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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo del Conte (Jason Robards) in Magnolia è il cuore emotivo del film. È il momento in cui un uomo, arrivato alla fine della sua vita, affronta il peso del rimorso con una lucidità che arriva troppo tardi. Il Conte è un produttore televisivo morente, assistito dall’infermiere Phil (Philip Seymour Hoffman), che diventa il suo ultimo confidente. Non è un personaggio che cerca redenzione, non ha il tempo per ottenerla, ma sente il bisogno di confessare, di dire ad alta voce quello che lo ha tormentato per anni. La sua voce è spezzata, incerta, il suo pensiero si confonde nei ricordi, ma la verità emerge con una forza devastante: ha avuto l’amore più grande della sua vita e lo ha distrutto con le sue stesse mani.
MINUTAGGIO: -
RUOLO: Conte
ATTORE: Jason Robards
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
Phil. Hey, come here. Come here. Uh... Phil. I'm... I'm gonna try... talk. I'm gonna try to say something-something. Do you know Lily, Phil? Do you know her? Lily? Oh, she's my love, my life, love of it. Y'know. In school... I'm twelve years old, in school, in sixth grade. I saw her. I didn't go to that school, but... uh... we met. My friend knew her. I said, uh... "What's that girl? How's that Lily?" "Oh, she's bad. She sleeps with guys." Yeah, he said this, but then sometimes... I went to another school, you see. But then... when high school - at an end. What is that when it gets to the end? Oh, yeah, yeah. Yeah. So I went to her school for that grade. Grade - that's grade twelve. And we meet. She was... fucking like a doll. A beautiful porcelain doll. And the hips, child-bearing hips, you know that? So, so beautiful. And I cheated on her... over and over and over again. Because I wanted to be a man. And I didn't want her to be a woman, you know? A smart, free person who was something! My fucking mind then. So stupid, that fucking mind! Stupid! Jesus Christ! What would I think, did I think for what I'd done? She was my wife for twenty-three years... and I went behind her over and over. Fucking asshole that I am. I'd go out and I'd fuck and I'd come home and get in her bed... and say... "I love you." This is Jack's mother. His mother, Lily. These two... that I had... and I lost. This is the regret that you make. This is the... regret that you make and the something you take and the blah, blah, blah, something, something. Gimme a cigarette. Mistakes like this... you don't make. Sometimes... you make some and OK. Not OK, sometimes, you make other ones. Know that you should do better. I loved Lily. I cheated on her. She was my wife for twenty-three years. And I have a son. And she has cancer. And I'm not there, and he's forced to take care of her. He's fourteen years old. To... to take care of his mother... and watch her die on him. A little kid, and I'm not there. And she does die.
ITALIANO
Phil. Vieni qui. Phil. (Phil si alza e si va a sedere accanto al letto) Ora... ora provo a parlare. (Phil: "Va bene") Provo a dire... a dire una cosa importante. (Phil: "Va bene") Tu conosci Lily, Phil? La conosci? (Phil: "Lily? Non la conosco") Lei è il mio amore, la mia vita, il mio tutto. A scuola... è stato a scuola. Avevo solo dodici anni, e l'ho vista. Io non andavo a quella scuola ma... ma ci siamo incontrati lì. La conosceva un mio amico e io gli ho detto: "Com'è quella tizia, quella Lily?". "Una poco di buono, va a letto con tutti quanti". Sì, disse proprio così ma poi, a un certo punto, io andai in un'altra scuola, capisci... ma poi, quando arrivai alla fine, al... come si chiama? Come si dice quando arriva...? (Phil: "Diploma") No: la classe. Qual è l'ultima...? (Phil: "Il quinto") Ah sì, ecco. Così frequentai la sua scuola all'ultimo anno. Facevo il quinto anno, sì. E un giorno la conobbi. Lei era... bella come una bambola. Già, una magnifica bambola di porcellana. I suoi fianchi... già pronti per dare figli. (Phil: "Sì, certo") Che meraviglia! E io l'ho tradita, tante, e -tante, e tante volte. Perché io volevo essere l'uomo e non volevo che lei fosse una donna... sai, una persona libera e in gamba, che valesse qualcosa. Ma il mio cervello era così... era così... così stupido! Il mio cervello del ca**o era stupido! Gesù Cristo! Cosa... cosa... cosa... cosa pensavo, che non avrei pagato per quello che io le facevo? È stata mia moglie per ventitré anni e io l'ho tradita. Per tante di quelle volte. Che maledetto idiota che sono stato! Uscivo e poi... scopavo. Scopavo e poi tornavo a casa, entravo nel letto e le dicevo: " Io ti amo". Era la madre di Jack, sua madre Lily. Erano... erano miei. (Pausa) E li ho persi. Questo è il rimpianto che ho dentro. Questo è il rimpianto che ho dentro e che mi porterò dietro e che... bla, bla, bla... parole, parole.
