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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Crete (Betty Gilpin) in Death by Lightning è uno dei momenti più intensi dell’intera miniserie, perfetto per attrici alla ricerca di un testo potente e trattenuto. In questa scena finale, Lucretia Garfield visita in carcere Charles Guiteau, l’assassino di suo marito, e pronuncia un discorso freddo e lucido sulla memoria, l’oblio e la giustizia morale. Una dichiarazione finale che diventa vendetta simbolica.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 2 minuti 30 secondi
Emozioni chiave: Lutto, Disillusione, Lucidità vendicativa, Tristezza ferma e composta, Rassegnazione profonda
Contesto ideale: Scene di confronto post-lutto o perdono negato, Audizioni per ruoli maturi o storici
Dove vederlo: Netflix
Death by Lightning è una miniserie storica Netflix in quattro episodi, ambientata negli Stati Uniti dell’Ottocento, poco dopo la fine della Guerra Civile. Al centro della narrazione ci sono due uomini le cui vite si intrecciano in modo fatale: James A. Garfield, un uomo semplice, colto, ex generale dell’Unione che viene eletto 20° presidente degli Stati Uniti quasi per caso, e Charles J. Guiteau, un personaggio instabile, fallito e ossessionato dalla politica, che si convince di essere parte integrante del destino del presidente.
Attraverso una ricostruzione meticolosa e un tono che mescola tensione e intimità, la serie racconta l’America di fine secolo, divisa tra riforma e corruzione, ambizione e fanatismo. È una storia di potere, ossessione e speranza.
Il racconto inizia nel 1880, alla vigilia della convention repubblicana, e si sviluppa lungo tutto il breve mandato presidenziale di Garfield, mostrando da vicino il peso della politica, le lotte interne al partito e il crescente squilibrio mentale di Guiteau, che si avvicina sempre di più al presidente... con un piano.

Se pensate che accolga le vostre preghiere, siete davvero in grande errore. Non sono qui per darvi l’assoluzione. Penso a quello che mio marito mi ha chiesto, il giorno in cui è morto. Mi ha detto. “Credi che il mio nome riuscirà a lasciare un segno nella storia?” Gli ho detto che la storia lo avrebbe ricordato. Ma suonava… strano, in quel momento, perché io non ci credevo. Le mie ultime parole sono state una menzogna. Perché in realtà lo so che la storia… non lo ricorderà affatto. Non ne ha motivo. Resterà una parentesi fugace. Una nota a margine. Chi si ricorda quel disgraziato senza nome che è stato ucciso tre mesi dopo aver assunto la presidenza. Nessuno saprà mai che grande uomo era. L’eroe che ha combattuto in guerra, che mi dedicava stupide poesie d’amore in latino inventato, che faceva le acrobazie e cantava canzoncine per far ridere i propri figli. No… Nessuno conoscerà mai quell’uomo. L’America potrà piangerlo oggi, ma col tempo lo dimenticherà. E io sento che il suo ricordo sta già svanendo. Anche adesso. Tra non molto sarà l’ennesimo ritratto ad una parete, inghiottito dalla storia. Ma allo stesso tempo, lo sarete anche voi. Questo è anche il vostro destino, solo che nel vostro caso non ci sarà alcun ritratto, nessun bambino conoscerà il vostro nome… In effetti io potrò vederlo con i miei occhi. So che avete scritto un libro. Farò in modo che non venga pubblicato, non finché qualcuno avrà a cuore questa storia. Non avrete voce, una volta lasciato questo mondo. Io vi cancellerò, come voi avete fatto con l’uomo che amavo di più in assoluto. L’ho già fatto, signor Guiteau. Sono venuta qui perché voglio che sappiate, quando starete per salire sul patibolo, che verrete dimenticato.
“Se pensate che accolga le vostre preghiere, siete davvero in grande errore.”: tono glaciale e fermo; sguardo fisso sull'interlocutore; nessuna emozione visibile, solo disprezzo trattenuto. Pausa netta su “errore”.
“Non sono qui per darvi l’assoluzione.”: tono asciutto, tagliente; quasi una sentenza. Non ci sono sfumature: va detto con la durezza di chi ha scelto di non perdonare.
