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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo di Margaret da "The Diplomat Stagione 2" richiede un equilibrio complesso tra freddezza razionale e un sottile senso di colpa che trapela solo a tratti. La scena si concentra su una confessione carica di dettagli tecnici e precisione, dove Margaret scompone i fatti con il distacco di chi è abituato a muovere pedine in un gioco di potere internazionale. Ciò che rende questo monologo interessante è proprio la tensione tra il controllo che Margaret cerca di mantenere e l’impatto emotivo delle conseguenze.
STAGIONE 2 EP 4
MINUTAGGIO: 15:19-18:01
RUOLO: Margaret Roylin
ATTRICE: Celia Imrie
DOVE: Netflix
INGLESE
I told you that Grove hired Roman Lenkov to stage an attack on a British ship. Grove didn't hire him. I did. HMS Courageous. Lenkov was meant to use limpet mines. They're magnetic. One sticks them on the hull, in a place where they'll do little damage, and then slips away before they explode. This isn't revolutionary. It's happened. More than once. It creates two meters of bent metal. And a great deal of outrage. Which was the point. Scotland was leaving. The UK was splintering. Russia's on the march. Democracy's under attack on two continents. Something needed to be done. Two things did not go according to plan. Thing one, Limpet mines were not on hand. So they chose what was. A small anti-ship missile. Under normal circumstances, this would have produced a larger hole, but little else. Thing two, HMS Courageous had a damaged propeller shaft. In order to access the shaft, the crew had to empty the fuel storage area back here and place the spare tanks in a hangar under the deck... here. Right where the missile hit. The missile hit 120 tons of diesel fuel. No one was supposed to get hurt, as the guilty always say. This was exponentially larger than we intended.
ITALIANO
Io vi ho detto che Grove ha assoldato Roman Lenkov per organizzare un attacco a una nave inglese. Non è stato Grove. Sono stata io. (La donna prende una teiera) L'HMS Courageous. Lenkov avrebbe dovuto usare delle mignatte. Sono mine magnetiche. Uno le attracca sulla carena, in un punto in cui faranno pochi danni, e poi si allontana, prima che esplodano. Non è una cosa rivoluzionaria. E' successo... quante volte nel Golfo? Più di una volta. Questo determina uno squarcio.... di oltre due metri, e moltissima indignazione. Qualcosa andava fatto. Io non sono la sola. Due cose non sono andate secondo il piano. Prima cosa. Non c'erano mignate ad esposizione. Così hanno scelto quello che c'era. Un piccolo missile antinave. In circostanze normali avrebbbe creato un buco più grande, ma poco altro. Seconda cosa: l'HMS Courageous aveva un'asse dell'elica danneggiata. Per poter accedere all'asse dell'elica, l'equipaggio ha dovuto svuotare l'area di stoccaggio del carburante qui dietro... e mettere le taniche di scorta in un deposito sotto il ponte... qui. Il missile ha colpito 120 tonnellate di gasolio. Non doveva farsi male nessuno, come dicono sempre i colpevoli. La cosa è stata altamente più grossa di quello che credevamo.
The Diplomat, serie prodotta da Netflix, si presenta come un intrigante thriller politico che mescola tensione, diplomazia e dinamiche personali. Ambientata in un mondo di intrighi internazionali, la serie segue Kate Wyler, interpretata da Keri Russell, una diplomatica americana di lunga esperienza abituata a missioni complicate, ma abituata a lavorare lontano dai riflettori. La trama ruota attorno al suo trasferimento imprevisto in un ruolo pubblico di grande rilievo: ambasciatrice degli Stati Uniti nel Regno Unito, uno degli incarichi più esposti e delicati della diplomazia statunitense. Kate, inizialmente riluttante e più incline a operare in contesti come quello del Medio Oriente, si ritrova ad affrontare le insidie della politica britannica e le pressioni della sua stessa amministrazione.
La complessità della trama si svela attraverso la lotta di Kate per adattarsi a un contesto che non sente pienamente suo e che richiede, oltre a competenze politiche, un’elevata dose di savoir-faire. La serie esplora il suo tentativo di navigare tra scandali, tradimenti e tensioni geopolitiche, evidenziando le difficoltà di chi deve gestire questioni internazionali complesse mentre vive sotto una costante attenzione mediatica.
