle sue stesse parole.

Rivivi il Momento Guardando nel Vuoto: Nelle parti in cui descrive la scena del mare, il vento e le onde, lascia che lo sguardo vada oltre, come se stessi guardando il mare e il figlio di Catherine nel canotto. Crea un’immagine vivida nella tua mente e mantienila davanti a te. La scena è reale per Catherine: ogni dettaglio è come se fosse davanti a lei, e tu devi trasmettere la sensazione di essere immerso in quel ricordo.


4. Il Corpo e la Postura


Un Corpo Bloccato, un Atteggiamento di Difesa: Catherine è paralizzata dal senso di colpa e di inadeguatezza. Adotta una postura rigida, quasi chiusa, come se cercasse di nascondersi dietro un muro invisibile. Puoi sederti o stare in piedi con le spalle lievemente incurvate, le braccia vicine al corpo. La tensione nel corpo riflette l’incapacità di muoversi che ha provato quel giorno e che ancora la accompagna.

Il Gesto del Blocco: C’è un momento in cui Catherine parla della sua incapacità di muoversi verso il figlio. Porta la mano al petto o all’altezza della gola, come a voler indicare la sensazione di soffocamento, il blocco interiore. È un gesto piccolo ma significativo, che mostra come il ricordo sia fisicamente doloroso.


5. Gestione delle Paure di Catherine


Esplora il Tabù del Fallimento Materno: Questo è un passaggio difficile e raro da vedere sullo schermo. Il monologo parla di una madre che non riesce a superare la paura per salvare il proprio figlio, un’idea che sfida i concetti tradizionali di amore materno. Trattalo con sincerità e vulnerabilità. Catherine sa di aver fallito, e questa è la sua realtà personale. Non cercare di renderla giustificabile o simpatica; interpreta la vergogna senza attenuarla.

Abbraccia il Disgusto e il Rifiuto di Sé: Catherine è disgustata da sé stessa, dal fatto che, mentre tutti si preoccupavano di suo figlio, lei vedeva l’altro figlio in difficoltà e non ha mosso un dito. Questi passaggi richiedono una tensione interiore, un disagio che cresce fino a diventare quasi insopportabile. Non c’è bisogno di urlare o enfatizzare; basta far emergere il rifiuto di sé attraverso il tono di voce e le espressioni del viso, con piccoli gesti di disagio (stringere le mani, deglutire con difficoltà, abbassare la testa).


6. Esplosione Controllata: il Culmine del Monologo


Raggiungi un Picco di Introspezione Senza Eccessi: Quando Catherine ricorda le sue parole “Non lui, chiunque altro ma non lui,” qui raggiungi il picco emotivo, ma senza urlare o eccedere. È come se lei stesse sputando fuori la confessione più orribile. Il tono può aumentare, la voce diventare un po' più tesa, ma l’obiettivo è mantenere la scena nell’intensità sommessa del suo tormento interiore.

Silenzio Finale: Quando concludi il monologo, lascia che un lungo silenzio segua l’ultima frase. È un momento di vuoto assoluto, in cui Catherine sembra quasi rimanere sospesa nel dolore. Questo silenzio finale permette a ogni emozione di risuonare, a ogni immagine di depositarsi nella mente dello spettatore, per poi uscire di scena lentamente, ancora intrappolato nella colpa e nell’angoscia.

CONCLUSIONE

Interpretare questo monologo significa confrontarsi con una verità scomoda e rara: la fragilità dell’amore materno di fronte ai limiti umani. L’attore, con il suo corpo, la voce e lo sguardo, deve riuscire a mostrare l’orrore di Catherine per sé stessa, senza forzature o pietismo, affidandosi alla forza delle immagini e al potere delle pause. Ogni esitazione e silenzio contribuisce a costruire un’atmosfera di sospensione, in cui l’ammissione finale della propria impotenza risuona come un colpo inevitabile.

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