Monologo - Colin Farrell in \"The Penguin\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Interpretare il monologo di Oswald Cobblepot, alias The Penguin, nella miniserie The Penguin richiede di entrare in una mentalità oscura e disillusa. Questo monologo apre sul cinismo e la brutalità che definiscono Oz, un uomo che ha interiorizzato un mondo fatto di sopravvivenza e violenza, e lo considera l’unica realtà possibile. Per affrontare questa scena, l’attore deve far emergere il profondo rancore di Oz verso una vita che gli ha insegnato che nulla si ottiene senza sporcarsi le mani, e che il potere è l'unica via per il rispetto.

TE NE VUOI ANDARE?

STAGIONE 1 EP 3

MINUTAGGIO: 45:08-47:12
RUOLO: Oswald "Oz" Cobblepot

ATTORE: Colin Farrell
DOVE: Sky


INGLESE


What? You too good for this life? Huh? That it? That's funny, comin' from you. You wanna go, what are ya waiting for? fuckin' go. The fuck? You think I'm holdin' you hostage or somethin'? That what? You're my fuckin' prisoner? That it? This what it feels like? Being with me? What did you have? Before I found you, huh, kid? Fuckin' nothin', that's what. A loser. A goddamn nobody. I gave you clothes, money, a place to crash. You got all the opportunity in the world right fuckin' here, for Christ's sake. But this. This is all you feel? You coulda left whenever you wanted. But you chose to stay. Nah, let me help. You stayed 'cause you want somethin' better. You want more than your father ever had. You wanna know what's shameful, Vic? Workin' your whole goddamn life, having nothin' to show for it. You still think there's good and bad? Right and wrong? There ain't. There's just this. Survival. Security. Pleasure. They don't give out awards for dying in the projects. Fuck me?! Fuck the goddamn world! They don't give a shit about you or your family.



ITALIANO


Sei troppo in gamba per questa vita, eh?! Per questo? Che buffo che lo dica tu. Te ne vuoi andare? Allora che aspetti?! Vai, cazzo! Pensi che sei in ostaggio per caso? Che pensi? Che sei mio prigioniero? È così che ti senti a stare con me?! Che cosa avevi? Prima che ti trovassi, eh?! Non avevi un cazzo! Eri uno sfigato, uno che non vale niente! Ti ho dato soldi, vestiti, un tetto. Tutte le possibilità del mondo qui le avevi, cazzo! Ma, Cristo Santo! E invece? Tu senti solo questo. Potevi andartene quando volevi. Hai scelto di restare. Prova a chiederti perché. Te lo dico io perché. Sei rimasto perché volevi qualcosa di meglio. Meglio di quello che ha avuto tuo padre. Vuoi sapere quando ci si vergogna?! Quando si lavora tutta la vita senza che ti rimanga niente. Ancora credi nel bene e nel male?! Giusto o sbagliato?! Non esistono. Esiste solo questo. Sopravvivenza. Sicurezza. Piacere. Non ti danno un premio se muori alle case popolari.

THE PENGUIN

La miniserie The Penguin ci porta in una Gotham City oscura, dove il crimine è il vero protagonista. Non c'è spazio per l'eroismo o per la redenzione; anzi, ogni spiraglio di luce sembra soccombere sotto il peso della violenza, delle ambizioni sfrenate e delle ombre di traumi passati. La storia si apre con un cambio di potere devastante: Carmine Falcone, il potente boss mafioso che governava la città, è morto, lasciando dietro di sé un’eredità che non sembra destinata a rimanere integra. Suo figlio Alberto, immaturo e dissoluto, è l’erede naturale ma non il più idoneo.


Al centro di questo caos, troviamo Oswald Cobblepot, alias The Penguin, interpretato da Colin Farrell, molto più di un semplice “autista di famiglia”; è un uomo intelligente, manipolatore e con uno spiccato istinto di sopravvivenza, che vede nella morte di Carmine un’opportunità per salire di grado. In un gesto che mescola ambizione e cinismo, Oswald si intrufola nel rifugio segreto di Falcone per prendere tutto ciò che potrebbe garantirgli una leva su chiunque conti a Gotham: soldi, gioielli, ma soprattutto, una serie di agende compromettenti e foto con cui poter ricattare membri influenti della città.


La situazione si complica quando viene sorpreso da Alberto. Qui emerge tutta la crudeltà di Oswald: non esita a uccidere il figlio del suo vecchio capo per assicurarsi che nessuno intralci i suoi piani. Questo omicidio segna un momento cruciale non solo per lui, ma anche per un giovane ladruncolo, Victor Aguilar. Oswald incontra Victor per caso, mentre sta tentando di rubare dalla sua Maserati; anziché scacciarlo, lo trascina con sé, costringendolo a diventare suo complice e autista. Victor, giovane orfano povero e balbuziente, rappresenta una figura fragile e malleabile, ed è proprio lui che subisce una delle trasformazioni più drammatiche della serie, un battesimo forzato alla violenza e al crimine.