“Penso a quello che mio marito mi ha chiesto, il giorno in cui è morto.”: abbassa leggermente il tono; sguardo che si distacca, come richiamando un ricordo preciso. Piccola pausa dopo “mi ha chiesto”.
“Mi ha detto. ‘Credi che il mio nome riuscirà a lasciare un segno nella storia?’”: frase ripetuta con reverenza, come un’eco nella mente. Intonazione dolce ma spezzata. Va lasciata sospesa dopo “storia”.
“Gli ho detto che la storia lo avrebbe ricordato.”: tono più morbido, quasi affettuoso. Leggera incrinatura nella voce. Non è ancora rabbia, ma malinconia.
“Ma suonava… strano, in quel momento, perché io non ci credevo.”: pausa su “strano…”; respira, guarda lontano. La voce si fa più bassa e amara su “perché io non ci credevo”.
“Le mie ultime parole sono state una menzogna.”: tono netto, come una confessione dolorosa. Va detto con una certa fierezza tragica, senza piangersi addosso.
“Perché in realtà lo so che la storia… non lo ricorderà affatto.”: sospensione su “la storia…” e intonazione discendente su “affatto”. Sguardo nel vuoto. Questo è il cuore della sua disillusione.
“Non ne ha motivo.”: detta secca, senza intonazione emotiva. Quasi come un fatto oggettivo. Nessun compiacimento.
“Resterà una parentesi fugace. Una nota a margine.”: ritmo lento, voce bassa. Ogni parola va scolpita. “Nota a margine” va detto con un’ombra di amarezza, quasi sottovoce.
“Chi si ricorda quel disgraziato senza nome che è stato ucciso tre mesi dopo aver assunto la presidenza?”: sarcasmo trattenuto; usa l'ironia amara come arma. Tono interrogativo, ma senza aspettarsi risposta. Pausa breve su “disgraziato”.
“Nessuno saprà mai che grande uomo era.”: la voce si incrina leggermente. Questo è il primo punto emotivo reale. Guarda in basso. La verità personale inizia a trapelare.
“L’eroe che ha combattuto in guerra, che mi dedicava stupide poesie d’amore in latino inventato…”: tono più morbido, quasi un sorriso affettuoso nel dolore. “Latino inventato” va detto con un ricordo tenero, ma breve.
“…che faceva le acrobazie e cantava canzoncine per far ridere i propri figli.”: il tono si spezza per un attimo. Gli occhi si riempiono di memoria. Pausa prima di proseguire. È il punto più fragile del monologo.
“No… Nessuno conoscerà mai quell’uomo.”: “No…” va detto con calma e dolore; “nessuno” marcato appena, poi decrescere su “quell’uomo”. Sguardo fisso, sfinito.
“L’America potrà piangerlo oggi, ma col tempo lo dimenticherà.”: tono amaramente rassegnato. È il suo verdetto. Voce piana, non enfatica. Pausa su “oggi”.
“E io sento che il suo ricordo sta già svanendo. Anche adesso.”: qui si spezza. Tono più intimo. Micro-pausa dopo “svanendo”. “Anche adesso” va detto con un filo di voce.
“Tra non molto sarà l’ennesimo ritratto ad una parete, inghiottito dalla storia.”: ritorno alla freddezza. Tono controllato. “Inghiottito dalla storia” va detto come un colpo secco. Nessun pathos.
“Ma allo stesso tempo, lo sarete anche voi.”: sguardo diretto, tagliente. Questa è la vendetta che ribalta il discorso. Pausa prima di “lo sarete anche voi”.
“Questo è anche il vostro destino, solo che nel vostro caso non ci sarà alcun ritratto, nessun bambino conoscerà il vostro nome…”: tono duro ma calmo. Nessuna inflessione rabbiosa. È una condanna detta con voce ferma. “Nessun bambino...” detto con freddezza.
“In effetti io potrò vederlo con i miei occhi.”: tono quasi soddisfatto, ma contenuto. È una vendetta consapevole, non isterica. Pausa dopo “effetti”.
“So che avete scritto un libro.”: frase buttata lì, come un pugnale. Sguardo fisso, voce ferma.
“Farò in modo che non venga pubblicato, non finché qualcuno avrà a cuore questa storia.”: ferma e risoluta. Detto con tono formale, come un atto ufficiale. Nessuna enfasi. Pausa su “non venga pubblicato”.
