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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo dello sceneggiatore in Playing It Cool richiede la capacità di destreggiarsi tra ironia e vulnerabilità. Il personaggio, “Me”, si racconta attraverso un dialogo che è, al contempo, cinico e insicuro, rivelando il suo scetticismo verso l’amore e la sua incapacità di comprenderlo veramente. Ogni frase trasuda un distacco emotivo, eppure, sotto la superficie, emerge un desiderio inespresso di scoprire cosa significhi davvero lasciarsi andare al sentimento.
MINUTAGGIO: 00:10-2:12
RUOLO: Me
ATTORE: Chris Evans
DOVE: Netflix
INGLESE
Did you know that when someone attracted messes your sideline your pupils dialated 20%? Or when someone falls in love their brain floods with dopamine? You know what else causes that chemical reaction? Narcotics. It's crazy right? But that's the fun shit I'm learning right now. See I've been hired to write this romantic comedy screen play. The problem is I've never actually you know, being in love, so.. It's slow going.. yeah. To help, I rely on this writers trick. When other people tell me their tales of romance I try to imagine my self as the character in the story, you know. The ones in love It's kind of desperate attemp to feel something I supose. Anything really. It's a little narcissistic, but.. It works. I think the closest I ever came would be the summer of 1989 Back then my baby sitter. We were deeply passionately madly in love for one glorious nihgt. Until my grand dad came home early from poker. God, can she dance.. I think since then all of my experience involving love
ITALIANO
Sapevate che quando il vostro sguardo incrocia una persona che vi piace, le pupille si dilatano del 20%. O che quando ti innamori il cervello viene inondato di dopamina. Indovinate cos'altro provoca una reazione del genere. La droga. Pazzesco, eh? Sto leggendo una valanga di stronzate sull'argomento, perché mi hanno dato da scrivere la Sceneggiatura di... "Un film d'amore". Il guaio è che io non mi sono mai innamorato, quindi... procedo a rilento. Si, è un lavoraccio. L'unica è ricorrere a un vecchio trucco degli scrittori. Mi faccio raccontare da qualcuno la sua storia d'amore, e mi immedesimo in uno dei personaggi. Faccio la parte dell'innamorato. E' un tentativo disperato di capire che effetto faccia, che cosa si provi. Un tantino narcisistico, forse, ma funziona. Credo che la cosa più similie all'innamoramento che abbia mai provato risalga all'estate del '99. Con la mia baby sitter. Una serata d'amore folle, profonda, appassionato... finché mio nonno non tornò prima del solito dalla sua partita a poker. Ah, ballava in un modo... A parte quela tutte le mie altre esperienze amorose...
"Playing It Cool" è una commedia romantica del 2014 che gioca con i cliché del genere cercando di portarli a un livello metanarrativo. La trama ruota attorno a uno sceneggiatore interpretato da Chris Evans, un uomo cinico e disilluso nei confronti dell'amore, che ha difficoltà a scrivere una sceneggiatura romantica perché non crede davvero nell'amore. La sua visione cambia quando incontra "Lei" (Michelle Monaghan), una donna che sfida i suoi preconcetti sull'amore e lo coinvolge in un gioco di attrazione e resistenza. C'è solo un problema: lei è fidanzata.
Il film si sviluppa seguendo il protagonista mentre cerca di conquistare questa donna, combattendo contemporaneamente la sua stessa visione disincantata dell'amore e confrontandosi con i suoi amici, ciascuno portatore di visioni diverse e più idealizzate del sentimento amoroso. Durante il film, il protagonista si ritrova a rielaborare la sua sceneggiatura e a vivere vari momenti tipici delle commedie romantiche, in una sorta di autoriflessione che cerca di far emergere la difficoltà e la bellezza del lasciarsi andare alle emozioni.