"Magnolia" (1999) è uno di quei film che si prendono il rischio di raccontare troppo, di osare con la struttura e di giocare con le emozioni senza paura di risultare eccessivi. Paul Thomas Anderson, reduce dal successo di Boogie Nights, alza l’asticella e costruisce un film corale che intreccia destini, colpe, rimorsi e coincidenze in un affresco umano che sembra sempre sul punto di esplodere.
La storia si muove tra più personaggi, ognuno alle prese con un momento cruciale della propria vita. Un anziano produttore televisivo (Jason Robards) sta morendo di cancro e cerca di riconciliarsi con il figlio, Frank T.J. Mackey (Tom Cruise), un guru della seduzione tossico e pieno di rabbia repressa. Un bambino prodigio (Jeremy Blackman) è spinto dal padre a vincere un quiz televisivo, mentre un ex bambino prodigio ormai fallito (William H. Macy) cerca disperatamente amore e riconoscimento. Il conduttore del quiz (Philip Baker Hall) nasconde segreti pesanti, mentre la figlia tossicodipendente (Melora Walters) si trova in un turbine di autodistruzione e speranza.
Ogni storia è connessa in modi più o meno sottili, e la città di Los Angeles diventa il terreno su cui si muovono questi personaggi, tutti in cerca di qualcosa: redenzione, perdono, amore, vendetta. Anderson dirige il suo cast come un direttore d’orchestra ossessionato dal ritmo e dalla tensione emotiva. Tom Cruise regala una delle sue interpretazioni più spiazzanti: il suo Frank Mackey è carismatico, violento, ma anche terribilmente fragile. Philip Seymour Hoffman, nel ruolo dell’infermiere che assiste il vecchio produttore, incarna la gentilezza in un film pieno di dolore. Julianne Moore passa dalla furia autodistruttiva alla disperazione più sincera, mentre John C. Reilly, nei panni di un poliziotto ingenuo e romantico, rappresenta l’unico vero barlume di speranza. "Magnolia" è un film che non si accontenta di essere misurato. È emotivo, sfacciato, sovraccarico di dettagli e dialoghi. Per alcuni è un capolavoro, per altri un esercizio di stile eccessivo. Quello che è certo è che Anderson riesce a costruire un’esperienza cinematografica densa, un film che lascia il segno e che, a distanza di anni, continua a far discutere.
Il monologo si sviluppa come un flusso di coscienza, con il Conte che cerca disperatamente di tenere insieme i pezzi della sua memoria. Il modo in cui racconta la sua storia con Lily è disordinato, spezzato da esitazioni e domande, come se la mente, ormai stanca, faticasse a ricostruire il passato. Inizia con l’idealizzazione dell’amore giovanile: Lily è “bella come una bambola”, il simbolo di una perfezione che lui non ha saputo proteggere. Poi arriva il crollo: il Conte ammette di averla tradita ripetutamente, non per mancanza di amore, ma per un bisogno malato di controllo, di potere. La sua confessione è brutale, senza giustificazioni, ed è qui che il film mostra il suo vero tema: il rimpianto come condanna definitiva.
Uno degli aspetti più potenti del monologo è il modo in cui il Conte riconosce la sua stessa stupidità. Non cerca scuse, non prova a edulcorare la verità. Il suo tono passa dalla nostalgia alla rabbia, dalla rassegnazione all’angoscia. "Il mio cervello del cazzo era stupido!" è il grido di un uomo che si rende conto di aver distrutto ciò che aveva di più caro per un’illusione di superiorità. Non solo ha perso sua moglie, ma anche suo figlio, Jack, che ora lo odia. La famiglia che era “sua” non esiste più.
L’ultima parte del monologo è ancora più amara: il Conte si interrompe, si rende conto che ormai non c’è nulla da fare. "Bla, bla, bla... parole, parole". Non c’è un lieto fine, non c’è una possibilità di rimediare. È il riconoscimento definitivo della sua impotenza.
Questo monologo è una delle confessioni più devastanti della storia del cinema. Non c’è redenzione, non c’è consolazione, solo un uomo che si rende conto troppo tardi di aver sprecato la cosa più preziosa che aveva. Anderson costruisce il personaggio del Conte come un emblema del rimpianto, e Jason Robards gli dà una voce spezzata e dolente, che rende la scena ancora più dolorosa. Magnolia è un film che parla di errori e di seconde possibilità che forse non arrivano mai. Il Conte è la prova definitiva che certe colpe non si possono cancellare: si possono solo confessare, sperando che qualcuno ascolti.
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