“Non avrete voce, una volta lasciato questo mondo.”: tono definitivo. Quasi sussurrato. “Voce” sottolineata come simbolo della condanna totale.
“Io vi cancellerò, come voi avete fatto con l’uomo che amavo di più in assoluto.”: qui il tono diventa personale, ma non tremante. “Amavo di più in assoluto” va detto guardando lontano, non all’interlocutore.
“L’ho già fatto, signor Guiteau.”: netta, come una sentenza. Nome pronunciato con distanza, non con rabbia. È finita.
“Sono venuta qui perché voglio che sappiate, quando starete per salire sul patibolo, che verrete dimenticato.”: chiusura tagliente, perfettamente controllata. “Verrete dimenticato” va detto con tono calmo, quasi compassionevole. Lascia il silenzio dopo.
Nel finale di Death by Lightning, Crete affronta Charles Guiteau in carcere, poco prima della sua esecuzione. Non lo fa per ottenere giustizia, ma per pronunciare una condanna definitiva: l’oblio. Questo monologo non è uno sfogo impulsivo, ma una dichiarazione lucida e spietata che trasforma il dolore in azione simbolica e politica. Una vendetta che non urla, ma cancella. Crete non si limita a ricordare Garfield, ma mette in discussione l’intera idea di eredità storica. Il marito, morto da presidente, teme di essere dimenticato. Lei, ora vedova, ammette che il suo timore era fondato. Il vero conflitto non è tra vittima e carnefice, ma tra ciò che resta nella Storia e ciò che svanisce nel tempo.
La sua dichiarazione: “Io vi cancellerò” è una vera e propria esecuzione simbolica. Dove la giustizia terrena termina, lei continua a colpire con le armi della memoria. Questo monologo è dominato da tre emozioni, spesso sovrapposte:
Dolore trattenuto: il lutto è presente, ma filtrato da lucidità.
Rabbia composta: mai esplosiva, ma costante, metodica.
Volontà di controllo: Crete decide che fine farà Guiteau nella memoria collettiva. È una sentenza emotiva, ma razionale.
Dietro ogni frase c’è una tensione sottile: non sta parlando solo a Guiteau, ma a chi ha il potere di scrivere la Storia. Il suo discorso diventa una presa di posizione sul modo in cui ricordiamo — o dimentichiamo — le figure pubbliche. Frasi come “Sarà l’ennesimo ritratto su una parete, inghiottito dalla storia” aprono una riflessione sulla condanna all’anonimato a cui sono destinati anche gli eroi, se non c’è chi custodisce la loro voce. Allo stesso modo, “Nessun bambino conoscerà il vostro nome” è una condanna definitiva a Guiteau: non all’inferno, ma alla non-esistenza. Il contrario della Storia.

Nel quarto episodio, il punto di rottura arriva. Charles Guiteau spara due colpi al presidente Garfield alla stazione ferroviaria. Il primo lo colpisce di striscio, il secondo alla schiena. Garfield non muore sul colpo, ma inizia una lunga agonia durata settimane, aggravata da cure mediche inefficaci e metodi superati. Nonostante gli sforzi di sua moglie Crete e di alcuni medici illuminati, Garfield muore non per i proiettili, ma per la setticemia, causata dalle continue manipolazioni dei medici.
Nel frattempo, Charles viene arrestato e si mostra completamente alienato dalla realtà, convinto di aver compiuto un gesto eroico voluto da Dio. Crete, prima dell’impiccagione, lo affronta e gli assicura che verrà dimenticato. Il giorno dopo, Guiteau viene giustiziato.
La serie si chiude con un epilogo storico: Chester Arthur, il vicepresidente inizialmente considerato un burattino, prende il posto di Garfield e approva una serie di riforme significative. Garfield, da uomo eletto per caso, finisce per segnare il futuro della politica americana. Ma il suo nome, come temeva, rimane ai margini della memoria collettiva.
Regista: Matt Ross
Sceneggiatura: Mike Makowsky
Cast: Michael Shannon, Matthew Macfadyen, Betty Gilpin, Nick Offerman e Vondie Curtis-Hall.
Dove vederlo: Netflix

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