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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Cole Williams nel film 21 è una delle scene più intense del thriller ispirato a una storia vera sul conteggio delle carte. In pochi minuti, il personaggio interpretato da Laurence Fishburne racconta un passato di umiliazione e vendetta con un controllo glaciale.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto 30 secondi
Emozioni chiave Umiliazione (non digerita): Cole racconta il momento in cui ha perso tutto… mentre era al funerale del padre. rancore profondo, senso di rivalsa, sadico autocontrollo:
Ben Campbell è un genio della matematica che studia al MIT, con un sogno ambizioso: entrare alla Harvard Medical School. Il problema? La retta d'iscrizione è fuori portata: 300.000 dollari. L’unica sua possibilità concreta sembra essere la prestigiosa borsa di studio Robinson, assegnata solo a chi ha un vissuto fuori dal comune. E Ben, che ha sempre vissuto con la testa sui libri, si rende conto di non avere alcuna “storia” da raccontare. Tutto cambia quando il professor Micky Rosa lo nota per le sue straordinarie doti analitiche. Dopo aver risolto brillantemente il dilemma probabilistico di Monty Hall, Ben viene invitato a unirsi a un gruppo segreto di studenti che, con un sofisticato sistema di conteggio delle carte, sbanca i tavoli di blackjack nei casinò di Las Vegas.
Il gruppo, composto da Choi, Fisher, Jill e Kianna, agisce come una vera e propria squadra d’assalto, con ruoli definiti tra "esploratori" e "puntatori". Le vincite sono enormi. Ben entra in un mondo fatto di cifre da capogiro, identità false, stanze d’albergo di lusso e adrenalina continua. All’inizio lo fa solo per raccogliere i soldi necessari all’università. Ma presto viene sedotto dal potere, dai soldi, e soprattutto da Jill. Le cose iniziano a incrinarsi: Ben, perso nei suoi nuovi interessi, trascura i suoi amici storici e il progetto "209", rompe la sua promessa di smettere una volta raggiunta la cifra necessaria per Harvard e diventa ossessionato dal gioco. Dopo una notte disastrosa, perde 200.000 dollari e si attira l’ira di Rosa, che lo caccia via e fugge con il resto dei soldi.
Contemporaneamente, Cole Williams, capo della sicurezza dei casinò, inizia a seguire le loro tracce. Ex esperto di sicurezza vecchio stile, è in via di sostituzione con software biometrici. E Ben, proprio come Rosa anni prima, sta diventando il suo nuovo bersaglio. Senza Rosa, il gruppo prova a continuare da solo, ma la pressione è troppo alta. Jill si allontana, accorgendosi che Ben è ormai cambiato. Rosa nel frattempo li tradisce: fa una soffiata a Cole. Ben viene acciuffato, picchiato e lasciato con una proposta: se gli consegnerà Rosa, potrà tenersi i soldi e forse salvare il suo futuro accademico. Dopo aver toccato il fondo, Ben si ricompone: si riconcilia con i suoi vecchi amici e propone a Rosa un colpo finale a Las Vegas. Questa volta, lui e il maestro lavoreranno insieme. Il colpo riesce e il gruppo vince milioni. Ma al momento della fuga, Rosa scappa con la sacca contenente le fiches. Solo che, dentro, non ci sono fiches: cioccolatini incartati d’oro.

Dì un pò, come sta il nostro vecchio professor Rosa, è? Eh, già. Io e Micky siamo vecchi amici. Ho passato anni a inseguirlo per questa città, e a gonfiarlo di botte per poi ritrovarmelo al tavolo da gioco la settimana dopo. Era molto ostinato. E poi una notte di settembre, mentre io ero a Barstow al funerale di mio padre, il mio casinò fu alleggerito da un paio di milioni. Dico ti rendi conto? Era la più grossa vincita mai fatta da un solo contatore in una serata. E io venni naturalmente, senza cerimonie, sbattuto fuori. E’ buffo, però non ho più visto Micky Rosa da quella sera (Fa per colpire Ben). Ma ho tanta voglia di vederlo adesso. E combinerai tu l’incontro, vero?
“Dì un po’, come sta il nostro vecchio professor Rosa, è?”: tono quasi amichevole all’inizio, ma forzato; pausa leggera su “vecchio”;
“Eh, già. Io e Micky siamo vecchi amici.”: sorriso amaro, tono basso e fermo; “vecchi amici” va detto con un pizzico di veleno, come se sapesse quanto è falso.
“Ho passato anni a inseguirlo per questa città, e a gonfiarlo di botte per poi ritrovarmelo al tavolo da gioco la settimana dopo.”: ritmo costante, voce dura, quasi narrativo; su “gonfiarlo di botte” accennare un tono più grezzo, occhi fissi su Ben per vedere la reazione. Pausa minima su “settimana dopo” per sottolineare l’assurdità della resilienza di Rosa.