Parallelamente, "The Diplomat" dedica ampio spazio alla vita personale di Kate, in particolare al rapporto con il marito Hal, ex ambasciatore con un passato da “star” della diplomazia, che ora vive in una posizione ambigua tra supporto e interferenza.
Hal, interpretato da Rufus Sewell, porta nella trama una dinamica interessante, che a volte sfocia in tensioni ironiche e altre in conflitti, mettendo in luce come vita privata e ruolo pubblico non possano mai davvero separarsi per figure di alto profilo come la protagonista. Questa dimensione personale della serie fornisce un equilibrio alla rigidità dei temi geopolitici, dando al pubblico uno spaccato dell'umanità dietro le figure istituzionali.
Questo monologo di Margaret è una confessione e un’autodifesa. Si tratta di un momento di svolta nella serie, che svela la complessità e la disillusione della politica internazionale e del ruolo che Margaret stessa ricopre. Attraverso un linguaggio freddo, quasi tecnico, Margaret rivela il coinvolgimento personale in un attentato progettato per essere un atto simbolico, un messaggio forte e controllato, ma che è sfuggito completamente al controllo, diventando una tragedia.
Margaret parla con un tono distaccato e quasi accademico, descrivendo dettagliamente i metodi dell’attacco — "mignatte magnetiche", "carena", "esposizione" — come se fosse un piano strategico di routine. Questo approccio spersonalizzato serve a mascherare il peso morale delle sue azioni, dando invece un'impressione di necessità e di fredda logica. Il suo intento iniziale, dice, non era causare vittime ma provocare una reazione politica, un piano che viene giustificato come inevitabile per “qualcosa andava fatto.” In questa frase, Margaret evidenzia una mentalità cinica e pragmatica, tipica della geopolitica: l’attentato non è fine a se stesso, ma uno strumento per raggiungere un fine “più grande.”
Il linguaggio tecnico che usa — "mine magnetiche," "asse dell'elica danneggiata," "deposito sotto il ponte" — trasmette una sorta di professionalità, ma anche una pericolosa familiarità con la violenza. Margaret sa esattamente cosa significhi organizzare un’operazione del genere e si sente a suo agio a parlarne. Questo, aumenta il senso di inquietudine: descrivere un attentato come un processo meccanico e prevedibile sottolinea quanto sia stata interiorizzata la violenza come strumento di potere e manipolazione.
Margaret affronta anche gli errori tecnici che hanno portato alla catastrofe: “due cose non sono andate secondo il piano.” Questo dettaglio dà un ulteriore spessore al monologo, poiché evidenzia la fallibilità della sua strategia e mette in luce la tragica imprevedibilità di questo genere di operazioni. Quando parla dell’equipaggio costretto a riposizionare 120 tonnellate di carburante, Margaret rivela come anche il più piccolo errore o imprevisto possa avere conseguenze devastanti, trasformando un’azione simbolica in un evento mortale.
La frase finale — “Non doveva farsi male nessuno, come dicono sempre i colpevoli” — è particolarmente potente e autoironica. Margaret riconosce il cliché della giustificazione, quella retorica del “non volevamo far male a nessuno” usata da chi tenta di minimizzare la propria colpa. È un’ammissione di responsabilità che non viene però accompagnata da un autentico pentimento; Margaret è più turbata dalla perdita di controllo che dalla sofferenza inflitta. Qui emerge la moralità ambigua del personaggio, una figura disposta a sacrificare vite per il “bene maggiore” senza mai interrogarsi veramente sulla legittimità o l’umanità delle sue azioni.
Il monologo di Margaret è una dichiarazione dell’impotenza del singolo di fronte a macchinazioni troppo grandi e complesse. Per quanto preparata e “scientifica” sia stata l’operazione, Margaret è costretta a confrontarsi con l’imprevedibilità della realtà e con i danni collaterali. Questo monologo si pone come un’esposizione drammatica della tensione tra intenzione e conseguenza, rivelando un personaggio consapevole del prezzo della sua missione ma al contempo intrappolato nel ruolo di “colpevole” che riveste senza poterne uscire.
Per interpretare questo monologo, l’attrice deve bilanciare un senso di controllo e di freddezza con il peso sottile di una colpa che cerca di giustificare.