"Playing It Cool" mette in scena una storia sull'equilibrio tra ragione e sentimento, con un tono leggero e a tratti surreale. Il protagonista si avvicina all'amore cercando di non lasciarsi travolgere da esso, ma alla fine si trova a dover decidere se lasciarsi andare o rimanere chiuso nelle sue convinzioni. Il film è una riflessione leggera e ironica sulla paura di innamorarsi e su come, a volte, proprio il cinismo possa nascondere il desiderio di trovare qualcosa di autentico.
Questo monologo in Playing It Cool racchiude il cuore del dilemma del protagonista, uno scrittore che tenta di raccontare qualcosa che non ha mai provato veramente: l’amore. La scena gioca con l’ironia e il distacco emotivo per creare una riflessione sulla difficoltà di descrivere ciò che non si comprende appieno. Le parole dello sceneggiatore, “Me”, offrono una sorta di confessione, svelando il suo cinismo e, allo stesso tempo, il fascino che prova verso questo mistero inaccessibile.
L’approccio scientifico iniziale — parlare di dopamina e di reazioni chimiche nel cervello come se si trattasse di droghe — sottolinea il suo tentativo di ridurre l’amore a qualcosa di spiegabile e quantificabile. Siamo abituati a racconti che definiscono l’amore in termini sublimi e spirituali, ma “Me” lo tratta come un fenomeno fisico e neurologico, una reazione come un’altra. Questo distacco, quasi clinico, ci suggerisce quanto sia distante dal vero sentimento e quanto si aggrappi alla teoria per compensare la propria mancanza di esperienza.
La confessione sulla sua difficoltà nel lavorare a una sceneggiatura d’amore è quasi uno specchio della condizione dello scrittore stesso, costretto a fingere, a immedesimarsi in sentimenti che non gli appartengono. “Mi faccio raccontare da qualcuno la sua storia d'amore, e mi immedesimo in uno dei personaggi” è una frase che parla del suo bisogno di approcciarsi al sentimento attraverso l’esperienza altrui, come un attore che cerca un’emozione mai provata per poi trasmetterla al pubblico. Questo approccio, che definisce “narcisistico”, rivela una dinamica di manipolazione che lo mette nella posizione di uno spettatore o, meglio ancora, di un imitatore dell’amore.
La sua unica esperienza vaga di “innamoramento”, un momento infantile con la baby-sitter, è un frammento dolce e patetico insieme, che ridimensiona il protagonista in tutta la sua vulnerabilità. È un episodio assurdo, quasi ridicolo, in cui l’amore sembra essere solo una parodia dell’autentico coinvolgimento emotivo, come se la sua vita fosse stata segnata solo da “esperienze amorose” che in realtà non sono mai arrivate a compimento.
Questo monologo, dunque, ci racconta di un uomo bloccato in una sorta di paralisi sentimentale, privo di un vero contatto con la propria emotività, al punto da essere costretto a osservarla dall’esterno. In fondo, il monologo esplora il desiderio nascosto di “Me” di vivere davvero quell’emozione che conosce solo in teoria. La sua stessa ironia tradisce, forse inconsapevolmente, la speranza che un giorno anche lui possa trovare qualcosa di reale e, chissà, comprendere appieno ciò che prova la maggior parte delle persone, senza dover fare ricorso alla tecnica o alla finzione.
Interpretare questo monologo richiede una miscela di ironia, vulnerabilità e un pizzico di cinismo. È un momento in cui il personaggio si apre ma mantiene comunque una barriera emotiva, perché per lui è più facile parlare dell’amore come un concetto che come un sentimento vissuto.
Tono distaccato e ironico all’inizio: Inizia il monologo con un tono leggermente distaccato, quasi sarcastico, soprattutto quando parli di “pupille dilatate” e “dopamina”. Questo è un trucco per il personaggio: parlare dell’amore come una reazione chimica lo aiuta a mantenere il controllo e a non lasciarsi coinvolgere. Il cinismo è il suo scudo. Gioca con questo distacco iniziale, come se stessi spiegando una curiosità scientifica a qualcuno, senza coinvolgimento emotivo.