“Era molto ostinato.”: abbassa la voce; sottolinea con l’ironia, come se fosse un complimento malcelato; breve silenzio dopo.
“E poi una notte di settembre, mentre io ero a Barstow al funerale di mio padre, il mio casinò fu alleggerito da un paio di milioni.”: qui cambia tutto. Abbassa il ritmo, entra nella ferita personale.
“Dico, ti rendi conto?”: tono sarcastico e leggero crescendo; fa finta di cercare complicità, ma c’è veleno puro sotto.
“Era la più grossa vincita mai fatta da un solo contatore in una serata.”: voce ferma, tono quasi da documentario; sottolinea ogni parola, è un fatto che ha cambiato la sua vita.
“E io venni naturalmente, senza cerimonie, sbattuto fuori.” cambia tono, più acido. “Sbattuto fuori” va morsicato. Qui esce l’umiliazione vera.
“È buffo, però non ho più visto Micky Rosa da quella sera.”: tono più rilassato, ironico, ma solo in superficie. (Fa per colpire Ben): esplosione improvvisa, ma non urlata. Il gesto deve essere rapido, minaccioso, ma non va a segno. Serve spaventare, non colpire.
“Ma ho tanta voglia di vederlo adesso.”: tono pericolosamente calmo, voce bassa, ferma. “Tanta voglia” va detto con lentezza, lasciando intravedere la vendetta.
“E combinerai tu l’incontro, vero?”: voce più insinuante, quasi un ordine.
Il monologo di Cole Williams nel film 21 (minuto 1:33:00 – 1:34:30) rappresenta uno dei momenti più intensi del film. È una scena di confronto psicologico dove la parola sostituisce l’azione e la tensione nasce dal controllo. Cole, interpretato da Laurence Fishburne, racconta un frammento del suo passato a Ben Campbell, ma dietro la calma apparente si nasconde un rancore profondo, mai risolto. Cole è il capo della sicurezza dei casinò di Las Vegas, un uomo abituato a smascherare chi bara ai tavoli da gioco. Nel suo passato, però, c’è una ferita aperta: Mickey Rosa, ex contatore di carte e professore del MIT, riuscì a umiliarlo anni prima portandogli via milioni di dollari proprio mentre Cole era al funerale di suo padre. Quel colpo gli costò il lavoro e la reputazione. Ora, dopo anni, Cole vede in Ben l’occasione perfetta per vendicarsi e chiudere i conti.
Il monologo segue un ritmo crescente che alterna tono amichevole e minaccia latente. È costruito come un dialogo mascherato da confidenza, ma ogni frase è un colpo ben assestato. Vediamolo passo per passo. “Dì un po’, come sta il nostro vecchio professor Rosa, è?” Cole apre con un tono apparentemente colloquiale. La battuta sembra innocua, ma è il classico inizio da interrogatorio psicologico. Qui l’attore deve trasmettere finta cordialità: sorriso forzato, voce bassa, occhi che scrutano. La frase prepara il terreno e segnala subito che l’argomento è personale. “Eh, già. Io e Micky siamo vecchi amici.” Il termine amici è ironico. Fishburne deve far percepire il contrario: l’amicizia è solo un modo elegante per dire nemico di lunga data. L’intonazione ideale è piana ma tesa, con una sfumatura di sarcasmo nella parola “vecchi”.
“Ho passato anni a inseguirlo per questa città, e a gonfiarlo di botte per poi ritrovarmelo al tavolo da gioco la settimana dopo.” Qui emerge la ossessione di Cole. Il tono diventa più duro, ritmato, quasi militare. La ripetizione “per poi ritrovarmelo…” è un segnale di frustrazione e impotenza. L’attore deve mantenere il controllo fisico: nessun gesto ampio, solo sguardo fisso e tensione muscolare. “Era molto ostinato.” Una pausa strategica. È una frase breve ma densa di sottotesto. Qui il tono deve essere ironico e pieno di risentimento, come se Cole ammirasse e odiasse Rosa allo stesso tempo.
È il primo indizio della loro relazione speculare: due uomini intelligenti, entrambi spinti dall’orgoglio.
