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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Charlie in Hazbin Hotel 2 è uno dei momenti più intimi e fragili della serie. Una telefonata senza risposta alla madre diventa lo specchio di un bisogno profondo: essere ascoltata, senza dover implorare. In questo articolo trovi l’analisi completa del testo, con note interpretative, sottotesto e consigli su come prepararlo per un’audizione. Un monologo perfetto per attrici giovani che vogliono lavorare su emozioni trattenute e sincerità.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto
Un mese dopo la battaglia contro gli Esorcisti, l’Hazbin Hotel è al centro dell’attenzione: pieno di nuovi ospiti e giornalisti attratti dalla possibilità di vendicarsi sugli angeli. Charlie, profondamente segnata dalla morte di Sir Pentious, trascura i suoi doveri fino a quando, spinta da suo padre, decide di riaffermare lo scopo originale dell’Hotel: la redenzione. Questo allontana la maggior parte degli ospiti, ad eccezione di Baxter, interessato a studiare il concetto di redenzione. Intanto, Vox, Velvette e Valentino approfittano del malcontento per iniziare i loro piani di conquista del Paradiso. La puntata si chiude con la rivelazione che Sir Pentious è stato redento e accolto nel Paradiso. Nel Paradiso, Sir Pentious viene interrogato da Sera e dalla Parola di Dio. Racconta la sua storia e rivela di essere stato testimone del primo omicidio di Jack lo Squartatore senza denunciarlo per paura. Per il suo sacrificio durante la battaglia all’Hotel, viene riconosciuto come redento. Nonostante gli sforzi di Emily per farlo integrare, la consapevolezza di non poter mai lasciare il Paradiso lo porta alla depressione. Lute, profondamente scossa dalla nuova politica celeste, decide di vendicare Adam, rifiutando gli ordini di Sera. Quest’ultima, intanto, è tormentata dal senso di colpa e prende la drastica decisione di isolare il Paradiso dagli altri regni per evitare nuove vendette.

Ciao mamma! Sono io, di nuovo! Di nuovo… Mi… mi dispiace disturbarti, ma mi sento sopraffatta, a dire il vero. L’hotel è in overbooking, fico, ma i peccatori sono venuti per i motivi sbagliati, vogliono uccidere gli angeli, l’opposto di quello che voglio io… E so che volevi che i demoni si sentissero più forti, ma questo è il modo sbagliato, e mi farebbe comodo qualche consiglio. magari se, se hai tempo… si, comunque, io e papà abbiamo ricominciato a frequentarci, e non è poi così male, e tu… mi manchi. Quindi… non è che potresti richiamarmi? Ho bisogno di te. Ti voglio bene. Ciao.
“Ciao mamma! Sono io, di nuovo!” Tono intimo, esitante. La prima frase va detta con un sorriso accennato, ma tirato, come se cercasse di sembrare più tranquilla di quanto sia.
“Mi… mi dispiace disturbarti, ma mi sento sopraffatta, a dire il vero.” Balbettio su “mi…”: segno di disagio, difficoltà a chiedere aiuto. Il tono qui deve essere controllato, ma cresce leggermente con “sopraffatta” — è il primo momento dove la vulnerabilità emerge.
“L’hotel è in overbooking, fico, ma i peccatori sono venuti per i motivi sbagliati, vogliono uccidere gli angeli, l’opposto di quello che voglio io…” “Fico” va detto quasi per forza, con un tono finto entusiasta — cerca di salvare la facciata. Sulla parte “i peccatori sono venuti per i motivi sbagliati…”, il tono va giù, verso lo sconforto.
“E so che volevi che i demoni si sentissero più forti, ma questo è il modo sbagliato…” Tono più personale, quasi una supplica.
“…e mi farebbe comodo qualche consiglio. magari se, se hai tempo…” Qui torna il tono insicuro, spezzato.
“si, comunque, io e papà abbiamo ricominciato a frequentarci, e non è poi così male, e tu…” Cambia tono: diventa più quotidiano, come se volesse alleggerire il discorso.
“mi manchi.” Va detto senza enfasi, come se scappasse dalla gola.
“Quindi… non è che potresti richiamarmi?” Detto con tenerezza infantile, quasi autoironico, come se sapesse che è inutile ma non può fare a meno di chiederlo.
“Ho bisogno di te.” La frase più dritta e sincera del monologo. Va detta lenta, senza sforzo drammatico, ma con tutta la fragilità possibile.
“Ti voglio bene.” Voce bassa, intima, quasi spezzata.
“Ciao.” Sospensione prima di dirlo. Detto piano, con rassegnazione, ma anche con una punta di speranza fragile. Lo sguardo può restare fisso, come se aspettasse ancora un miracolo.
Uno dei momenti più intimi e delicati della seconda stagione di Hazbin Hotel è il messaggio vocale lasciato da Charlie a sua madre. Una telefonata che rimane senza risposta, ma che rivela moltissimo del suo stato emotivo, della pressione che sente sulle spalle e del suo bisogno — irrisolto — di guida e conforto. Questo monologo arriva verso metà del primo episodio (New Pentious), quando Charlie si ritrova a gestire un hotel sovraffollato da peccatori che non cercano redenzione, ma vendetta. Il suo ideale vacilla, i suoi ospiti sono lì per i motivi sbagliati e, nonostante l’aiuto di suo padre, le manca il supporto della madre, figura chiave che — finora — è assente nella storia. Charlie non sta piangendo, ma è evidente che trattiene qualcosa. C’è un senso di fragilità costante, reso più pesante dall’assenza di risposta. Non è una richiesta disperata, ma una confessione mascherata da aggiornamento quotidiano.