Nel frattempo, la famiglia Falcone avvia una sua indagine interna sull’omicidio di Alberto, e Oswald deve camminare su un filo sottile, ingannando tutti per non cadere nella rete dei sospetti. L'unica persona di cui si avvicina con successo è Sofia, sorella di Alberto, interpretata da Cristin Milioti con una profondità e un carisma che la rendono una presenza centrale e ambigua. Sofia appare manipolabile ma è anche astuta, una vera “erede” della crudeltà e della determinazione del padre.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Oswald Cobblepot, alias The Penguin, nella miniserie ci offre una finestra potente e drammatica sulla sua visione della vita e sul suo rapporto con Victor. È un discorso che tocca corde profonde, portando alla luce la disperazione, la rabbia e la filosofia cinica di un uomo che ha visto l’oscurità del mondo e ha deciso di accoglierla come verità ultima.

Oswald inizia con tono quasi accusatorio, come se fosse ferito dall’idea che Victor voglia “scappare”. Usa il sarcasmo, lo scherno, per sottolineare quanto sia assurdo pensare a una via d'uscita da un ambiente che, in fondo, entrambi hanno scelto per sopravvivere. La frase “Che buffo che lo dica tu” è amara, come a dire che l’ingratitudine e l'illusione di un’alternativa migliore siano insopportabili per chi, come lui, è passato attraverso innumerevoli umiliazioni e sofferenze per arrivare dov’è.


Quando Oz passa a sottolineare che Victor non era “un cazzo” prima di incontrarlo, il tono del discorso si fa ancor più duro, e l’intento è chiaro: demolire ogni traccia di dignità o ribellione rimasta nel ragazzo, ricordandogli tutto ciò che gli ha dato. Non è semplice crudeltà; Oz è convinto di aver dato a Victor una chance, di avergli permesso di entrare in un mondo dove finalmente poteva contare qualcosa, pur essendo un mondo sporco e pericoloso. È anche il modo in cui giustifica a se stesso la propria violenza e manipolazione: ha “creato” Victor, gli ha dato una nuova vita, e pretende lealtà.


Le righe successive colpiscono il nucleo emotivo di Victor: Oz mette a confronto la miseria che il ragazzo ha conosciuto con la possibilità di sopravvivere e di prosperare, per quanto moralmente discutibile, nel mondo che lui gli offre. “Sei rimasto perché volevi qualcosa di meglio. Meglio di quello che ha avuto tuo padre.” Qui Oz solo conferma che sa cosa tormenta Victor, ma lo manipola. Parla dei desideri e delle paure del ragazzo, evocando un’eredità familiare fallimentare, un destino di mediocrità che Oz vuole aiutarlo a evitare, a patto che abbracci il crimine e accetti l’ambiente che lui stesso ha creato.


La parte conclusiva del monologo racchiude tutta la filosofia di Oz: “Ancora credi nel bene e nel male?! Giusto o sbagliato?! Non esistono. Esiste solo questo. Sopravvivenza. Sicurezza. Piacere.” È un manifesto di nichilismo che ci racconta tutto ciò che il personaggio è diventato. Per Oz, il mondo è una giungla senza morale, dove solo chi sa prendere ciò che vuole sopravvive. La società non premierà mai chi vive una vita “onesta” e priva di ambizione, e lui ne è l’esempio vivente. Questa visione distrugge ogni parvenza di speranza, ed è un attacco diretto alla visione idealista o ingenua di Victor, se ancora ne ha una.


Non ti danno un premio se muori alle case popolari” è una frase cruda e definitiva, che mostra l’abisso tra i due personaggi: Victor, ancora con la possibilità di scegliere una strada diversa, e Oz, ormai completamente disincantato e perso nel suo stesso buio. Questo è il vero peso del monologo, una dichiarazione d’intenti che mostra quanto in basso un uomo sia disposto a scendere pur di non sentirsi “sfigato” e privo di potere. Oz invita Victor a fare la stessa scelta, a chiudere gli occhi sull’etica e ad abbracciare la brutalità del loro mondo come unica realtà.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Interpretare il monologo di Oz in The Penguin richiede una capacità di trasmettere un misto di rabbia repressa, disperazione e una logica perversa che però, agli occhi del personaggio, è profondamente sensata. Questo monologo è una dichiarazione di ciò che Oswald Cobblepot ha imparato nella vita, una filosofia distorta che giustifica la sua stessa brutalità e manipolazione.


1. Capire il Background di Oz


Oz è un uomo che ha scalato il mondo criminale di Gotham, partendo da una posizione svantaggiata e disprezzata. Il suo aspetto fisico – obeso, sfregiato e zoppo – ha segnato tutta la sua esistenza. Porta dentro di sé un profondo rancore verso chiunque abbia mai avuto una vita normale o semplicemente migliore della sua. Questo monologo deve quindi venire da un posto di profonda insicurezza, di odio verso la società, e di convinzione che la sopravvivenza giustifichi qualsiasi cosa. Oswald vede in Victor un sé stesso più giovane, qualcuno che lui vuole plasmare per dimostrare di essere in grado di creare qualcosa di valore nel suo mondo corrotto.


