Monologo - Claudio Bisio in \"Una terapia di gruppo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Il monologo di Federico in Terapia di Gruppo rappresenta uno dei momenti più significativi del film, un connubio perfetto tra comicità e introspezione. È qui che il personaggio, interpretato da Claudio Bisio, raggiunge il culmine del suo arco narrativo: un percorso segnato dalla vergogna per la sua sindrome di Tourette, dal senso di colpa per l’assenza come padre e, infine, dalla coraggiosa decisione di affrontare i propri limiti. Attraverso parole semplici, dirette, e una conclusione disarmante, Federico esprime il primo passo verso una vera connessione con gli altri.

MERDAZZA!

MINUTAGGIO: Finale del film
RUOLO: Federico

ATTORE: Claudio Bisio
DOVE: Al cinema



ITALIANO


Valentina, volevo chiederti scusa. Scusa se quando eri bambina non ti ho preso troppo spesso in braccio. E' che avevo paura di farti cadere o di lanciarti cadere chissà dove con tutti quei gesti inconsulti. Scusa se non tu ho accompagnato mai a scuola, avevo paura che ti vergognassi di me. Ho detto un sacco di bugie per non venire ai tuoi saggi. Ma forse mia figlia avrebbe voluto avere un papà accanto. Anche se con tutti i tic del mondo. Ragazzi dico un sacco di bugie, penso a fin di bene, ma adesso ho capito che cosa si prova a deludere le persone che ti danno fiducia. Allora voglio dire qui, davanti a tutti, sono fiero di te. E se ce la faccio, vorrei dirti, con il cuore... complimenti, "merdazza"!

UNA TERAPIA DI GRUPPO

Terapia di Gruppo è una commedia italiana del 2024 incentrato sulle nevrosi. La premessa del film: sei pazienti con disturbi ossessivo-compulsivi, apparentemente incompatibili tra loro, si trovano accidentalmente nello stesso studio per una seduta psicoterapeutica. L'assenza del medico li costringe a gestirsi da soli, portando a una terapia di gruppo "fai da te" che diventa il cuore pulsante della narrazione.

Ogni personaggio porta in scena una diversa sfaccettatura dei disturbi ossessivo-compulsivi, con caratterizzazioni che oscillano tra il grottesco e il tenero. Federico, interpretato da Claudio Bisio, è il personaggio che catalizza subito l’attenzione, con la sua sindrome di Tourette. Annamaria, impeccabile e maniacale nel controllo di ogni dettaglio, è invece un riflesso delle ansie quotidiane di chi teme di non avere mai tutto sotto controllo. La sua tensione si scontra con l’ossessione di Emilio per il conteggio compulsivo, con continui numeri e verifiche.


C’è poi Bianca, che vive come in una bolla asettica, con l’ossessione per la pulizia. Otto, con il suo terrore di essere escluso “dal cellulare”, incarna la dipendenza moderna dalla tecnologia, mentre Lilli, con la sua simmetria ossessiva, porta il pubblico in un vortice di gag basate sul linguaggio ripetitivo.


L’attesa del luminare, che non si presenta mai, diventa un espediente narrativo per lasciare i personaggi da soli con le loro fragilità. Inizialmente, i conflitti tra le loro ossessioni sembrano insormontabili, ma proprio questi contrasti danno il via a momenti di grande comicità e inaspettata empatia.

Il gruppo, costretto a interagire, inizia a trasformare le proprie debolezze in una forma di forza collettiva. La “terapia” improvvisata diventa una scusa per scoprire le radici dei loro traumi e, tra un esercizio e l’altro, emergono momenti di autentica introspezione. È qui che il film tocca il suo aspetto più umano: le ossessioni, pur esasperate per scopi comici, vengono trattate con rispetto, come specchio delle difficoltà di accettare sé stessi.

ANALISI MONOLOGO

Federico, attraverso la sua vulnerabilità, incarna il cuore tematico di Terapia di Gruppo: la paura di essere giudicati, la vergogna legata alle proprie imperfezioni e il desiderio di riconciliazione.


Federico inizia con un’ammissione di colpa che svela immediatamente il suo conflitto interiore. Le sue scuse sono genuine, ma soprattutto rivelano il peso della sua autoconsapevolezza: ha vissuto tutta la vita rinchiuso nella paura di essere un cattivo padre, al punto da negare a sua figlia momenti fondamentali della loro relazione.


"Scusa se quando eri bambina non ti ho preso troppo spesso in braccio..." In questa prima parte, Federico rivisita i momenti perduti, ma non lo fa per auto-giustificarsi. Ammette apertamente che le sue scelte sono state dettate dalla paura: non di essere inadeguato agli occhi del mondo, ma di ferire la sua stessa figlia. La specificità dei gesti, come "non ti ho preso troppo spesso in braccio", dà concretezza al suo rimpianto e lo rende tangibile.


"Ho detto un sacco di bugie penso a fin di bene..." Qui emerge il vero dramma di Federico: il suo desiderio di proteggere gli altri da sé stesso lo ha portato a mentire, ma le bugie, anziché proteggere, hanno costruito una distanza emotiva con chi ama. È una confessione che chiude il cerchio del suo senso di colpa.


Sono fiero di te." Questo è il momento di svolta, dove Federico, grazie al percorso intrapreso nel gruppo, riesce a dichiarare apertamente il suo amore e la sua ammirazione per Valentina. È una frase semplice, ma potente proprio per la sua essenzialità. Non c’è retorica, solo il cuore. "Complimenti, merdazza." La sindrome che ha sempre visto come un ostacolo e una fonte di vergogna si manifesta proprio nel momento più solenne, ma non lo sminuisce. Anzi, diventa il simbolo della sua accettazione.

CONCLUSIONE

Con il suo monologo, Federico ci mostra che la vulnerabilità non è una debolezza, ma una forma di forza. La sua ammissione di colpa, il suo orgoglio paterno e, soprattutto, il modo in cui abbraccia la propria condizione rendono il discorso non solo memorabile, ma profondamente umano. La frase finale, "complimenti, merdazza", è il simbolo della sua piena accettazione. È un inno all’imperfezione, un momento in cui la risata e l’emozione si fondono, ricordandoci che il vero coraggio non è nascondere chi siamo, ma mostrarlo al mondo, tic e tutto il resto.

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