1. Un tono di distacco razionale
Margaret sta cercando di spiegare l’accaduto in modo metodico, quasi scientifico. All'inizio del monologo, mantieni un tono basso e calmo, come se stessi illustrando un progetto tecnico, non un attacco con vittime. Questo distacco deve risultare quasi freddo, ma attentamente calcolato: Margaret vuole apparire composta, come se non fosse emotivamente toccata.
Usa pause brevi dopo ogni dettaglio tecnico, come a dire “ho tutto sotto controllo,” senza mai accelerare il ritmo. Devi trasmettere il messaggio che Margaret è un’esperta e sa esattamente di cosa parla, quasi come una lezione.
2. La manipolazione degli oggetti: teiera e pizza
La teiera, come rappresentazione della nave, è un oggetto insolito per un argomento così serio: sfrutta questa stranezza. Prendila con calma, come se fosse un oggetto delicato e prezioso. Questo gesto trasmette quanto fosse “controllato” il piano originario.
Quando usi il pezzo di pizza per mostrare le mine, attaccalo alla teiera con un gesto deciso ma misurato, come se stessi spiegando una parte del progetto a qualcuno. Questo rappresenta la precisione e l’intento simbolico dell’azione. È essenziale far vedere quanto Margaret considerasse questo attacco come una mossa “chirurgica.”
3. Scomposizione delle battute chiave
“Non è stato Grove. Sono stata io.” Pronuncia questa frase come una rivelazione spiazzante, quasi come se stessi confessando un segreto importante ma inevitabile. Qui, il tono può essere fermo e diretto: Margaret rivendica la responsabilità con un certo orgoglio, ma senza enfasi emotiva.
“Non doveva farsi male nessuno, come dicono sempre i colpevoli.” Questo è il punto in cui Margaret comincia a tradire una piccola incrinatura. Recitala con un velo di ironia e autoconsapevolezza. Qui puoi permetterti di mostrare una leggera ammissione di errore, come se Margaret, per un attimo, si rendesse conto del cliché della sua giustificazione.
4. Graduale intensità emotiva
All’inizio, mantieni il controllo, ma mentre parli degli errori tecnici, lascia trasparire un leggero senso di fastidio, quasi di frustrazione. Come se non fosse tanto il danno umano a turbarti, quanto il fatto che qualcosa sia andato “fuori dai binari.”
Quando descrivi l’errore dell’asse dell’elica danneggiato e il conseguente posizionamento del carburante, aumenta gradualmente l’intensità della voce, come se tu stessi davvero rivivendo l’impotenza di fronte a un errore irreversibile. Non è il dolore per le vittime a farsi spazio, ma la consapevolezza che il piano, da perfetto, è diventato disastroso.
5. Uso dello sguardo e del corpo
Mantieni lo sguardo basso o fisso sulla teiera durante la prima parte del monologo, come se stessi spiegando i dettagli solo a te stessa. Quando parli degli errori e della conseguenza, alza lo sguardo e osserva chi ti ascolta: questo crea un contrasto drammatico, un momento di “resa dei conti” in cui ti confronti con la gravità di ciò che hai fatto.
Fai in modo che il corpo rimanga fermo e raccolto all'inizio, ma man mano che la tensione cresce, lascia che le spalle si irrigidiscano o che le mani si stringano con più forza. È come se la rigidità esprimesse la pressione interna di chi sa di dover mantenere la compostezza anche quando ogni cosa è sfuggita di mano.
6. Un finale di sottile ammissione
Alla fine, torna al tono calmo e freddo dell’inizio, come se stessi cercando di recuperare il controllo e di chiudere la conversazione. Concludi con un ultimo sguardo alla teiera e al pezzo di pizza, quasi con un accenno di disprezzo per l’intero piano, come a dire “non è andata come previsto, ma non mi posso fermare qui.”
La scena si conclude con un ritorno al controllo, ma anche con un’incrinatura evidente nella maschera di razionalità di Margaret. Il monologo diventa così una resa dei conti interiore, in cui l’attrice deve trasmettere la lotta tra il bisogno di difendere le proprie scelte e la consapevolezza dell’errore che è sfuggito di mano. Questo contrasto tra la precisione tecnica e la tragicità delle conseguenze rende la scena una riflessione sulla fallibilità umana, sul peso della responsabilità e sulla fredda disumanizzazione della politica.
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