“E poi una notte di settembre, mentre io ero a Barstow al funerale di mio padre, il mio casinò fu alleggerito da un paio di milioni.” È il cuore emotivo del monologo. Qui l’attore entra nel dolore personale di Cole. La voce va abbassata, più lenta, quasi priva di intonazione: la rabbia si è trasformata in un trauma congelato. La frase “al funerale di mio padre” deve colpire. È la crepa nel guscio del personaggio. Serve una micro-pausa subito dopo, per lasciare spazio al peso del ricordo. “Dico, ti rendi conto?” Il tono cambia: più sarcastico, quasi sprezzante. È la risalita dopo il dolore. Cole qui cerca complicità, ma in realtà sta inchiodando Ben. È la prima minaccia velata. “Era la più grossa vincita mai fatta da un solo contatore in una serata.” Questa frase va detta con tono cronachistico, quasi oggettivo. Ma dietro l’apparente calma c’è il disprezzo di chi ha perso tutto per colpa di un genio arrogante. L’attore deve usare una pausa lunga dopo “serata”: è il momento in cui il personaggio rivive la sconfitta. “E io venni naturalmente, senza cerimonie, sbattuto fuori.” È la confessione dell’umiliazione, ma Cole la trasforma subito in un atto di accusa. “È buffo, però non ho più visto Micky Rosa da quella sera.” La voce deve essere distaccata, quasi divertita, ma lo sguardo va reso tagliente. Il pubblico deve sentire che sotto c’è un rancore ancora vivo.
“Ma ho tanta voglia di vederlo adesso.” Qui si apre il lato più minaccioso del monologo. È il preludio della vendetta.“E combinerai tu l’incontro, vero?” La voce si fa insinuante. È una domanda, ma in realtà è un ordine.

Il finale di 21 si gioca su due livelli: la vendetta e il riscatto personale. E lo fa chiudendo con eleganza quasi tutti i cerchi narrativi aperti. Ben e Cole avevano stretto un patto segreto: usare il colpo finale come esca per incastrare definitivamente Mickey Rosa. Rosa era stato il più grande giocatore che Cole non era mai riuscito a beccare in passato. La sconfitta personale di Cole, che aveva perso il lavoro proprio a causa di una vincita milionaria di Rose, lo aveva segnato. E quando Ben viene catturato, Cole vede in lui l’occasione perfetta per ottenere vendetta, prima che la tecnologia (e il software biometrico) lo rimpiazzi. Ben, da parte sua, è ben consapevole che Rosa l’ha derubato e tradito. Ma invece di reagire d’impulso, mette in campo l’unica arma che conosce bene: l’intelligenza strategica.
Il piano è semplice ma efficace: Rosa viene attirato con la promessa di una vincita colossale. Si fida, perché Ben gli fa credere di essere tornato "quello di prima". Ma viene gabbato. Quando Rosa prende la borsa delle vincite e fugge, scopre che all'interno ci sono solo monete di cioccolata. Un'immagine beffarda, quasi simbolica. Come a dire: quello che cercavi disperatamente, non era reale. Nel frattempo Cole lo aspetta nel retro di un casinò, pronto finalmente a farla pagare al “fantasma” che non era mai riuscito ad acchiappare. La sua vendetta è sistematica e burocratica: non lo uccide, ma contatta l’Agenzia delle Entrate. Tutti i soldi in nero accumulati da Rosa verranno confiscati.
Cole non è un eroe, ma non è nemmeno un villain. Il suo comportamento è spinto dalla sopravvivenza. Prima si serve di Ben, poi gli chiede indietro i soldi nonostante l’accordo. È in un momento disperato della sua carriera e sa che, senza pensione, è finito. In cambio, promette a Ben che parlerà con i docenti per far rientrare i suoi voti e salvare il suo percorso accademico. Una sorta di patto faustiano, ma alla rovescia: è Cole che si trova a dover negoziare con Ben per non perdere tutto. Il colpo di scena finale arriva come un piccolo sussurro: mentre Rosa scappava con la borsa vuota e Cole lo attendeva, il resto del gruppo, compresi i vecchi amici Miles e Cam, ha continuato a giocare. Silenziosamente, strategicamente, senza dare nell’occhio, hanno vinto comunque una cifra enorme. La squadra è tornata insieme, ha vinto senza Rosa e ha fatto qualcosa di ancora più grande: ha aiutato Ben a raccontare finalmente la sua “esperienza fuori dal comune”, quella che gli serve per ottenere la borsa di studio.
La scena finale è perfetta nella sua ironia: Ben, davanti al direttore che gli aveva chiesto una storia “straordinaria”, racconta tutta la vicenda di Las Vegas come se fosse solo una storia. Nessuno gli crede davvero, ma il messaggio è chiaro: ora Ben ha qualcosa da raccontare. E sa come usare le sue esperienze, non solo per vincere soldi, ma per costruire il suo futuro.
Regista: Robert Luketic,
Sceneggiatura: Peter Steinfeld, Allan Loeb
Cast: Jim Sturgess (Ben Campbell) Kevin Spacey (Micky Rosa) Kate Bosworth (Jill Taylor) Aaron Yoo (Choi) Liza Lapira (Kianna) Jacob Pitts (Jimmy Fisher) Laurence Fishburne (Cole Williams)
Dove vederlo: Netflix

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