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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo in chiesa di Charles (Matthew Macfadyen) in Death by Lightning è una delle scene più disturbanti e teatrali della serie. In pochi minuti, il personaggio mette a nudo la sua follia lucida, travestita da spiritualità e missione divina. Charles si confessa, ma non cerca perdono: chiede a Dio la legittimità del suo gesto, l’omicidio del presidente Garfield.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto 50 secondi
Emozioni chiave: Fervore religioso distorto, paura sincera ma mal diretta, illusione di missione divina, senso di colpa latente, confusione tra fede e follia
Contesto ideale: ruoli disturbati o ambigui, Esercizi sul delirio lucido o fanatismo, Progetti con focus psicologico, scene di introspezione morale o religiosa
Dove vederlo: Netflix
Death by Lightning è una miniserie storica Netflix in quattro episodi, ambientata negli Stati Uniti dell’Ottocento, poco dopo la fine della Guerra Civile. Al centro della narrazione ci sono due uomini le cui vite si intrecciano in modo fatale: James A. Garfield, un uomo semplice, colto, ex generale dell’Unione che viene eletto 20° presidente degli Stati Uniti quasi per caso, e Charles J. Guiteau, un personaggio instabile, fallito e ossessionato dalla politica, che si convince di essere parte integrante del destino del presidente.
Attraverso una ricostruzione meticolosa e un tono che mescola tensione e intimità, la serie racconta l’America di fine secolo, divisa tra riforma e corruzione, ambizione e fanatismo. È una storia di potere, ossessione e speranza.
Il racconto inizia nel 1880, alla vigilia della convention repubblicana, e si sviluppa lungo tutto il breve mandato presidenziale di Garfield, mostrando da vicino il peso della politica, le lotte interne al partito e il crescente squilibrio mentale di Guiteau, che si avvicina sempre di più al presidente... con un piano.