Sottolinea la difficoltà e il disagio: Quando dice “il guaio è che io non mi sono mai innamorato”, inserisci un breve momento di esitazione. Non è solo una constatazione; è quasi una confessione, una piccola crepa nel muro di sicurezza che ha costruito. Lascia intravedere un accenno di insicurezza, come se il personaggio stesse per un istante riflettendo su quello che si sta perdendo.
Autoironia e auto-analisi: Quando parla di mettersi nei panni di altri per “capire che effetto faccia”, usa un tono vagamente divertito, come se riconoscesse l’assurdità di questo metodo. Qui l’attore dovrebbe giocare sull’autoironia: il personaggio sa che c’è qualcosa di narcisistico e inefficace in questo approccio, ma allo stesso tempo non conosce altro modo di avvicinarsi all’amore.
Ricorda l’estate del ’99 con leggerezza malinconica: Questo è il momento in cui il monologo si fa più personale e vulnerabile. Quando parla della baby-sitter, lascia cadere la corazza per un attimo: c’è un’innocenza in quel ricordo, una dolcezza quasi ridicola. Qui puoi accennare un sorriso nostalgico, come se il personaggio fosse consapevole della goffaggine di quella "prima esperienza amorosa". È un episodio buffo, ma per lui è anche l’unico ricordo che ha di qualcosa di simile all’amore.
Tono dimesso e rassegnato nella chiusura: Quando arriva alla frase finale, “a parte quella tutte le mie altre esperienze amorose iniziano più o meno così…”, utilizza un tono rassegnato, quasi amaro, come se stesse ammettendo a se stesso che l’amore, per lui, è sempre stato un’incompiuta. Qui, fai emergere una sfumatura di tristezza, come se fosse deluso di non avere una vera storia d’amore da raccontare.
Cura la gestualità: Tieni le mani libere per accompagnare le parole. All’inizio, puoi giocare con piccoli movimenti che mostrano sicurezza e controllo, come un piccolo gesto della mano quando parli di “dopamina” o “pupille”. Man mano che il monologo diventa più personale, lascia che il corpo esprima incertezza: magari una mano che si tocca il collo o un sorriso appena accennato quando ricordi la baby-sitter. Infine, alla chiusura, puoi lasciar cadere le mani, un gesto che esprime una sorta di resa o vulnerabilità.
Evita l’eccesso emotivo: Questo personaggio non è abituato a lasciarsi andare, quindi evita di enfatizzare troppo i sentimenti. Anche nei momenti più vulnerabili, mantieni una sorta di autocontrollo, come se il personaggio fosse a disagio nel parlare di emozioni. L’obiettivo è dare l’idea di qualcuno che cerca di razionalizzare e scherzare su un tema che in fondo non sa come affrontare davvero.
Sguardo: Lavorare con lo sguardo è essenziale per questo monologo. Quando parli di “dopamina” o di “esperienze amorose”, guarda verso l’interlocutore con un’espressione quasi di sfida, come se volessi dimostrare di avere tutto sotto controllo. Nel ricordare la baby-sitter, però, lascia vagare lo sguardo per un attimo, come se il personaggio si stesse perdendo in quel ricordo. Infine, chiudi con uno sguardo un po’ spento, rassegnato.
Interpretare questo monologo è un viaggio tra ironia e malinconia, perché il personaggio vive un conflitto interno tra il bisogno di razionalizzare tutto e il desiderio di provare qualcosa di autentico. Chiudere il monologo con un accenno di rassegnazione e vulnerabilità permette di svelare quel lato nascosto, facendo emergere la sua paura di rimanere per sempre un estraneo al sentimento che sta cercando di descrivere. In questo modo, l'attore offre al pubblico non solo una riflessione sull’amore, ma anche una piccola rivelazione su quanto siamo tutti, in fondo, vulnerabili di fronte a ciò che non comprendiamo.
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