2. Tono di Voce: Alternanza di Tensione e Rassegnazione


Inizia con un tono quasi sarcastico, come se schernisse l’ingenuità di Victor. Questo sarcasmo è velenoso, un modo per umiliarlo ma anche per ridicolizzare l’idea che esista qualcosa di diverso dalla realtà che Oz conosce. Durante la parte centrale, quando Oz si lascia andare alla rabbia, la voce dovrebbe farsi più intensa, quasi soffocata dalla frustrazione. Oz non riesce a capire come Victor possa essere ingrato, perché per lui questo mondo è la cosa più vicina a una vita di successo. Qui, l'attore deve trasmettere quasi un dolore nascosto. Verso la fine, il tono deve abbassarsi, quasi come una constatazione rassegnata: “Non ti danno un premio se muori alle case popolari.” Qui Oz è più calmo, e si svela quel lato freddo e nichilista che riflette la sua filosofia di vita.


3. Espressione Facciale e Linguaggio del Corpo


Sguardo: Durante le prime frasi, Oz guarda Victor con un misto di rabbia e disprezzo. L’attore deve mantenere uno sguardo penetrante, senza mai distogliere gli occhi, quasi come se volesse intimidire Victor e farlo sentire piccolo e insignificante.

Movimenti Lenti e Studiati: Oz non è uno che esplode in grandi gesti; il suo disprezzo e il suo rancore sono freddi e calcolati. I movimenti dovrebbero essere minimi ma intenzionali: uno sguardo in tralice, una smorfia di derisione, un piccolo cenno della testa che mostra il suo disappunto verso l’ingenuità di Victor.

Gesti di Concessione: Quando parla di ciò che ha “dato” a Victor (soldi, vestiti, opportunità), potrebbe fare piccoli gesti quasi paterni o possessivi, come un breve tocco alla spalla, che diventa subito minaccioso. Questo aiuta a far capire che Oz si sente come un “creatore” per Victor, e quindi ha potere assoluto su di lui.


4. Giocare sulla Dicotomia Forza-Debolezza


Questo monologo mette in luce una profonda insicurezza in Oz. Nonostante parli con forza, dentro di sé sa di essere un uomo deformato, temuto ma non rispettato. L’attore dovrebbe far emergere brevi momenti in cui appare quasi vulnerabile, momenti in cui sembra giustificare la sua stessa vita, come quando dice “Sopravvivenza. Sicurezza. Piacere.” Deve fare trasparire l’idea che anche lui, in fondo, ha dovuto accettare il compromesso della criminalità come unica via d’uscita. È un uomo disilluso e spezzato, e questo deve apparire nelle brevi pause, nei momenti in cui abbassa lo sguardo, come se stesse parlando anche a sé stesso per convincersi della propria filosofia.


5. Pause Strategiche


Il monologo contiene frasi che richiedono una riflessione immediata da parte di Oz. Ad esempio, dopo “Hai scelto di restare. Prova a chiederti perché.”, una pausa significativa può dare il tempo a Oz di osservare l’effetto delle sue parole su Victor. Un’altra pausa fondamentale è alla fine, quando dice: “Non ti danno un premio se muori alle case popolari.” Qui l’attore dovrebbe fermarsi un attimo, lasciando che il silenzio renda più pesante il significato di quella frase. È come un ultimo, brutale insegnamento che Oz impartisce a Victor, lasciando il ragazzo senza scampo, o almeno così Oz spera.


6. Creare Intimità con il Personaggio di Victor


Il monologo è una lezione di vita (distorta) che Oz vuole impartire a Victor. L’attore dovrebbe creare una connessione con Victor, come se stesse cercando di salvarlo a modo suo. L’interpretazione deve mostrare che, per Oz, questa è una verità assoluta, e che sta cercando, in un certo senso, di insegnarla a Victor. Verso la fine del monologo, lo sguardo di Oz dovrebbe diventare più penetrante e personale, quasi a suggerire un ultimo, disperato tentativo di fargli capire che l’unica cosa che conta è il potere.

CONCLUSIONE

In questo monologo, Oz parla sé stesso, giustificando ogni compromesso e violenza come necessità di sopravvivenza. L'attore deve trasmettere la consapevolezza che il disprezzo che Oz prova non è rivolto solo agli altri, ma anche a sé stesso, intrappolato in un ciclo di violenza da cui non crede esista via d'uscita. La scena è una dichiarazione d’intenti brutale, in cui ogni frase pesa come una sentenza, ribadendo che in un mondo come quello di Gotham non c’è spazio per la speranza o per la moralità.

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