Buonasera Padre. E’ passato molto tempo dalla mia ultima confessione ma ho una domanda per il Signore. Mi è stato affidato… come posso dire… un grande e terribile compito. So che va portato a termine, e so che devo essere io a farlo, nessuno può riuscirci. Ma… Ma io ho paura, Padre. Avverto una forza malvagia… che pervade il mondo. Io… io la vedo, la vedo proliferare giorno dopo giorno, e infettare le anime degli uomini, e temo che se non facciamo qualcosa alla fine ci condurrà sul baratro di una seconda grande guerra. Ma che valore può mai avere una vita di fronte a centinaia di migliaia che potrebbero perire se non intervenissi. Se sarò debole… Soltanto Dio può darmi uno scopo.
“Buonasera Padre.”: voce controllata, tono rispettoso ma teso; sguardo basso; micro pausa dopo "Padre", come se aspettasse risposta.
“È passato molto tempo dalla mia ultima confessione, ma ho una domanda per il Signore.”: leggero disagio; la voce è calma, ma porta con sé un senso di colpa sommesso.
“Mi è stato affidato… come posso dire… un grande e terribile compito.”: esitazione su “come posso dire”; sguardo verso l’alto, come cercasse conferma dall’alto; “
“So che va portato a termine, e so che devo essere io a farlo, nessuno può riuscirci.”: voce più convinta, quasi profetica; ritmo crescente, fino a una leggera tensione muscolare;
“Ma… Ma io ho paura, Padre.”: pausa significativa tra le due “Ma”; il tono cambia: si incrina, diventa più umano.
“Avverto una forza malvagia… che pervade il mondo.”: sguardo fisso nel vuoto, come se “vedesse” davvero qualcosa;
“Io… io la vedo, la vedo proliferare giorno dopo giorno, e infettare le anime degli uomini…”: ripetizioni cariche di ossessione;
“…e temo che se non facciamo qualcosa, alla fine ci condurrà sul baratro di una seconda grande guerra.”: “temo” va detto sottovoce, quasi come una rivelazione;
“Ma che valore può mai avere una vita, di fronte a centinaia di migliaia che potrebbero perire se non intervenissi?”: tono giustificatorio; ritmo più logico, quasi razionale;
“Se sarò debole…”: pausa, respiro; voce sussurrata, come una resa;
“Soltanto Dio può darmi uno scopo.”: chiusura solenne; tono da preghiera malata, lo sguardo si alza lentamente.
Uno dei momenti più intensi e disturbanti della miniserie Death by Lightning è senza dubbio il monologo in chiesa di Charles J. Guiteau, quando, ormai consumato dal delirio, si confessa prima dell’attentato al presidente Garfield. In questa scena il tono è solenne, quasi mistico. Guiteau non è un semplice criminale: crede di essere un strumento di Dio, e la chiesa diventa lo spazio sacro in cui cerca conferma alla sua visione distorta della missione che sta per compiere. Charles si rivolge al sacerdote con calma, rispetto, ma è evidente che sotto la superficie si agita un conflitto interiore feroce. L’uomo è terrorizzato da ciò che sta per fare, ma allo stesso tempo è convinto che non esista alternativa: si sente prescelto, quasi unto. Rivela che gli è stato affidato un “grande e terribile compito”, e sa che “deve essere lui a farlo”. Si presenta come unico possibile esecutore di un destino oscuro, portatore di un equilibrio superiore. Non cerca perdono, cerca solo il permesso.
La sua paura è autentica. Ha timore di fallire, ma ciò che teme di più è la “forza malvagia” che, a suo dire, infetta il mondo giorno dopo giorno. In questo passaggio, il monologo assume toni quasi apocalittici: Charles intravede una futura “seconda grande guerra” e giustifica l’omicidio del presidente come un atto preventivo. Il cuore del monologo: “che valore può avere una vita…” È in questa frase che si condensa tutto il sottotesto etico e tragico del personaggio. Charles non si vede come un assassino, ma come un salvatore potenziale. La sua logica è da fanatico: sacrificare una vita per salvarne migliaia. Eppure, la voce con cui lo dice è rotta, insicura. Siamo di fronte a un uomo disperato che, pur travestito da profeta, mostra tutte le fragilità di chi ha perso il contatto con la realtà. Il gesto che sta per compiere non nasce dall’odio, ma da un senso di missione deviato. La chiusa del monologo: “Soltanto Dio può darmi uno scopo”, è inquietante nella sua lucidità. Non è una richiesta d’aiuto, è una dichiarazione di dipendenza. Charles non prende decisioni per sé stesso: le delega a un’autorità superiore.

Nel quarto episodio, il punto di rottura arriva. Charles Guiteau spara due colpi al presidente Garfield alla stazione ferroviaria. Il primo lo colpisce di striscio, il secondo alla schiena. Garfield non muore sul colpo, ma inizia una lunga agonia durata settimane, aggravata da cure mediche inefficaci e metodi superati. Nonostante gli sforzi di sua moglie Crete e di alcuni medici illuminati, Garfield muore non per i proiettili, ma per la setticemia, causata dalle continue manipolazioni dei medici.
Nel frattempo, Charles viene arrestato e si mostra completamente alienato dalla realtà, convinto di aver compiuto un gesto eroico voluto da Dio. Crete, prima dell’impiccagione, lo affronta e gli assicura che verrà dimenticato. Il giorno dopo, Guiteau viene giustiziato.
La serie si chiude con un epilogo storico: Chester Arthur, il vicepresidente inizialmente considerato un burattino, prende il posto di Garfield e approva una serie di riforme significative. Garfield, da uomo eletto per caso, finisce per segnare il futuro della politica americana. Ma il suo nome, come temeva, rimane ai margini della memoria collettiva.
Regista: Matt Ross
Sceneggiatura: Mike Makowsky
Cast: Michael Shannon, Matthew Macfadyen, Betty Gilpin, Nick Offerman e Vondie Curtis-Hall.
Dove vederlo: Netflix

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