Obiettivo del monologo Chiedere aiuto senza chiederlo esplicitamente. Charlie vuole sentirsi meno sola, vuole una risposta che non arriva da tempo. L’obiettivo non è solo “parlare con la madre”, ma sentirsi ancora figlia, legittimata, accompagnata in una scelta difficile
Sottotesto“Non so più se sto facendo la cosa giusta.”
Azione minima In scena, tutto deve essere piccolo. Il corpo fermo, lo sguardo ogni tanto verso il telefono o il vuoto. La voce resta composta, ma ci deve essere un micro-movimento emotivo in ogni pausa.
Dinamica vocale consigliata
Tono medio-basso, quasi da diario vocale.
Usa pause reali, non studiate: lasciati interrompere dalle emozioni.
Ripetizioni e interruzioni (“di nuovo…”, “se, se hai tempo…”) devono sembrare reali, non lette.
C’è una linea discendente: si parte con un po’ di luce (finta), poi si scivola nel bisogno.
Chiusa “Ti voglio bene. Ciao.” La chiusura è il momento più difficile:
Errori comuni da evitare
Spingere le emozioni: se forzi, perde verità. Il pubblico si emoziona solo se tu resti contenuto.
Recitare come se fosse una lite: non c’è rabbia, solo dolore e smarrimento.
Dimenticare l’ascolto: il telefono muto va ascoltato. La scena vive del fatto che nessuno risponde.
Ignorare il ritmo naturale: le frasi vanno spezzate, con esitazioni. Non leggere tutto di fila.
Quanto dura il monologo? Il monologo dura circa 1 minuto in tempo reale, ma può estendersi a 1 minuto e mezzo se interpretato con pause realistiche e ascolto attivo.
Che temi tratta il monologo? Il monologo affronta temi legati a: solitudine affettiva. bisogno di guida genitoriale, fragilità emotiva mascherata, disillusione e senso di smarrimento.
Serve una scenografia o oggetto di scena? No, ma l’uso di un telefono vero o auricolare può aiutare a rendere più autentica l’interazione con il silenzio.
Registi: Vivienne Medrano
Sceneggiatura: Vivienne Medrano
Produttori: Jes Anderson, Paula Haifley, Samantha Daley
Musiche: Thomas Ryan (ep. pilota), Parry Gripp (ep. pilota e sigla), The Living Tombstone, Andrew Underberg, Evan Alderete, Gooseworx (compositori)
Dove vederlo: Amazon Prime

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